Implacabili,
le fiamme si levano verso il cielo e accendono il cielo d'un rossore
sanguigno, come se fosse sorto un secondo sole.
Con
un sordo crepitio, circondano il palazzo, chiudendolo in una morsa
mortale e proiettano il loro bagliore vermiglio sul mare.
Sandokan,
seduto su una barca, osserva, gli occhi sbarrati dal terrore. In quel
luogo, sono chiusi i suoi ricordi.
In
quel palazzo, ha vissuto la sua infanzia e adolescenza, cullato
dall'amore dei suoi genitori e dei suoi familiari.
E,
in quel momento, le fiamme, portate dagli uomini bianchi, stanno
consumando tutto.
Gli
pare quasi di sentire nell'aria, malgrado la distanza, l'olezzo
penetrante della carne umana.
Un
conato di vomito scuote il suo corpo e il bambino si piega su se
stesso, sputando saliva. Suo padre è sempre stato un monarca
giusto e buono.
Non
ha mai portato danni agli uomini bianchi.
Perché
lo hanno attaccato? Perché hanno ucciso tutti quanti?
Il
suo respiro accelera e il suo cuore martella le costole, dilaniando
il suo petto. Vuole allontanare lo sguardo da quello spettacolo
orribile.
Ma
i suoi occhi sono prigionieri di un incantesimo perverso.
Non
può non guardare la fine della sua famiglia e del suo regno,
condannati a svanire dalla cattiveria degli uomini bianchi.
Macassar
scuote la testa e lo abbraccia. Il suo figlioccio, in quel momento,
gli sembra una statua priva di calore.
E
non può permettere che perda il suo cuore nobile.
Quel
bambino, strappato precocemente alle sue radici, ha bisogno di un
affetto stabile e sicuro.
Non
deve precipitare nella tenebra della follia.
Suo
padre gli ha affidato il suo tesoro, il suo bambino, e lui deve
permettergli di crescere libero da ansie, per quanto possibile.
Sandokan,
per alcuni istanti, resta rigido, poi si abbandona all'abbraccio
dell'uomo. Non è papà, ma, in quel momento, gli pare di
trovare il calore di una famiglia.
Sente
la premura e l'affetto sincero di Macassar.
Quell'uomo
ha a cuore la sua salvezza e, di solito, lui non si sbaglia.
E
ha bisogno di un punto fermo. Eppure, perché non basta?
—
Macassar,
torneremo nel Kiltar? — chiede il bambino.
Stringe
gli occhi e cerca di frenare le lacrime. Non deve piangere.
La
sua infanzia è finita con la distruzione della sua famiglia,
per mano degli uomini bianchi
Le
lacrime non sono degne di un principe che è stato detronizzato
dall'ingiustizia.
Eppure,
perché non riesce ad allontanarsi dal confortevole e sincero
abbraccio di Macassar?
Gli
occhi dell'uomo si riempiono di lacrime, mentre le sue mani sfiorano
la schiena del piccolo principe. La domanda di Sandokan strazia il
suo cuore.
Gli
ricorda gli affetti da lui perduti in quell'immonda carneficina.
Ma
non può negare la consolazione della speranza a quel bambino
sofferente.
— Sì,
torneremo nel Kiltar. — mormora, mentre il palazzo in fiamme si
allontana sempre più dalla loro vista.
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