La
pioggia ghiacciata era noiosa ma sollevava da terra una fitta nebbia
gelida utile
a coprire
le loro figure che correvano per le vie di Londra nella notte.
La
città era deserta, in giro non si vedeva nessuno e anche le
osterie
e le stamberghe che ospitavano i viandanti e gli avventori che
desideravano affogare le loro vite nei fumi dell’alcol erano
ormai
chiuse. Londra sembrava spettrale e anche se Clowance era sempre
stata indomita e coraggiosa, si sentiva vagamente frastornata ed
intimorita. Che stava succedendo? Tutto era successo talmente in
fretta che stentava a comprendere come fosse passata in pochi minuti
dall’essere prigioniera ad essere fuggitiva. E la ragazza
norvegese, Odalyn? Perché la stava aiutando? Si stava
mettendo
contro suo padre? Per quanto Clowance amava il suo, le sembrava
impensabile che un’altra ragazza potesse tradire
così il suo
genitore. Oppure Odalyn stava mentendo e stava portandola in
trappola? Doveva fidarsi o essere guardinga? O metà e
metà?
Davanti
a lei, col cuore in gola, Odalyn correva senza fermarsi e senza
nemmeno conoscere la direzione che stava prendendo. Londra era un
dedalo di piccole vie e allontanate dai grandi palazzi signorili del
centro, tutto sembrava un formicaio di casette e viuzze che si
intrecciavano e fondevano in un intricato labirinto. Certo, era un
buon modo per non essere rintracciate e nascondersi ma era anche un
modo perfetto per cacciarsi ulteriormente nei guai e perdersi.
Le
guardie e suo padre ci avrebbero messo un po’ a scoprire la
loro
fuga e al momento avevano un po’ di vantaggio ma una volta
allontanatesi abbastanza, Odalyn capì che era il momento di
fermarsi
e ragionare. Continuare a correre come forsennate senza un piano su
dove andare era decisamente una scelta idiota. Faceva freddo, erano
in pericolo e se non stavano attente, ai guai che già
avevano se ne
sarebbero aggiunti altri.
Quindi,
vista una stalla abbandonata fra due casupole cadenti, la ragazza
prese improvvisamente per mano Clowance, costringendola a seguirla e
a nascondercisi dentro.
Una
volta all’interno, si misero dietro un cumulo di fieno
vecchio e
maleodorante, guardandosi negli occhi in modo indagatore.
Fu
Clowance la prima a parlare. “Che succede? Cosa fai,
perché?”.
Si sentiva stupida e di certo non era il miglior modo di iniziare una
conversazione con quella che sicuramente al momento doveva
considerare la sua salvatrice, ma era sempre stata una bambina
diretta che non faceva giri di parole e non le veniva in mente
nient’altro da dire. Non ci capiva niente e odiava questo
stato di
cose!
Col
fiato corto, Odalyn mantenne lo sguardo fisso su di lei.
“Nemmeno
tuo fratello all’inizio era un campione di simpatia ma tu sei
decisamente peggio. Mio padre forse su qualcosa ha ragione, voi
Poldark cornici siete decisamente un po’ selvaggi”.
“Orgogliosa
di esserlo! Come la mia terra!”.
Odalyn
le riservò un’occhiataccia.
“Sicura?”.
“Mi
vien da ridere che me lo stia chiedendo una vichinga selvaggia e
feroce”.
A
quell’affermazione che dimostrava un certo coraggio e una
certa
faccia tosta, Odalyn decise che Clowance Poldark era decisamente un
personaggio più caratteriale e deciso del fratello. Jeremy
era dolce
e onesto per natura, Clowance sembrava avere in se l’ardore
del
padre e della madre unito a una irrefrenabile lingua lunga e pungente
che forse poteva anche piacerle. Era decisamente stufa di quel mondo
di buone maniere londinesi finto e artefatto in cui da mesi si era
trovata catapultata e Clowance rappresentava a suo modo una boccata
d'aria fresca. “In fondo non hai torto”.
Le
due si misero con la schiena contro la parete, studiandosi a vicenda
per alcuni secondi.
“Perché
mi hai… aiutata?” – chiese alla fine
Clowance, con tono
guardingo.
“Perché
non mi piace ciò che fa mio padre e liberarti mi sembrava un
modo
originale per farglielo capire".
Quelle
parole lasciarono Clowance interdetta. Certo, Haakon non piaceva a
lei e a nessuno della sua famiglia, suo padre aveva raccontato a
tutti che poteva e voleva far del male ai gemelli e che dovevano
difendersi perché era pericoloso. L’aveva rapita e
se avesse messo
le mani su Daisy e Demian avrebbe fatto di peggio, ma… Ma ai
suoi
occhi di bambina innamorata di suo padre era così assurdo
pensare
che esistessero figlie che non apprezzavano il loro papà.
Deglutì.
“Sei seria?”.
“Ti
pare che possa scherzare? Ti sembra che lui ti abbia presa per
portarti in vacanza?”.
“No…
Ma è tuo padre ed è uno che a guardarlo fa anche
un po’ paura.
Perché dovresti cacciarti nei guai con lui?”.
Quella
domanda fece tremare Odalyn perché in effetti aveva agito
d’impulso
pur conoscendo la pericolosità delle sue azioni e
inconsciamente non
aveva mai voluto pensare alle conseguenze con suo padre. Era vero,
lui faceva paura, da sempre si era sentita intimorita con lui e i
suoi modi bruschi nei paraggi. Non le aveva mai negato nessun vizio o
capriccio ma era stato sempre avaro di affetto e gesti gentili. Forse
era per questo, per essersi sentita considerata solo come mezzo per i
suoi piani di governo che aveva scelto di ribellarsi, di dire no, di
fargli vedere che era una persona con pensieri e sentimenti e non un
oggetto da usare e riporre a piacimento. Non era stato un gesto del
tutto disinteressato e guardandosi dentro si rese conto che
ribellarsi non era stato solo un gesto gentile e altruista verso i
Poldark ma piuttosto un qualcosa fatto per rivendicare se stessa
davanti agli occhi di suo padre. Aveva fatto qualcosa di
spregiudicato e pericoloso, in fondo non era diversa da lui e dalla
sua indole in un certo senso, ma sicuramente, a differenza di lui,
aveva una morale. Stranamente stava dimostrando di averla tradendo il
sangue del suo sangue ma il fine mica giustifica i mezzi?
“Non ha
importanza che lui sia mio padre e inoltre non sono affari tuoi. E
ora non voglio pensarci!”.
Clowance
parve interdetta. Fuori aveva preso a piovere più forte e il
buio
della notte si era fatto più minaccioso. Abbassò
quindi lo sguardo
capendo di essere stata impertintente. “D’accordo,
non sono
affari miei, scusa. E grazie”.
Odalyn
sussultò. “Grazie?”.
Clowance
arrossì. “Beh, sì. Mi hai liberata e io
non ti ho ancora
ringraziata per questo. Sai, mi sono cacciata nei guai
perché ho
disubbidito e tuo padre mi ha…”.
La
bambina si bloccò e Odalyn finì la frase per lei,
chiudendo
bruscamente quel momento di imbarazzo che non aveva motivo di
esistere in Clowance. Erano entrambe due fuggitive nei guai, che
avevano disubbidito ai genitori e si erano ribellate alle loro
regole, non aveva certo senso fare le timide. “Lui ti ha
rapita,
non dovrebbe essere difficile per te dirlo a voce alta. Non mi
offendo, sai? Io so che mio padre vuole qualcosa dalla tua famiglia e
so anche che è un uomo senza scrupoli, in Norvegia molti lo
temono e
il nostro re si fida di lui non certo per il suo buon cuore. Non so
cosa voglia da voi Poldark ma credo, la nonna mi ha
insegnato… che
si deve chiedere, non prendere con la forza”.
Clowance
rimase stupita per la freddezza e la schiettezza di quella ragazza.
Non doveva essere facile per nessuno parlare del proprio padre in
quel modo, anche se era un mostro, e questo le faceva apprezzare la
sua compagnia e la sua persona. “Io so cosa vuole da noi ma
anche
se chiedesse, mio padre non glielo darebbe mai”.
“Puoi
dirmi cos’è?” – chiese Odalyn,
curiosa sul serio di tutti quei
segreti e stupita dall’ammissione della bambina.
“In
realtà non potrei…”. Clowance parve in
difficoltà, era evidente
che si sentisse in debito e in colpa per non poter essere
più
sincera ma il segreto della loro famiglia circa i gemelli doveva
rimanere tale in qualsiasi caso. Ma doveva essere
così anche
con la sua salvatrice? “Sai, credo che mia mamma o mia
papà
potrebbero dirtelo, se vogliono e pensano che sia giusto. In fondo mi
hai tirata fuori dai guai e se andiamo a casa
mia…”.
Odalyn
la bloccò. “Non farti illusioni, non è
così facile! I tuoi
genitori sono spariti assieme ai tuoi fratelli e casa tua è
deserta”.
“Cosa?”
– sussultò Clowance, ora davvero spaventata.
“E ora?”.
Odalyn
sospirò. “Ora dobbiamo stare attente a come ci
muoviamo o gli
uomini di mio padre ci troveranno e allora non potrà
più aiutarci
nessuno”.
Clowance
scosse la testa, ancora sconvolta. “Mio padre e mia madre non
possono essere spariti senza di me. Non mi abbandonerebbero
mai!”.
Alzò
la voce e Odalyn le mise la mano sulla bocca. “Shhh stupida!
Non
urlare! Lo hai capito che dobbiamo stare nascoste e che non dobbiamo
farci trovare?”.
Con
gli occhi lucidi, Clowance si trovò immobilizzata fra Odalyn
e il
muro. Annuì e solo allora la ragazza ritrasse la mano.
“Scusa”.
Dopo
averle riservato una occhiataccia, Odalyn si rilassò.
“Non farlo
più. E comunque non ho detto che i tuoi famigliari sono
scappati, ho
solo detto che la tua casa è vuota. Sicuramente, dopo la tua
sparizione, tuo padre ha messo al sicuro tua madre e i tuoi fratelli
e ora ti sta cercando”.
Le
parole di Odalyn tranquillizzarono Clowance. Aveva senso, di certo
era così, nessuno della sua famiglia avrebbe mai potuto
abbandonarla e immaginava già suo padre nero di
rabbia che
cercava lei e il modo di far pagare ad Haakon quanto fatto. Ma questo
non si sentì di dirlo a Odalyn…
“Sì… Ma ora, io e te? Che
facciamo se non sappiamo come raggiungere chi può
aiutarci?”.
Odalyn
si morse il labbro. “Non conosci nessuno che possa darci una
mano?”.
“Non
sono di Londra. A casa ne conoscerei tante di persone, in Cornovaglia
tutti ci sono amici. Ma qui…”.
“Eppure
tuo padre è un parlamentare e secondo me anche qualcosa di
più
visto il modo in cui lo considera mio padre… Sicura che non
c’è
nessuno che possa aiutarci?”.
Clowance
sospirò. Sicuramente suo padre conosceva molte persone ma
lei al
momento sentiva la sua mente vuota e stanca. Chi c’era a
Londra che
potesse aiutarle? Caroline e Dwight, certo, ma davvero potevano
andare da loro col rischio di metterli nei guai? Dove potevano
essersi nascosti i suoi famigliari? Il Governo stava aiutandoli?
Certo, il suo papà conosceva persone importanti che potevano
proteggere tutti loro ma chi… ma di chi potevano fidarsi lei
ed
Odalyn per chiedere aiuto senza combinare guai e farsi scoprire?...
“Jones…”
– esclamò dopo alcuni istanti, come colta da
improvvisa
ispirazione.
“Cosa?”.
Clowance
scattò in piedi. “Jones, certo! Lui so di sicuro
che è uno di cui
mio padre si fida, viene spesso a casa mia ed è quello
giusto…”.
Odalyn
sospirò. “Come fai a saperlo?”.
Ovviamente
Clowance non poteva raccontarle che Jones era il compagno di
avventure da spia di suo padre e il suo più fidato
collaboratore ma
lui era perfetto. “Lo so e basta!”.
“Vive
lontano questo Jones?”.
“Vicino
a Regent’s Park! Papà mi ci ha portato un giorno a
cavallo appena
arrivate qui. Lo abbiamo visto davanti casa e ci siamo fermati a
parlare”.
Regent’s
Park? Beh, non era vicinissimo ma nemmeno lontano! “Dobbiamo
andarci subito e chiedere il suo aiuto se sei sicura sul suo
conto!”.
“Sono
sicura!”.
Odalyn
si alzò in piedi. “Dobbiamo stare attente. Io
direi di aspettare
la mattina. Ora ce ne staremo qui nascoste, non
c’è in giro
nessuno e se come penso, gli uomini di mio padre ci stanno
già
cercando, non passeremmo inosservate. Al mattino, fra la gente, ci
mischieremmo meglio”. Era un azzardo, Odalyn sapeva di non
avere la
certezza che fossero già alla loro ricerca e che aspettare
il
mattino avrebbe dato rischi in più ma ogni scelta che
avrebbero
preso ne comportava. Quanto meno al mattino, se qualcuno avesse
tentato di prenderle con la forza, avrebbero potuto urlare per
attirare l’attenzione dei passanti…
“Sicura?”.
“Sì,
credo…”.
Clowance
si rimise allora a sedere, nascondendosi sotto al fieno anche per
ripararsi dal freddo. “Lo hai davvero fatto solo a causa di
tuo
padre?” – chiese infine, giusto per far passare il
tempo e fare
conversazione.
“Cosa?”.
“Salvarmi”.
Odalyn,
a quella domanda, inaspettatamente arrossì. E a Clowance non
sfuggì
la cosa…
“Ohhh,
lo hai fatto anche per farti bella agli occhi di mio fratello
allora!” – disse, con fare birichino.
Di
tutta risposta, ancora più imbarazzata, Odalyn le
tirò in faccia
della paglia. “Se non stai zitta, ti riporto da mio
padre!”.
Clowance
rise. “Ohoh, ci ho proprio preso!”.
“Per
niente!” – sbottò la norvegese.
“E comunque…”.
“Cosa?”.
Odalyn
si fece seria, decisa sia a cambiare discorso sia a togliersi una
curiosità che le parole di poco prima di Clowance avevano
risvegliato in lei. “Davvero i tuoi genitori potrebbero
decidere di
fidarsi e raccontarmi il vostro segreto?”. Lo chiese, avrebbe
voluto chiedere se anche Jeremy avrebbe potuto fare altrettanto e le
sarebbe piaciuto che qualcuno credesse in lei e si fidasse. Anche se
si trattava di perfetti sconosciuti…
Clowance
annuì e tornò seria. “Sta a loro,
è una cosa importante e io so
tenere i segreti. Ma loro capiranno se ne vale la pena”.
“Vuoi
dire che capiscono chi è nemico e chi no senza
l’uso di spie?”.
Suo padre non muoveva un passo prima di aver sguinzagliato spie che
gli riportassero ogni cosa. Era nella sua natura non fidarsi ed
essere sospettoso e da quel momento in poi avrebbe sospettato pure di
lei. Non sapeva se esserne spaventata o elettrizzata…
Clowance
sorrise. “Sì, hanno buon occhio. Soprattutto la
mamma”.
…
Se
quella notte si stava dimostrando insonne per due ragazzine, lo
stesso si poteva dire per i loro genitori. Il cuore di ognuno era in
tumulto, anche se per motivi diversi…
Haakon
aveva scoperto di essere vulnerabile e che i nemici si potevano
nascondere sia fuori che dentro casa. La sua preziosa prigioniera era
sparita e dubitava che fossero stati ladri improvvisati a liberarla.
Anche sua figlia era sparita e anche nel suo caso dubitava che si
trattasse di ladri o rapitori. La ragazzina era a letto ad inizio
trambusto ed era scomparsa proprio mentre nessuno faceva caso a lei,
durante un ipotetico tentativo di effrazione. Era stato Poldark che
era venuto a riprendersi la figlia e lo aveva punito rapendo a sua
volta Odalyn? Ne dubitava, era troppo ligio alla correttezza per
coinvolgere una ragazzina, era un idiota codardo che cercava
stupidamente di stare dalla parte del giusto invece che dalla parte
del più forte. Stupido uomo… E sciocca Odalyn.
Forse non c’entrava
nulla ma spezzando una matita e lanciandola nel camino, decise che
nel caso, la sua punizione sarebbe stata tremenda. Era ora che sua
figlia capisse chi comandava e a chi doveva sottostare. E che cercare
di fare la furba con uno più furbo di lei non le avrebbe
portato
nulla di nuovo. Voleva trovarla ma era per rabbia e di certo la
preoccupazione era l’ultimo dei sentimenti che provava. Si
sentiva,
per la prima volta, preso in giro. Da sua figlia per giunta! Odiava
perdere e odiava non avere avuto il controllo della situazione.
Doveva aspettarselo che una adolescente poteva essere volubile ma che
Odalyn lo tradisse, MAI se lo sarebbe aspettato! Anche se la
conosceva poco e in passato, quando era troppo piccola per servire a
qualcosa, l'aveva sempre affidata a tate e alla nonna e quindi non si
era mai soffermato sulla sua indole. Ma mai avrebbe creduto che,
ordinandole di sedurre il giovane Poldark, avrebbe finito col farsi
sedurre da lui. Non sarebbe più successo e se Odalyn era
colpevole
della liberazione di Clowance Poldark, le avrebbe fatto capire ben
presto che una cosa del genere non avrebbe mai dovuto farla. E di
certo non si sarebbe ripetuta...
Ben
diversa era la preoccupazione
che invece attanagliava Demelza nel suo letto, mentre si stringeva a
Demian e Bella che le erano sgattaiolati vicini approfittando
dell’assenza del papà. Amavano le calde braccia
della madre e
percepivano la sua preoccupazione. Cercavano di starle vicino come
sapevano fare, così come Jeremy cercava di farla ridere con
delle
battute o stringendole la mano o Daisy facendo capriole e
raccontandole barzellette da osteria imparate da Tholly. Ma voleva
sua figlia Clowance a casa. Lei e Ross, in missione con Jones per
trovarla. Si accarezzò il ventre ancora poco gonfio,
cullando
l’effimera illusione di poter avere il totale controllo sulla
sicurezza di almeno uno dei suoi bambini. Per il momento,
certo… Ma
un pensiero positivo era tutto ciò di cui aveva bisogno per
non
affondare.
Ross
invece si muoveva nella nebbia assieme a Jones come era spesso
successo in passato. Era la motivazione che però ora era
diversa ed
era estremamente personale: sua figlia.
Ne
aveva già persa una e mai avrebbe permesso che succedesse
ancora,
mai, MAI avrebbe rivissuto lo strazio che lo aveva quasi inghiottito
quando era morta Julia. Doveva salvare sua figlia, stavolta lo
avrebbe fatto come non aveva potuto anni prima con la sua
primogenita. Per Clowance, per Demelza, per i suoi fratelli e per
lui. Perché in caso contrario, ne sarebbe impazzito
stavolta… Lui
era suo padre e a lui spettava proteggere Clowance, anche a costo
della vita, a lui spettava salvaguardare il sorriso bello di Demelza,
la sua voglia di vivere e il futuro dei suoi figli e lo avrebbe fatto
a ogni costo.
La
rabbia a volte sembrava sopraffarlo ma si imponeva di non farle
prendere il sopravvento facendogli perdere lucidità. Quindi
era una
rabbia sorda quella che lo animava e forse proprio per questo, per
Haakon, era più pericolosa. Ma muovendosi fra i vicoli di
Londra
alla ricerca di indizi, spesso aveva iniziato a chiedersi quanto
valesse la pena desiderare vendetta. Un tempo l’avrebbe
pretesa ma
ora voleva solo riabbracciare Clowance per portarla in salvo, al
resto ci avrebbero pensato Jones e Wickman. E anche se non lo aveva
chiesto, era piuttosto certo che un pensiero e un piano
d’azione lo
avessero già fatto perché erano entrambi
estremamente bravi a
ordire trame nascoste. In un certo senso, pensandoci bene, entrambi
si muovevano con la stessa spregiudicatezza di Haakon e come lui
progettavano e agivano.
“Lo
uccidi tu o lo uccido io?” – chiese Jones mentre
spiavano la casa
di Haakon dalla stanza presa in affitto in una locanda vicina dove
erano arrivati solo pochi minuti prima, perdendosi per una manciata
di ore il trambusto che poteva portarli subito a risolvere il
rapimento di Clowance.
Cupo
in volto, Ross annuì. ‘Io’ avrebbe
voluto urlare. Ma gli uscì
solo un mogio “Vedremo cosa succederà dopo aver
salvato Clowance”.
Jones
strinse i pugni. “Mi lasci il divertimento,
quindi?”.
“Vuoi
creare una frattura con la delegazione norvegese? Wickman non ci ha
raccomandato prudenza?”.
Jones
scoppiò a ridere. “Prudenza? Certo, prudenza per
come la
intendiamo noi…”.
Ross
abbassò lo sguardo e decise di non voler sapere.
“Non essere
idiota”.
Jones
divenne serio. “Idiota? In realtà voglio solo dare
una spintarella
al naturale corso degli eventi con la benedizione di chi di
dovere”.
Spintarella?
Ross decise che non voleva saperne di più. Lo conosceva
piuttosto
bene e sapeva che Jones, se parlava così, era
perché un piano lo
aveva già in mente. E visto come scalpitava, gli doveva
piacere
anche molto…
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