6. In the
middle
“… Questa Guerra
ci sta insegnano fin troppo, a mio avviso, e nella maniera sbagliata.
A tutti Noi.
Nessuno escluso.
È strano come
improvvisamente, in questo luogo sterile, a cui abbiamo tolto e continuiamo a
togliere, qualcosa possa germogliare.
O forse
crescere.
Non lo so…
Inizio a non
comprendere più certe cose. Le banalità della vita quotidiana mi sembrano ora
misteri invalicabili; le piccole cose a cui ero abituato, ciò che era scontato,
improvvisamente sembrano arcani irrisolvibili.
Loro rientrano
in questa categoria. Ma suppongo non sia colpa di questa Guerra.
Credo che sia
così per natura o forse per una folle scelta…”
Rileggere queste righe, ad anni di
distanza, è straniante.
Non strano. Non doloroso. Non faticoso. No.
Straniante.
È come se non fosse reale, ma lo fosse; è
come se non fosse la mia vita, ma lo fosse; è come se non fossero i miei
ricordi, ma lo fossero.
È una giostra sulla quale sono salita più o
meno consapevole di quale fosse l’effettivo giro, e dalla quale ho scelto di
non voler scendere.
In realtà penso sia molto più facile di
così in realtà: è la classica storia del “se ti prendi l’uomo devi prenderti
anche tutto ciò che lo accompagna”.
Più basilare di così.
Lo sapevo dall’inizio, questo principio.
Sapevo che sposando Lui sarebbe stato un po’ come sposarsi anche Loro
– in senso lato magari, ma il risultato è lo stesso.
Dopotutto, è stato il ruolo finale che ho
scelto per me: né dentro, né fuori. In mezzo.
In mezzo ad ogni cosa, ad ogni persona. Ad
ogni legame.
Incastrata, per mia volontà, tra le volontà
altrui.
Incastrata tra Loro.
Ricordo di averLi
conosciuti nello stesso modo, anche se in tempi diversi: attraverso una
lettera.
Durante il periodo in Accademia, Lui
mi scriveva di Lui.
Durante Ishvar, Lui
mi scriveva di Lui.
Durante Ishvar, Lui
mi scriveva di Lei.
Quando tutto si sia confuso non lo
so, forse lo è sempre stato.
Quando tutti si sono confusi non lo
so, forse lo sono sempre stati.
Eppure ricordo un episodio, una frase, una richiesta.
“Insegni come
vivere. Insegnami come vivere in un mondo che non sia Ishvar…”
Me lo ha chiesto con la disperazione nella
voce, e con il rimpianto negli occhi.
Me lo ha chiesto come un bimbo spaventato
dal mondo.
Me lo ha chiesto come un uomo senza più
nulla.
Me lo ha chiesto malgrado davanti al mondo
fingesse fosse semplice.
“Raccontami.
Raccontami, ti prego. Raccontami chi sei e chi sei diventato.”
Raccontami di te.
Raccontami di chi eri lì.
Raccontami di chi ha camminato al tuo
fianco, di chi cercavi gli occhi, di chi c’era quando non c’era nessuno.
Raccontami di Voi.
Questo gli ho chiesto senza cattiveria o
gelosia.
E lui parlava di Voi.
Ci sono troppi
Voi, qui. Troppi legami.
C’è troppo…
Vi
ho conosciuti dai suoi racconti, dall’affetto delle sue parole, dalle battute
irriverenti e dagli insulti affettuosi.
Vi
ho conosciuti come la sua famiglia; sgangherata, assurda, piena di
buchi, che a malapena stava in piedi e che nemmeno si sognava di definirsi
tale. Eppure Vi ho conosciuti.
Poi Vi ho visti, e ho capito che non
avrei mai compreso.
Non del tutto. Non veramente.
In mezzo a
tutto.
In mezzo a
tutti.
Il ruolo che ho
ritagliato per me.
Non ho capito Maes
e Roy – fratelli non di sangue, ma di qualcosa che
del sangue se ne fregava.
Non ho capito Maes
e Riza – estranei che fingevano di essere tali, ma si
capivano con uno sguardo.
Non ho capito Roy
e Riza – il cui baratro che li separava sembrava
infinito, ma che erano così lontani da essere vicini.
Alla fine ho smesso di cercare di capire.
Alla fine ho smesso di cercare una motivazione.
Ma ho imparato.
In mezzo a
tutto.
In mezzo a
tutti.
Il ruolo che ho
ritagliato per me…
…
Perché non c’era
posto migliore per assistervi.
Non sono mai stata un soldato, né un
alchimista.
Non conosco il peso della divisa,
tantomeno quello della Guerra.
Ma l’Amicizia e l’Amore…
Ho imparato con Voi.
Ricordo ancora quel giorno…
Elicia era nata da poco, e tra infinite
tribolazioni eravate riusciti a venire. Per farci le congratulazioni.
Per un abbraccio. Per conoscere la mia bimba.
Ricordo di aver sorriso serena, mentre
allungavo le braccia e Riza la accoglieva tra
le sue.
Ricordo di aver ridacchiato divertita,
quando Roy si è avvicinato e gli è stata gentilmente
messa in braccio la bimba, e la sua espressione stranita.
Ricordo il flash della macchina fotografica
che ha abbagliato tutti, le espressioni stupite e quel pezzo di carta che
sarebbe diventato tra i più importanti.
E ricordo le parole di Maes a loro, la sua richiesta che era anche
la mia.
“Se qualcosa va
storto…”
Sarete Voi ad occuparvene.
Non ho mai avuto dubbi. Mai.
Ho sempre detto che non avremmo potuto
scegliere persone migliori.
Quella foto, stampata poco tempo
dopo, mi ha dato la conferma.
Una famiglia…
Lo sembravate, la sareste stati e lo siete
stati.
Anche se il mondo non ne ha mai saputo
nulla per molto tempo.
Anche se per anni nessun altro a
parte me e Maes ha sentito Elicia
dire quelle due paroline.
“Zio, mi prendi
sulle spalle?”
“Zia, balli con
me?”
“Zio. Zia. Mi
raccontate una storia?”
No, il Mondo non l’ha saputo per
lungo tempo.
Ma io sì.
Ma lui sì.
Siete stati per Elicia
una famiglia, la stessa che siete stati per Maes.
Lo siete stati anche per me.
Ricordo i giorni peggiori, quelli in cui
ogni cosa andava nascosta, in cui ogni gesto doveva essere accurato,
controllato, studiato.
Ricordo il dolore negli occhi di mia
figlia, che non capiva; ricordo le sue lacrime perché pensava di avervi fatti
arrabbiare; ricordo che chiedeva di Voi, e io dovevo mentire per tutti.
E ricordo quel
giorno…
Dimissioni
dall’ospedale, ma fasciature che nascondevano ferite ancora sanguinanti.
Il campanello
aveva suonato ed Elicia, come suo solito, ch’era
corsa ad aprire.
E il silenzio.
Mi ero
precipitata spaventata e la mia bimba era al sicuro tra le braccia di Riza, una mano di Roy sulla sua
testolina e l’altra che si poggiava delicata sul fianco della donna.
“Zio. Zia.”
Lacrime visibili.
Mie. Di mia
figlia.
Lacrime invisibili.
Roy. Riza.
No, non avremmo
potuto fare scelta migliore.
Lo pensavo allora
e lo penso oggi.
L’ho pensato quel
giorno all’ospedale, quando Elicia ha conosciuto sua
cugina.
L’ho pensato
quando ho saputo della scelta della mia bambina: la divisa.
L’ho pensato
quando si è diplomata e il Comandate
Supremo Mustang le ha dato mostrine e diploma.
E lo penso oggi,
il giorno del suo matrimonio, mentre c’è qualcuna che la
tranquillizza come io non riesco a fare e c’è qualcuno che l’aspetta
per accompagnarla verso qualcun altro.
Una famiglia…
Sgangherata,
assurda, piena di buchi e di rattoppi, che ora sta in piedi e che malgradi non
si sia mai sognata di definirsi tale lo è, lo è diventata e lo è sempre stata.
E io sono in
mezzo.
Ma non c’è posto
migliore.
Angolino dell’Autrice
(più o meno):
Beh, almeno
stavolta sono stata (semi) veloce a pubblicare. Il che potrebbe essere un
record xD
Passando alla
storia… Immagino che si sia capito chi parla: ovviamente Glacier!
Lo so, ormai qui
stiamo alla follia, ma è anche questo il bello xD
Anche in questo
caso un capitolo che per certi tratti può ricordare il precedente per stile di
scrittura, anche grazie al fatto che passiamo a parlare di terzi in senso
generico a sembrare di parlare direttamente con loro. Anche in questo caso come
nel precedente è una scelta voluta, studiata e adattata. Nulla viene lasciato
al caso (sì, come no! Non ci credo nemmeno io!).
In questo
capitolo ho cercato di capire Glacier, la sua vita, i suoi sentimenti, e il suo
legame.
Il tutto si
risolve in qualcosa che in una certa misura va da sé.
Gran parte delle
cose sono frutto della mia fantasia (diciamo un buon 98% dai), tuttavia
sappiamo che Maes le scriveva da Ishvar,
e mi fa strano pensare che non abbia mai scritto di CHI era lì con lui. Il resto
è quasi una conseguenza logica. In una certa misura è quasi una MaesRoyRiza (nella mia mente sono tre personaggi inscindibili,
vista Ishvar; perché è lì che loro 3
sono nati come quelli che abbiamo conosciuto noi). Glacier è il quarto
elemento, una variabile entrata nel gioco delle parti per Maes,
ma che è impossibile scindere dal resto. Così come Elicia.
Nella mia mente
Glacier ha il ruolo dell’esterna e dell’interna; è quella che sa ma non sa; è
quella a cui racconti ma non racconti; è quella che mette insieme le tessere
del puzzle pezzo dopo pezzo, parola dopo parola, azione dopo azione. E non è
stupita, ed è vissuta con Maes abbastanza tempo da capirne
i legami. Mi piace pensare che lei abbia sempre saputo, ma che abbia rispettato
il suo “ruolo” per così dire.
Tutta la
questione Elicia è SERIAMENTE nata dalla fantasia, ma
un po’ di zucchero non guasta. Nei limiti del possibile. In più l’ho sempre
immaginata come una cosa MOLTO possibile.
Questo capitolo
in realtà in certa misura sarà ripreso, o almeno saranno riprese alcune questioni
qui inserite. Sì, mi piace creare collegamenti pure nelle raccolte che
dovrebbero essere fini a sé stesse. Sono un caso disperato.
Infine…
RedLolly! Mi ucciderai a
breve perché ancora non mi sono messa a recensire come promesso. Se vuoi ti do
l’indirizzo così mi vieni a tirare il collo direttamente (che sarebbe più che
giusto). In realtà sappi che sto abbozzando le recensioni, perché un minimo di
senso logico in una recensione è d’obbligo. E sappi che sei stata lo sprone per
questo nuovo capitolo; mi hai dato la carica che mi serviva. Non so davvero
come ringraziarti! Per tutto! Grazie anche per il commento del precedente
capitolo. Domani se tutto va bene inizio a mettermi in pari. Incrocio le dita.
A presto.
LadyBlueSky