Gentilezza
“Questa storia partecipa al Writober 2021 di Fanwriter.it”
Prompt: Gentilezza
N° parole: 815
131 d.C. (dopo la
Conquista di Aegon)
Lunga vita al re
Aegon tenne
alta la testa. Un boato lo accolse quando la portantina uscì dai portali della
Fortezza Rossa. «Viva Aegon!» «Viva il Re!» «Viva gli sposi!».
L’undicenne
deglutì. “Questo non dovrebbe succedere”. Girò lentamente lo sguardo verso la
folla, tutta Approdo del re si era riversata per le strade quel giorno. Oh, sì,
l’incoronazione del nuovo re, la fine della guerra, l’unione dei Verdi e dei
Neri nel matrimonio tra lui e Jaehaera. Si voltò a guardare la cuginetta
accanto a lui. La bambina di nove anni guardava con sguardo perso la folla
senza muovere un muscolo.
Strinse gli
occhi, quel baccano lo rintronava. Le cappe dorate spingevano indietro la folla,
ma gli sembravano comunque troppo vicini. Ad un certo punto vide una il braccio
di una donna che scattava per lanciare qualcosa in aria. Si irrigidì pronto a chinarsi.
Perché avevano voluto quella stupida portantina aperta? La mano della donna si
aprì e alcuni petali fluttuarono nell’aria. Lanciavano fiori, sorridevano,
esultavano; quelle stesse persone che volevano fare a pezzi lui e sua madre,
quelle stesse persone che avevano ucciso dei draghi.
Alzò lo
sguardo verso le rovine della Fossa del Drago. Poteva ricordarsi la notte in
cui la cupola era crollata: il fuoco la faceva brillare come se fosse giorno,
l’odore di fumo asfissiante, ma era rimasto sulle mura a guardare stretto da sua
madre, così forte da fargli male.
Riportò lo
sguardo sulla folla, cercando ustioni. “Almeno uno di loro dovrà aver
partecipato quella notte. E ora è qui ad acclamarmi”. Non avrebbe restituito
alcun saluto.
Le sue
sorellastre invece si erano piegate a quel gioco. Lo precedevano nella
processione verso la collina di Visenya, a cavallo di due destrieri neri. Rhaena
salutava mostrando un dolce sorriso e prese al volo una rosa lanciata dal
pubblico. Baela strillava come un’aquila e si avvicinò col cavallo al pubblico
per stringere la mano a un bifolco e chiacchierare come fossero cari amici;
forse lo erano davvero, Baela si divertiva a andare nei bassi fondi. “Dicono
che anche a nostro padre piacesse”. Ad Aegon di sicuro no. “Devo resistere
queste poche ore poi sarò di nuovo nel Fortino Maegor”.
Non era abituato
a una città così grande. Roccia del Drago era piccola, sicura. “Lo doveva
essere, lo era sempre stata”. Fissò il sole che splendeva e improvvisamente
vide nuvole temporalesche e un cielo notturno.
Aveva provato
a raccogliere la spada per difenderla, ma ser Harrold l’aveva scalciata via sogghignando.
“Quell’uomo è una spada bianca ora”.
Poi
improvvisamente ritornò quella visione. Ritornava ogni giorno non importava cosa
succedesse, riusciva sempre a infilarsi nella sua mente. “No, no, no, no”. Il
suono orrendo delle fauci di Sogno di Sole che scattavano, lo scricchiolio
delle ossa, la carne che abbrustoliva. La bocca del drago che si apriva e si
chiudeva, si apriva e si chiudeva… Sette volte e poi era finita. E il tonfo del
piede che finiva a terra. Lo vedeva mezzo masticato e bruciato. Pochi secondi
prima c’era sua madre, ora c’era un piede. Sentì il petto che si stringeva. “Ora
sia il drago che il padrone sono morti. È finita, è finita, non pensarci”.
A volte
mentre masticava gli tornava in mente l’’incubo di quella notte e non riusciva
più a toccare cibo. Durante la notte rimaneva a fissare il cielo, se avesse
chiuso gli occhi sarebbe riapparso il drago che inghiottiva sua madre.
“Non dovrei
essere vivo. Se ci fosse stato Jace quella notte, non sarebbe successo”. Jace,
Luke, Viserys anche se era più piccolo o Joffrey anche se era così arrogante.
“Ognuno di loro sarebbe un re migliore”. Sarebbe dovuto morire la notte dell’assalto
sulla nave. “Avrei dovuto far salire Viserys su Nube Tempestosa”. Sarebbe
dovuto morire difendendo sua madre. “Non dovevo essere io. Non sono altro che
un bamboccio inutile. Inutile! Un pisciasotto. È colpa mia se sei morto
Viserys. È colpa mia se sei morta, madre”.
Sentì un movimento e si girò di scatto. Era Jaehaera.
La piccola stava tremando. Non piangeva, Jaehaera non piangeva mai era una
bambina strana, aveva sentito suo padre una volta dire che aveva il cervello “come
la zuppa di Fondo delle Pulci”. Jaehaera continuava a girare la testa da una
parte all’altra e a tremare.
“Io almeno ho
Bae e Rhae. Ho ancora Nonno”. A Jaehaera era rimasta solo sua nonna Alicent, ma
non gliela facevano più vedere per paura che creasse inimicizia tra lei e il
suo nuovo marito.
Il ragazzino
allungò la mano. Prese la manina fredda e sudata di Jaehaera e la strinse. Sua
cugina, la sua futura lo guardò con due grandi occhi viola. Aegon sorrise. Era
un po’ che non succedeva, sentì le guance sforzarsi. Jaehaera smise di tremare.
Il corteo
cominciò a disperdersi nella grande piazza della collina Visenya. La portantina
continuò a salire, il piccolo re e la piccola regina con le mani strette
strette.
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