Narnia's
Spirits
Occhi
che parlano.
Susan
uscì
dalla Casa di Aslan giusto in tempo per osservare i Narniani che
formavano le fila del loro esercito iniziare a radunarsi nella prateria
di fronte al rifugio, trepidanti di agitazione per l'imminente arrivo
dei Telmarini.
Erano così tanto impegnati a sistemare le loro cose e dare
direttive ai più piccoli che avrebbero dovuto inoltrarsi
nella foresta insieme agli anziani – i primi troppo giovani
per combattere e l'ultima speranza che le loro specie non scomparissero
del tutto, i secondi troppo deboli per poter partecipare e portatori di
esperienza –, che a lei nemmeno fecero caso, mentre vi
passeggiava in mezzo osservandoli iniziare a lavorare come formiche
impazzite sotto le direttive dei comandanti.
Sospirò, la
Pevensie, scuotendo la testa rassegnata e pensando che quella era
proprio la reazione che lei e i suoi fratelli avrebbero voluto evitare.
A nulla era valso il tentativo suo e di Peter di tenerli il
più possibile all'oscuro per cercare di prendere tempo e
iniziare ad ideare un piano da esporre, sicuri che prima o poi
sarebbero sorte delle domande su come avrebbero dovuto agire; i
mormorii sommessi, le occhiate angosciate che si scambiavano le madri e
il continuo osservare con spasmodica attenzione i confini della foresta
da parte delle sentinelle erano i segni inequivocabili che la notizia
che l'esercito di Telmar sarebbe arrivato – sarebbe arrivato
davvero, quel giorno – era diventata di
pubblico dominio, e i
Narniani avevano già iniziato a mettere in pratica
ciò che da tempo era stato deciso: salvare chi non poteva
effettivamente combattere, iniziare ad impugnare le armi ed indossare
le armature per essere pronti ad ogni evenienza.
Sue si
umettò le labbra, socchiudendo gli occhi per la luce del
sole ed appoggiandosi a peso morto sopra una delle tante rocce che
formavano il rifugio. Non poté impedire al proprio sguardo
di
soffermarsi nel punto in cui sapeva che erano andati Caspian
e Lucy, seguendo esattamente la direzione che Evelyn aveva preso giorni
addietro.
Percepì le le gambe molli per l'ansia che le era
tornata ad attanagliare le viscere a quel ricordo e non
riuscì a fermare il tremore continuo a cui erano sottoposte
le sue dita.
Come avrebbe fatto a combattere con l'arco se non fosse
più riuscita a tenerle ferme?
Susan fece un respiro
profondo, dardeggiando con lo sguardo assottigliato ed in attenzione
per la radura illuminata dal sole da non più di una manciata
di ore ed aspettandosi di vedere comparire da un momento all'altro le
divise dei soldati di Telmar.
Ancora le ricordava bene dalla notte in
cui avevano provato a prendere possesso del castello di Miraz. La
sensazione di impotenza ed annullamento che i soldati le avevano
provocato quando erano stati circondati dagli arcieri sulle mura era
stato il suo incubo per giorni.
Percependo l'ansia comprimerle il petto
per l'aspettativa che cresceva attorno a lei in modo palpabile,
realizzò di non potersi assolutamente concedere di dubitare
di se stessa in un momento così critico.
Non poteva
permettersi di crollare, di mollare proprio in quel momento, andando ad
alimentare il desiderio di ritornare alla tranquilla vita di Londra che
ogni tanto era venuto a farle visita in quelle notti insonni, solo
perché si ritrovava con il peso di una realtà che
non riusciva a gestire e sentiva scivolarle via dalle mani mano a mano
che il tempo scorreva.
Mancava così poco, ormai, per sapere
quale sarebbe stato il suo destino... il destino di tutti.
L'arco era
parte di lei, le frecce che scagliava il prolungamento delle sue
braccia, l'arma a cui il suo corpo e la sua mente si erano plasmati
crescendo in simbiosi per quindici lunghi anni e che le aveva sempre
permesso di proteggere da lontano i suoi fratelli ed il loro esercito.
Non aveva mai fallito e
non avrebbe di certo iniziato quel giorno.
Cullandosi in quei pensieri, Susan sentì la tensione
allentarsi leggermente, permettendole di tornare a respirare l'aria
frizzante del mattino e riuscendo, per un solo breve attimo, a
ritrovare la sensazione di essere nuovamente nella Narnia che aveva
amato, con le fronde degli alberi danzanti e i suoni dei flauti a
rallegrare il bosco.
L'illusione di essere nuovamente a casa le
sbocciò nel petto e non poté impedirsi di godere
di quell'emozione che, si rese conto, le mancava come l'aria.
Si stava
abituando a Londra, ma mai la sensazione di appartenenza che quel mondo
le aveva sempre donato avrebbe potuto venire eguagliata da qualsiasi
altro posto. Ora che l'aveva lì, che la percepiva addosso
come se facesse parte di lei, desiderava non perderla più.
Avrebbe
pagato oro pur di poter tornare alla vita vissuta nella Narnia di
milletrecento anni prima.
Occhieggiò nuovamente i
dintorni, soffermandosi in particolare sullo stesso punto di poco
prima, quello da dove aveva visto sparire sua sorella e il Principe di
Telmar.
Doveva essere fiduciosa.
Anche se la prospettiva di rivedere
Eve la metteva a disagio, facendole assorbire l'indignazione di Peter
per ciò che aveva visto e che lei poteva solo immaginare
come una spugna, avevano bisogno di tutto l'aiuto possibile: ed Evelyn
in battaglia era brava – forse non possedeva il carisma di
Peter o l'acume di Edmund – ma nessuno poteva negare che
fosse un aiuto prezioso, un alleato che avrebbe fatto il possibile per
coprirti le spalle.
E, dopotutto – Susan si arrese a quel
pensiero sospirando rassegnata tutta la frustrazione che le circolava
in corpo – per lei rimaneva pur sempre sua sorella.
***
-L'esercito
di Telmar
sta arrivando.-
Lucy si scambiò un'occhiata allarmata con
Edmund, mentre nel giro di un paio di falcate Caspian e Peter avevano
già raggiunto i nuovi arrivati appena entrati nella sala
della tavola di pietra.
Per qualche secondo sembrò che
l'atmosfera si fosse come congelata nel tempo, facendo calare un velo
di freddezza nonostante i fuochi che eterni ardevano lungo il perimetro
donando quella particolare sensazione di trovarsi in un ambiente
intimo.
-Davvero?- mormorò infine Edmund, incredulo,
sentendo il battito accelerare per l'agitazione. Non c'era
più tempo da perdere.
Trumpkin si limitò ad
annuire tirando le labbra, serio, lanciandogli uno sguardo che fece
pentire il Pevensie per aver fatto quella domanda, anche se non vi era
accusa nella sua espressione. Era ovvio che fosse vero, non avrebbero
mai scherzato su una cosa simile.
-Quando?- volle sapere Peter,
pratico, facendo distogliere l'attenzione dei fauni e del nano dal
fratello e catalizzandola su di sé: se non avevano terminato
il ponte da troppe ore, forse avevano ancora un po' tempo per
prepararsi prima che tutto l'esercito attraversasse il fiume.
-Questa
mattina presto, Mio Signore. Le prime truppe sono già sulle
nostre sponde.-
Il Pevensie, come tutti i presenti, spostò la
propria attenzione su Glenstorm, arrivato pochi secondi prima ed ancora
sulla soglia.
Aveva mandato delle sentinelle ad osservare a che punto
fosse la costruzione, ma quelle erano tornate prima del solito,
facendogli capire che qualcosa non andava – e non si era
sbagliato. I Telmarini si stavano già preparando per entrare
nella foresta e per evitare di essere scoperte le sentinelle erano
dovute tornare subito al campo. Sospettava, inoltre, che presto alcuni
soldati sarebbero arrivati al limitare del bosco, mandati in
avanscoperta per raccogliere informazioni sulla loro situazione.
Il suo
intervento colpì i Re come un dardo scoccato con feroce
maestria, adombrandogli i visi in un'espressione cupa.
Peter
cercò automaticamente lo sguardo di Caspian a quelle parole,
trovandolo già intento a fissarlo come se si aspettasse quel
gesto: gli indicò la porta con un cenno del capo, lanciando
una veloce occhiata a Lucy, che gli si era affiancata.
-Andate.- si
limitò a dire, distogliendo lo sguardo e sospirando
rassegnato. Non gli piaceva ancora, quell'idea, ma non c'era
più tempo ed era consapevole che se ne sarebbe dovuto fare
una ragione, che fosse d'accordo o meno.
I due si limitarono ad annuire
senza perdersi in chiacchiere, ma quando gli passarono accanto Peter
fermò la sorella prendendola per un polso, ottenendo solo
una stretta di mano ed un cenno di sorriso prima che si divincolasse
dalla presa per raggiungere il Principe di Telmar.
Temeva
l'eventualità che incontrassero l'esercito mentre erano nel
bosco da soli. Non avrebbero avuto scampo.
-Aspettate!- Susan
osservò la scena senza capire, seguendo con gli occhi le
figure dei due immettersi nel corridoio senza darle ascolto. Caspian la
guardò dispiaciuto mentre Lucy li salutò
lasciandosi alle spalle la promessa che sarebbero tornati presto.
Sue
sentì una punta di nervoso risalirle il corpo per non essere
ascoltata. Con un unico movimento si voltò verso il fratello
maggiore, gli occhi che mandavano lampi di rimprovero.
-Andate? Andate
dove?- domandò, con voce strozzata, indicando con un dito
l'uscita. Il volto le si contorse lievemente, dando vita ad
un'espressione angosciata che rese ancora più pallido il
viso già trasudante di stanchezza. Non capiva cosa stava
succedendo ed intuì che la cosa aveva a che fare con il
fatto di averli trovati tutti insieme a confabulare.
Si
sentì offesa per non essere stata resa partecipe di
qualsiasi cosa stessero decidendo senza di lei.
-È pericoloso, Peter! Ci
sono i Telmarini! Peter? Mi stai ascoltando?!- rincarò, come
un martello contro il ferro caldo, sbattendo le mani sulla pietra per
dare enfasi alle sue parole affinché la guardasse. Cosa
avevano in mente? Non avrebbe accettato l'idea che altre persone che
amava si mettessero in pericolo, come già Eve era persa
chissà dove e non sapeva se avrebbero avuto tempo per
cercarla.
I Narniani restarono perplessi per la sorpresa nel vederla
perdere la compostezza che si ostinava sempre a mantenere, tuttavia
Edmund non fu sorpreso della reazione. La sorella era terribile, se
perdeva seriamente la calma.
-Dannazione Sue, lo so!- sbottò
il Pevensie, stanco della pressione che Susan gli stava mettendo
addosso impedendogli di concentrarsi su un piano per non cadere vittime
della guerra.
Perché? Perché non capiva che
avevano altro a cui pensare, in quel momento?
La Pevensie
sussultò per quella rabbia improvvisa che vide gonfiargli le
vene del collo e arrossargli le guance, rimanendo con la bocca
spalancata per vari attimi, incapace di formulare una frase e
continuando a osservare il modo cagnesco con cui il fratello stava
ricambiando il suo sguardo carico di sgomento.
Si riprese,
accigliandosi per quei modi bruschi ed arricciando il naso, in quei
gesti particolari che precedevano sempre l'inizio di una discussione
che avrebbe portato quasi sicuramente ad una litigata. Non avrebbe
accettato di essere ancora messa da parte. Non si sarebbe accontentata
di stare a sentire.
Voleva sapere.
Fece il giro della pietra spezzata
per fronteggiare meglio Peter, e gli occhi ridotti a due fessure
sembrarono essersi oscurati di colpo, prendendo il colore plumbeo del
cielo che li aveva sovrastati i giorni precedenti. Susan
risucchiò l'aria pretendendo da se stessa di non perdere
completamente la pazienza, fumante di una collera che così
poco si adattava alla sua persona sempre controllata.
Era stufa, stufa
che decidesse sempre per tutti.
Se erano finiti in quella situazione
era anche colpa sua, che aveva taciuto convincendoli a stare zitti
– per poi essere il primo a pretendere di sapere sempre tutto
ciò che accadeva.
Susan odiò Peter per un breve
attimo, ritenendolo incoerente e percependo la rabbia per
ciò che la sua impulsività aveva causato farle
tremare le mani dalla voglia di tirargli uno schiaffo pur di sfogare
tutto il tormento a cui era stata sottoposta in quei giorni.
Afferrò i lembi della gonna per trattenersi.
-Stanno
andando a cercare Eve.- Edmund le si avvicinò di qualche
passo, entrando nel suo campo visivo e facendo in modo,
così, che la sorella arrestasse il passo, come se avesse
schiacciato un pulsante di spegnimento. La vide lanciare uno sguardo al
biondo, occhiata a cui il maggiore rispose alzando le sopracciglia come
se ciò che aveva sentito fosse tutta la spiegazione di cui
necessitava per calmarsi, per nulla turbato dalle reazioni della Regina
a cui ormai era abituato.
Susan scoccò la lingua contro il
palato, per nulla soddisfatta, rivolgendo la propria attenzione verso
Edmund, sopprimendo la perplessità che le dava il fatto che
le avesse rivolto la parola per primo, addirittura facendo in modo che
non litigasse con Peter. Le poche volte che l'aveva incrociato aveva
fatto sempre in modo di evitarla, dettaglio che non le era sfuggito e
che l'aveva mortificata, ma di cui non riusciva a fargliene una colpa.
-Cosa hai detto?- domandò, e fu chiaro che pretendeva delle
risposte un po' più articolate di cinque parole mormorate
con indecisione.
Edmund sussultò per l'imbarazzo, sentendo
le guance imporporarsi al pensiero che anche Sue sapeva ed odiando se
stesso per non riuscire a controllare quelle reazioni. Non era proprio
il momento di vergognarsi...
Susan continuò a fissarlo,
mordicchiandosi un labbro per il disagio che sentiva provenire dalla
figura del Giusto e che le stava facendo tendere i nervi, percependo
l'atmosfera farsi pesante. Occhieggiò Peter, trovandolo
preso a parlare con i Narniani, totalmente dimentico della sua presenza
e non si stupì della cosa: dopotutto era pur sempre il Re e
l'esercito necessitava di iniziare a prepararsi, senza contare che se
credeva di avere ragione era sordo a qualsiasi contestazione.
La
Pevensie ripuntò l'attenzione verso Edmund, dopo aver scosso
lievemente la testa, decidendo di cogliere l'occasione per parlarci.
Lo
vide sussultare per quel gesto improvviso che non si aspettava e
abbassare lo sguardo, e Sue sentì una fitta di senso di
colpa attanagliarle le viscere, dandole la sgradevole sensazione di
aver fatto qualcosa di sbagliato. Le diede l'impressione di un animale
messo in gabbia che cerca in ogni modo di scappare.
Povero Ed...
Gli si
avvicinò, cauta, guardandolo per esortarlo a parlare
cercando di addolcire lo sguardo più che poté.
-Caspian e Lucy sono andati a cercare Eve.- le spiegò,
calmo, grattandosi la nuca ed osservandosi intorno per evitare di dover
sostenere il suo sguardo. Sapeva che lei non gli stava domandando nulla
di quello che era successo, ma Edmund non riusciva comunque a sentirsi
in pace con se stesso, percependo l'agitazione pungolarlo poco sotto il
petto.
Il Pevensie socchiuse gli occhi e rilasciò un grosso
sospiro di frustrazione, raccogliendo il coraggio di guardare in faccia
sua sorella almeno per vedere con quale espressione lo stesse
osservando. Contro ogni sua peggiore prospettiva, vi lesse un sollievo
genuino raddolcirle i lineamenti.
-Sanno dove si trova? Per questo
eravate qui?- Susan sembrò rianimata per quelle parole, e
gli occhi le luccicarono per l'aspettativa di rivedere sua sorella e il
conforto nel sapere che non era dispersa come aveva sempre immaginato
nei suoi peggiori incubi. Edmund annuì, mordendosi un
labbro.
-Ho provato... ho provato a parlarci, ma mi ha cacciato via.-
mormorò, ricordando la sensazione di fallimento che l'aveva
investito quando era stato costretto a tornare al rifugio senza aver
potuto concludere nulla come se gli fosse stata incisa addosso.
La
consapevolezza di non essere stato in grado di poter risolvere la
situazione che aveva creato l'aveva tediato vivo per parecchie ore ed
accettare il fatto che Evelyn ce l'avesse a morte anche con lui era
stato un boccone amato con cui imparare a convivere.
-Oh...- Sue si
portò una mano alla bocca, schermando le labbra schiuse per
la sorpresa. Non sapeva che Ed avesse provato a raggiungere Eve... era
stata troppo intenta a piangersi addosso. Ancora una volta, non era
stata in grado di capire ciò che le succedeva intorno.
Stupida, stupida Susan...
Ingoiò il groppo di rimorso che le
bruciava in gola e si avvicinò al fratello ancora di
più, cercando di scacciare ciò che le aveva detto
Peter e percependo il dolore e la solitudine sprigionati dalla sua
figura come se fossero propri: Edmund era bianco come un cadavere, con
la voce roca di chi non riesce a parlare senza rischiare di spezzarsi
sotto il peso delle proprie parole e lo sguardo spiritato di chi sembra
aver visto il proprio peggior nemico.
A Susan ricordava i volti dei
bambini sconvolti dalla paura a causa dei bombardamenti notturni e le
si strinse il cuore per la tristezza nel riportare a galla quei
tormenti subiti.
Cercò di scacciare tutte le sensazioni
sgradevoli che aveva coltivato fino a quel momento.
-Sono certa che non
avrebbe ascoltato nessuno di noi. È una testona, lo sai.-
provò a rassicurarlo, cercando di infondergli un po' di
sollievo esattamente come Caspian aveva fatto con lei. In fondo, non
credeva nemmeno lei a ciò che diceva: Eve era sì
una testona impulsiva, ma ciò non cambiava il fatto che
fossero loro ad essere in torto nei suoi confronti ed avesse tutte le
ragioni del mondo per voler prendere le distanze.
Edmund
sospirò, stanco, percependo le palpebre pesanti per la
stanchezza. Mugugnò un assenso, stropicciandosi gli occhi,
facendo poi dardeggiare lo sguardo su Peter ancora impegnato a dare le
prime direttive ai Comandanti. Non si sforzò di capire cosa
gli stesse comunicando, troppo impegnato a rimuginare.
-Spero solo che
Lu e Caspian facciano in fretta e che accetti di tornare.-
commentò poco dopo, catalizzando l'attenzione di Susan
nuovamente su di sé e sondando la sua espressione con
un'occhiata in tralice.
La sorella rimase in silenzio qualche attimo,
torturandosi le dita delle mani e picchiettando un piede a terra,
nervosa, riflettendo sulle sue parole e percependo il disagio e l'ansia
che Edmund emanava con ogni fibra del suo corpo, il dispiacere
inchiodato in fondo allo sguardo che le dava una fitta al cuore ogni
volta che ne percepiva la presenza.
Avrebbe voluto dirgli che non ce
l'aveva con lui per ciò che era successo, che l'importante
era solo che fossero felici e tornassero uniti come prima, ma non ci
riuscì e preferì tacere, sentendo ancora acerbo
il seme dell'accettazione totale.
-Già...-
***
Susan
si riscosse da
quel ricordo percependo una mano sulla spalla. Sussultò per
la sorpresa, sbattendo la palpebre varie volte e mettendo a fuoco la
figura che le si era affiancata, riconoscendolo non senza una certa
fatica dovuta alla poca attenzione che stava riservando a
ciò che la circondava.
-Sue... ?- la chiamò
Edmund, accorgendosi dello sguardo spaesato che gli stava rivolgendo e
ritraendo la mano, come scottato dal suo stesso gesto.
-Si?-
domandò quella, non capendo il motivo di
quell'intromissione. Era convinta che fosse con Peter per vedere a che
punto fossero con la costruzione di armi, per essere sicuro ce ne
fossero abbastanza per tutti, e che non si sarebbe liberato tanto
presto dal compito di assicurarsi che le prime direttive del Re Supremo
venissero eseguite.
Peter aveva deciso con Glenstorm di far conteggiare
armi e armature, i viveri rimanenti in caso di un eventuale assedio, le
scorte di erbe medicinali per i feriti che ci sarebbero sicuramente
stati... e da quelle poche richieste i Narniani avevano capito che
c'era nell'aria qualcosa di diverso.
Susan sospirò. Non che
avrebbero potuto tenerglielo nascosto per molto...
-Peter chiede se
puoi andare da lui per discutere degli arcieri.- le disse, seguendo con
lo sguardo due minotauri sorpassarlo e raggiungere un gruppo di nani
per dar loro alcune asce. L'aria del mattino gli
schiaffeggiò il viso, dandogli la spiacevole sensazione
della pelle tirata per la troppa secchezza.
Edmund si grattò
una guancia, tornando a guardare Susan, che non aveva ancora parlato.
-Sue?- riprovò, notando come non desse cenni di volersi
spostare. La Pevensie sussultò sul posto, alzandosi di
scatto dal masso su cui stava seduta come punta da uno scorpione.
-Ah
si, si... ora vado.- mormorò, ravvivandosi i capelli ma
lanciando, tuttavia, un ultimo sguardo alla prateria.
-Stavo
controllando... per vedere se tornavano Lucy e Caspian...- si
giustificò, accorgendosi dell'apprensione che adombrava i
lineamenti del volto di Edmund. Il moro annuì, comprendendo
la sua agitazione, cullandosi nella certezza che non fosse l'unico a
nutrire la speranza di vederli ricomparire seguiti dalla figura di
Evelyn.
Si perse ad osservare il cielo azzurro, le chiome degli alberi
smosse dal lieve vento autunnale che davano vita al sibilo
inconfondibile dell'aria che faceva frusciare le foglie tra loro. In
un'altra circostanza, quella sarebbe stata una bella giornata di cui
godere, approfittando dell'ultimo calore estivo sprigionato dal mondo
che ancora tentava di resistere all'arrivo dell'inverno.
-Sai, Ed...-
lo richiamò Susan, rompendo la sua bolla di pensieri e
catalizzando tutta la sua attenzione in una manciata di attimi. La vice
mordersi un labbro e distogliere lo sguardo un paio di volte, in un
chiaro gesto di indecisione.
-Mi dispiace non aver capito che qualcosa
non andava.- borbottò sua sorella, mantenendo un filo di
voce basso per non farsi sentire da orecchie indiscrete e abbassando lo
sguardo sui suoi piedi. Edmund ci mise qualche attimo a recepire il
senso di quelle parole.
-Non che abbia accettato l'idea, o sia
d'accordo... la penso come Peter. Però mi spiace non esservi
stata d'aiuto e che le cose si siano scoperte in questo modo.-
tentò di spiegarsi, senza capire il motivo che l'aveva
spinta a tirare fuori quell'accozzaglia di giustificazioni e scuse che
suonò contorta perfino per lei.
Si malediva per non essere
stata in grado di recepire che qualcosa non andasse, proprio davanti ai
suoi occhi, e si malediva ancora di più per non essere stata
in grado di prendere la decisione di tirare fuori tutta la
verità non appena se ne presentava l'occasione, preferendo
cullarsi nella sua bolla di paradiso ignorando volutamente l'inferno
che avrebbe potuto scatenarsi al di fuori.
Finché con i suoi
fratelli era sempre andato tutto bene il resto non le era mai
importato. Ed era stato un errore enorme.
Era stata superficiale.
-Non
fa nulla. Non credo sarebbe cambiato molto, almeno per me, e conoscendo
Eve sono certo che pensi le stesse cose.- le disse il moro,
avvicinandosi leggermente per poter continuare a mantenere la voce
bassa. Susan corrugò la fronte, non capendo quella risposta.
-Ero convinta che tu e___- iniziò, ma Edmund la interruppe,
reprimendo un sorriso di ilarità prima di scoppiare a
riderle in faccia. Davvero Susan pensava che avessero mentito a tutti
loro volutamente?
-Io ed Evelyn non ci siamo mai avvicinati prima
dell'altra sera. Non avreste mai potuto sapere nulla perché
nemmeno noi sapevamo di essere ricambiati nei nostri sentimenti.
È stata una sorpresa.- le spiegò, e
sperò che capisse che, se avevano taciuto, era
perché fortemente consapevoli delle brutte conseguenze che
confessare quel segreto avrebbe comportato. Non volevano rovinare il
rapporto tra tutti loro, non volevano rischiare di perderli per una
cosa così intima che per molto tempo avevano sempre cercato
di confinare in un cassetto. Se aveva imparato a conoscere
Evelyn bene come credeva, era sicuro che anche lei aveva
avuto quei tipi di pensieri.
Edmund ebbe una fitta al cuore immaginando
quanto tormento doveva aver sopportato, se come aveva intuito provava
qualcosa che fosse anche solo un pizzico del suo sentimento per lei.
Evelyn...
-Io... non so cosa dire, Ed.- confessò Sue,
socchiudendo gli occhi e percependo una grande desolazione annientare
tutto ciò che aveva covato fino a quel momento. Si era
lasciata trasportare troppo dalla rabbia di Peter, senza nemmeno dare
la possibilità ai due di spiegarsi. Rimaneva sempre un
concetto di difficile digestione, qualcosa a cui la sua mente
rispondeva mandando tutto in cortocircuito quando vi ripensava, ma
aveva la sensazione di riuscire ad intuire la motivazione che li aveva
spinti alla segretezza, al perché erano giunti al momento
dello scoppio.
Se trattieni troppo qualcosa, alla fine esplodi. E loro
erano esplosi, attirati inesorabilmente come calamite. Era stata solo
questione di tempo.
Quanto? Quanto tempo in cui lei avrebbe potuto
mostrarsi più attenta nei loro confronti, in cui avrebbe
potuto fungere da appoggio per confidarsi?
Susan sospirò,
non capendo da che parte pendesse il suo giudizio, arrovellandosi la
mente per cercare di rimanere salda sulle convinzioni a cui si era
aggrappata fino a quel momento e che le avevano tolto il sonno e
annebbiato la mente. La convinzione che non sarebbe mai riuscita ad
accettare quella situazione. La convinzione che se fosse stata sincera
fin da subito Evelyn non ce l'avrebbe avuta con loro – e
forse anche quella storia dell'essere innamorati avrebbe avuto una
sfumatura diversa agli occhi di tutti.
La Pevensie si prese la testa
tra le mani, tirandosi alcune ciocche di capelli per la frustrazione.
Edmund le posò entrambe le mani sulle spalle, obbligandola
in quel modo a guardarlo negli occhi.
-Tranquilla, Sue. Non
è colpa tua.- la rassicurò, notando gli occhi
lucidi che tentava di nascondere dietro le palpebre e le guance
arrossate. La sorella sospirò lievemente, lottando contro la
vocina nella sua testa che le gridava di allontanarsi.
Abbracciò Edmund in uno slancio di dispiacere, cercando un
appiglio per sfogare la tristezza che la stava nuovamente investendo
come un treno in corsa e senza capire se quel gesto fosse
più per lei o per il fratello.
-Mi dispiace, mi dispiace...-
mormorò, sconnessa, travolta da tutta la marea di emozioni
che stava provando. La tensione aggiuntasi per la guerra imminente non
aiutava.
Aveva paura, una paura terribile che sarebbero morti senza
riuscire a perdonarsi a vicenda. Non voleva passare gli ultimi istanti
della propria vita con il rimorso di non aver fatto il possibile per
provare a sistemare le cose e con l'angosciante sensazione della rabbia
che le gorgogliava nello stomaco, incapace di provare a trasformarla in
un sentimento più pacifico. Non che improvvisamente fosse
tutto cancellato, ma non voleva nemmeno vivere con la certezza che
avrebbe potuto impegnarsi per provare a reagire in modo differente a
tutto quello.
Tra l'eventualità di dover scegliere tra
rischiare di perdere i suoi fratelli e dover accettare in futuro che
magari si sarebbero amati, era sicura che la prima le avrebbe portato
più dolore. Voleva loro troppo bene per sopportare l'idea di
non vederli più.
Edmund le picchiettò la mano
sulla schiena, cullandosi suo malgrado in quell'abbraccio che sapeva di
casa e sentendosi nuovamente in colpa per ciò che il suo
gesto avventato aveva causato. Non pensava che Susan sarebbe tornata a
parlargli in così poco tempo.
Sorrise tristemente,
nascondendo il viso contro la sua spalla e lasciandosi andare alle
carezze sui capelli ed i mormorii di scuse che Susan gli sussurrava
all'orecchio.
-Andrà tutto bene.-
***
Peter
uscì
dalla casa di Aslan non seppe bene dopo quanto tempo aver ricevuto la
notizia che i Telmarini stavano arrivando, ma rivedere la luce del sole
e l'azzurro del cielo dopo quella che gli era sembrata
un'eternità di tempo passata al buio con la compagnia dei
fuochi, sforzando la vista per colpa della penombra, gli diede
l'impressione di aver ricevuto un secchio di acqua gelida in pieno
viso.
Grazie all'aria fresca e pulita sentì immediatamente
le palpebre perdere il torpore a cui si stavano abbandonando ed i sensi
tornare in allerta, attenti ad ogni particolare di ciò che
gli succedeva attorno.
Si passò una mano tra i capelli arruffati e
bevve avidamente dell'acqua dalla borraccia che portava in vita,
percependo immediatamente il sollievo che gli diede la bevanda scorrere
lungo la gola secca. Gli sembrò di essere un disperso nel
deserto che trova da bere dopo giorni di digiuno.
Percepì in
viso i raggi del sole scaldargli la pelle e chiuse gli occhi,
prendendosi dei secondi per fare in modo che la tensione che sentiva
circolargli in corpo allentasse la sua morsa: non si era ancora fermato
un attimo ed aveva la sensazione di essere stato sballottato in giro
come una trottola, complice l'adrenalina che aveva iniziato a
scorrergli nelle vene rendendolo incapace di fermarsi. Aveva sempre
trovato qualcosa da fare, qualche cosa da controllare o di cui
accertarsi... non voleva tralasciare nulla.
I Narniani erano arrivati
ad un momento di stasi, dopo essersi dati da fare per sistemare le
ultime cose, ed il gruppo di coloro che non avrebbero combattuto aveva
già eseguito l'ordine di mettersi al sicuro.
Peter aveva
convenuto con Edmund e Glenstorm che sfruttassero ogni minuto
disponibile per mettere distanza tra loro ed i nemici, non senza
qualche remora da parte di quelli più inclini a voler
restare: era riuscito a convincerli a partire affidandogli il compito
di proteggere il resto del gruppo – anche se, contro un
esercito, non avrebbero avuto scampo.
Sospirò,
occhieggiando i propri piedi e smuovendo la terra con i calzari,
incapace di stare fermo nonostante la pausa che si era concesso prima
di rischiare di crollare da un momento all'altro: ora non gli rimaneva
che aspettare che Caspian tornasse, in modo da ideare un piano con gli
altri.
Aveva anche già vagliato l'ipotesi che Lucy e il
Telmarino potessero non
tornare in tempo, motivo per cui la sua mente
aveva iniziato a ragionare sulle possibili tattiche con cui avrebbero
potuto affrontare la guerra, ma era un'ipotesi a cui non aveva concesso
di prendere troppo spazio nella sua mente.
Dal momento che Caspian
sicuramente conosceva meglio di tutti loro i Telmarini grazie alla
posizione sociale che aveva ricoperto fino a pochi mesi prima,
sicuramente era a conoscenza anche delle tattiche utilizzate in guerra
– magari non aveva mai combattuto seriamente prima di allora,
ma di sicuro aveva studiato le strategie in vista di un futuro da
condottiero e si era allenato per anni.
Non pensava che sarebbe mai
arrivato a formulare un pensiero simile, Peter, ma dovette ammettere a
se stesso che quel ragazzo era la risorsa più importante che
avevano in quel momento così delicato per non lasciarsi
cogliere impreparati.
Non voleva ripetere l'errore fatto quando aveva
deciso di attaccare il castello.
Non si era ancora perdonato per
quell'eccesso di orgoglio che gli aveva annebbiato i giudizi, facendolo
entrare a gamba tesa in un mondo ormai completamente diverso da come
l'aveva lasciato, andando così incontro ad una strage che,
forse, poteva essere evitata. Il Pevensie sentiva ancora sulle spalle
il peso di tutte quelle vite spezzate e il ricordo dei pianti dei
sopravvissuti era risuonato nelle sue orecchie per giorni.
Narnia si
era evoluta, a suo modo, e con lei i suoi abitanti e coloro al di fuori
dei confini, ed era giunto alla conclusione che avrebbe dovuto imparare
a riscoprire quel mondo esattamente come aveva fatto milletrecento anni
prima, sotto la guida pacifica di Tumnus e dei Castori.
Peter
fissò lo sguardo al cielo, osservando le nuvole scorrere
placide nell'infinita distesa azzurra, ignare del caos che di
lì a poche ore si sarebbe consumato sotto di loro.
Con un ultimo respiro particolarmente profondo decise di tornare all'interno del
rifugio in modo da continuare ciò che aveva lasciato a
metà, ma un movimento a lato della radura lo
bloccò dal dare completamente le spalle al bosco che lo
circondava, attirando completamente il suo sguardo.
Il Pevensie rimase
immobile sulla soglia di pietra, strizzando gli occhi per osservare
meglio, riconoscendo all'istante le figure che si stavano avvicinando
nonostante la luce del sole che gli puntava dritta in faccia.
Caspian e
Lucy.
Non poté impedire alla propria bocca di farsi
secca per l'agitazione nel momento in cui, alle loro spalle, il suo
sguardo dardeggiò febbrilmente, carico di aspettativa,
incontrando nel giro di qualche attimo le sagome di Lia e Dhemetrya,
seguite da quelle che automaticamente capì fossero Antares
con Eve.
Evelyn.
Peter percepì il sollievo prendere il posto
dell'ansia, donandogli la sensazione di una pace statica che in quei
giorni gli era profondamente mancata: la consapevolezza che Eve fosse
tornata, che avesse accettato di rivederli, sapere di averla nuovamente
lì, dove poteva proteggerla in caso di pericoli, gli fece
sfarfallare lo stomaco di una felicità che non si sarebbe
aspettato di provare in modo così viscerale.
Deglutì a vuoto, incapace di fare qualsiasi cosa di diverso
dall'aspettare che il gruppo lo raggiungesse, consapevole di non
riuscire a staccargli gli occhi di dosso e non rendendosi conto di
essere stato raggiunto da Edmund e Susan fino a quando la sorella non
gli mise una mano sulla spalla, invitandolo con un cenno del capo a
seguirli per andare ad accoglierli.
Peter si grattò la nuca,
sentendosi spaesato come un bambino che perde la mamma e non capendo la
motivazione dietro quell'improvviso macigno che sentiva attanagliargli
lo stomaco in una morsa sempre più ferrea.
Aveva paura. Temeva
ciò che a mente fredda avrebbe potuto dire
Evelyn, perché sapeva di avere sbagliato a mentirle.
-Peter?-
lo richiamò Edmund, a un paio di metri di distanza,
riuscendo a controllare a stento la voglia di correre incontro ai nuovi
arrivati sfogando la tensione mordendosi il labbro. Il maggiore dei
Pevensie lo osservò in viso, notando le guance leggermente
imporporate per l'agitazione e frenando l'istinto di dirgli qualcosa a
riguardo quando intercettò l'occhiata truce con cui Susan lo
stava studiando.
Sue lo conosceva abbastanza profondamente da avere
intuito il cambio di emozioni solo dal modo in cui l'aveva visto
tendere il collo e dilatare le narici. Ma non avrebbe accettato che
Peter facesse altre scenate, non in un momento così
delicato.
Fu la prima a dargli le spalle, raccogliendo il coraggio e la
lucidità necessari per compiere quel gesto, iniziando ad
avanzare nella radura. Ingoiò il groppo che sentiva pesarle
in gola e si occhieggiò alle spalle, percependo i fratelli
raggiungerla nel giro di pochi secondi, avidi nel voler sapere come
avessero fatto Lucy e Caspian per farsi ascoltare da Eve e non sapendo
cosa la ragazza provasse nei loro confronti.
Era ancora arrabbiata? O
c'era la minima possibilità che la sua presenza significasse
che era pronta a perdonarli?
Non sapeva cosa aspettarsi, Susan, e nello
spazio sempre più ristretto che la separava dalla sorella
s'immaginò cosa avrebbe potuto dirle in centinaia di modi
diversi, facendo vagare la mente in scenari di ogni tipo.
Sentì Edmund bloccarsi di colpo, trattenendo il
respiro e mugugnando un verso strozzato in gola per la sorpresa.
Sbatté le palpebre varie volte, perplessa, non capendo il
motivo di quella reazione e preoccupandosi della possiblità
che si fosse fatto male contro qualche roccia sporgente.
Si voltò in cerca del viso del
fratello con una muta domanda negli occhi. Lo trovò intento
a fissare davanti a sé, la fronte crucciata e un'ombra ad
oscurargli il viso che fino a pochi istanti prima aveva ripreso un
aspetto più vitale. Susan strabuzzò gli occhi
sentendosi colpita come da un macigno, ed ebbe all'istante la brutta
sensazione che qualcosa non andasse.
Con il corpo teso come se fosse
stato punto da tanti spilli per l'improvvisa sensazione di pericolo che
le aveva fatto venire i brividi, seguì la direzione dello
sguardo di Edmund, ritrovando a specchiarsi nientemeno che direttamente
negli occhi di Eve.
Susan aprì la bocca per parlare,
accorgendosi di avere la gola secca e il fiato corto per l'ansia che le
strinse il cuore in una morsa.
Evelyn, ancora in groppa ad Antares, gli
stava dedicando una delle espressioni più truci che le
avesse mai visto in viso in tutti gli anni passati assieme. La collera
che provava sembrava venire sprigionata da ogni poro, posandosi tra
loro come una patina appiccicosa e impossibile da mandare via.
Una
folata di vento passò tra gli alberi e il fruscio tra le
foglie che ne scaturì andò a riempire il silenzio
con un suono che risultò particolarmente inquietante.
Come se avesse ricevuto una coltellata Sue si rese conto che in quel
lasso di tempo passato lontano dal campo la
Pevensie aveva solo covato ancora più risentimento nei loro
confronti.
Chissà quali pensieri le erano girati in testa
senza che potessero fare qualcosa per farglieli cambiare.
La Regina
chiuse la mani a pugno, conficcandosi le unghie fin dentro la carne per
sfogare la delusione a cui era andata a sbattere contro, rendendosi
conto che, probabilmente, avevano sottovalutato la situazione. Quanto
si erano sbagliati, a pensare che avrebbero finalmente avuto la
possibilità di potersi spiegare...
-Ho saputo che sta per
scoppiare la guerra.- Evelyn fece passare lo sguardo sui visi dei
fratelli, soffermandosi volutamente meno tempo su Edmund e decidendo,
infine, di fronteggiare Peter con la nuova consapevolezza di non essere
solo lei quella in difetto.
Aveva ascoltato Caspian e Lucy senza
potersi impedire che l'ansia per ciò che sarebbe successo di
lì a poco la mangiasse viva, tuttavia durante il tragitto
verso il rifugio aveva cercato di raccattare ogni fibra di freddezza
che sapeva di possedere per non lasciarsi troppo andare ai
sentimentalismi, ricordandosi che era ancora arrabbiata, e che se aveva
deciso di rispondere a quella chiamata era solo per il senso del dovere
radicato a fondo nella sua anima a causa dell'amore che nutriva per
quella terra.
Avrebbe fatto di tutto per non lasciare Narnia in mano ai
Telmarini.
Evelyn sentiva di essere ancora pericolosamente in bilico tra
l'irritazione e la
preoccupazione, e cercava in tutti i modi di conservare la
lucidità necessaria per affrontare quella battaglia a cui
aveva, alla fine, deciso di partecipare nonostante tutto il resto,
cercando di ignorare la disarmante sensazione di sentirsi spezzata a
metà proprio all'altezza del cuore, in un punto profondo
dell'anima che non ne voleva sapere di sanarsi nemmeno un po'.
Lucy
l'aveva pregata di tornare con le lacrime agli occhi, cercando di
scusarsi in ogni modo per ciò che era successo e finendo per
riuscire a farle aprire un minimo quella porta che aveva chiuso senza
possibilità di appello, esortandola a bere un po' della
bevanda che si portava sempre dietro per cercare di guarire le ferite
che ancora le davano dolore.
Aveva sempre avuto un debole, per Lu, e gli
occhioni affranti che non le staccava di dosso e la
sincerità con cui le parlava offrendole il cuore le avevano
smosso qualcosa nel profondo, una fiamma di affetto che non credeva si
sarebbe mai riaccesa. Forse era per quel motivo, sapendo bene quanto le
sue difese fossero nulle nei suoi confronti, che i suoi fratelli
l'avevano mandata a cercarla per cercare di rabbonirla.
Con non poca dubbiosità su come si
sarebbe comportata davanti al resto della famiglia, alla fine Eve aveva
accettato, percependo immediatamente il dolore alla caviglia e il
torpore alle dita passare mentre si alzava in piedi per montare su
Antares.
Si ripeteva da tutto il tempo che aveva deciso di farlo solo per
Narnia,
incapace di accettare il pensiero che in certi momenti la rabbia che
animava i suoi pensieri veniva completamente assorbita dall'amore che
ancora provava per i Pevensie e la voglia di tornare alla
serenità di tutti i giorni. Non le era mai piaciuto avere
conti aperti con qualcuno per troppo tempo.
-I Telmarini hanno terminato il ponte.
Dobbiamo prepararci e pensare ad un piano.- confermò Peter,
pratico, lanciando uno sguardo anche agli altri tre Narniani che
avevano fatto compagnia alla sorella in quei giorni. Il maggiore dei
Pevensie decise che non era tempo per perdersi in chiacchiere. Per
quanto sapeva che a mente fredda avrebbero dovuto sviscerare per bene
la cosa, la cosa più importante in quel momento era uscire
vivi dalla guerra. Altrimenti non avrebbero più potuto
parlare di nulla.
Dhemetrya lo guardò con angoscia,
portandosi una mano al petto, terrorizzata al pensiero di dover
risentire, per l'ennesima volta, la propria terra ed i suoi abitanti
soffrire per il dolore. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento, prima
o poi, che il tempo scorreva inclemente e avrebbe dovuto scendere a
patti con il proprio tormento anche quella volta, ma sentirlo dire a
voce era stato come ricevere una doccia ghiacciata.
Si morse un labbro,
cercando il conforto di Lia tramite un'occhiata veloce al suo fianco.
Evelyn scoccò la lingua contro il palato, tirando le labbra
in un'espressione particolarmente cupa che fece congelare i fratelli e
incitando Antares ad avanzare verso la Casa di Aslan.
Dava
l'impressione di comportarsi come una persona che con loro non aveva
mai avuto nulla a che fare prima di quel momento. Fu chiaro che non
volesse perdere tempo parlando con i Pevensie più del
necessario.
-Allora direi che non c'è tempo da perdere.-
***
-No,
no e ancora no.-
Lucy posò una mano sulla spalla di Trumpkin, cercando, con
quel gesto, di confortarlo e farlo ragionare.
-Non mi
succederà niente.- tentò di convincerlo, ma lo
vide corrugare la fronte e guardarla con un'espressione implorante che
mai avrebbe pensato di vedergli in viso. Il nano era sempre stato
piuttosto distaccato, fin da quanto lo avevano salvato, eppure in
quelle settimane si era affezionato a loro più di quanto
pensava. Non avrebbe accettato che colei che gli aveva ridato la vita
la rischiasse a sua volta in una missione praticamente suicida.
-Non
abbiamo già perso troppo?- mormorò, e i Pevensie
capirono che si riferiva a Nicabrik, a cui era stato costretto a
togliere la vita perché vittima di una speranza ormai morta
e lasciatosi influenzare dalla magia nera, all'esercito dimezzato nel
castello di Miraz, alla manciata di sopravvissuti che ancora provavano
a resistere alle persecuzioni perpetrate nei secoli.
Un mormorio
serpeggiò tra i presenti in sala, rompendo il silenzio che
era calato pesante come il calore sprigionato dai fuochi. L'atmosfera
si fece tesa, i dubbi s'insinuarono tra i Narniani, in ansia tanto
quanto i Sovrani.
-È l'unica speranza che abbiamo per
vincere.- s'intromise Peter, scambiandosi uno sguardo con la sorella
minore, il volto rischiarato dalle fiamme dei fuochi che trasudava una
compostezza che cercava di convincersi di provare ad ogni costo. Come
tutte le volte
in cui si trattava di Lucy, non gli piaceva per niente l'idea di
lasciarla andare da sola incontro a possibili pericoli, ma sapeva di
non avere altra scelta.
Lu era l'unica a cui Aslan si era mostrato, la
sua diletta, colei che mai aveva dubitato della sua presenza adorandolo
quasi al pari di una divinità. Se c'era qualcuno che poteva
trovarlo, facendolo tornare per salvare Narnia, era solo lei.
Lucy
Pevensie portava sulle spalle il peso della speranza di un mondo
intero.
-Se posso permettermi, ci sarebbe un modo per prendere tempo.-
Nella sala della tavola di pietra calò nuovamente il
silenzio.
Trumpkin, ancora di fronte alla piccola ragazzina per cercare
di farla desistere con ogni mezzo dall'idea di andare nella foresta per
trovare il leone, si voltò. Il suo sguardo angosciato si
piantò sulla figura di Caspian, trovandolo in piedi vicino a
Peter.
-Cioè?- domandò Edmund, esortandolo a
continuare. Lanciò istintivamente un'occhiata in un angolo
della sala, cercando tra i Narniani presenti la figura di Eve, seduta
su un sasso accanto a Dhem, sondando l'eventuale reazione che il suo
commento avrebbe potuto provocare. La Pevensie non aveva ancora
fiatato, rimanendo
ad ascoltare pazientemente tutto ciò di cui avevano
discusso: del modo in cui avrebbero organizzato l'attacco, l'eventuale
ritirata, la disposizione degli arcieri... fino al fatto che Lucy
sarebbe andata a cercare Aslan.
Edmund era convinto che avrebbe
obiettato, Eve, consapevole di quanto fosse unita alla sorella e di
come si preoccupasse per lei. Invece era rimasta zitta, impassibile e
con gli occhi fissi sulla figura di Peter esattamente come aveva fatto
fin quegli ultimi istanti. Si accorse che la Pevensie
ricambiò il suo sguardo e il moro si affrettò a
distoglierlo, sentendosi troppo imbarazzato ed in colpa per riuscire a
sostenerlo.
Si morse un labbro, a disagio.
Da quando era tornata non
avevano ancora parlato. Edmund moriva dalla voglia di sapere cosa
avesse significato per lei il loro bacio, voleva capire se avesse
intuito giusto, ma sapeva benissimo che quello non era il momento
adatto e si ritrovò a pregare che dopo la guerra avrebbero
avuto tutto il tempo per confrontarsi.
Ingoiò il groppone
che gli bloccava il fiato, cercando di non fare caso al cuore che aveva
iniziato a battere impazzito ed obbligando se stesso a concentrarsi sul
presente, accorgendosi di essersi perso nei propri pensieri.
-Un
combattimento con Miraz?- sussurrò Susan, attirando su di
sé lo sguardo di Caspian, che annuì per
confermare le proprie parole.
-Se Peter è d'accordo,
ovviamente.- tentennò, guardando il Pevensie per cercare la
minima traccia di dubbio nella sua espressione. Non voleva che si
sentisse obbligato a rischiare la vita a causa di una sua idea. Visto
come erano andate le cose l'ultima volta, preferiva di gran lunga che
fossero tutti d'accordo su come agire. Era già abbastanza
critica la situazione tra i vecchi Sovrani, che a malapena riuscivano a
parlare tra loro, non aveva intenzione di far peggiorare la situazione.
-Lo farò.- rispose subito il biondo, stringendo un pugno, e
alle sue parole s'innalzarono altri mormorii per la sala. Alcuni erano
preoccupati dell'eventualità di perdere la figura del Re
Supremo, altri concordarono che era l'unica soluzione papabile per
provare ad evitare spargimenti di sangue inutili.
-Come Re non
può rifiutare, giusto?- continuò, serrando la
mascella e guardando il moro con un sopracciglio sollevato. Caspian
abbassò il capo, in una muta affermazione, cercando poi lo
sguardo di Cornelius come sostegno prima di continuare. Era stato
confrontandosi con il Precettore nei giorni precedenti che si era
ricordato di alcune tradizioni tramandate tra i Sovrani di Telmar.
-Come Re deve rispettare ciò che il popolo si aspetta da
lui.-
Lucy non poté impedirsi di lanciare al fratello
un'occhiata angosciata, preoccupata che si facesse male durante lo
scontro, ma il Pevensie non sembrò curarsi
dell'eventualità di poter perdere la vita. Avrebbe fatto il
possibile per limitare le perdite e chiudere il prima possibile quella
guerra e, se ciò significava che avrebbe dovuto
sacrificarsi, sarebbe stato lieto di accogliere il fato che era stato
scelto per lui ad occhi chiusi.
Lui e soltanto lui.
Non avrebbe
permesso che toccassero la sua famiglia.
Serrò le labbra in
un'espressione decisa e si voltò verso Dhemetrya, ignorando
volutamente di soffermarsi a guardare come avessero preso quella
decisione i suoi fratelli.
-Puoi accompagnare Lucy e Susan?- le chiese,
e la ragazza sussultò per quella richiesta inaspettata.
Sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di formulare
una frase, percependo gli occhi dei Narniani fissi sulla sua persona.
Non voleva lasciare Evelyn da sola durante la battaglia...
Lanciò alla Pevensie un'occhiata di sottecchi, cercando di
non far trapelare i propri pensieri.
-Anche io mi sentirei
più tranquilla se andassi con loro.- le mormorò
il soggetto dei propri turbamenti, cogliendola di sorpresa.
Eve si
girò a guardarla, celando in fondo agli occhi la supplica di andare con le sorelle perché, dopotutto, ci teneva
al fatto che fossero al sicuro da eventuali pericoli, anche se in quelle circostanze non avrebbe mai accettato di dare voce a quel pensiero.
Dhem conosceva la
foresta a memoria, aveva vissuto giorno per giorno il cambiamento che
avevano fatto i boschi, era agile e silenziosa come uno spettro e si
sapeva difendere: Peter ci aveva visto lungo domandandole di
accompagnare le Regine ed Evelyn non poté che ritrovarsi
d'accordo con le conclusioni a cui era arrivato. Non potevano fare
altro che fidarsi.
-Si... si, certo.- accettò la Narniana,
ricevendo un sorriso di gratitudine da parte di Lucy. Non sapeva se era
la persona più adatta per accompagnarle a cercare Aslan, ma
se serviva per tenere tranquilla Evelyn lo avrebbe fatto, in ricordo di
un legame che a lei era stato negato secoli addietro.
Decise che si
sarebbe fatta accompagnare da Antares, mentre Lia sarebbe rimasta
accanto a Evelyn, decisamente più utile in guerra rispetto alla Guida relegata
in forma equina.
Si alzò, sistemandosi meglio l'arco in
spalla e avvicinandosi al centro della sala con passo leggero e
ispirando profondamente l'aria tiepida che riscaldava l'ambiente di un
tepore casalingo.
Non sapevano se Miraz avrebbe accettato
effettivamente l'incontro, c'era la possibilità che
rifiutasse di scendere a una trattativa con quelli che considerava
degli scherzi della natura da eliminare ad ogni costo. Ogni secondo era
prezioso.
Si rivolse direttamente a Susan e Lucy, prendendo in mano le
redini di quella piccola missione che le era stata affidata come un
fiore prezioso da proteggere ad ogni costo.
Tutto dipendeva da loro.
-Sarà meglio partire subito.-
Ciao a tutti e ben ritrovati! :)
Capitolo all'apparenza molto semplice e lineare ma in realtà
piuttosto complicato da scrivere: stare dietro alla coerenza delle
reazioni di tutti, dargli il giusto spazio perché non sembri
che abbiano risolto a tarallucci e vino e far proseguire anche la trama
non è così facile come sembra.
Spero di tirare le fila di tutto il discorso in modo abbastanza
decoroso senza dimenticare dettagli e che sia tutto abbastanza chiaro
delle dinamiche che si stanno svolgendo tra i protagonisti. Essendo un
po' tanti sto cercando di farli confrontare tra loro un po' alla volta,
vagliando il punto di vista ed i pensieri di ognuno in base agli eventi
che succedono. Ho provato anche a non perdere troppo tempo su
ciò che già si sa, insomma, lo sappiamo tutti
quale piano creano Peter e gli altri, quindi mi sembrava superfluo
soffermarcisi più del dovuto.
Ringrazio chi continua a leggere, seguire, ricordare, preferire e
commentare, mi fa sempre immensamente piacere!
Spero di portarvi presto un altro capitolo.
Love, D. <3
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