Lezioni annullate a causa della rivoluzione, è letteralmente
questo che ha detto il preside Howard dopo che intere classi si sono
riversate in corridoio protestando contro il corpo docenti.
Questo ha fatto in modo da anticipare l'appuntamento con mia sorella,
motivo per il quale Hansen sta andando in fibrillazione.
"Zoe... è un problema se lo trasformiamo in un pranzo al
parco?" le chiede Evan da lontano, cerca di mostrarsi disinvolto e
sereno fallendo miseramente.
Zoe nega, si porta una mano davanti alle labbra per nascondere una
risatina, poi si avvicina, da Evan la separavano solo pochi metri di
corridoio. "Fammi sognare" gli dice con un tono canzonatorio.
Hansen non si scompone, la raggiunge e insieme si dirigono al luogo
dell'appuntamento, Ellison park.
Stiamo per varcare il cancello quando Hansen si improvvisa benda
portando ambo le mani sugli occhi di Zoe dal retro e dicendole di
continuare a camminare e fidarsi di lui.
Zoe ridacchia, segue i suoi passi abbandonata, si lascia completamente
guidare.
"Non sbirciare!" sussurra Hansen.
"Non lo sto facendo" conferma Zoe.
"Avrei dovuto bendarti" ribatte Evan.
No, per favore, già è abbastanza uno strazio
così senza che io debba immaginare scenari più
piccanti.
"La prossima volta allora usa la tua cravatta" lo provoca Zoe.
Ecco per l'appunto, anche meno, risparmiatemi.
Hansen arrossisce, così tanto che un pomodoro al confronto
sfigurerebbe. Non gli si addice il ruolo del dominatore, le allusioni
di Zoe potrebbero stroncarlo.
"C-Ci siamo quasi" balbetta Hansen. "Fa attenzione a dove metti i piedi
perché da qui in poi il terreno diventa piuttosto
accidentato."
Qualche istante di silenzio prima di arrivare al luogo designato per il
picnic romantico e poi Zoe, tenendo ancora obbedientemente gli occhi
chiusi, esordisce con "sono emozionata."
Le mani di Evan sudano, i suoi occhi sono lucidi mentre confessa un
timido "anche io."
Come un perfetto gentleman si toglie la felpa e la dispone sul prato in
maniera tale che entrambi possano accomodarsi.
"Era così che tu e Connor passavate le giornate qui?" gli
domanda Zoe.
Vorrei che potesse rispondere di sì, ma sappiamo entrambi
che non c'era nessuna giornata insieme.
"Qualcosa del genere" risponde Hansen mantenendosi vago. Prende dalla
cartella due panini avvolti nel domopac e ne porge uno a Zoe.
"Oggi avevo già intenzione di chiederti di pranzare
insieme... spero che prosciutto e formaggio non sia troppo banale" le
spiega.
Zoe gli sorride. "Niente è troppo banale quando si tratta di
te" lo rassicura."Quindi è qui che hai lavorato tutta
l'estate?" gli domanda.
Evan annuisce. "Sì, è strano essere di nuovo qui."
Zoe lo fissa cercando qualcosa nella sua espressione. "È
strano venirci senza mio fratello?" chiede.
Evan sospira. "Forse è strano pensare che noi siamo qui" le
risponde.
"E lui invece non ci verrà mai più..." decide la
conclusione della frase mia sorella.
Vorrei quasi urlarle che sono qui, che vedo le sue stupide converse
viola e ascolto le sue stupide parole commemorative, ma resto zitto per
ovvi motivi.
"Forse è una domanda stupida, ma cosa fa esattamente un
apprendista ranger del parco?" gli domanda mia sorella.
Neanche a dirlo, quella domanda fa illuminare gli occhi di Hansen come
se fossero stelle in un cielo notturno. Io non ho mai osato spingermi a
tanto, mi preparo per due ore di eccesso di informazioni a raffica.
"Non è affatto una domanda stupida, credimi, nemmeno io
sapevo cosa fosse precisamente. Pensavo che si trattasse di camminare
molto, sai, circondato dalla natura, ma c'è ben altro. Devi
sapere tutto del parco, del suo ecosistema, della geografia, delle
risorse naturali, della storia, perché se un visitatore ti
fa una domanda, devi avere una risposta. Poi c'è la
manutenzione, la pulizia dei bagni, il rifornimento mappe e non
dimentichiamo il cambio lampadine. Inoltre, devi conoscere le basi del
primo soccorso per essere pronto in caso di emergenza. È
come se fossi una specie di poliziotto, ma del parco, il che significa
anche imparare tutte le sue regole e assicurarsi che le persone le
seguano."
Appunto, questa frase l'ha detta senza prendere un solo respiro.
"Sembra che ti sia piaciuto molto" commenta Zoe, suppongo che non
sappia cosa dire, ma senza dubbio ha ascoltato.
"Sì, tanto. È stato un sollievo alla mia
ordinaria esistenza. Avere un posto dove andare, qualcosa da fare. La
metà delle volte dimenticavo che ero qui per lavorare, mi
fermavo a guardarmi intorno e mi sentivo, non lo so, calmo, calmo,
immagino e in pace."
Mi piace che Evan si stia aprendo tanto con mia sorella, suppongo di
poterlo capire il discorso che sta facendo, sento di poterlo capire.
Avere un disturbo stravolge la tua esistenza, ciò che
dovrebbe venire naturale non lo fa più ed è tutta
un'incessante ricerca, uno scopo e anche solo quel piccolo sprono che
ti permetta di andare avanti per il minuto successivo.
"Quindi dopotutto tu e Connor parlavate davvero degli alberi nelle
vostre e-mail" dice Zoe.
"Certo" risponde immediamente Hansen. "Pensavi ancora che si trattasse
di droga?"
Zoe annuisce, ma poi scuote la testa. "È che non riesco a
immaginarlo mio fratello come un botanico, mentre con te mi viene
facile. Suppongo sia un lato di sé che ha offerto solo a te."
Beh Zoe, in effetti è difficile immaginare un lato di me che
non esisteva, ma visto come sono stato dipinto per anni di certo non mi
lamento con questa nuova immagine la cui unica bugia è nella
mia passione sfegatata per gli alberi.
Evan si mette una mano dietro la testa e si gratta la nuca imbarazzato.
"Non era lui così appassionato... ero io a contagiarlo o
meglio a tormentarlo con informazioni che in fondo non gli
interessavano davvero, ma che ascoltava ugualmente perché
ero io a condividerle."
Salvataggio in calcio d'angolo, apprezzo davvero tanto quanto Evan stia
cercando di mantenere la mia integrità per riportare
un'immagine veritiera.
C'è un po' di silenzio, Zoe sembra meditare su
ciò che ha appena appreso. "Senti e tu sei sempre stato
così preso dalla natura?" gli domanda.
"Penso di sì" risponde Hansen. Nessuno dei due si
è ancora degnato di dare un morso a quel panino che sembra
buonissimo. Se potessi lo farei io.
"Probabilmente me l'ha trasmesso mio padre. Ecco perché si
è trasferito in Colorado. Pensava che la costa orientale
fosse troppo affollata. Mia madre è convinta che tutta la
storia di mio padre sugli spazi verdi fosse una scusa e che in
realtà stesse solo seguendo Theresa."
Io e Zoe ascoltiamo incuriositi, Hansen si incupisce, fa una piccola
pausa poi riprende.
"Ma è stato tanto tempo fa quindi forse mi sto confondendo.
Sai, prima che i miei genitori divorziassero, mio padre mi ha portato
a pescare un paio di volte e una volta abbiamo passato un intero
weekend in campeggio qui in questo parco. Ricordo che mio padre appese
un'amaca tra due alberi perché potesse dormire sotto le
stelle e io gli chiesi come poteva essere sicuro che gli alberi lo
avrebbero sostenuto. "Credimi" mi disse "anche se passasse un uragano
questi due alberi resterebbero ancora in piedi, hanno radici solide e
profonde." Io gli credevo, ma non riuscivo a smettere di preoccuparmi.
Continuavo a immaginare gli alberi crollargli addosso o che un colpo di
vento lo sbalzasse dall'amaca, immaginavo che mio padre si sarebbe
fatto male e saremmo dovuti correre in ospedale. Tuttavia il giorno
dopo era ancora lì, disteso su quell'amaca, nel suo elemento
e disse che era stata la dormita migliore degli ultimi dieci anni."
Quei ricordi erano tanto nostalgici quanto vividi al punto tale che mi
parve figurare il padre di Hansen, la sua amaca e il figlio allarmista
che non sapeva come farsi ascoltare perché nessuno gli aveva
insegnato che non succede sempre il peggio.
"L'ultimo giorno di campeggio prima di andarcene abbiamo inciso le mie
iniziali sul tronco di uno degli alberi in modo che potessimo ritornare
nello stesso posto la volta successiva. Non c'è mai stata
una volta successiva."
Evan si incupisce di brutto, ora i suoi occhi sono lucidi, sembra
lottare per scacciare le lacrime che vogliono scorrere. Dà
un morso al panino forse per farsi forza, non vuole mostrarsi
così fragile a mia sorella.
"La prima cosa che ho fatto quando ho iniziato il mio apprendistato al
parco è stata cercare quell'albero. Ogni volta che
percorrevo un nuovo sentiero lo cercavo, ma non riuscivo a trovarlo.
Alla fine ci ho rinunciato. Il parco è troppo grande ed
è stato troppo tempo fa. Mio padre se ne è andato
e probabilmente il tempo ha cancellato le mie iniziali."
"Cosa ne pensa del tuo discorso?" gli domanda Zoe.
Evan non risponde e Zoe trae le conclusioni perché anche il
silenzio vuol dire qualcosa. "Non glielo hai fatto vedere, vero?"chiede.
"Questo panino è buonissimo" cerca di evadere l'argomento
Hansen.
"Evan!" lo richiama mia sorella.
"Mi piace quando dici il mio nome" pensa ad alta voce Hansen. Il
rossore sulle sue guance per aver realizzato cosa ha detto fa sorridere
mia sorella.
"Se ti fiderai di me allora ti chiamerò in tanti altri modi
che ti piaceranno" commenta Zoe.
Hansen tossisce, si schiarisce la gola, ma in realtà si
stava affogando con le emozioni e le aspettative della sua
immaginazione. Ho la nausea solo al pensiero di quei nomignoli.
"Ho intenzione di mostrarglielo" parla lentamente. "Prima che qualcun
altro lo faccia al posto tuo" conviene Zoe.
"Sì, credo di stare solo aspettando il momento giusto.
Ultimamente è molto impegnato con il lavoro e Theresa
è incinta. Inoltre, stanno cercando una nuova casa e so che
sperano davvero di riuscire a trasferirsi prima che nasca il bambino."
Zoe ascolta entusiasta, gli occhi le si illuminano. "Non mi avevi detto
che aspettavano un bambino. Maschietto o femminuccia?"
"Un maschio" risponde Evan senza entusiasmo.
Gli occhi di Zoe già luminosi ora brillano. "È
fantastico, avrai un fratellino."
Evan annuisce.
Zoe non aveva questa grande passione per i neonati, suppongo che parli
così solo perché mi ha perso.
"Non sei contento?" gli domanda.
"Penso di non avere ancora realizzato, ma non ho il diritto di essere
amareggiato quando tuo fratello invece..."
Zoe lo mette a tacere, un dito ben piazzato sulle sue labbra. "Hai
tutto il diritto di vivere i tuoi sentimenti così come
vengono, non mi devi niente."
Evan sorride, poi sospira. "A volte vorrei poter scegliere come mi
sento. Vorrei che mio padre si degnasse di informarsi sulla mia vita
senza che sia io a tartassarlo di messaggi per sperare che risponda
almeno a uno o alternativamente vorrei che non facesse così
male avere un padre che ha deciso di occuparsi di un'altra famiglia
perché sua moglie e suo figlio non erano abbastanza per lui."
Silenzio, un lungo silenzio, poi Zoe posa una mano sulla schiena di
Evan accarezzandola, dà un morso al suo panino e sorride.
"Hai ragione, è buonissimo" gli dice.
"Comunque sono certa che te la caverai alla grande come fratello
maggiore e ci sarà un momento in cui tuo padre non
sarà troppo impegnato per essere orgoglioso di quello che
hai fatto."
Evan sorride, ma il suo sorriso non raggiunge gli occhi, mangia il
panino in silenzio e Zoe fa lo stesso.
Sicuramente Evan sarà un fratello maggiore migliore di come
lo sono stato io.
"Tutto questo era proprietà privata" dice Evan indicando i
dintorni. Finito il picnic ci siamo spostati per un'altra lezione di
storia. "Negli anni venti c'era questo uomo che viveva qui con la sua
famiglia. La gente pensa che si chiamasse El Lison, ma in
realtà si chiamava Hewitt. Ellison è un nome
inventato."
Evan tentenna, esita, ha un momento di smarrimento poi si mette le mani
tra i capelli e sospira. "Scusami, non so perché ti sto
dicendo tutto questo, probabilmente neanche ti interessa."
"No, mi piace. Continua, ti prego" ribatte Zoe. "Non so chi te lo abbia
detto prima, ma non sei noioso e non parli troppo, sei interessante e
la passione con cui ti esprimi è coinvolgente. Ora capisco
perché Connor avesse iniziato ad apprezzare così
tanto gli alberi."
Evan sorride come un ebete, anzi come un bambino al quale hanno appena
detto che ha fatto bene il compito e ora può andare a
giocare. "Okay, beh, quello che è successo è che
c'è stato un grande incendio a casa di John Hewitt ed
è bruciato tutto, compresi sua moglie e i suoi figli. Non
poteva più sopportare di vivere qui, quindi ha fatto un
accordo con lo stato per trasformare il terreno in un parco memoriale
per la sua famiglia. Ha chiesto che si chiamasse Ellison
perché è una combinazione del nome di sua moglie,
Ellen, e dei suoi figli, Lila e Nelson" racconta con rinnovato
entusiasmo.
"Caspita..." mormora Zoe. "Ho i brividi."
"Agghiacciante, vero? Me l'ha detto il mio capo" racconta Hansen.
"Secondo me la parte più importante della storia
è che l'uomo avrebbe potuto scegliere, Hewitt, il nome di
famiglia e questo li avrebbe inclusi tutti, invece si è
voluto tirare fuori come se non avesse più il diritto a
stare con loro."
"Sai dove era situata la casa?" chiede Zoe. "Dove viveva la famiglia
prima che..."
Hansen scuote la testa. "Forse il ranger Gus lo sa, ma dovrei
chiederglielo."
Zoe si ferma sui suoi passi e fa un'ampia scansione oculare dei
dintorni. "A essere sincera dimentico sempre che questo posto esiste.
Anche se è proprio sotto il mio naso" dice.
"Il tuo naso perfetto" commenta di nuovo ad alta voce Hansen arrossendo
subito dopo. Zoe gli schiocca un bacio sulla guancia e devo ammetterlo
sono carini e non avevo mai visto mia sorella tanto presa da qualcuno.
"A-Allora" balbetta Hansen. "Mentre io ho trascorso qui tutta l'estate,
tu dov'eri?" chiede.
Zoe annuisce. "Ho lavorato in un campo a Riverside durante il giorno e
qualche notte in quella nuova yogurteria sul viale" dice.
"In realtà lo so" confessa Hansen imbarazzato. "Dopo che ho
saputo che lavoravi lì sono passato spesso, ma non ti ho mai
vista."
"Forse sei passato quando non c'ero" commenta mia sorella.
"È possibile..." mormora Hansen. "Comunque ti sei tenuta
occupata, insomma" cerca di mandare avanti la conversazione.
"Ho fatto di tutto per stare a casa il meno possibile" sospira Zoe,
riprende a camminare, le sue converse non aderiscono bene al terreno
del pendio che stanno percorrendo.
"Fa attenzione" le dice Hansen. "Si scivola." Prima che possa dire
altro Zoe inciampa ed Evan le impedisce di cadere. Sono così
vicini, le mani di Evan la sorreggono con sicurezza, lei ha gli occhi
sgranati, i secondi sembrano interminabili.
"Grazie" mormora. Evan mantiene il silenzio, la aiuta a rimettersi in
equilibrio e poi la prende per mano, le loro dita si intrecciano e
niente sembra avere più importanza.
"Quando avevo circa dodici anni..." racconta serenamente mia sorella.
"Sono scappata di casa. I miei erano così presi da Connor,
tipo ventiquattro ore per sette giorni alla settimana e
così studiai un piano per intrufolarmi nel parco con il mio
sacco a pelo e restare qui finché non fossero venuti a
cercarmi. Mi domandavo quanto tempo ci avrebbero messo per rendersi
conto che non c'ero più, mi domandavo se mi vedessero."
Resto in silenzio, la mia sofferenza era accecante e non mi ero mai
reso conto di tutto questo. Io la vedevo come la figlia perfetta che
non sarei mai stata, lei mi vedeva come la persona che le toglieva ogni
attenzione, anche quelle fondamentali per sopravvivere.
"Ho preparato una borsa piena di provviste come in quel film" dice Zoe.
"Conosci "Moonrise Kingdom"? Era tutto uguale solo che non avevo un
giradischi nella borsa, né un fidanzato pazzo di me ad
aspettarmi."
Hansen e Zoe giungono a un bivio, le loro dita sono ancora saldamente
legate e posso vedere degli angeli danzare sulla testa di Evan
sussurrandogli allo orecchio le sembianze del paradiso.
"Comunque, in realtà non l'ho mai fatto" dice Zoe. "Sono
arrivata fino all'entrata del parco ed era già
così buio che mi sono spaventata e sono corsa dritta a casa.
Ho dormito sotto al letto, pensavo che i mostri mi avrebbero tenuto
compagnia e immaginavo che mia madre sarebbe venuta a svegliarmi, ma
non è successo... la mattina dopo non se ne era nemmeno
accorta e quando sono scesa per fare colazione non mi ha neanche dato
il buongiorno. "Connor è intrattabile oggi" mi ha detto
senza aggiungere altro."
Mia sorella sospira, si gratta nervosamente il braccio con la mano
libera. "Tu non hai idea di cosa significhi condividere una casa con
Connor, è come avere un tornado per coinquilino."
Hansen sussulta, avrebbe da ridire, ma non può, nel
frattempo io mi tengo stretto questo nuovo soprannome.
"Una persona che ti urla addosso senza motivo, ti minaccia, rompe le
tue cose, lancia gli oggetti e poi piange, disperatamente
così tanto che non sai nemmeno tu se arrabbiarti con lui o
essere distrutta dal suo dolore" racconta Zoe.
"Non lo nego, da quando Connor se ne è andato sono
più tranquilla, ma... Evan che darei per vederlo ancora una
volta, fosse anche solo per urlarmi in faccia che sono una stronza. Mi
manca..."
Le sue parole sono lame, così come lo è vedere
quell'abbraccio così forte, così intimo che ha il
sapore di qualcosa che non potrò mai più dare a
mia sorella e che non ho fatto in tempo a darle per l'ultima volta
quando ero ancora carne e ossa con consistenza.
Una lacrima le bagna il viso, Evan prontamente l'asciuga.
Silenziosamente mi metto dietro mia sorella, ascolto il suo respiro
concitato, il suo cuore dilaniato. "Ti voglio bene" sussurro, il vento
le porta il mio messaggio e Zoe resta per un attimo in silenzio senza
più neanche emettere un suono.
"A volte mi sembra di sentire la sua voce" confessa.
"Io la sento continuamente" si fa sfuggire Hansen. Sussulto, ho il
terrore di questa conversazione.
"Già, i ricordi sono duri a lasciare spazio a nuove
realtà, vero?" mia sorella ha salvato la situazione senza
saperlo.
"È come se fosse ancora qui, è ovunque..."
mormora Zoe. "Nei ricordi, nei pensieri, nelle parole, nelle emozioni,
in questo parco, sul tuo braccio..."
Evan abbassa gli occhi sul gesso dove ancora spicca il mio nome a
caratteri cubitali. "E va bene così..." mormora facendo una
carezza al gesso. "Va bene che sia con noi, qui, adesso e per tutto il
tempo che ne avremo bisogno."
Zoe sorride, si asciuga le lacrime e sospira. "Hey" dice cambiando
completamente tono verso l'entusiasmo. "La prossima settimana faccio
un'altra serata al Capitol. Ci vieni questa volta? Non devi cantare
anche tu, puoi anche solo ascoltarmi."
Evan annuisce ripetutamente come se volesse staccare la testa dal collo
e Zoe ride. Un uccellino sfreccia davanti a loro per poi salire verso
il cielo infinito e a questo punto mancano solo delle rose spuntate dal
nulla e siamo ufficialmente in uno shoujo.
Un cinguettiò mi distrae, ma non è dell'uccellino
è piuttosto il cellulare di Zoe. "Mia madre chiede se hai
altre e-mail da farle leggere... scusa, lo so che è
fastidiosa."
Evan rabbrividisce, per la prima volta da quando questo appuntamento
è iniziato mi rivolge uno sguardo.
"Beh dici che hai perso i backup o stronzat-" cerco di suggerire, ma
Evan ha già detto "va bene" prima che io possa finire la
frase.
"Con calma però, prenditi tutto il tempo di cui necessiti"
sussurra Zoe. Evan le sorride, sembra essere finito su una nuvola a
fluttuare. La prende nuovamente per mano e la guarda intensamente negli
occhi.
"Adesso quindi sei la mia ragazza, vero?" le domanda.
Zoe ride a crepapelle, così tanto che Evan abbassa lo
sguardo imbarazzato. Un bacio è la risposta di cui ha
bisogno e mia sorella non lo fa attendere.
"Pensavo fosse ovvio" gli dice con un'aria biricchina.
Guardo la neocoppia con una forma di invidia, questo tipo di
felicità così non l'ho mai vissuta.
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