contest
Jack Daniels and orange
juice
mix
better than I would have imagined.
#03. A night to remember
Quando la porta della cella si aprì, Ian si
precipitò letteralmente giù dal letto e
andò incontro alla guardia appena entrata –
l’unica guardia omosessuale dell’intera prigione,
oltretutto – con un sorriso a trentadue denti stampato sul
volto.
«Grazie!», disse afferrando la busta gialla dalle
mani dell’uomo, il quale ricambiò con un
occhiolino incoraggiandolo a
farne buon uso e poi se ne andò chiudendo la porta.
«Che cazzo è?», chiese Mickey
sospettoso, avendo notato tanto l’inspiegabile ed eccessivo
entusiasmo di Ian quanto lo sguardo ammiccante della guardia,
accompagnato da parole che non comprendeva.
«Guarda tu stesso», rispose Ian passandogli la
busta.
Mickey l’aprì in fretta e furia: tutto si sarebbe
aspettato tranne che di tirarne fuori un barattolo di… lubrificante.
«Sei contento?», si volle informare Ian cercando il
suo sguardo.
«Cazzo sì, ma come l’hai
convinto?», chiese Mickey rigirandosi il barattolo tra le
mani – una vera e propria benedizione
considerando quanto fosse arrivato a odiare la maionese,
sia come lubrificante che come condimento.
«Ho i miei metodi, proprio come tu hai i tuoi»,
rispose Ian, alludendo a come Mickey gli avesse fatto recapitare un
telefono per videochiamare Lip e suo figlio da una guardia a cui aveva
spacciato erba. «Solo che i miei sono
più… legali»,
aggiunse Ian ridacchiando.
Mickey aggrottò la fronte. «Non gli avrai
mica… fatto una sega o un pompino? Ti ricordo che
tecnicamente sarebbe tradimento».
Era sempre stato geloso di Ian, prima con Kash, poi con quel vecchio
pervertito, poi con i viscidi clienti di quel bar gay in cui Ian aveva
lavorato per un certo periodo di tempo e ancora con il suo ex fidanzato
trans e in generale con qualsiasi esemplare di sesso maschile (e
femminile) gli si avvicinasse. Era da stupidi – Ian lo amava,
aveva sempre amato lui e lui soltanto – ma Mickey non poteva
fare a meno di temere che un giorno Ian si sarebbe stancato di quella
loro vita a cavallo tra una prigione e l’altra e avrebbe
rivolto i suoi occhi da un’altra parte, magari per sempre. Il solo
pensiero lo faceva inorridire.
«Certo che no!», sbottò Ian
indispettito. «Oggi a pranzo mi è bastato fingere
di piangere di fronte a lui. Mi ha chiesto cosa avessi e io gli ho
accennato di noi. Alla fine l’ho impietosito talmente tanto
che è stato lui stesso a promettermi quel lubrificante. Solidarietà tra gay,
suppongo».
Mickey tirò un sospiro di sollievo. Nonostante
l’idea che Ian se ne andasse in giro a raccontare i dettagli
della loro vita sessuale non lo allettasse particolarmente,
pensò a quanto sarebbe stato piacevole sentire il suo cazzo
duro scivolargli facilmente tra le natiche aiutato da quel liquido
incolore, ma soprattutto insapore
e inodore,
e la mezza erezione che gli nacque tra le gambe gli diede la certezza che Ian avesse fatto la cosa giusta. E che l’avesse fatta per
lui, solo per lui,
per salutarlo nel modo migliore possibile, come ogni volta che per
qualche motivo dovevano separarsi.
«Be’, che stiamo aspettando allora?», lo
incoraggiò Mickey sorridendo maliziosamente, per poi
avvicinarsi a lui, stringergli tra le dita il colletto della tuta
gialla da detenuto e baciarlo lascivamente sulle labbra con tanto di
lingua e denti. Ian ricambiò con passione affogando in quel
bacio un «Ti amo, mi mancherai» mal trattenuto e
cominciò a trafficare a sua volta con i bottoni della tuta
di Mickey, il quale – troppo preso anche solo
per articolare una risposta di senso compiuto –
sperò in cuor suo che quella notte, quell’ultima notte
insieme prima dell’udienza di Ian, durasse il più
a lungo possibile.
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