Capitolo sei: Nel quale si va a
visitare una persona cara
Rob
“Guarda che non devi essere così
formale” dissi aspettando fuori dal camerino di un negozio.
“Non è per essere formale, gli abiti formali sono
scomodi. Però almeno vorrei avere dei vestiti
nuovi”.
“Come preferisci. Vediamo” dissi aprendo un
po’ la tendina del camerino.
“Ma si, va bene” osservò Kim guardandosi
allo specchio. “Questa cosa non fa molto film americano per
teenager?” chiese poi.
“Questa cosa, cosa?”.
“Questo andare per negozi e provare vestiti, andare ad una
cena con gente famosa, bella, ricca eccetera eccetera”.
“Può darsi. Molte persone sarebbero felicissime di
venire a cena con me”.
“All’inizio magari. Poi scoprirebbero tutti i tuoi
difetti” disse Kim ridacchiando.
“Si … però allora è
così con tutti, perché tutti abbiamo
difetti” precisai.
“E’ vero. Però … io adoro
quando ti passi la mano fra i capelli, anche se è un vizio.
Vorrei essere la tua mano per poter affondare nei tuoi
capelli” disse sorridendo e togliendosi camicia e jeans.
“Giusto, anche a me piace il fatto che tu dica sempre tipo in ogni frase
di senso compiuto”.
“Ah lo so che lo faccio. Però devo
smettere”.
Alla fine comprammo davvero poco, Kim non era una che perdeva tempo in
shopping. Ringraziai il cielo per questo.
Tornati a casa pianificammo il prossimo punto da compiere nella lista.
Telefonammo da ogni parte per avere a disposizione, per noi, in
qualunque parte dell’Inghilterra, una mongolfiera. Anche io
in effetti trovavo bello farci un giro, anche se era stata
un’idea di Kim. Non trovammo nulla, però non ci
perdemmo d’animo e decidemmo di cercare ancora.
Nel frattempo, fra una cosa e l’altra, arrivò sera
e ci preparammo per uscire.
Eravamo, ovviamente, in orario, dato che Kim aveva insistito per uscire
quasi un’ora prima a causa del traffico (ma secondo me era
perché non voleva assolutamente arrivare in ritardo).
Restammo davanti al ristorante per un po’ finché,
dopo cinque minuti, non vedemmo arrivare un nutrito gruppo di persone.
Kim non me l’aveva detto, però si vedeva che era
agitata.
“Hey tranquilla … capito?” le dissi
dandole un bacio sulla fronte.
“E’ che … sono i tuoi amici. E se non
gli sto simpatica?” chiese osservando la gente che arrivava.
“E allora? E poi è impossibile che tu non stia
simpatica nemmeno a uno di loro. Sono almeno una ventina, non sarai un
caso così disperato”. Per quella mi beccai un
pugno sul braccio. “Comunque io, fossi in te, mi preoccuperei
di più del mio abbigliamento”.
“Perché?” chiese Kim stupita.
Considerando che stavamo per entrare in un ristorante quasi di lusso
Kim era un po’ fuori luogo: portava una gonna lunghissima
arancione che faceva molto hippy e una camicia bianca da uomo con un
laccio sul davanti per adattarla meglio al suo corpo minuto. D'altronde
neanche io ero un esempio d’eleganza: portavo solo una delle
mie solite camicie a quadri (che Kim aveva detto mi davano
l’aspetto di un forte boscaiolo) e jeans.
Quando tutti arrivarono ci furono i soliti saluti e le presentazioni.
La cena fu piacevole. Mi ritrovai seduto fra Kim e Kristen, poteva
essere imbarazzante, dato che un po’ di tempo fa mi era
venuta una cottarella per Kristen, invece fu tutto normale.
“Allora Kim? Lavori o stai studiando?” chiese
Kristen addentando in modo famelico una bistecca.
“Ho appena finito l’accademia di Belle Arti, quindi
adesso penso che andrò alla ricerca della fortuna come
artista squattrinata”.
“L’arte non è una cosa poco sicura? E se
non sfondassi?”.
Da come l’aveva detto sembrava un po’ una critica.
Infatti capii che Kim era combattuta su come rispondere. Alla fine
optò per un: “Guarda, un tovagliolo a forma di
fiore!”. Forse questa è la cosa migliore da dire
quando non vuoi rispondere male, anche se ovviamente non serviva a
deviare il discorso. Con il senno di poi mi dissi che solo Kim poteva
dire una cretinata del genere.
“Robert hai una cosa sul naso” disse Kim
strofinandomi un dito addosso. “E’ una ciglia.
Dicono che se esprimi un desiderio stingendo forte una ciglia fra due
dita si avvera”.
“Sul serio? Dammi qua” dissi cercando di
riprendermi la mia ciglia.
“Ma l’ho presa io” protestò
Kim.
“Si ma la ciglia è mia, faceva parte di
me” dissi. “Facciamo così: teniamo la
ciglia fra un mio dito e un tuo dito”.
“Ok”.
Posai il mio indice su quello di Kim, dove c’era la ciglia.
Non pensai veramente al mio desiderio, invece osservai Kim. In fondo
era lei il mio desiderio in quel momento, quindi cosa c’era
di meglio che guardarla? Quando finimmo la ciglia rimase attaccata al
mio dito, così la soffiai via.
Kim
“Cosa fate domani?” chiese Kristen. Quella ragazza
aveva qualcosa di simpatico e di antipatico al tempo stesso,
però era divertente.
“Domani … oh, dobbiamo assolutamente trovare
qualcuno che ci porti a fare un giro in mongolfiera” risposi.
“Avete già trovato?”.
“Veramente no. Proprio niente” disse Robert.
“Allora aspettate. Chiamo un mio amico, ha una mongolfiera,
vive a una decina di kilometri da Londra. E’ un
problema?”.
“Assolutamente no” disse Robert. “No
vero?” mi chiese.
“No” dissi.
“Aspettate qui” disse Kristen. Si alzò e
si diresse al bagno, per parlare al cellulare senza il borbottio di
fondo della sala gremita di gente. Poco dopo tornò, un
sorriso stampato in volto. “Fatto. Domani alle dieci da
questo mio amico. Vi spiace se vengo anche io insieme a voi? Solo per
andare a trovarlo”.
“Ma certo non c’è problema”
dissi subito.
“E’ un amico di famiglia, lo conosco da quando ero
piccola”.
“Anche io voglio avere un amico di famiglia che ha una
mongolfiera” mi lamentai.
“Io voglio avere un amico di famiglia che mi presti tutti i
suoi cd” disse Robert.
“Hai già un sacco di cd” gli feci notare.
“Ma ne voglio di più” disse lui come se
fosse la cosa più ovvia.
Il giorno dopo, assieme a Kristen, andammo fuori città,
verso le campagne dove non c’praticamente nulla. Era un bel
posto comunque. Arrivammo in un paesino piccolissimo e, dopo averlo
sorpassato, all’ultima, la più piccola, lontana,
nascosta casuccia … ci fermammo.
Dietro alla casa c’era un cortile enorme, da dove spuntava un
pallone rosso fuoco. Che bello!
Kristen scese, andando a salutare questo signore dall’accento
francese con una folta barba bianca e una ragazza che doveva avere
più o meno la sua stessa età (o forse era un
po’ più grande). Il signore, Henry, disse che ci
avrebbe offerto la colazione, dato che eravamo arrivati con almeno
un’ora di anticipo e, quando Robert disse che avevamo
già mangiato, lui esclamò: “Non
importa! La colazione è il pasto più importante
della giornata, è meglio farne due!”.
“Se è così allora
…” dissi entrando in casa scoccando un occhiata a
Robert, che guardava il signore divertito.
Fu la colazione più calorica e buona di tutta la mia vita!
C’erano creps da spalmare con la nutella, torta, pan di
spagna. Da bere succo, latte, caffè o addirittura cioccolata
calda (in realtà non era pronta, ma la moglie di Henry,
Camille, si offrì di prepararcela). Alla fine ero pienissima.
“Dov’è il bagno?” chiesi
alzandomi.
“In fondo al corridoio sulla sinistra” disse
Camille.
“Io vado a preparare la mongolfiera” disse Henry
alzandosi.
Mi incamminai al bagno ma, poco dopo, mi accorsi che Robert mi seguiva.
“Ciao” dissi. “Da quanto tempo che non ci
vediamo”.
“Già … volevo sapere solo, stai
bene?” mi chiese.
“Si. Tutto a posto, perché?” chiesi
stupita.
“No, per sapere” disse lui. In quel momento
intravidi Kristen nel corridoio.
“Non ti preoccupare. Va’ via” dissi
spingendolo lontano dal bagno.
In effetti Robert aveva visto giusto, non stavo troppo bene.
Però poteva anche essere dovuto a qualcos’altro.
Mi sciacquai la faccia con calma, mi asciugai e sistemai i capelli.
Ormai erano cresciuti dall’ultima chemioterapia,
però erano tutti sparati in diverse direzioni. Ma preferivo
tenerli così: meglio averli disordinati che non averli del
tutto. E poi non mi andava di andare dalla parrucchiera, ogni volta che
ci andavo mi annoiavo a morte e non vedevo l’ora di andarmene.
Uscii dal bagno.
In fondo al corridoio c’era Kristen premuta contro Robert
(premuto contro il muro) in un bacio a dir poco mozzafiato.
Mi paralizzai per un istante. Il respiro mi divenne difficile e mi si
cominciava a formare un groppo in gola. In quell’istante
Kristen si staccò da Robert e mi guardò. Anche
lui si voltò, con una faccia un po’ sconvolta.
Nei pochi nano-secondi che avevo cercai di riprendermi, facendo un
forte respiro.
Cominciai a camminare per uscire di casa e, ovviamente, Robert
cominciò: “Kim, un attimo. Non ho iniziato
io”.
“Ovviamente. Kisten è talmente forte da averti
arpionato al muro e quasi ucciso con la sua saliva” dissi
uscendo in salotto.
Raggiunsi in fretta la mongolfiera, prendendo al volo la mia borsa.
Salii nella cesta di vimini dove io ed Henry avremmo viaggiato. Dietro
di me venne Robert ma, prima che potesse salire, dissi ad Henry:
“Parti”.
Lui mi guardò interrogativo. Nel frattempo Robert si stava
per arrampicare sulla cesta.
“Lui non viene” dissi staccando la sua mano dalla
mongolfiera. Senza aggiungere altro Henry tolse le corde che tenevano
la mongolfiera legata a terra.
Mentre ci alzavamo, sentendo l’aria scorrere sul volto,
guardavo Robert, che mi osservava per metà stupito e per
metà dispiaciuto (e forse anche per un quarto arrabbiato).
Lo salutai con la mano e sorrisi debolmente.
“Dove ti porto?” mi chiese Henry.
“Potresti arrivare fino a qui?” chiesi,
ricordandomi improvvisamente di avere una cartina
dell’Inghilterra nella borsa.
“Agli ordini signorina” disse lui osservando il
punto indicato dal mio dito.
Viaggiammo per delle ore. Nel frattempo ebbi il tempo di pensare.
In fondo stavo realizzando quello che volevo. E poi quella era la MIA
lista di cose da fare. Non la lista delle cose da fare CON ROBERT. Al
diavolo! Quella sera sarei passata a prendere le mie cose e sarei
sparita.
Era bello viaggiare in mongolfiera. Si poteva vedere tutto
dall’alto, le persone erano piccole come formiche. Mi sentivo
parte del mondo come non mai nel vedere tutti quei paesaggi magnifici,
ma nel contempo, guardando le forme di vita che si agitavano
giù in basso, mi sentivo distante da loro. Era una
sensazione stranissima.
Alle quattro e mezza del pomeriggio circa, arrivammo dove volevo essere.
“Dove ti lascio?” chiese Henry.
“Vediamo …” strinsi un po’ gli
occhi per individuare il posto dove volevo andare,
“Lì!” dissi indicando un punto ben
preciso.
“Li?” mi chiese Henry.
“Devo vedere una persona” spiegai.
“Capisco” disse sorridendo. Atterrammo con un
sobbalzo che mi fece reggere forte alle corde della mongolfiera, ma che
per Henry non fu altro che un piccolo sbuffo. Sbarcai e lo ringraziai.
“Grazie mille. Quanto ti devo?”.
“Nulla, figurati. Mi ha fatto piacere portarti qui”.
“Grazie. Non devi restare per portarmi indietro, preferisco
fare da sola. Ah … se quando arrivi c’è
ancora Robert digli pure di tornare a casa”.
“D’accordo”.
“Ciao Henry”.
“Ciao” disse lui, e alzò il fuoco per
far volare il pallone.
Camminai affianco alle lapidi grigie ben allineate. Alla fine trovai
quella giusta. Mi sedetti a gambe incrociate e posai la borsa. Tirai
fuori la lista e cancellai due punti.
“Hai visto ma’? Mi manca solo finire di leggere il
mio libro. Sono anche riuscita a venire a trovarti, visto?”.
Rimasi un po’ in silenzio, di fronte alla tomba di mia madre.
Un tremolio mi percorse la schiena. “Alla fine …
anche la mia passionale storia d’amore è durata
poco. Proprio come avevo scritto qui” dissi con voce
leggermente tremante, mentre una lacrima salata mi scendeva lungo la
guancia e si fermava sulla mia bocca. Tirai fuori la lingua e
l’assaporai, sentendo salato e dolce allo stesso istante.
Sentivo la voce di Robert aleggiare per le campagne inglesi.
Però sapevo che lui non era lì con me.
Rob
Quando tornai a casa mi sentii stranamente sconvolto. Andai in camera
mia, dove ormai dormiva anche Kim, forse nella speranza di vederla
improvvisamente lì, a finire di leggere il suo libro.
Però non c’era, quindi mi dovetti accontentare di
guardare le sue cose, sparse per la stanza assieme alle mie.
Stordito, come se mi avessero dato una martellata in testa, mi sedetti
sul divano.
Avevo detto la verità: non ero stato io a baciare Kristen,
era stato il contrario. Mi aveva braccato così
all’improvviso che non mi ero neanche reso conto di quello
che succedeva.
Solo in quel momento realizzai quanto mi mancava Kim. Ci conoscevamo da
pochissimo, è vero, però avevamo passato i
precedenti giorni assieme ventiquattr’ore su ventiquattro.
Davvero, sentivo di conoscerla come persona.
Era gentile, solare, adorava tutto ciò che c’era
di semplice. Per lei tutto quello che a me sembrava scontato o banale
aveva un significato diverso. Mi faceva vedere le cose da un altro
punto di vista. Le piacevano i dolci di qualsiasi tipo e odiava il
cocco. Quando leggeva teneva sempre un dito fra le labbra,
mordicchiandosi l’unghia. Non organizzava mai le sue
giornate, le prendeva semplicemente così, come venivano. E
si arrabbiava da matti quando guardava il telegiornale e sentiva
notizie di politici che avevano fatto qualcosa di stupido. Sapevo che
non era molto per dire di conoscere una persona, però a me
bastava.
Il sole era calato, ma io non mi ero neanche disturbato ad accendere la
luce, così c’era penombra nella casa.
Il campanello suonò, facendomi sussultare. Mi alzai pensando
che fosse Kim. Infatti era lei.
Aprii subito la porta.
“Kim!” esclamai. Cercai di abbracciarla, ma lei si
ritrasse.
“Sono venuta a prendere le mie cose” disse con voce
risoluta, nonostante gli occhi leggermente arrossati, come se avesse
pianto. Mi dispiacque di averla fatta piangere.
“Aspetta” dissi bloccandole l’entrata.
“Non mi fai passare?” chiese.
“No, perché in realtà è
stata lei a baciare me. Io sono il baciato! Mi è
praticamente saltata addosso” sputai le parole in modo
davvero poco convincente.
“Non sembravi per nulla dispiaciuto” disse piano
guardando a terra.
“E’ che è stato improvviso”
dissi alzando le braccia. In un peto secondo Kim
s’infiltrò nell’appartamento e
andrò dritta a prendere le sue cose.
“No, aspetta che fai?” chiesi inseguendola.
“Se una persona ti blocca la strada tu non devi
passare”.
“Se quella persone si distrae oppure si merita che gli
passino oltre, posso eccome. Anzi … devo passare
oltre” disse alzando la testa.
“Oltre a me? Ma perché non mi vuoi più
o perché credi che sia uno stronzo?”.
“Non lo so” disse alzando le spalle.
“Dimmelo tu, ma dimmi la verità. Sei uno
stronzo?”.
“Si, ma non in quel senso”.
Kim si morse un labbro, guardandomi e soppesando le mie parole. Credo
che fosse una delle decisioni più difficili a cui fosse mai
stata sottoposta. Aspettai, tremando alla sentenza.
Come in un sogno si avvicinò e mi diede un bacio sulla
guancia, cingendomi le spalle e poi posando la testa sul mio petto.
Chiusi gli occhi e ispirai il suo profumo. Sapeva di dolce, ma non
troppo forte: era proprio come piaceva a me.
Allora. Prima di tutto precisiamo
che non odio Kristen Stewart o qualcosa del genere, è solo
che volevo una piccola arrabbiatura fra Kim e Robert. Come vedete tutto
è già risolto. Fra parentesi, secondo me la
Stewart è una delle giovani attrici più
promettenti del momento. :) I prossimi due capitoli, vi avviso, sono
gli ultimi, e sono vergognosamente corti, ma spero vi accontentiate. ^^
Passiamo ai ringraziamenti per chi ha messo la fic tra preferiti o
seguite. Mamma mia ragazzi! Non pensavo che questa fic piacesse tanto,
grazie davvero di cuore per seguire la storia, non so proprio che dire
per farvi capire quanto vi sono grata! <3
Satyricon: grazie mille per i complimenti. Si, lo so, lo scorso
capitolo, e pure questo, sono pieni di cose romanticose e
strappalacrime. Ma non disperare! Presto scopriremo come
andrà a finire, e ti dico subito che non mi piacciono i
finali troppo tirsti (a buon intenditor poche parole u_u).
B'è, si sa che Robert è un grande filosofo! Non
chiediamogli però da dove gli escano! XD
ilachan89yamapi: oddio forse sei una delle poche persone che non se lo
aspettavano della malattia. Ogni volta che qualcuno avanzava
quell'ipotesi io facevo *ma pork...!* Però almeno un paio di
persone le ho sorprese, meno male! XD Grazie per la recensione, al
prossimo capitolo.
Nymph: si, forse leggendola la fic non ricorda il film (forse
perchè la gente è più concentrata su
Robert XD); ma l'idea di base è più o meno la
stessa. ^^ Comunque hai ragione, il cancro è una
delle malattie peggiori che esistono. Purtroppo anche io ho avuto a che
farci, ed è davvero terribile. Ma non ti preoccupare per Kim
;)
Xx_scritrice88_xX: mhuahahah! Aiuto! Un vampiro emo mi sta mandando
lettere minatorie! XD Me è felice di esse stata spassosa,
grazie mille! Non preoccuparti, il prossimo capitolo è
(haimè) il penultimo, ma già sapremo se
andrà a finire bene. Poi c'è un piccolo epilogo
tutto dal punto di vista robertiano. B'è, grazie per avermi
seguita fino a qui! <3
Al prossimo capitolo miei cari lettori!
Patty.
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