Anfratti della Memoria

di Luschek
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Anfratti della Memoria 

 

 

Prompt: Mnestic (pertinente alla memoria) 

 

Shouta ricorda un cespuglio di capelli bianchi come la neve e soffici come le nuvole – Oboro

Ricorda anche capelli così neri da mescolarsi nel buio e una risata beffarda – Nemuri

Infine, Shouta ricorda una cascata di capelli biondi e un sorriso radioso come il sole – Hizashi.  

Prima era un’insonnia senza nome a tenerlo sveglio, oggi, invece, sono le voci di chi non c’è più ad impedirgli di abbassare le palpebre. Sussurrano “Ci manchi” con un filo di voce e, anche in mezzo all’oscurità della notte, vede le punte pallide dei loro polpastrelli allungarsi verso di lui per cingerlo.  

Shouta ricorda quando le mani bianche di Nemuri si riempivano di chiazze d’inchiostro, oppure quando Shirakumo sfoggiava i cerotti sulle dita come se fossero stati anelli. Nelle sue memorie vorrebbe stringere quelle mani, racchiuderle nelle sue e trattenerle a sé, finché il mondo là fuori non sarebbe stato sicuro.  

Shouta ricorda anche due teli del medesimo azzurro chiaro, sotto cui si celavano due corpi differenti. Ricorda due volti tumefatti – dalle macerie e dai pugni –, labbra spaccate, lividi appena accennati sulla pelle bronzea di Oboro e veri e propri schizzi di viola sulla pelle chiara di Nemuri. Di entrambe le volte, Shouta ricorda il grido così acuto di Hizashi da fargli girare la testa, rivoltargli lo stomaco e le ginocchia – il ginocchio – indolenzito quando si è ritrovato sul pavimento a vomitare bile.  

In questi giorni uguali, trascorsi in attesa di agire – di vincere – Shouta ricorda anche un incubo. Un terzo, un quarto, un quinto – fino ad un ventiseesimo telo aggiungersi accanto ai due che ogni notte vede stesi sul pavimento della camera d’ospedale.  

Ricorda di aggirarsi tra i cadaveri, ticchettando sulle mattonelle con la protesi e tenendo premuta una mano sull’occhio destro, e chiamarli uno ciascuno come quando faceva l’appello – Yuga, Mina, Tsuyu, Iida, Ochaco.  

Ricorda di inciampare in uno degli scarponi penzolanti – o una protesi a forma di granata? – e cadere di fronte ad un cespuglio di capelli verdi – Mashirao, Denki, Eijiro, Koji, Rikido. 

Ricorda di allungare una mano verso quei ciuffi arruffati, poi ritrarla come scottato e mettersi a sedere – Mezo, Kyoka, Hanta, Fumikage, Shoto.  

Ricorda di serrare la mano in un pugno e sbatterlo, sbatterlo, sbatterlo finché le sue nocche non si riempiono di gocce rosse – Toru, Katsuki, Minoru, Momo.  

Shouta non ricorda più nulla dopo quello: solo di essersi svegliato nel proprio letto d’ospedale, con la mano sinistra fasciata fino al polso e Hizashi addormentato sulle proprie gambe, mentre ripete sottovoce “Ce la faremo, ce la faremo!” 

E ricollega subito quelle parole ad un sogno lontano, mormorato a bassa voce e poi gridato a pieni polmoni – creare un'agenzia di eroi per rendere il mondo un posto migliore. 

 

 

Note dell’Autore 

Curiosità e specificazioni: 

• “Gli anfratti della memoria” è una raccolta di poesie di Enzo Bartolucci. 

• I cadaveri sognati da Shouta sono ventotto e non ventisette perché, oltre la classe 1°A, Nemuri e Oboro, immagina che in un futuro prossimo morirà anche Hizashi.  

• L’ordine con cui li chiama Shouta non è alfabetico, bensì quello secondo cui sono seduti all’interno della classe. Potete trovarlo sulla Wiki ufficiale.  

 





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