ancora un
Ancora per un po'
«Vesti bene le
cose raffinate1.»
Ed non ha una visione precisa della
dinamica che lo ha portato a quello. Sa solo che ha coperto la
distanza tra di loro in un unico passo e che in qualche modo
la sua bocca ha incontrato quella di Stede in un contatto che il
pirata non si era mai accorto, prima di quell'istante, di aver
desiderato così tanto da troppo tempo. Si è sorpreso della facilità
con cui ha scoperto le sue labbra muoversi con delicatezza su quelle
dell'altro. Persino le sue mani hanno trovato il viso di Stede con
semplicità, come se lo avessero già fatto mille altre volte, come
se avessero già esplorato in passato il percorso per raggiungere
quelle guance, i capelli alla base del collo, l'orlo degli abiti che
indossa, e ora lo stessero riproducendo affidandosi banalmente alla
memoria. Razionalmente sa che non è mai accaduto niente del
genere tra loro, che quella è solo un'impressione sbagliata, uno
scherzo della sua fantasia, ma con il calore che gli proviene da un
altro corpo premuto contro il suo gli è difficile usare la mente per
fare altro che vada oltre la capacità di concentrarsi sulle
sensazioni. Sembra tutto così naturale, così spontaneo, così
nuovo e familiare allo stesso tempo che tutto quello che Ed vuole è
assaporare il momento fino in fondo, finché dura – fino a che non
gli sarà più possibile illudersi che la timida risposta di Stede
sia qualcosa di più che un mero riflesso fisico.
Non è per rincorrere il ricordo
lontano dell'ultima volta in cui ha baciato qualcuno che non vorrebbe
mai più separasi da quel momento, da quella notte, da quelle labbra.
C'è altro, così tanto altro che Ed non riesce a metterci appieno le
mani, né le parole, ma una cosa gli sembra inequivocabile: era una
vita che non si sentiva così bene.
Stede è morbido, sa di buono,
di champagne e di sale. Ed vorrebbe poter smettere di respirare.
Così, senza dolore, senza drammi. Solo smettere di vivere e
cristallizzare l'attimo nel tempo e nello spazio, nella sua
immaginazione, e farlo morire con lui. Per sempre. Ah, che modo glorioso
di andarsene!
Ma il suo corpo non glielo concede e
reclama aria troppo presto. Suo malgrado, il momento è finito, ma è
solo quando riapre gli occhi che la concretezza della situazione lo
colpisce con tutta la lucidità che ha perso dal preciso istante in
cui gli è stato sistemato con cura un vecchio fazzoletto di seta
nell'occhiello: ha baciato Stede, l'ha fatto davvero.
Per un attimo teme il peggio, che nel
lampo stesso in cui anche Stede riaprirà gli occhi, lo spintonerà
via da sé, lo guarderà con orrore e gli griderà addosso di essere
stato violato, di essere stato imbrogliato nonostante tutto –
nonostante la fiducia che gli ha dimostrato, il supporto che gli ha
offerto e il conforto che gli ha regalato senza pretendere nulla in
cambio.
Ed ha paura di vedersi
crollare il mondo addosso un'altra volta in una sola giornata e non
crede di poter sopravvivere di nuovo. Soprattutto, non pensa di
essere in grado di sopportare il peso dell'odio che lo sguardo di
Stede saprà evocare. Perché è questo che lo attende: odio,
disprezzo, risentimento. Non ci sono altre vie percorribili, solo
questa, ed Edward non vuole che accada, non adesso – mai.
Se non fosse disperato, troverebbe le
circostanze quasi divertenti. Solo pochi secondi prima avrebbe
fermato il tempo per vivere l'eternità appeso alla traccia della
bocca di Stede sulla sua; adesso, se potesse, tornerebbe indietro per
ripensarci e non agire: gli augurerebbe la buonanotte e se ne
andrebbe per conto suo a fare da vedetta per le prime ore della
notte, come in realtà avrebbe dovuto fare, invece di baciare l'uomo
che–
Merda. A che cazzo stava
pensando quando gli è andato incontro e non si è fermato? Cosa
diavolo–
Stede solleva le palpebre e la mente di
Ed ammutolisce del tutto. In sottofondo rimane solo un vago desiderio
di morte a ricordargli di aver fatto una cazzata per cui l'immediato
futuro gli farà scontare le pene dell'inferno.
Ma contro ogni sua aspettativa, gli
incubi di Ed semplicemente non prendono forma: alla luce della luna
gli occhi di Stede brillano di sorpresa e di curiosità, e di
qualcos'altro, qualcosa di gentile, ma Ed non riesce a dargli un nome
e lo lascia scivolare via senza identità prima che possa
trasfigurarlo in disgusto per assurdo.
Questo, tuttavia, non gli impedisce di
andare nel panico comunque. Passa un secondo, infatti, ed Edward si
rende conto con orrore che, nonostante sia profondamente grato a
Stede per non averlo rifiutato in malo modo, questo lo prende in
contropiede più di quanto avrebbe fatto una risposta incontrollata,
o addirittura terrorizzata. Barbanera è abituato alle reazioni
caotiche di fronte alla sua presenza. È abituato all'allarme, alle
urla, alla disperazione... non alla calma del muto stupore con cui
Stede ora lo osserva!
Che cosa dovrebbe fare? Baciarlo di
nuovo?
«È un modo per dire grazie,» spezza
il silenzio di colpo e in fretta, mentre nebulosamente registra
quanto gli piacerebbe riprendere quel piccolo tête-à-tête
da dove l'hanno lasciato. «Una cosa da pirati. Dovresti prendere
appunti.»
«Oh. Capisco.» Stede appare
all'improvviso così a disagio che Ed non sa più cosa pensare, ma di
certo vorrebbe non aver detto niente. «Dovrei... sai... chiedere a
Lucius di scriverlo. Per ricordarlo.»
«Sì, sì, certo.» Gli serve un
secondo di troppo per realizzare. Quando lo fa, il terrore gli
ghiaccia il sangue nelle vene. «O... magari può rimanere tra
di noi.»
«... Certo, certo.»
«Vedi, è una cosa che non tutti
fanno–»
«Davvero?»
«–Solo alcuni. Pochissimi, in
effetti–»
«Ah.»
«–e non sempre. Quindi–»
«Non sarebbe un'informazione utile.»
«Esatto.»
Ed si ritrae appena, abbozzando un
mezzo sorriso mentre inquadra il viso intero di Stede.
«Dunque... a cosa devo l'onore?»
Il pirata ingoia a fatica il nodo che
gli si è formato in gola: è solo un'espressione elegante,
nient'altro. Non un onore in senso stretto. È solo Stede.
«Che?»
«Be'... perché adesso e mai... prima?
Qual è stata l'occasione?»
Mi hai detto che sono fatto per le
cose belle e nessuno l'ha mai fatto prima d'ora, ma se tu ci credi
posso farlo anch'io.
Ma non posso dirtelo, non è vero?
«Mi sembrava giusto,» corregge il
tiro, cercando di suonare il più casuale possibile, ma le parole
escono fuori come un sussurro privato sospeso tra di loro, qualcosa
di più simile a una confessione che a un niente privo di senso.
«Non più?»
Una parte di lui vorrebbe dire no e
implorare che facciano finta che non sia mai successo niente, ma la
prossimità mai interrotta mina qualsiasi sua ragionevole credenza:
come può essere sbagliato quello? Come può non essere giusto
respirare il profumo del sapone alla lavanda a un soffio dalle labbra
di Stede e–
«E se Barbanera risultasse morto?
Il cadavere sfigurato e irriconoscibile, ovviamente... Io non sono
nemmeno qui. Mi chiamo Stede Bonnet, sono un facoltoso proprietario
terriero...»
Ed sente le dita tremare appena a mano
a mano che il pensiero inaspettato si fa strada in lui, cogliendolo
di sorpresa e strappandolo per un momento al presente. Vorrebbe
sapere le ragioni per cui la sua mente abbia deciso di tirargli un
colpo così basso in una situazione simile, ma in fondo i motivi non
hanno importanza, non adesso: con o senza logica, Ed sta pensando
alla sua missione segreta e tutto a un tratto il viso che tiene tra
le mani come se fosse la cosa più preziosa del mondo assume un
significato diverso, diventa uno spettro sotto ai suoi stessi occhi e
l'adorazione si mescola inevitabilmente alla paura.
Ed non vuole ucciderlo, di questo è
certo. Non l'ha mai voluto davvero, nemmeno prima d'incontrarlo, e
quando l'ha fatto... Come ha osato anche solo formulare l'ipotesi di
far fuori Stede e prendere il suo posto per andare in pensione?
Come ha potuto garantire a Izzy che avrebbe fatto una cosa del genere
senza crederci nemmeno un po'?
Ed non vuole uccidere Stede, ma la sola
idea di aver elaborato un piano convincente a riguardo e di aver
coinvolto in quella storia il suo braccio destro lo ripugna al punto
da fargli sembrare l'intimità appena condivisa un alto tradimento.
Stede gli ha offerto tutto e lui l'ha ripagato con una tale
mancanza di tatto e di sincerità da fargli accapponare la pelle.
Dovrebbe dirglielo. Oh, sì. Dovrebbe confessare
tutto quanto e accettare le conseguenze del caso senza proferire
parola se non per chiedere scusa. Dovrebbe davvero farlo e in fretta,
prima che la situazione gli sfugga di mano – prima che Izzy diventi
più insistente di quello che è, o che lui si affezioni sempre di
più.
Ma è guardando Stede negli occhi che
Ed capisce: la situazione non è mai stata sotto il suo pieno
controllo e il danno è già stato fatto. Gli sarebbe difficile dire
da quanti giorni Stede sia diventato un punto di riferimento nella
sua vita, una persona con cui voler spendere del tempo, con cui
imparare cose nuove e con cui ridere, ridere tanto. Ma nondimeno è
successo – è già troppo tardi – e, se c'è una qualche
reciprocità nel loro rapporto, Ed non può rivelare tutto, non
adesso: ora Stede lo odierebbe ed Edward non vuole guardarlo
negli occhi mentre questo cambiamento prende corpo – mentre
entrambi si rendono conto che Stede non merita una persona come lui
al suo fianco.
Prende un respiro
profondo, la mascella serrata. Il pollice si muove appena sulla guancia
dell'altro in un'ultima carezza leggera prima che le mani scivolino via
dal suo volto.
Non uno, ma due
passi indietro ora lo separano da Stede. Non può più
sentire l'odore floreale che emana, né può più
distinguere nettamente iridi e pupille al debole chiaro di luna.
L'assenza è vivida, Ed la sente premere contro il suo stomaco e
tra
le pareti della gabbia toracica, ma ne riconosce l'utilità e non
fa
nulla per ridurla nuovamente.
«Avrei dovuto avvertirti,» dice, più
presente – più egoista. «Di questa usanza.» Sì, avrebbe
dovuto. Per la salute mentale di entrambi – soprattutto la sua.
Stede storna lo sguardo un momento
prima di sorridere. «Oh, non preoccuparti. È stato molto gentile da
parte tua, Ed.»
Sempre cordiale. Davvero
cordiale. Stede non è passivo-aggressivo come la massa di snob che
l'ha deriso, non con lui, almeno, e per Ed è improvvisamente più
difficile mantenere la distanza.
Ma deve. È per il suo bene.
«Grazie,» riesce a dire.
Un momento passa e tutto quello che Ed
può sentire è il rombo del sangue nelle orecchie.
Poi Stede parla: «Allora... è tutto.»
«È tutto.»
«Buonanotte.»
Ed allunga la mano in un'amichevole
pacca sulla spalla – non può farne a meno.
«Buonanotte.»
Si avviano in direzioni opposte e si
voltano entrambi a metà strada, solo per un attimo, prima di
riprendere il cammino. Stede gli sorride oltre la spalla – un altro
gesto di innata, spontanea cortesia per dirgli che va tutto bene, che
non è successo niente di cui vergognarsi – e il pirata ricambia
involontariamente – è già troppo tardi –, lieto che la
luna non possa illuminare anche lo stato della sua mente. O dei suoi
organi interni, fa lo stesso: le fitte che sente all'altezza del
costato devono avere anche una qualche spiegazioni
fisiologica, ne è certo, e in questo momento non è pronto
all'eventualità di vedere Stede prendersene cura. Probabilmente non
lo sarà mai.
A prua Ed si concede il lusso di
sedersi e di sospirare, sentendosi improvvisamente più leggero. Non si rende
conto subito di come la sua mano corra a cercare la seta rossa
sistemata all'altezza del cuore, ma quando registra il movimento non
la ritrae, non adesso – non con il fantasma delle labbra di Stede
vivido sulla sua bocca.
La tiene lì.
Ancora per un po'.
Note:
[1]: Non so come verrà tradotta questa
frase nell'adattamento italiano – di cui, al momento, non ci sono
notizie (?) –, ma credo che l'ordine delle parole usate da Stede
non sia stato casuale nel dire “You wear fine things well”. La
traduzione che ho fatto io non mi suona benissimo, ma ho ritenuto
fondamentale mantenere “you” come soggetto perché anche in
inglese c'erano modi più agili di dire all'incirca la stessa cosa,
ma che avrebbero posto l'accento sulle “fine things”, non sul
personaggio di Ed. Se avete suggerimenti per rendermi più
orecchiabile questa soluzione, non esitate a farmeli conoscere.
Angolino di Menade Danzante.
Salve!
Per prima cosa, grazie infinite per
essere arrivat* fin qua a condividere con me questo “What if?”!
Doveva essere una drabble, ma soprattutto una cosa divertente,
romantica, a lieto fine... Invece è uscita fuori una OS più angst
di quanto avessi pianificato all'inizio. Temo che il canone abbia
gestito le cose troppo bene perché da questo momento potesse davvero
nascere un'intimità più forte di questa tra Ed e Stede, quindi
niente, ho finito per aggiungere dolore al dolore. Chiedo umilmente
scusa: le intenzioni erano migliori. ^-^”
Spero di aver caratterizzato in modo
coerente entrambi i personaggi, ma è la prima cosa che scrivo su di
loro e, non sentendomi sicurissima, ho messo il tag “OOC” per uno
scrupolo personale. Se vi va di farmi sapere cosa ne pensate, io son
qua.
In disperata attesa della seconda
stagione, vi ringrazio di nuovo tantissimo per avermi letta e vi
mando un grandissimo abbraccio – dopo il finale di stagione serve
un bel po' di affetto!
Menade Danzante
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