DreamGirl
OnceUponATime!AU
Rating: Giallo
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2023 indetti sul forum Ferisce più la penna
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Tutto,
aveva ghiacciato tutto.
Piccola marionetta dai fili tirati, serrati,
in una morsa maledetta: troppo bella, troppo speciale.
Ironicamente, a quel ballo in maschera le avevano
messo addosso un costume con un magnifico paio
d’ali, certo, come
se volare via fosse stata
un’opzione possibile.
Non c’era più suo padre, morto tragicamente
troppo presto; non c’era più sua madre, morta di
crepacuore quando a sua
sorella era capitato quel terribile incidente, di cui lei
stessa era responsabile.
Il mondo non aveva bisogno dei suoi sogni di
ragazza, perciò li aveva presi, masticati e rigurgitati in
una melma mefitica,
che non dava conforto, al contrario, feriva con i suoi miasmi.
Era sola, relegata in quella che era sempre stata
la sua casa, assieme ad un patrigno e fratellastri che
odiava. Rimasta perché a detta di tutti era bellissima
– e lo era, con quei
fieri occhi azzurri e quei morbidi capelli biondi, così
chiari da sembrare neve
– e perché, beh, era destinata ad essere
la vera regina, una
preda così succulenta era quanto mai sciocco lasciarsela
scappare.
Era stata vestita di bianco, come una
sposa: il collo nudo, la pelle pallida esposta, offerta,
come
una vergine sacrificata alla sete di potere più bieca.
Quanti sguardi lascivi le si erano posati sul
seno messo in risalto dal corsetto magistralmente allacciato per quel
preciso proposito?
Persino il suo volto era coperto, per ricordarle che quella sera lei
non era
nemmeno una persona ma un oggetto, mera
moneta di scambio per
piani che non le appartenevano.
Perché sì, il sovrano delle Isole del Sud aveva
trovato in Elsa di Arendelle un vero tesoro e, come
tale, andava
gelosamente
custodito, seppellito, in un
matrimonio combinato, con un
marito fantoccio, perfetto per una
bambola da rigirare a
piacimento come lei.
Quando aveva sposato sua madre Iduna, alla morte
del re Agnarr, aveva trovato negli occhi della primogenita la fierezza
di una
vera sovrana. Per un attimo, aveva persino pensato di disfarsi di lei e
tenere
la minore, Anna, che con il suo animo romantico sarebbe stata
più facile da
irretire. Chissà, magari l’avrebbe addirittura
convinta a
sposare uno dei suoi fratellastri, il più giovane per
esempio. Gli anni, però,
tendevano a cambiare le persone e quello sarebbe stato un rischio che
il nuovo
re non poteva permettersi: lui e la sua famiglia sarebbero sempre stati
gli
ospiti, gli stranieri, la gente
del Sud e il
popolo non li avrebbe mai seguiti senza le redini del sangue della
famiglia di
Arendelle a tirarli. Lasciare quel regno agognato su cui era finalmente
riuscito a mettere sopra le mani, tuttavia, non era fra le sue
intenzioni.
Ed era allora che il destino gli aveva offerto il
più grande dei doni: facendogli scoprire, in maniera del
tutto inaspettata, il
grande segreto che Elsa custodiva gelosamente. La ragazza poteva
piegare al suo
comando il ghiaccio e la neve, era dotata di una grande magia ma, con
suo
enorme piacere, ne era anche immensamente terrorizzata. Per questo non
doveva
che ringraziare il defunto Agnarr che aveva passato i suoi ultimi anni
a
privare la maggiore delle sue figlie di ogni contatto umano, finendo
per farle
credere seriamente di essere quel mostro crudele che – da
bambina – aveva messo
in serio pericolo la vita della sorellina. Quello che poteva essere un
enorme
ostacolo per i suoi piani si era trasformato, invece, in
un fidato alleato.
Era talmente spaventata che farle perdere il controllo era stato un
gioco da
ragazzi e, difatti, proprio di questo i suoi figli si erano occupati,
tessendole una trappola in cui era scivolata senza sforzi, mettendola
contro
alla sua stessa sorella che ne aveva pagato lo scotto
più caro.
Iduna non era più riuscita nemmeno a guardare in faccia
quella figlia colpevole e
si era spenta pian piano, consumata dal suo stesso dolore. Lui non se
n’era
dispiaciuto, non l’aveva amata mai, ne era stato, anzi,
interiormente
rallegrato perché, con lei, anche l’ultima
speranza di Elsa era svanita e
trasformarla in quel meraviglioso sacco vuoto, che ora gli stava ritto
al
fianco, era stato ancora più facile. C’era una
cosa, però, che con gli anni si
era dimenticato e che, forse, non aveva del tutto compreso: nessun
infuso, con
cui lei accettava di farsi drogare giornalmente pur di reprimere quella
parte
che l’aveva trasformata in un’assassina,
avrebbe potuto estinguere
quella fierezza che ancora
languiva sul fondo del suo sguardo
liquido. E questo, Re Friederik delle Isole del Sud, lo avrebbe
scoperto molto
presto.
Sicuro di aver trovato il pretendente ideale,
aveva pensato che un ballo sarebbe stato perfetto per sugellare il
patto appena
stipulato. Davanti alla mano che le era stata porta in segno
d’invito, però,
Elsa si era ritratta e aveva gentilmente declinato l’offerta.
Il giovane futuro
sposo era rimasto alquanto interdetto e questo non aveva fatto altro
che
aumentare il suo disappunto. La forza che mise nel stringerle il polso
fu
abilmente coperta da un’espressione cordiale, con cui decise
di ricordarle che
non era così che si trattava un ospite, a maggior ragione
quello che sarebbe
presto divenuto suo marito. A
quella parola la ragazza
aveva alzato lo sguardo su di lui, le sue labbra si erano mosse appena,
sibilando un basta fra i denti
stretti: ancor prima di
percepire lo scrocchio dei cristalli di ghiaccio sulla sua pelle, il re
aveva
compreso che il disastro sarebbe stato imminente.
Tutto,
aveva ghiacciato tutto.
La magia aveva abilmente divelto le redini della
droga - fomentata dalla sua paura, dal suo odio, dalla sua rabbia
– esplodendo
in infinite e taglienti spade di ghiaccio che avevano letteralmente
invaso la
sala da
ballo. Il sangue del re, il suo patrigno che ora la guardava con un
misto di
collera e paura, aveva macchiato il prezioso tappeto ai loro piedi: non
c’era
più musica ma solo grida, solo terrore.
Mostro!
Urlò
qualcuno.
Strega!
Gli
fece eco qualcun altro.
Elsa si portò le mani alle orecchie nel vano
tentativo di respingere quelle parole, sicura che se non
l’avesse fatto
sarebbero riuscite a mandarla in mille pezzi. La disperazione,
però, venne
inaspettatamente in suo soccorso e le diede il coraggio di assecondare
quell’impulso che covava dentro di lei già da
lungo tempo: scappò.
Corse e corse ancora, mentre nuvole cariche di
neve si addensavano sulla sua testa e cominciavano a riempire
l’aria estiva con
i loro fiocchi. Il cuore le morì in gola quando, incalzata
dai suoi
inseguitori, si scoprì braccata: non poteva tornare indietro
e non poteva
andare avanti, il suo cammino bloccato dalle placide acque
dell’insenatura del
fiordo.
Disperata, azzardò sfiorare la superficie scura
con la suola di una delle scarpe e quella, incredibilmente,
gelò. Non perse
altro tempo prezioso e, passo dopo passo, corse via sulla superficie
ghiacciata. Ma quanto ancora avrebbe potuto scappare a quel modo?
Quanto ci
avrebbero messo i suoi fratellastri a prendere i cavalli per piombarle
addosso
con un intero esercito? Ora che tutti sapevano, non avevano motivo di
tenerla
in vita, anzi, uccidendola sarebbero stati gli eroi e Friederik avrebbe
finalmente ottenuto quello che voleva. Forse farsi uccidere sarebbe
stata la
soluzione più giusta, lei meritava di
morire per quello che
aveva fatto ad Anna, perché sì, lei un mostro terribile
lo era
per davvero. Eppure le gambe non accennavano a fermarsi, andavano
avanti
testarde in quella lotta per la sopravvivenza… se
solo i tacchi non
fossero stati così alti, il corsetto così stretto.
Caracollò senza fiato nel folto della foresta
che, dal limitare dell’altra sponda, si estendeva a perdita
d’occhio verso
l’entroterra. Il gelo creava nuvole di vapore acqueo con il
suo respiro
spezzato, il petto le si alzava e abbassava ad una velocità
allarmante e il
rantolo che le usciva dalla gola ben faceva comprendere come i polmoni
non
riuscissero più a riempirsi di aria vitale. Incapace di
trattenerle, alcune
lacrime cominciarono a solcarle le guance, sfinita roteò
appena gli occhi e le
sembrò di scorgere delle torce in lontananza…
No…
no, no, no…
Fu
allora che si accorse di non essere sola:
proprio accanto a lei, c’era una strana figura avvolta
dall’oscurità.
«Sembra proprio voi siate nei guai, Fiocco di Neve»
Era troppo buio per scorgere il viso sotto al
cappuccio, ma la voce che aveva parlato era quella divertita di un
giovane
uomo.
«Per favore…» rantolò
«Aiutatemi…»
«Aiutarvi? Potrei farlo, certo…»
celiò «Ma non
sono incline al niente per niente, mia cara,
nemmeno se a chiederlo
è una graziosa ragazza come voi»
«Qualsiasi cosa…» implorò
«Ma salvatemi, vi
prego»
«Qualsiasi cosa, Fiocco di Neve?» anche
nel buio lei fu certa di vedere un ghigno spuntare sulle sue labbra
pallide «Ne
siete sicura?»
«Sì…»
esalò con le sue ultime forze.
Gli occhi della misteriosa figura scintillarono
appena nell’oscurità «Allora questo
è il nostro patto, Elsa
di
Arendelle…»
Lei sgranò gli occhi, come poteva quello
sconosciuto sapere il suo nome?
Il bagliore di una lama la distrasse da quel
pensiero, riempiendola di paura. Un pugnale calò su di lei:
il corsetto cedette
lacerato e l’aria finalmente irruppe nei suoi polmoni, mentre
un’imponente
barriera di ghiaccio s’innalzava fra lei e i suoi
inseguitori, il rumore degli
zoccoli dei loro cavalli sempre più vicino.
Eppure
lei non aveva fatto niente, ne era sicura…
«Non
preoccupatevi, Fiocco di Neve…» le
sussurrò
lo sconosciuto, sfilandole la maschera dal viso «Ora a voi ci
penso io…»
Quelle
parole le risuonarono nella mente come
una minaccia, facendola tremare ma, quando le dita di lui le sfiorarono
la
fronte per percorrerle l’intera lunghezza del naso, non
riuscì più a tenere gli
occhi aperti e scivolò nel buio dell’incoscienza.
Elsa si risvegliò fra morbide coperte, in quella
che scoprì essere una stanza lussuosa. Si ritrovò
stupita di non provare alcun
dolore, quanto doveva aver dormito per non risentire più
degli effetti della
sua folle fuga? Al solo ripensarci avvertì la magia
agitarsi dentro di lei,
cercò di reprimerla concentrandosi sulla morbida seta viola
che le faceva da
camicia da notte… aspetta, che cosa? Lei
indossava il vestito da
ballo in quella foresta, qualcuno doveva
averla… avvampò.
Fu allora che una lieve risata ruppe il silenzio
della stanza «Non preoccupatevi» le disse la stessa
voce dello straniero nel
bosco «Non sono stato io a spogliarvi, o meglio,
sì, l’ho fatto ma non con
queste mani…» ridacchiò ancora
«Vi giuro che i miei occhi non hanno visto
niente di quello che non avrebbero dovuto»
Elsa riuscì, così, finalmente a vederlo: non
aveva più un cappuccio a coprirgli il volto e non portava
più un mantello.
Tutto ciò che indossava – stivali, calzoni,
camicia e panciotto – era
completamente nero, il che faceva risultare ancora più
pallida la sua
carnagione. Aveva i capelli argentati e, quando la luce gli si
rifletteva sul
capo e sul viso, sembrava scintillare come se fosse ricoperto di
infiniti
cristalli di ghiaccio. Gli occhi erano azzurri, talmente chiari da
sembrare
liquidi e ora la guardavano curiosi e divertiti al tempo stesso.
Sembrava
giovane, forse anche più di lei, ma nella Foresta Incantata,
lo sapeva, tutto
poteva essere un’illusione. E, se le storie che aveva udito su
di lui erano
vere, di anni doveva averne più di
trecento. «Voi siete Il Signore
dell’Inverno, l’Oscuro»
«Risposta esatta, mia cara…»
sospirò
quello, portandosi le mani dietro alla schiena «Ma,
come dire, mi sarei
aspettato un pochino di riconoscenza in più da una
principessa come voi»
Elsa
arrossì piena di vergogna «Grazie per
avermi salvata» concesse, riconoscente.
Lui mosse un paio di passi, sorridendo
divertito «Oh no, non
mi riferivo a quello...
salvarvi non era un favore ma la mia parte del contratto»
ghignò «Mi
riferivo al fatto di avervi rimesso in sesto, così che
possiate onorare la
vostra»
«La mia?» chiese lei non capendo.
L'Oscuro ignorò la sua domanda «Vi piace
qui?»
La ragazza aggrottò le sopracciglia, sempre più
confusa «Credo di sì, forse non
è come me lo sarei aspettato... »
«Un castello di ghiaccio magari?»
sghignazzò «Un po' scomodo, non
trovate?»
Lei si ritrovò contagiata dalla sua
ironia «Forse...»
«Non che abbia ospiti, di solito, ma visto che
dovrete rimanere qui per sempre è un bene che sia di vostro
gradimento»
«Che avete detto?» tremò
«Per
sempre?»
L’Oscuro annuì «Io ho rispettato la mia
parte
dell’accordo: salvarvi dai vostri inseguitori e da qualsiasi
piano avesse in
serbo per voi il vostro patrigno. Ora è il vostro turno di
pagare»
Elsa si ritrovò improvvisamente a corto di fiato, con la
magia che già premeva
per uscire, fomentata dal panico crescente. Incespicò con le
coperte e si alzò «Come
avete potuto? Voi…» sibilò
«Non
erano questi i patti…»
«Ah, no?» le sorrise lui con fare ferino
«Eppure in quella foresta avete detto
di essere disposta a qualsiasi cosa pur di
sottrarvi al vostro destino: la
magia ha sempre un prezzo, mia cara. Ebbene,
questo è il
vostro»
«Ma così sarò solo in
un’altra gabbia»
esalò
a fatica, mentre la paura le bloccava il respiro «Non
è giusto»
«Giusto, Fiocco di Neve?»
sghignazzò l’Oscuro divertito
«Indovinate:
la
vita non è mai giusta. Dove vi hanno portato tutte le vostre
speranze o quell’orgoglio
che ancora brucia dentro ai vostri occhi? Qui, mia cara…
non trovate
anche voi sia stata solo una stupida perdita di tempo?»
«Voi
siete un mostro!»
«Sì, mi chiamano anche
così…» puntò gli occhi
dritti nei suoi «Abbiamo molto in comune, non vi
pare?»
«No…» balbettò quella,
portandosi le mani al
petto pronto a scoppiare «Lasciatemi andare!» quasi
urlò, allargando le
braccia: rilasciò un’ondata di potere che si
trasformò in una scarica di
pugnali di ghiaccio. L’Oscuro si mosse con una
fluidità fuori dal comune e li
schivò tutti, tranne uno che andò a lacerare la
manica
della sua bella camicia nera come
la notte.
«Oh, no…» singhiozzò lei
affranta, ancora una
volta non era riuscita a contenersi «Mi
dispiace…»
Quale punizione le sarebbe spettata adesso?
Le labbra di lui si socchiusero appena per uno
stupore malamente celato: l’aveva appena fatta prigioniera e
si dispiaceva per essersi difesa? Quanto mai doveva aver paura?
«Fiocco di neve,
credo che voi in
prigione vi ci siate messa da sola molto tempo fa»
piegò appena la testa di
lato, seguendo con il suo sguardo quello di lei
«E
smettete di crucciarvi, è solo una
camicia…» girò i tacchi e si mosse
verso
la porta «La cena è alla sette»
Elsa lo vide andare via senza aggiungere altro:
non era impaurito, né incollerito, tantomeno sorpreso. Il
suo respiro si
regolarizzò.
«Perché io?» gli chiese un giorno,
rompendo
improvvisamente uno di quei lunghi silenzi che erano soliti cadere fra
loro.
Lui aveva distolto lo sguardo dalla finestra,
privandosi dello spettacolo che l’Inverno appena portato
sapeva regalare al di
là del vetro «Perché voi,
cosa?»
Elsa fece finta di credere alla sua confusione e sulle sue labbra si
dipinse un
lieve sorriso «Perché avete scelto me per farvi
compagnia? Perché non una
principessa, come dire, meno complicata?»
L’Oscuro ghignò appena «Magari vi ho
scelta
proprio per questo»
«Ma la mia magia è fuori controllo, non vi
intimorisce?»
Questa volta il suono di una vera e propria
risata rimbombò per tutta la stanza, facendola arrossire
«Mia cara, ci vorranno
ben più di qualche manciata di grandine e una spruzzata di
neve per
impensierirmi»
Poff!
Una
palla di neve lo colpì in pieno viso. Il
luccichio che gli accese gli occhi non fu facile da decifrare
«Voi avete
colpito me? Non si può dire che il coraggio vi
man… ah» alzò un dito per
bloccare quell’intenzione che le era lampante sul viso
«Non oserete provarci di
nuovo»
Elsa ricambiò il ghigno «Voi dite?»
Poff!
Questa volta fu lei
ad essere colpita.
«Dico…»
la sfidò l’Oscuro, omaggiandola con un
irriverente inchino.
E fu
così che l’Inverno arrivò anche dentro
a
quelle sale, imbiancando tutto l’androne e parte del primo
piano.
Elsa
schivò per un soffio l’ennesimo colpo del
suo avversario, aveva il fiato corto e, per una volta, non era la
paura a
spezzarglielo ma la stanchezza che solo il puro divertimento sapeva
portare.
Non era così spensierata e felice dai tempi della sua
infanzia, quando la sua
magia non era ancora una maledizione ma puro stupore, per lei e per
Anna… Anna…
sgranò di colpo gli occhi, fermando senza preavviso la sua
corsa e, proprio in
quel momento, il panico s’impadronì del suo petto,
bloccandole il respiro: fu
così che scivolò.
Una mano che
si strinse fulminea nella sua, però,
le impedì di cadere da quelle scale ghiacciate su cui aveva
appena intrapreso
una rocambolesca fuga. La consapevolezza di aver stupidamente rischiato
la
vita
l’aiutò a recuperare lucidità
«G-grazie…»
balbettò, sinceramente
riconoscente.
L’Oscuro
- sempre così irriverente, sempre così loquace
– rimase in silenzio.
Lei si
azzardò ad alzare gli occhi su di lui: era
sconvolto, lo sguardo totalmente rapito dalle loro mani allacciate. Da
quando
era arrivata al castello, quella era la prima volta che si toccavano.
«Voi…»
lo sentì dire, infine, con voce incerta «Voi non
provate freddo?»
Elsa
inarcò le sopracciglia confusa e,
improvvisamente, comprese: la mano del Signore dell’Inverno
doveva essere
gelida così come la più oscura delle notti ma
tutto quello che lei avvertiva
sulla pelle era una piacevole frescura, niente di più
«Il
freddo non mi ha
mai dato fastidio…»
L’altro
sgranò gli occhi e lasciò la presa, come
se quel contatto fosse diventato improvvisamente insopportabile. Mosse
un
braccio a far sparire ogni singolo passaggio delle loro magie che si
erano
battute e mescolate, poi si
voltò e se ne andò senza più
aggiungere una
singola parola.
Dapprima
furono solo piccoli sussurri che andavano a solleticarle i sogni, per
poi
sparire nella consapevolezza della veglia. Fu quando cominciarono a
tormentarle
anche le giornate che cominciò ad esserne allarmata. Per
quanto si sforzasse
non riusciva mai a capire cosa dicessero esattamente ma una cosa le era
perfettamente chiara: la stavano chiamando, attirandola come il canto
di una
sirena verso luoghi inesplorati. L’Oscuro non le aveva
mai proibito di
aggirarsi per il castello ma, solo da quando le voci avevano preso ad
accenderle la curiosità, si era resa conto che
c’era un’intera ala che non
aveva mai avuto il desiderio di visitare, come se fino ad allora
le fosse
stata celata. Non era una sciocca, di sicuro c’era un qualche
tipo d’incanto che, in un modo o nell'altro,
non le permetteva di cadere in tentazione. Proprio per questo
aspettò l'occasione giusta, assicurandosi di essere da sola
per tutto il tempo
necessario a
soddisfare quell’impulso che le voci fomentavano giorno dopo
giorno.
Quando
si ritrovò davanti alla grande porta chiusa, le mani le
tremarono un poco di
paura ed eccitazione. Si fece coraggio e poggiò i palmi su
entrambe le ante e
quelle si aprirono docilmente, come se avessero riconosciuto il tocco
della
loro padrona.
Non
appena entrò, la bocca le si schiuse per lo stupore: quella
stanza era piena di
oggetti di ogni tipo, come se l’Oscuro fosse
– fra le
altre cose – anche un
inguaribile collezionista. C’erano, sì, gioielli
ma anche cose dal nessun
valore apparente, come un vecchissimo bastone da pastore ricurvo, ad
esempio, e
non mancavano quadri, o statue, neppure molte armi. Le voci si fecero
più
insistenti, Elsa fu
costretta a girare il capo, seguendone la direzione e finalmente
scoprì che
cosa le emanava: su di un leggio, in un angolo remoto della stanza, vi
era
posato un pugnale. L’elsa di cuoio nero sembrava davvero
molto vecchia, mentre
la lama lunga e ondulata era incisa con intricati disegni, sembrava
quasi che
sopra ci fosse scritto qualcosa.
Si
avvicinò, trattenendo il fiato
«Jackson…»
sussurrò a fior di
labbra, l’acciaio
brillò e le voci si fecero sempre più intense.
Allungò
una mano per afferrarlo ma, prima di riuscire a farlo, il suo sguardo
venne
attirato da alcune ampolle su un tavolo lì vicino: il loro
liquido verde, ben
conosciuto – tanto odiato quanto amato al tempo stesso
– la gelò sul posto.
Bastò
un lieve fruscio alle sue spalle per farla scattare, le voci si
gonfiarono
nella sua mente fino a scoppiare in un silenzio assordante non appena
le sue
dita si serrarono attorno all’impugnatura.
«Come fate ad essere qui?» le chiese
l’Oscuro guardingo, gli occhi fissi su ciò che
aveva in mano.
«Perché?»
gli rispose lei rabbiosa, puntandogli contro il pugnale «Che
cosa mi celava
questa parte del castello, un incantesimo? Qualcosa che ho infranto?
Sono
diventata degna della vostra fiducia, per caso? Curioso che sia
successo
proprio quando ho perso la mia in voi»
Lui
parve non scomporsi, anzi, si avvicinò un poco
«Fiocco di Neve, come pensate sia
venuto a conoscenza della vostra situazione? Se non avessi accettato
questo scambio
con il vostro patrigno, voi sareste ancora con lui in questo momento.
Capisco
che adesso siate molto arrabbiata ma…»
Una
scarica di ghiaccio gelò il pavimento ai suoi piedi, ad un
soffio dalla punta
dei suoi stivali.
«Non fate un altro
passo…» gli intimò, rinsaldando la
presa
sul pugnale.
L’Oscuro
vanificò gli effetti del suo potere con noncuranza ma non si mosse più «Non
prendiamo decisioni affrettate, mia cara…» le
disse, alzando le mani in segno
di pace «Se mi uccideste adesso temo non riuscirei a dirvi
una cosa che, sono
ragionevolmente sicuro, vi interessi molto»
Lei
puntò la lama verso il suo addome, allungando appena il braccio poteva quasi lambirgli la
stoffa del panciotto con la
punta «Che cosa?» gli chiese, assottigliando lo
sguardo.
«Datemi
il pugnale e ve lo dirò»
«Ditemelo
e io valuterò se
darvi il pugnale»
Sulle
labbra dell’Oscuro comparve un sorriso di difficile
interpretazione «Si dia il
caso che il vostro patrigno vi abbia ingannato…»
cedette «Voi non avete ucciso
vostra sorella…»
«Io
non ho uccis…» sussurrò quella
incredula, mentre improvvise lacrime di
commozione le appannavano la vista «Provatemelo» si
ricompose subito.
L’altro
lasciò scivolare una mano su un grosso specchio
lì di fianco: la superficie si
mosse appena, come acqua increspata dalla caduta di un sasso e
un’immagine prese pian
piano forma. Mostrava una giovane ragazza, dai vivaci occhi azzurri,
aggirarsi
fra le bancarelle di un mercato. Aveva i capelli rossi raccolti in
un’acconciatura alta ma, nonostante ciò, la grande
ciocca bianca che le partiva
dalla tempia destra non veniva completamente celata. Era molto
cresciuta rispetto a
come la ricordava ma, senza ombra di dubbio, era…
«Anna!» esclamò incredula.
«Il
pugnale…» reclamò il suo pagamento il
Signore dell’Inverno.
La
mano di Elsa tremò appena: gli si avvicinò ancora
di mezzo passo, girando
appena il polso in segno di resa ma, quando lui allungò la
mano, voltò rapida
la lama verso l’alto, dritta verso la sua gola
«Dov’è?»
Questa
volta lui non sorrise «Per quanto la vostra intraprendenza di
solito mi
diverta, Fiocco di Neve, state abusando un po’ troppo della
mia gentilezza: un
patto è un patto»
«Noi
non avevamo nessun patto: io ho detto che avrei valutato se ridarvi o
meno il
pugnale e la mia risposta è no» rese la presa
più ferrea e accostò la punta
alla sua carne scintillante di ghiaccio «Non prendetemi per
stupida, Jackson»
lo ammonì, chiamandolo per nome «Non so bene
perché ma il fatto che questo sia
in mano mia vi spaventa e credo proprio che, al tempo stesso, ci sia
qualcosa
che vi impedisca di riprendervelo, altrimenti l’avreste
già fatto: perciò no,
non vi restituirò ciò che mi dà potere
su di
voi»
Lui
piegò le labbra in un ghigno sfrontato «Fiocco di
Neve, voi siete una sorpresa
continua. Sentiamo, cosa potrebbe mai fare questo umile servo per la
vostra deliziosa
persona?»
Elsa
drizzò il collo, avvicinandosi al suo viso, i nasi quasi a
sfiorarsi
«Insegnatemi»
Gli
occhi di lui brillarono assieme alla lama del pugnale «Che
cosa?»
«Insegnatemi
a controllare la magia» ripeté risoluta
«Così che non sia più un pericolo per
gli altri, in modo da poter tornare da mia sorella e riprendermi il
regno»
L’Oscuro
si ritrovò, suo malgrado, a guardarla ammirato «Mi
domando che fine abbia fatto
quella ragazza divorata dalle paure che ho incontrato quella notte
nella
foresta»
«L’ho
lasciata andare…»
Ciao a tutti!
Ebbene sì, sono tornata con un nuovo capitolo di questa
raccolta. A quanto pare un po' di ferie hanno giovato alla mia mente
sovraccarica e qualcosa dei mille progetti che mi frullano in testa
è finalmente uscito.
Era un po' che volevo calare Jackson nei panni di The Dark One, da
quando ho sentito Dream
Girl di Idina Menzel,
per l'esettezza. La canzone, facente parte della colonna sonora del
film Cinderella, ha prestato il titolo a questa shot e molto del suo
testo è incluso in queste righe, sia nel personaggio di Elsa
che
in quello di Jack.
Al solito c'è del canon di Frozen, del canon di ROTG e,
ovviamente, del canon di Once Upon a Time (in particolare ci sono
più riferimenti all'episodio 1x12 - Skin Deep), sebbene,
Jack nei panni del
Signore Oscuro sia qui, al tempo stesso, anche il Signore dell'Inverno:
già che è dotato di magia sarebbe stato un vero
peccato
privarlo proprio della sua.
Tutta la battaglia a palle di neve riprende gli avvenimenti di una mia
precedente shot: "Di
somme e palle di neve",
per chi l'avesse
già letta il senso di familiarità è
assolutamente
voluto, non so perché mi sentivo un po' nostalgica. Ci sono
nascosti, in realtà, anche un altro paio di riferimenti ad
altre
mie storie.
Per quanto riguarda Friederik - mio personalissimo headcanon per il
padre di Hans - ormai ci sono quasi affezionata a questo bel viscidone
XD
E' in effetti la prima shot che scrivo in cui Elsa e Jack non sono
amanti ma, di sicuro, la bella principessa ha già fatto
breccia
nel cuore del Signore Oscuro, però, converrete con me che
per il
bacio di vero amore ci sia ancora bisogno di tempo...
ciò non
implica che, magari, potrebbero stemperare la tensione in altri
modi ù_ù
Alla prossima e buon anno (anche se è iniziato da un po')
Cida |
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