Non avevo voglia di dormire,
così ripassai per l'esame di
abilitazione al San Bart, con la speranza di restare a Londra molto di
più del
consentito. Qualcuno salì deciso le scale e dopo un rapido
bussare entrò John.
"Laura, come stai? Sei
praticamente scappata." Appoggiai il laptop e agitai la mano.
"Se vuoi sapere come mi sento
per il comportamento di Myc, ammetto che sto malissimo. Mi sento
abbandonata.
Non sono riuscita a gestire la sua indifferenza. Avrei voluto un po' di
empatia
e invece..." John si sedette, guardò le mie mani che non
smettevano di
tormentare il computer.
"Lascialo covare le sue
decisioni, credo che si senta smarrito e le torture che ha subito non
lo
aiutano di certo, ma ti vuole bene e non vuole la tua pietà.
Laura, pazienta,
non sentirti sconfitta." Mi toccò la mano cercando di
mettere fine alla
mia inquietudine.
"Ma non posso aspettare per
sempre se non vuole continuare a frequentarmi, come posso forzarlo? Ho
poco
tempo, devo lavorare o non mi terranno al san Bart."
"Dagli un po' di giorni, ho
sentito che deve venire in laboratorio per sistemare quello che ha
lasciato nel
suo piccolo ufficio provvisorio." Watson era gentile mentre cercava di
rassicurarmi, evidentemente credeva che ci fosse del margine di ripresa
tra
noi. Io dubitavo, lo avevo aspettato così tanto e vederlo
trattarmi con
freddezza mi aveva spezzato il cuore.
"Ci mancava vederlo nel suo
studio per ignorarmi durante tutta la giornata. Mi farà
lavorare
malissimo." Ma John insistette, la sua voce si fece decisa...
"Prova a parlargli, cerca di
fargli capire che ti sta facendo del male." Scossi la testa
perché lo
conoscevo bene.
"No, si sentirebbe forzato in
un rapporto che non vuole, in debito, e non voglio. John ti giuro che
va bene
così."
Mi prese una curiosità,
lo fissai.
"Chi si prende cura di lui? Chi si occupa delle sue ferite?" Watson
si alzò e si avvicinò alla finestra,
scostò la tenda e guardò fuori. Era un
medico e sapevo bene cosa fosse il segreto professionale.
"Se ne prende carico la
clinica governativa dove è stato ricoverato, qualche volta
anch'io, quando me
lo concede. Si lascia aiutare, anche se brontola in continuazione."
Ridacchiammo, sapevamo che carattere scontroso avesse.
Lisciai il portatile, spinsi via
il mouse. "Avrei voluto farlo io, mi sarei dannata per aiutarlo a
guarire." John capì il mio tormento. Si fece serio e si
decise a rivelarmi
qualcosa in più.
"È molto riservato sulla
sua
condizione, non permette nemmeno a me di spogliarlo e visitarlo
completamente.
E Sherlock è muto."
Avevo un sospetto che mi
tormentava da quando lo avevo visto, il suo atteggiamento scontroso e
nervoso
assomigliava molto a quello che avevo adottato io dopo la morte dei
Lorenzi.
Riposi il laptop alzai la testa decisa a raccontargli di me e di quello
che
sospettavo.
"Chi lo ha seviziato non gli
ha risparmiato certe "attenzioni". Temo che abbia subito delle
torture profonde e intime. Come quelle che ho subito anch'io." Ripresi
fiato guardando il volto allibito di John. Si lasciò cadere
sulla sedia, la
fronte corrucciata, allungò le dita sottili e mi
sfiorò il braccio.
"Cosa mi devi dire di
così
grave, Laura?" Avevo lanciato il sasso, ora non dovevo ritirare la
mano.
Sospirai e gli raccontai quello che mi era successo in Italia, durante
la rapina
e la morte dei miei genitori.
Lui ascoltava silenzioso, a volte
sembrava non respirare. Tossì un paio di volte, si
scusò, prese la bottiglia
dell'acqua riempì uno dei bicchieri di plastica e la
mandò giù tutta in un
fiato. Mi fermai, lasciandogli il tempo di elaborare la
brutalità del mio
stupro.
"Mycroft lo sa." Una
lacrima mi rigò la guancia. "È per questo che mi
devasta il suo
allontanamento. Perché sa che posso capire quello che sta
passando."
John mi fissava stravolto. Mi
scusai per averlo turbato. Cercava delle parole consolatorie, che non
trovava.
Mi allungò il suo fazzoletto, la mano gli tremava. "Mi
dispiace, Laura,
non sapevo nulla, non l'ho nemmeno sospettato."
Gli sorrisi, mentre mi asciugavo
il volto. "Credo che Sherlock lo abbia capito, aveva visto i miei polsi
feriti. E sapeva della morte violenta dei Lorenzi."
Watson scosse la testa castana.
"Con me ha taciuto, così come Mycroft."
"Beh, loro hanno un rigore
morale accentuato. Non direbbero mai una parola su questo." Mi alzai,
appoggiai la mano sulla sua spalla, sembrava portare il peso delle mie
parole.
"John, non rattristarti per
me, è già passato del tempo, ma Mycroft
è in pieno tormento e se i miei
sospetti fossero veri, mi lascerebbe senza nessuna spiegazione." Lui
annuì
lentamente.
"Motivo in più per
stargli
vicino. Ha delle crisi di panico e dorme poco. La lista delle medicine
comprende anche degli antidepressivi. Ma li subisce e li tollera poco."
Lo
ringraziai dandogli un bacio sulla guancia.
"Sei un amico sincero."
Cercai i suoi occhi chiari. "Amo Mycroft e prima di partire per il suo
viaggio disastroso, ci eravamo ritrovati innamorati. E ora è
come se avesse
annullato il nostro sentimento."
Prese la mia mano con gentilezza.
"Persevera Laura, sono convinto che ti vuole, ma devi seguire i suoi
tempi. Deve riuscire a metabolizzare le torture, specialmente quelle
profonde."
Abbassai lo sguardo per non fargli
vedere che i miei occhi erano nuovamente lucidi.
"Ora dormi Laura, e stai
tranquilla." La sua voce si fece bassa. "Mi dispiace per il male che
ti hanno fatto."
Alzai la testa, e gli regalai il
sorriso più rassicurante che possedevo. "Grazie John, mi ha
fatto bene
parlare con te."
"È quello che devi fare
con
Myc, appena te ne darà modo."
Uscì tranquillo,
convinto che
presto Mycroft si sarebbe arreso al sentimento che ci legava. Mi
preparai per
la notte, infilai il pigiama over size. Mi sarebbe piaciuto scendere e
augurare
la buona notte a Myc, ma dovevo accettare che per ora fosse
così.
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