Quando
il passato diventa presente
Il familiare odore della tinta mi permea le narici; aggrotto
le sopracciglia e do un’occhiata allo specchio, esaminando il
mio lavoro nei
minimi dettagli. È un’operazione a cui sono
abituata, coloro i miei capelli da
quasi due anni ormai, ma da brava perfezionista non sopporterei mai di
farlo in
maniera disomogenea.
Il ramato che ho scelto sembra donarmi, non vedo l’ora di
ammirare
il risultato finale!
La vibrazione del mio cellulare mi avvisa dell’arrivo di una
notifica, così lo afferro e lo sblocco: Giulia mi ha appena
inviato la foto di
una pagina del libro di chimica con la didascalia: Tu hai
capito questa
parte? No, perché io ci sto impazzendo dietro da
mezz’ora.
Sorrido amaramente nello scorgere quell’impossibile intrico
di numeretti e formule e prendo a registrare un audio:
“Veramente non ho ancora
cominciato a studiare, cioè sticazzi,
appena ho messo piede in casa mi è
preso questo sonno assurdo, ti giuro, non riuscivo a tenere gli occhi
aperti,
quindi ho finito per temporeggiare e penso che…”
Mentre mi lancio in uno dei miei soliti lunghi monologhi
senza né capo né coda – ormai la mia
compagna di banco è abituata ai miei
vocali di oltre cinque minuti, e nonostante ciò è
ancora mia amica – alcune
notifiche di Instagram fanno la loro comparsa sulla parte alta dello
schermo e
attirano la mia attenzione: un certo nicocross17 ha
appena messo un like
a un mio commento, ha cominciato a seguirmi e mi ha mandato un
messaggio
diretto.
“E adesso chi cavolo è questo?” borbotto
dopo qualche
secondo di pausa, senza però interrompere la registrazione
del vocale.
Uno strano misto tra dubbio ed eccitazione mi assale: mi
sento un po’ patetica ad ammetterlo, ma quando qualcuno di
nuovo mi contatta
sui social – soprattutto se si tratta di un ragazzo
– mi esalto, mi viene da
sorridere, mi sento importante e degna di considerazione. In fondo
forse non
sono così strana: a chi non piace ricevere attenzioni?
“Okay, un tipo mi ha appena scritto su Instagram, vediamo
che vuole” concludo il vocale prima di premere il pulsante di
invio.
Clicco sull’icona a forma di macchina fotografica stilizzata
e vado dritta al profilo di nicocross17. Non appena i miei occhi
incontrano la
sua foto, il mio cuore perde un battito e sono costretta a battere le
palpebre
un paio di volte per assicurarmi di non star sognando.
Io quel ragazzo lo conosco.
Capelli scuri e corti, occhi grandi e castani, viso un po’
allungato ma dai lineamenti ancora leggermente infantili, labbra
sottili
increspate in quel solito sorrisetto furbo che non ho mai dimenticato.
Non un
accenno di barba, non un segno del tempo trascorso: è come
se non fosse passato
nemmeno un giorno dall’ultima volta che l’ho visto.
Nicolò Croce, svetta in alto sul suo
account, e
allora non ho più dubbi.
Apro la casella dei DM e leggo l’anteprima del messaggio,
ancora troppo sconvolta per cliccare sulla chat e digitare una risposta.
eiiii vitto sei
proprio tu…quanto tempo!
Sì, sono proprio io.
E sì, lui è proprio Nicolò Croce, il
mio ex compagno delle
medie con cui ho vissuto uno degli anni più divertenti della
mia intera
carriera scolastica. Quando c’era da fare casino, quando
c’era da organizzare
qualche scherzo, quando si voleva boicottare una lezione, lui
c’era sempre;
sedeva nel banco proprio dietro al mio durante il primo anno delle
medie ed
eravamo diventati complici, i professori ci tenevano sempre
d’occhio.
Ma nonostante tutti lo considerassero un uragano e una
peste, io ero riuscita ad andare oltre e mi ero accorta di quanto fosse
in
realtà dolce e sensibile, all’epoca lo consideravo
uno dei miei migliori amici.
Poi lui si è trasferito e ci siamo completamente persi di
vista, lui all’epoca non aveva ancora un cellulare e non ci
siamo potuti
scambiare i numeri. Mi sono sempre chiesta che fine avesse fatto.
E ora, dopo quasi quattro anni di silenzio e dubbi, ecco che
risalta fuori dal nulla, ripiomba nella mia vita e mi lascia spiazzata.
Solo ora mi accorgo che un sorriso mi ha increspato le
labbra e una sensazione di euforia si sta impossessando di me.
Perché in fondo
non ho mai smesso di chiedermi dove fosse, non ho mai smesso di sperare
di
rincontrarlo, e sono così tanto curiosa di vedere
com’è diventato. Se tra noi
esiste ancora quell’intesa speciale di
quand’eravamo poco più che bambini.
Dopo alcuni secondi di esitazione – perché
all’improvviso
sto sudando freddo, poi? – mi decido ad aprire la chat e
digito velocemente.
NICO CROCE
Non ci posso
credereeeee
Ed è vero: non ci credo.
Getto un’occhiata allo specchio, il mio viso stravolto e
ingiallito dalle luci della specchiera ricambia il mio sguardo, e nel
frattempo
la mia mente mi ripropone i ricordi della mia prima media, quelli a cui
ripenso
di tanto in tanto e quelli che credevo di aver rimosso: quante risatine
nascoste dietro le pagine dei quaderni, quante palline di carta
lanciate di
banco in banco, quante lezioni dei corsi serali – le mie di
pianoforte, le sue
di rugby – saltate per andare in giro a far niente.
Nemmeno gli piaceva, il rugby: piccoletto ed esile com’era,
Nicolò finiva sempre per prenderle e i suoi compagni di
squadra lo
consideravano l’anello debole. A lui piaceva il calcetto.
Chissà se ci gioca ancora. Magari quando ci incontreremo
glielo potrò chiedere, in fondo si è trasferito
in un paese a una ventina di
chilometri dal mio e non dovrebbe essere così impossibile
rivederci, ora che
siamo più grandi.
E chissà come reagirà quando mi vedrà.
E come reagirò io.
insomma, quella magia non può essere del tutto evaporata, ci
troveremo bene per
forza. Potremmo tornare a essere amici, e lui magari mi
troverà addirittura
attraente…
Mi riscuoto all’improvviso e mi do della cretina: possibile
che ogni volta che capita qualcosa, anche la più piccola e
stupida, la mia
mente debba viaggiare in questo modo? Magari non vuole nemmeno
rivedermi e mi
ha scritto soltanto per accertarsi che fossi io.
La devo smettere.
Controllo l’orario e mi accorgo di aver perso il conto dei
minuti, non so per quanto altro tempo dovrò tenere la tinta
in posa. Mi lascio
sfuggire un’imprecazione: non posso sciacquare i capelli
prima del tempo,
verrebbe fuori qualcosa di tremendo!
Il mio telefono vibra e io sobbalzo, afferrandolo di scatto
come se ne andasse della mia intera esistenza. Nicolò
mi ha risposto.
Ma quando controllo le notifiche, mi rendo conto che si
tratta di Giulia e il mio entusiasmo si spegne in un istante.
Cosa voleva alla fine
il tizio?
Avvio un vocale, grata di poter condividere con qualcuno
quello che mi sta capitando: sono così entusiasta, confusa
ed emozionata che
rischio di esplodere. “No, vabbè, se ti dico cosa
è appena successo non ci
crederai mai! Praticamente… ti avevo parlato di
Nicolò, il mio compagno delle
medie che si era trasferito subito dopo il primo anno, no? Quello
insieme a cui
venivo sempre punita, una volta abbiamo dovuto aiutare il bidello a
pulire la
classe prima di andar via… ecco, mi ha scritto su Instagram.
Cioè, così, dal
niente, dopo duecento anni! E io sono troppo contenta
perché… non pensavo che
l’avrei più ritrovato, insomma, e
chissà com’è diventato! Dalle foto
comunque
sembra rimasto più o meno uguale. Ora gli ho risposto e sto
aspettando… oddio,
che ansia!”
Nel mentre che attendo la risposta della mia amica e
soprattutto di Nicolò, do un’occhiata alle
condizioni del mio profilo
Instagram: non pubblico poi così tanto, meno di un post al
giorno, ma cerco
sempre di tenerlo curato e condividere contenuti interessanti. Tra le
foto più
recenti ci sono alcuni selfie, qualche foto insieme a Giulia, una
crostata di
noci, ricotta e pere in cui mi sono cimentata circa una settimana fa,
un
vecchio scatto di quasi due anni fa che ho ritrovato nei meandri del
mio
cellulare e che mi ritrae insieme alla squadra di pallavolo, nel giorno
in cui
abbiamo vinto per l’unica volta il campionato giovanile.
Non so perché, ma improvvisamente mi vergogno di tutto
ciò.
Nicolò ha sicuramente scorso il mio profilo ed ecco come mi
ha rivisto dopo
tutti questi anni. Chissà cos’ha pensato di me.
Una nuova notifica nella casella dei messaggi diretti. Mi si
mozza il respiro.
Attendo qualche secondo prima di andare a controllare,
giusto per non fargli capire che avevo il telefono in mano e stavo
aspettando
la sua risposta come un affamato attende il cibo, poi lo visualizzo.
come stai? le hai
finite almeno le medie? hahah
Mi viene da ridere: è sempre il solito, il suo atteggiamento
nei miei confronti non è cambiato per niente e questo mi
scalda il cuore.
Che stronzo ahahahah
Non sei
cambiato per
niente
Come hai
fatto a
ritrovarmi?
Sto per chiudere la chat, ma stavolta lui mi risponde
subito.
ti ho visto nei
commenti sotto la foto di una mia
amica…il nome mi era familiare allora ho aperto il profilo e
ti ho
riconosciuta…sei cambiata ma allo stesso tempo sei sempre la
stessa…non so come
spiegarlo
Dio, vorrei urlare dalla gioia. Non so perché, ma quelle
parole mi fanno davvero tanta tenerezza.
È come se avessi ritrovato qualcosa che non sapevo di aver
perso… e come ho fatto a non accorgermi di quanto
Nicolò mi fosse mancato?
Con un sorriso sulle labbra e le dita che tremano
leggermente, digito una risposta:
Spero di non essere
cambiata in peggio ahaha
Tu invece sei
rimasto identico
è un
complimento o un insulto? hahah
Nessuna delle due
cose
Adesso che scuola
stai frequentando?
Faccio gli
screenshot alla conversazione e li invio a Giulia
con tanto di cuoricini in didascalia, poi mi costringo a chiudere
Instagram e
tornare alla realtà: devo sciacquare via la tinta, farmi la
doccia, darmi una
sistemata e forse pure mettermi a studiare, visto che sono indietro con
chimica.
Ma come posso pensare di concentrarmi su qualcosa quando la
mia mente da dieci minuti è occupata solo da
Nicolò Croce?
Sul fatto che sia simpatico non ho mai avuto dubbi. Nemmeno
sul fatto che abbiamo tante cose in comune.
Ed effettivamente è anche parecchio carino. Certo, la sua
non è una bellezza appariscente o che ti toglie il fiato, ma
il suo viso pulito
da ragazzino ha il suo fascino – forse perché so
che dietro quell’espressione
fintamente innocente si nasconde un ragazzo sarcastico e furbo.
Chissà se è cresciuto, se ha messo su peso.
Chissà se ha
ancora quei muscoletti sulle braccia sottili che lo facevano apparire
un po’
meno gracile.
Sono questi i pensieri che mi assalgono mentre il getto
d’acqua calda mi scorre sulla pelle insieme a rivoli di
schiuma.
Devo trovare un modo per chiedergli di rivederci. O forse
devo aspettare che sia lui a farlo?
Proprio io, che in genere così spigliata ed estroversa, mi
sto facendo mettere in difficoltà da un ragazzino che
è appena sbucato fuori
dal mio passato.
“Sì, questo ramato mi piace,
decisamente.” Osservo la mia
immagine allo specchio, poi getto un’occhiata ai trucchi
sparpagliati sulla
specchiera e mi esibisco in una smorfia. “Non mi andava di
mettere il solito
eyeliner nero, è un po’ troppo…
aggressivo, non trovi? In fondo è ancora
giorno, ci vuole qualcosa di più
leggero…”
Giulia si accosta a me. “Perché non metti quello
azzurro?”
“Scherzi? Con la maglia bianca dai bordi dorati non
c’entra
niente. Alla fine mi sa che opto per il nero…
però non so…”
Sto cominciando ad agitarmi e a farmi mille paranoie: ho
cercato di ripetermi fino a questo momento che ciò a cui sto
andando incontro
non è un appuntamento, è una semplice rimpatriata
con un vecchio amico di
scuola e quindi non è poi così necessario fare
bella figura, ma dentro di me
non ce la faccio. Mi viene spontaneo curare ogni dettaglio con
maniacale
attenzione – cosa penserà Nicolò se
vedrà qualcosa fuori posto?
“Secondo me l’eyeliner nero può andare,
magari potresti
abbinarlo a quest’ombretto con i brillantini”
afferma la mia amica cool suo
solito tono pacato, picchiettando su un panel di trucchi poggiato sul
bordo del
lavandino.
Sposto lo sguardo dal punto che mi indica al volto della mia
amica, lo porto sullo specchio e mi lascio andare a un mugolio
frustrato.
Sembra tutto troppo anonimo, sembra non starmi bene niente oggi.
“Ehi, Vitto. Non starai davvero entrando nel
panico” attira
la mia attenzione Giulia con una risata nella voce.
“No…” ribatto con poca convinzione.
“Ti prego! Guardami, ascoltami, dai.”
Incrocio il suo sguardo e trovo i suoi occhi verdi calmi e
rassicuranti come al solito – mi chiedo come faccia a essere
sempre così calma
e soprattutto a non perdere mai la pazienza con me. “Non
sarà mica questo tizio
a farti dubitare di te. Guardati: sei stupenda comunque, anche se ti
presentassi in pigiama!”
Ridacchio e il mio sguardo corre automaticamente verso lo
specchio: sempre i soliti lineamenti marcati ma non troppo aggressivi,
sempre i
soliti occhi enormi e scuri – sono troppo grandi?
–, sempre le solite labbra
non troppo carnose – saranno troppo sottili?
“Comunque penso che legherò i capelli”
affermo, forse anche
per sviare il discorso.
Giulia ridacchia. “Il pullman passa tra mezz’ora,
ti
conviene fare in fretta.”
“Cazzo!” Afferro il mascara e mi piazzo davanti
allo specchio
quasi sul piede di guerra. “Comunque tu dovresti essere qui
per aiutarmi, non
per mettermi fretta!”
“Ti aiuto a non perdere il pullman, che vuoi?”
“Ah beh…”
“Nel frattempo che finisci di truccarti, vado di
là e lavo
almeno i patti, okay?”
“Ma lascia perdere, lo faccio io quando rientro” la
rassicuro.
Ma lei è già sparita oltre la porta del bagno,
probabilmente
non mi ha nemmeno ascoltato.
Sono davvero felice di avere Giulia al mio fianco durante i
preparativi per questo appuntamento – non è un
appuntamento, accidenti! Il caso
ha voluto che proprio oggi mio padre fosse fuori tutto il giorno per
lavoro,
così dopo la scuola io e Giulia abbiamo potuto pranzare
insieme a casa mia e ne
ho approfittato per raccontarle le passate avventure con
Nicolò. Parlarne mi ha
aiutato a calmarmi; cosa potrebbe mai andare storto se avevamo un
così bel
rapporto?
Ma ora che il grande evento si avvicina, l’ansia comincia a
farsi sentire e non so nemmeno perché.
E il trucco sugli occhi sembra asimmetrico e sbavato, il
rossetto non vuole saperne di stare entro certi confini, troppi capelli
sfuggono dalla crocchia, e quella che vedo sulla maglietta è
una piega?
“Giuli!”
“Dimmi” risponde la mia amica dalla cucina,
l’acqua
scrosciante fa da sottofondo alla sua voce.
“Come sto?”
“Bene. Sei bellissima.”
“Ma se non mi hai nemmeno guardato!”
“Non ho bisogno di guardarti per saperlo.”
Sbuffo, getto i trucchi alla rinfusa dentro l’apposito
astuccio, afferro il telefono e mi appresto a raggiungerla. Mentre
scorgo le
notifiche mi accorgo di avere un messaggio di Nicolò su
Instagram. Mi mordo il
labbro inferiore; questo non aiuta.
a che fermata scendi?
Ho le mani talmente sudate che il cellulare rischia di
cadermi mentre rispondo.
Davanti alla
gelateria
Vieni a
prendermi
lì?
“Dobbiamo correre a prendere il pullman!” mi
riporta alla
realtà Giulia, chiudendo l’acqua di scatto e
asciugandosi le mani in un
canovaccio.
“Hai ragione, è tardi.” Prendo un
profondo respiro. “Bene.”
Il cuore mi batte all’impazzata, ma cerco di camuffare
questo mio stato; recupero la borsa, la giacca, le chiavi di casa e mi
assicuro
di avere tutto il necessario.
Io e la mia amica usciamo di casa e ci dirigiamo verso la
fermata del pullman più vicina, dove prenderò il
mezzo che mi porterà dritta a
fare un viaggio nel mio passato.
Lo riconosco subito, non appena metto piede fuori dal bus: è
ancora piccoletto e basso, più basso di me – che
nel frattempo sono cresciuta
di quasi venti centimetri – e ha ancora
quell’espressione da ragazzino
impertinente che l’ha combinata grossa.
Non ha addosso un giubbotto, indossa una felpa grigio scuro
della Volcom, un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica bianche.
È Nicolò Croce, sempre lo stesso, e si trova a
pochi passi
da me, proprio davanti ai miei occhi. È lui, il mio vecchio
amico che ho sempre
sperato di ritrovare.
Mi sciolgo in un sorriso spontaneo e mi rendo conto che non
ho davvero nulla di cui preoccuparmi, con lui posso ancora permettermi
di essere
me stessa nonostante siano passati quattro anni.
“Ehilà!” lo saluto calorosamente.
“Vitto!” esclama lui venendomi incontro, un enorme
sorriso
stampato sul volto.
Avviene tutto in maniera spontanea: ci stringiamo in un
abbraccio affettuoso, come non era mai capitato prima, ma in quel
momento
sembra la cosa più naturale e giusta del mondo.
Anche se siamo nel bel mezzo di un marciapiede. Anche se non
l’avevo previsto. Anche se forse non è normale.
Quando ci separiamo, lui mi squadra da capo a piedi e io
sento le mie guance arrossarsi leggermente, ma continuo a sorridere per
dissimulare quel leggero imbarazzo.
“Fanculo, sei ancora più alta di me!”
bofonchia lui.
“Che ti aspettavi? Sono anche cresciuta nel
frattempo!”
ribatto con una risata.
“Quanto sei alta?”
Solo Nicolò Croce può rivedere una persona dopo
quattro anni
e come prima cosa chiederle quanto è alta. È
unico nel suo genere.
Ci rifletto un attimo. “Boh, qualcosa come… un
metro e
settanta. Tu?”
“Che palle, non te lo dico!”
Rido e gli mollo un colpetto sul braccio. “Hai mollato il
rugby, sì?”
“Nell’esatto momento in cui mi sono trasferito.
Insomma, che
palle, ero stanco di essere scambiato per il pallone… tu
invece giochi ancora a
pallavolo, vero? Ho visto le foto su Instagram…”
Scuoto il capo. “Era una foto vecchia, ho smesso
l’anno
scorso. In realtà la squadra si è praticamente
smontata perché c’era chi aveva
da studiare, chi da fare altro, chi aveva il
ragazzo…”
Chiacchierando del più e del meno, ci dirigiamo verso il
parchetto del paese, uno dei pochi luoghi in cui poter trascorrere un
po’ di
tempo. durante il tragitto Nicolò saluta un sacco di persone
e si ferma anche a
scambiare due parole con qualcuno; sembra davvero noto e popolare e la
cosa non
mi sorprende affatto, ha sempre avuto un carattere espansivo ed
è impossibile
non trovarlo simpatico.
Lo salutano anche parecchie ragazze.
Non mi presenta a nessuno e io non oso subentrare nelle
conversazioni, non è ancora il momento; mi limito a
osservare la gente che
frequenta e soprattutto il modo che ha di rapportarsi con loro.
Ci sa fare, eccome se ci sa fare.
E io ho sempre avuto un debole per i ragazzi sicuri di loro
stessi.
E poi non ricordavo che avesse degli occhi così
belli…
Mezz’ora più tardi siamo seduti su una panchina
del parco,
al limitare di un grande spiazzo erboso, ognuno con una lattina in mano
– lui
una Coca-Cola, io un tè alla pesca. Nonostante le cinque del
pomeriggio siano
passate da poco, il sole già comincia a farsi basso e i
raggi dorati illuminano
i nostri visi distesi e rilassati.
“Ma ti ricordi quella volta che ho saltato la lezione di
pianoforte, siamo andati ai distributori automatici e
quell’aggeggio ci ha
mangiato i soldi?” esclamo, rivangando l’ennesimo
ricordo che abbiamo condiviso
insieme.
È da quando abbiamo cominciato a chiacchierare che non
riusciamo a smettere di ridere nel riportare alla mente quelle scene
esilaranti
del nostro passato. Abbiamo trascorso insieme solo un anno, ma sembra
essere
una vita intera.
Nicolò, che sta sorseggiando dalla sua lattina, rischia di
sputacchiare la Coca-Cola a destra e a manca. “Oddio, cazzo,
sì! Quella volta
il distributore stava per ghigliottinarmi la mano!”
“E alla fine abbiamo scritto qualcosa del tipo grazie
per
averci mangiato i soldi, ma gli affamati eravamo noi col
pennarello
indelebile sul fianco!”
“Ti prego, dimmi che quella scritta c’è
ancora!”
Non riesco a smettere di ridere. “Hanno cambiato i
distributori qualche anno fa.”
“No, che peccato!”
“Almeno i nuovi funzionano bene!”
Lui si stringe nelle spalle. “Ci hanno dato retta alla
fine.”
Cala il silenzio per alcuni istanti, ci guardiamo negli
occhi e, ancora prima di accorgercene, siamo già scoppiati
nuovamente a ridere.
“Di’ la verità: ora sei diventata una
ragazza perbene,
queste cose non le fai più” mi punzecchia
Nicolò con quell’espressione sorniona
che conosco fin troppo bene.
Metto su un broncio teatrale. “E chi te
l’assicura?”
“Non lo so, mi dai quest’impressione.”
Sorrido con fare misterioso. “Magari ti sbagli.”
Il suo sguardo si fa improvvisamente più intenso e io non
posso che sentirmi inchiodata da quegli occhi che sembrano conoscere
ogni mio
dettaglio meglio di me. “Faresti ancora queste fesserie
insieme a me?”
La sua domanda è di una tenerezza disarmante, per un istante
mi sembra di essere ancora quella ragazzina di undici anni con i denti
di
davanti un po’ accavallati, ma sento che queste parole hanno
un peso diverso
adesso.
“Altrimenti non sarei qui ora” ribatto,
improvvisamente
seria.
Non mi so spiegare cosa stia succedendo, forse semplicemente
non siamo più dei ragazzini e Nicolò ha un che di
magnetico che mi rende
nervosa. È una sensazione indescrivibile,
un’attrazione fortissima che mi
spinge verso di lui.
Qualche altra volta mi sono presa una cotta per dei ragazzi,
ma quello che sto provando ora è totalmente differente.
“Ma magari sono io che ho messo la testa a posto”
mormora
lui, spezzando quello stranissimo silenzio che si era creato tra noi.
Mi scappa da ridere e la tensione si allenta. “Chi, tu?
Nicolò Croce?”
Lui sghignazza a sua volta. “No, infatti, non
crederci.”
“Non correvo il rischio.” Prendo l’ultimo
sorso di tè e mi
volto nuovamente a guardarlo. “Ehi, ci facciamo una foto
assieme?”
“Sicuro!”
Rovisto nella mia borsa in cerca del cellulare e, quando
sollevo di nuovo lo sguardo, mi ritrovo davanti Nicolò che
si prodiga in una
smorfia dietro l’altra. Aggrotto le sopracciglia e trattengo
una risata. “Cosa
stai facendo?”
“Sto provando l’espressione per il
selfie.”
“Tu sei senza speranze, fattelo dire.”
Ci mettiamo in posa, io sollevo il telefono e metto su un
sorriso raggiante, sincero, perché quella che sto provando
è vera gioia. Nicolò
mi circonda la vita per attirarmi a sé, lo fa con una
naturalezza disarmante ma
a me manca comunque il fiato.
E mentre scatto il selfie sento la sua mano sul fianco, le
sue dita che si muovono quasi impercettibilmente sopra la stoffa
leggera della
mia maglietta e una scarica di brividi mi corre lungo la schiena.
Il suo odore mi pizzica il naso, la sua risatina mi
solletica le orecchie, il suo corpo si preme contro il mio. Non so se
lo faccia
apposta, non capisco niente in questo momento, mi sento solo inebriata
in una
maniera totalmente nuova.
“Okay… la posso pubblicare?” gli chiedo
dopo qualche scatto,
staccandomi bruscamente da lui. Ho bisogno di un attimo di respiro.
“Certo.”
Carico la foto più carina – non che io sia venuta
benissimo,
ma quanto meno scelgo l’immagine in cui non sto strizzando
gli occhi – in una
storia Instagram, taggo Nicolò e aggiungo la didascalia ricordando
i bei
vecchi tempi. Impiego studiatamente qualche minuto
più del dovuto per non
dover sollevare lo sguardo e incrociare nuovamente il suo.
Prima di riporre il telefono nella borsa scorgo
distrattamente la notifica di un messaggio di Giulia e per un attimo mi
viene
voglia di nascondermi in un angolino, chiamarla e raccontarle tutto, ho
davvero
bisogno di sentire i suoi consigli per decifrare questa situazione
nuova che,
anche se non lo ammetterei mai ad alta voce, mi sta mettendo seriamente
in
difficoltà.
La mia amica sa sempre cosa fare, sa sempre mantenere la
calma e riflettere razionalmente.
“Ti dispiace se fumo una sigaretta?” me ne esco
all’improvviso.
Non fumo abitualmente, ho cominciato qualche mese fa ma sto
cercando di non farlo diventare un vizio; ho comunque un pacchetto di
sigarette
sempre in borsa, da portare fuori quando sono in compagnia. Non aveva
tanto
senso farlo adesso, ma forse sotto sotto spero che Nicolò mi
trovi più figa in
questo modo.
“Ah, fumi?”
“Qualche volta” puntualizzo.
“Pure io.”
Estraggo il pacchetto e glielo porgo. “Prendine una
allora.”
Lui annuisce. “Grazie.”
Fumiamo e continuiamo a chiacchierare; Nicolò è
molto
curioso, vuole sapere se suono ancora il pianoforte – no, ho
smesso nel momento
in cui sono finiti i corsi serali delle medie –, se il liceo
che ho scelto mi
piace – sì, molto –, se sono rimasta in
contatto con i nostri vecchi compagni
di classe – con qualcuno sì, ci seguiamo a vicenda
su Instagram ma niente di
più –, se sono ancora amica con Margherita e
Alessia – no, ho rotto con le mie
due ex migliori amiche tra la seconda e la terza media, ora vado
d’accordo con
tante persone ma la mia vera migliore amica è Giulia.
È interessato a ogni cosa
e questo mi fa in qualche modo sentire importante, significa che
ricambia
ancora l’interesse che provo e che ho sempre provato nei suoi
confronti.
Mi ascolta e mi parla di sé, della sua squadra di calcetto,
dei suoi amici, dei suoi professori. Lo fa con un’ironia e
una leggerezza che è
impossibile non amare, riesce sempre a tenere alta la mia attenzione e
anche
nei momenti apparentemente più complicati della
conversazione non esita mai,
nemmeno una volta.
Per la prima volta sento di non avere io in mano le redini
della discussione, come spesso capita grazie al mio carattere
estroverso e
solare.
“Non ti sembra strano?” commento a un certo punto,
poi mi
blocco di botto, timorosa di esprimere ad alta voce quelli che sono i
miei
pensieri. Non vorrei sembrare fuori luogo o melensa.
“Che cosa?”
Guardo un punto indistinto davanti a me; sul prato, a una
dozzina di metri da noi, si è radunato un gruppo di
universitari che stazionano
su una coperta, uno di loro imbraccia una chitarra e nessuno fa caso a
noi.
“Che sono passati quattro anni da quando ci siamo visti
l’ultima volta.
Insomma, è assurdo, io ho l’impressione
che…” Arrossisco, incapace di
continuare.
“Che siamo stati insieme fino a ieri?” completa lui
per me,
la sua voce è appena un mormorio.
Incredibile come possa ridere, urlare, imprecare e poi
utilizzare un tono talmente dolce e delicato da far sciogliere il cuore.
Ho il coraggio di lanciare un’occhiata nella sua direzione,
ma appena i nostri sguardi si incrociano vengo calamitata dalle sue
iridi
castane e sono quasi costretta a voltarmi. Sono così
intense, cariche di mille
significati che mi invitano a essere scoperti.
“Sì. Anche tu hai la stessa sensazione?”
ho il coraggio di
chiedere.
Lui mi sorride appena, stavolta in maniera diversa, senza la
solita impertinenza. “Possiamo anche fare finta che sia
davvero così.”
Ci fissiamo negli occhi per diversi istanti, ormai i raggi
del sole sono diventati arancioni e non riscaldano più, ma
il mio corpo è
comunque pervaso da uno strano tepore.
Poi Nicolò mi afferra per il polso e mi strattona
leggermente per attirarmi a sé.
E io, senza farmelo ripetere due volte, poggio le labbra
sulle sue come se non avessi aspettato altro per tutto il tempo
– forse è
davvero così.
È come una scossa elettrica; all’improvviso
qualcosa di
bollente comincia a scorrermi nelle vene e arriva ovunque, mi infuoca,
mi
spinge a prendere sempre di più. Un istante dopo
approfondisco il bacio,
totalmente in balia delle sensazioni che quel ragazzo mi provoca, e
quando le
nostre lingue si scontrano apprendo che sarà una bella sfida
staccarmi da lui.
Agisco d’istinto e lo stringo più forte a me,
succube di
quel bacio rovente, delle sue mani che mi scorrono sulla schiena e sui
fianchi,
del bollore che la sua pelle emana.
Non è la prima volta che bacio un ragazzo, ma i primi
tentativi erano stati parecchio goffi e innocenti. Stavolta
c’è qualcosa di
diverso, di più maturo e fisico, un’attrazione che
non so bene come gestire, ma
che mi piace da morire.
Ci stacchiamo solo quando non abbiamo più fiato e io mi
soffermo a osservare il volto di Nicolò: i suoi occhi
luccicano, le sue labbra
sono increspate in un sorrisetto malizioso, adesso il ragazzino pulito
non
esiste più e al suo posto c’è un volto
tutt’altro che innocente, attraente da
far male.
Se qualche anno fa mi avessero detto che saremmo finiti in
una situazione del genere, avrei riso fino alle lacrime.
“Okay” sussurra col fiato corto, carezzandomi
appena un
fianco con la mano sinistra.
Dovrei pensare a qualcosa di sensato da dire, ma tutto ciò
che so è che vorrei soltanto saltargli addosso. Me ne
vergogno un po’, ma ora
non importa poi tanto.
Nicolò porta la mano destra sul mio viso e prende ad
accarezzarmi piano uno zigomo. “L’ho sempre
saputo.”
“Che cosa?”
“Che saresti diventata così bella.”
Mi sento morire sotto il suo tocco e sotto la dolcezza di
quelle parole. Mi viene voglia di chiedergli se stia scherzando, ma mi
basta
guardarlo negli occhi per capire che è serissimo.
Non è il primo a dirmi che sono carina, ma stavolta
è
diverso.
Con Nicolò è tutto diverso.
Non so cosa rispondere.
“Nico…”
“Sì?”
Lo bacio nuovamente, con la stessa intensità, mi impossesso
della sua bocca come se questo potesse fargli capire quanto ho
apprezzato il
suo complimento.
Non ce ne importa niente se ci troviamo nel bel mezzo di un
parco pubblico insieme ad altre persone, ce lo dimentichiamo
completamente.
Per me conta solo che io e Nicolò ci siamo ritrovati, o
forse ci siamo trovati per la prima volta in un modo tutto nuovo. Non
capisco
niente, non sono in grado di ragionare sensatamente in questo momento.
Ciò che so per certo è che voglio stare con lui,
a ogni
costo.
Ciò che so è che è bastata
quell’ora e mezza trascorsa
insieme a lui per innamorarmi.
♥
♥
♥
AUGURI VITTOOOOOOOO ANCHE SE IN RITARDO DI UN GIORNO!!!!!!
Ragazzi miei… è già un miracolo che io
sia riuscita a
scrivere qualcosa in questi giorni, e con miracolo intendo proprio
MIRACOLO!!!!
Ero bloccata da troppo tempo, anche quando scrivevo nulla mi convinceva
e mi
soddisfaceva… e ok, forse non vado proprio orgogliosa di
questo primo capitolo,
ma sta di fatto che ho buttato giù circa cinquemila parole
in un giorno e
questo mi fa volare altissimo *________* era da secoli che non scrivevo
così
fluidamente!
Non sono soddisfatta principalmente della gestione e
caratterizzazione dei personaggi, il che mi dispiace perché
si tratta di una
mia serie originale, MA ADESSO LA SMETTO DI LAMENTARMI
PERCHE’ IERI ERA IL
COMPLEANNO DI VITTORIA E LEI NON MERITA TUTTO QUESTO!!!
Allora… che dire? Questa è un’idea che
avevo in mente
veramente da secoli, non sapevo bene come gestirla ma alla fine
l’ispirazione
mi ha suggerito di dare vita a una minilong, di cui questo è
appunto il primo
capitolo. Non garantisco niente sui tempi in cui
scriverò/pubblicherò gli
altri, ma già il fatto di aver cominciato mi dà
la motivazione per continuare!
Ecco Vitto alle prese con il suo primo amore, che forse lo
era anche da prima che lei se ne accorgesse, forse lo è
sempre stato… cosa ne
pensate di Nicolò? Qual è la prima impressione
che dà? Io ho un sacco di cose
in mente a riguardo e mi dispiace non potervi spoilerare nulla
eheheheheh…
La trama di questo capitolo non è poi così
originale, in
seimila storie prima di questo abbiamo visto i preparativi insieme alla
migliore amica prima di un appuntamento, ma sappiamo che Giulia e
Vittoria sono
appunto delle ragazze normali e possono vivere anche queste fasi della
vita, e
chi sono io per stravolgere i loro piani? ^^
Grazie a chiunque sia giunto fin qui, grazie per il supporto
nonostante io sia così discontinua ultimamente e AUGURI ALLA
MIA STELLINA
sempre sorridente e allegra, stai attenta Giuli che te la potrei anche
rubare ♥
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