And
there’s… not us on the podium
“Che c’è?” Joe si
portò il cellulare all’orecchio e roteò
appena gli occhi.
Le candeline sulla torta erano accese, la stanza era
decorata a festa, tutto era pronto: Joe, Conor e Price erano
già radunati
attorno al tavolo da svariati minuti, ma il resto degli invitati
– Dom e Phil,
che sarebbero dovuti giungere insieme – non si erano ancora
visti.
Price si sporse appena nella direzione del biondo,
cercando di carpire qualcosa: dall’altro capo del telefono si
levava forte e
chiara la voce di Dom, ma il suo tono era talmente concitato che le
parole si
confondevano tutte insieme.
“Come sarebbe a dire?” sbottò Joe,
tentando comunque di rimanere
calmo.
Conor lanciò un’occhiata perplessa ai suoi due
amici.
“E come pensate di fare adesso? Noi siamo già qui,
vi
stiamo aspettando da più di mezz’ora!”
proseguì ancora il chitarrista.
“Che cazzo avranno combinato?” borbottò
tra sé il
cantante, a metà tra l’incuriosito e il
preoccupato.
Price si strinse nelle spalle.
“Ho capito, sto arrivando.” Joe chiuse la chiamata,
poggiò il telefono sul tavolo e si alzò con un
sospiro.
“Che succede?” si informò Price.
“Dom ha avuto un guasto alla macchina o qualcosa del
genere, ora lui e Phil sono a piedi e mi hanno chiesto se posso andare
a recuperarli.”
“Cazzo” commentò Conor, battendosi una
mano sulla fronte.
Il batterista, nonché festeggiato, soffiò sulle
candeline
e si levò dal capo il cappellino a forma di cono che i suoi
amici l’avevano
costretto a indossare. “Meglio spegnerle, altrimenti si
consumano” commentò,
accennando alla torta ricoperta di panna e caramelle gommose.
“Spero di non metterci troppo. Auguratemi buona
fortuna”
esclamò Joe, avviandosi di tutta fretta verso
l’uscita e lasciando
l’appartamento col cappotto infilato solo per metà.
Conor e Price, rimasti soli, si scambiarono un’occhiata
stralunata: la stanza era piombata nel silenzio e ora non avevano nulla
da fare
se non attendere e placare la tentazione di far fuori quella bellissima
torta
che svettava davanti ai loro nasi.
Che compleanno bizzarro, si ritrovò a
pensare
Price mentre reprimeva uno sbadiglio.
“Beh… che si fa? Mettiamo su un po’ di
musica?” propose
Conor, mettendosi in piedi e sorridendo raggiante: non avrebbe certo
rinunciato
a festeggiare e rallegrare la giornata del suo amico solo
perché c’era stato un
piccolo inconveniente. In fondo la festicciola era stata solo rinviata.
“Okay, la cassa bluetooth è sulla mensola in
corridoio.
Io intanto sto morendo di sete…”
ribatté il batterista, allungando una mano per
afferrare una bottiglia di Pepsi.
“Eh no! Sei il festeggiato, quindi devi essere servito e
riverito: te lo verso io!” obiettò Conor,
agguantando a sua volta la bottiglia.
“Servito e riverito, addirittura! Che cosa cambia? Tu non
dovevi mettere su un po’ di musica, poi?” Price
strattonò leggermente il
contenitore in plastica.
“Lasciati coccolare dal tuo amico preferito almeno
oggi!”
insisté il cantante, rafforzando la stretta sulla plastica e
facendola
scrocchiare.
Nessuno dei due però si era accorto che il tappo non era
stato ben avvitato, ma era soltanto poggiato sulla sommità
della bottiglia;
all’ennesimo strattone, un fiume di Pepsi si
riversò al di fuori, inondando le
dita dei due ragazzi e la tovaglia.
Istintivamente Conor lanciò uno strillo e tentò
di
arginare il disastro tenendo la bottiglia dritta, mentre Price
mollò la presa e
si affrettò a sollevare la torta dal tavolo prima che si
inzuppasse della
bibita gassata.
“Ma che cazzo…” commentò il
batterista confuso.
“Non era chiusa bene! Vedi? Dovevi lasciarla a me,
così
non sarebbe successo niente!”
“Sì, vabbè.” Il padrone di
casa poggiò il vassoio con la
torta sul piano cottura e tornò al tavolo per constatare i
danni: la tovaglia
era completamente zuppa, i tovaglioli erano inservibili così
come alcuni
bicchieri di carta; fortunatamente le patatine si erano salvate, dal
momento
che erano ancora sigillate dentro le loro confezioni impermeabili.
“Penso che bisognerà dare una pulita anche al
pavimento…”
commentò Conor, notando una piccola pozza che si era formata
accanto alla gamba
del tavolo.
Ma Price non l’aveva nemmeno ascoltato, attirato da un
oggetto in particolare: in un angolo della tovaglia, col display
completamente
inondato di Pepsi, stazionava un cellulare.
Gli mancò il fiato.
“Conor… quello è tuo?”
Il cantante seguì il suo sguardo, sobbalzò e poi
aggrottò
le sopracciglia. “No, penso sia… oh
cazzo!”
“Se non è mio e non è tuo, allora non
può essere che…”
rifletté il batterista. No, non poteva essere.
“Joe! Se l’è dimenticato nella fretta di
uscire!”
Disperato, Conor tappò la bottiglia incriminata e la
lanciò dentro il
lavandino, si asciugò le mani e corse a constatare i danni,
timoroso di cosa
avrebbe trovato.
Price si alzò e lo affiancò, sporgendosi oltre la
sua
spalla. “Si accende?”
Conor cliccò il tasto di accensione dello schermo, ma il
display rimase nero. “Merda!” Provò a
tenere premuto il tasto, sperando che il
dispositivo si riaccendesse: quest’ultimo emise una breve
vibrazione, poi
ripiombò nel silenzio e nel buio totale senza dare altri
segni di vita.
“Non è possibile, dobbiamo fare qualcosa per
asciugarlo!
Joe ci ammazzerà!” Price, che cominciava a essere
divorato dalla disperazione,
prese l’apparecchio dalle mani di Conor e lo avvolse in un
canovaccio, sperando
che servisse a qualcosa.
“No, no, cazzo, no! Adesso come facciamo?”
continuava a
borbottare Conor col volto sepolto tra le mani.
“Perché cazzo quella bottiglia
non era ben chiusa?”
“E perché cazzo Joe ha lasciato il telefono
qui?”
“Beh, se non erro è stato proprio lui a versarsi
la Pepsi
per l’ultima volta… quindi alla fine è
colpa sua se si è rovesciata” ricollegò
i fatti il cantante, pronunciando le ultime parole con
un’ostentata convinzione
che non possedeva affatto.
“In effetti hai ragione,” convenne Price,
“ed è colpa sua
se si è dimenticato il cellulare sul tavolo! Noi non
potevamo farci niente,
giusto?”
“Esatto! È esattamente ciò che gli
diremo quando
tornerà!” concluse Conor risoluto.
I due annuirono, poi si scambiarono un’occhiata.
“Glielo dirai tu, vero?” ruppe il silenzio Price
con un
sorrisetto da finto tonto.
“E perché io?”
“Sei tu che hai tentato di strapparmi la bottiglia dalle
mani!”
“Ma io volevo solo fare un gesto carino, le intenzioni
erano buone! E poi tu hai continuato a strattonarla”
controbatté il biondo,
incrociando le braccia al petto.
“Sta di fatto che oggi è il mio compleanno e non
voglio
finire ammazzato dal nostro chitarrista in una giornata così
speciale!” tentò
allora Price, facendo leva sul suo ultimo asso nella manica per quel
giorno.
“Appunto, è il tuo compleanno e questa
è la tua
festa dentro la tua casa, quindi qualsiasi cosa
succeda qui è una tua
responsabilità!" Conor non aveva nessuna intenzione di
cedere.
Non che volessero gettarsi nei casini a vicenda, ma
nessuno dei due aveva la più pallida idea di come comunicare
a Joe che il suo
smartphone – comprato appena quell’estate
– aveva fatto un bel bagno di
bollicine e sembrava del tutto irrecuperabile.
“Sai che ti dico?” Price si sistemò gli
occhiali sul naso
e rivolse all’amico un’occhiata di sfida.
“Giochiamocela ai videogames! Chi
perde dovrà dare la notizia a Joe!”
Per nulla intimorito, Conor sostenne il suo sguardo. “Lo
stai proponendo solo perché giochi più spesso e
pensi di potermi battere come
se nulla fosse? Non sarà semplice come pensi.”
“Quindi ci stai?”
“Ci sto!”
Misero su un po’ di musica, posero rimedio al disastro in
cucina – mentre puliva il pavimento, Conor si
prodigò in vari balletti e mosse
che fecero piegare il batterista in due dalle risate – e
poterono finalmente
recarsi nel piccolo soggiorno del batterista, in cui era situata la tv
con
tanto di consolle per il gaming.
Joe non sarebbe tornato a breve: era prevedibile che,
dovendo percorrere il tragitto all’andata e al ritorno
immerso nel traffico
londinese, sarebbe stato lontano dalla dimora di Price per
più di un’ora – il
che era un bene per batterista e cantante.
“Allora… qui abbiamo il videogioco della Formula1,
l’ho
comprato da poco. L’hai mai provato?” propose
Price, sventolando un dischetto davanti
agli occhi del suo amico.
Conor scosse il capo. “Però i videogiochi con le
macchine
sono fighi.”
“Benissimo!” Price inserì il gioco,
prese un joystick per
sé e ne porse uno a Conor, poi i due si posizionarono sul
divano.
Non era la prima volta che si sfidavano ai videogiochi,
ma quel giorno c’era qualcosa di importantissimo in ballo.
Mentre scorrevano l’elenco dei piloti tra cui poter
scegliere, i due si resero conto che la loro conoscenza in materia non
era poi
così ampia; qualche volta guardavano la Formula1, ma nessuno
dei due era un fan
sfegatato di quello sport.
“Okay, allora, visto che ci sono vari inglesi, vada per
Lando Norris” decise Price, apparentemente convinto della sua
scelta.
“Eh, ma io prendo Lewis Hamilton!” si
pavoneggiò Conor.
Dopo aver scelto qualche altra opzione, finalmente sullo
schermo apparve lo scenario con la griglia di partenza e la gara ebbe
inizio.
In un silenzio ricco di tensione e concentrazione, Price
e Conor armeggiarono con i loro joystick per alcuni secondi.
“Vabbè, ma mi stanno superando tutti”
commentò il
batterista, tentando un’accelerata brusca col solo risultato
di sbandare verso destra
proprio in prossimità di una curva.
“Beh, forse ti sarebbe convenuto sfidarmi in un gioco con
cui hai più dimestichezza!” commentò
Conor con una risatina, prima che la sua
auto sfiorasse appena quella di un avversario –
fortunatamente senza conseguenze.
I due lanciarono un’esclamazione sorpresa.
“Un millimetro più vicino e sarebbe stato un
incidente”
commentò Price.
“Mi ha pure superato? Era una tecnica per
distrarmi?”
I due, commentando e ridendo, cercarono di tenere le loro
auto quantomeno sulla strada finché la gara non
terminò: Conor arrivò al
traguardo ma non salì sul podio, mentre Price, che aveva
avuto più problemi in
corso d’opera, non ebbe nemmeno il tempo di giungere in fondo
che la cerimonia
di premiazione era già partita.
“Addirittura! Ma non ho nemmeno finito la corsa!”
Conor rise. “Beh, comunque ho vinto io, quindi buona
fortuna con Joe” disse poi, lasciando andare il joystick
sulle gambe e
incrociando le braccia dietro la nuca con fare rilassato.
“Non così in fretta. Nessuno dei due è
arrivato sul
podio, quindi tecnicamente nessuno ha vinto: ci vuole
un’altra partita” obiettò
Price.
“E chi l’ha deciso? Io almeno sono arrivato fino
alla
fine!”
“Ma non hai vinto.”
Il cantante sbuffò, ma sotto sotto si stava divertendo un
sacco e non vedeva l’ora di giocare un’altra
partita. “D’accordo! Del resto non
mi sento minacciato dalle tue abilità da pilota.”
“Non che tu possa fare vanto delle tue.”
I due avviarono una nuova partita ed entrambi si
concentrarono, ma stavolta più rilassati e divertiti
rispetto alla prima
partita.
“Ma possibile che questi tizi vadano così di
fretta?”
Conor tentò di accelerare, ma sbagliò il pulsante
da cliccare e virò
bruscamente verso sinistra; la sua auto andò a sbattere
contro un ostacolo a
bordo pista e si sfasciò completamente.
I due risero.
“Oh no, la mia macchina super costosa!” si finse
disperato Conor, mentre una nuova auto compariva come per magia davanti
ai suoi
occhi.
“In tutto ciò io sono finito in mezzo
all’erba al lato
della strada e non riesco a tornare in pista”
commentò Price con una risata.
“Non credo sia legale!”
Stavolta però le cose andarono leggermente meglio:
entrambi riuscirono miracolosamente a tagliare il traguardo.
“E… non ci siamo noi sul podio”
constatò il padrone di
casa quando sullo schermo apparvero i risultati della corsa.
“Chi se lo sarebbe mai aspettato!”
ironizzò il suo amico
con un sorrisetto.
“Quindi siamo costretti a sfidarci di nuovo.”
I due si scambiarono uno sguardo complice e si immersero
in una nuova partita, ormai dimentichi del motivo che li aveva spinti a
prendere in mano i joystick,
Joe, Dom e Phil li trovarono ancora così quando
arrivarono: ormai ridevano e imprecavano senza contegno ma, cosa ancora
più
importante, dopo innumerevoli partite nessuno dei due era riuscito a
salire sul
podio nemmeno una volta.
Quando però misero a fuoco il volto di Joe,
l’entusiasmo di entrambi collassò e
la realtà piombò loro addosso
all’improvviso.
I cinque ragazzi si radunarono in cucina, attorno alla
torta che finalmente poteva essere presa d’assalto; Dom e
Phil diedero gli
auguri a Price, che accettò di buon grado i loro abbracci ma
in realtà stava
morendo dalla paura.
“Ehi” esordì Joe guardandosi attorno,
poco prima di far
scattare la pietrina per accendere le candeline. “Non
è che per caso ho
dimenticato il telefono qui?”
Batterista e cantante si scambiarono un’occhiata colma di
panico: alla fine nessuno dei due aveva vinto la sfida ai videogiochi
e, allo
stesso modo, nessuno dei due si era preparato psicologicamente per
comunicare
la notizia al loro amico.
“Ecco, può essere…”
cominciò Conor.
“Però nel mentre è successa una
cosa…” proseguì Price.
Joe inarcò un sopracciglio e anche Dom e Phil allungarono
il collo, curiosi di sentire.
“Praticamente Price aveva sete, allora io ho deciso di
versargli un po’ di Pepsi…” prese
nuovamente la parola il cantante.
“Veramente non è andata così! io ho
preso la bottiglia e
lui me la voleva strappare di mano!” ci tenne a precisare
Price.
“Volevo solo essere gentile!”
“Ma si può sapere cosa c’entra tutto
questo col mio
cellulare?” sbottò Joe, sempre più
confuso e spazientito.
“Ecco, la bottiglia di Pepsi si è
rovesciata” buttò fuori
Conor tutto d’un fiato.
“E il tuo telefono era sul tavolo” aggiunse Price.
“È praticamente morto affogato.”
“Ci dispiace!”
“Cosa?!” esclamò Joe strabuzzando gli
occhi. Com’era
possibile che si fosse allontanato per un’ora e mezza e nel
frattempo fosse
successa una catastrofe?
“Non uccidermi, è il mio compleanno!” lo
supplicò il
batterista.
“Beh… tra sedici giorni sarà anche il
mio!” aggiunse il
cantante, arrampicandosi sugli specchi.
Joe stava per aprir bocca, quando Dom attirò
l’attenzione
su di sé battendo le mani e ridacchiando.
“Ragazzi, che culo! Grazie mille!
Adesso sappiamo cosa regalargli per Natale, io ero già
disperato!”
♥
♥ ♥ ♥
♥
AUGURI
PRICEEEEEEE *______________*
Potevo forse
astenermi dallo scrivere una storia
demenziale per il nostro cuccioloso batterista??? Del resto per i
compleanni
dei NBT non ho scritto nemmeno una storia seria quest’anno (e
non avete idea di
cosa vi aspetta per Conor eheheheheh) XD
Dunque, da dove
cominciare? Innanzitutto ringrazio di
cuore Carmaux per avermi letteralmente salvato la vita e avermi fornito
l’idea
che mi mancava per questa storia di compleanno! Innanzitutto
ricordandomi
l’esistenza di questo video:
https://twitter.com/NBThieves/status/1389958486700826626?s=09
Ebbene, Conor e
Price diversi mesi fa si sono trasformati
in due gamers (falliti, come potete vedere XD) e ci hanno resi
partecipi delle
loro sfide a suon di Formula1 – io nemmeno sapevo che
esistesse tale gioco,
però che figata XD
Ovviamente,
anche se ho ricalcato alcune cose del video,
mi sono solamente ispirata a esso ^^
Per il
contorno, devo sempre ringraziare Carmaux perché
mi ha dato lo spunto, dicendomi qualcosa del tipo “chi perde
deve dire a Dom
che si sono dimenticati di comprare le birre per la
serata”… ma ho voluto
rendere il tutto un po’ più drammatico XD
Infine, per
quanto riguarda i balletti di Conor mentre
lava il pavimento… io non mi invento niente:
https://www.instagram.com/p/CLH_iGDHYz2/?igshid=1hrltx54b87e6
Breve ma
intenso AHAHAHAH poi comunque già solo il fatto
che Conor stesse lavando il pavimento è ORO AHAHAHAHAH
Il titolo
è semplicemente la didascalia con cui i NBT
hanno accompagnato il video postato sui social, frase che Price
pronuncia
appunto sul finale.
Bene! Io spero
che questa fesseria di storia vi abbia
almeno strappato un sorriso ^^ e ringrazio di cuore chiunque sia giunto
fin
qui! :3
Alla
prossimaaaa e ancora tantissimi auguri a Price, che
tiene in piedi i NBT grazie al suo stupendo groove e alla suo
incrollabile
ottimismo ♥
r
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