12 When Fates
Ogni
riferimento a fatti realmente accaduti, cose, luoghi, persone e
organizzazioni realmente esistenti è puramente casuale.
12.
When
Fates...
Si
recarono entrambe alle scuderie. La carrozza che aveva portato fino a
lì Carlotta era stata utilizzata per condurre César in
ospedale e la mora non aveva intenzione di ritardare ulteriormente il
proprio rientro attendendone un'altra dalla tenuta, il Commissario le
aveva fatto perdere già troppo tempo.
Sotto
lo sguardo sconvolto dei gendarmi e di uno degli stallieri, che le
aveva portato un cavallo, eseguendo i suoi ordini, la Viscontessa
salì in sella con estrema disinvoltura, nonostante l'abito da
sera e, salutata l'amica con un cenno della mano, spronò il
destriero al galoppo, con la promessa di restituirlo il giorno
seguente.
Carlotta
cavalcò il più velocemente possibile, voleva
assolutamente parlare con Mercier quella notte stessa e fugare ogni
dubbio.
Christine,
raggiunta la sua camera, controllò che non ci fosse nessuno
dietro le tende e perfino sotto al letto, prima ancora di chiudere la
porta.
-Ho
notato cose interessanti, questa sera, osservando te e la
Viscontessa.- La voce di Madame Giry la colse alle spalle,
dall'ingresso della camera, facendola sussultare e voltare di scatto.
-Vi
prendete troppe libertà.- La ragazza aveva già un
Diavolo per capello, preoccupata per Carlotta, in più, la
tutrice non aveva bussato e l'aveva apostrofata in modo fin troppo
arrogante.
-Davvero?-
Era ancora sotto la sua custodia e, come insegnante, poteva disporne
l'allontanamento dal convitto in qualunque momento, adducendo motivi
disciplinari.
-Non
avete motivo di trovarvi in camera mia.- Mancavano poche settimane al
compimento della sua maggiore età, ragion per cui trovava
insensati gli stretti controlli di Madame.
La
donna fece qualche passo nella stanza, passando le dita sulla
toeletta e controllando se ci fosse polvere, sfregando poi i
polpastrelli tra loro -Ho visto come la guardavi, durante la
rappresentazione-
-Chi?-
Christine finse di non capire, non voleva confermare i suoi dubbi.
-César
darebbe qualsiasi cosa, per essere guardato così.-
-Non
capisco a cosa vi riferiate.- Si stava spazientendo sempre di più.
-Pare
che io abbia fatto leva sul Visconte sbagliato.-
-Cosa
state insinuando?-
-Tu e
la Viscontessa... Non è semplice amicizia, vero?- Era una
domanda retorica per l'insegnante, i loro sguardi non erano
fraintendibili.
-Vi
state sbagliando. Cosa volete?- Cercò di sviare il discorso.
-Stai
intralciando i miei piani.-
-Non so
di cosa stiate parlando, ma i vostri piani non mi riguardano.-
-Attenta
a come parli, mocciosa!- La donna la raggiunse e l'afferrò per
il mento, costringendola a guardarla negli occhi -E' lei che ti ha
fatta rapire?-
-Siete
impazzita?!-
-Rispondi!-
La schiaffeggiò, facendola cadere a terra.
-Che
succede qui?- Il Capomastro si affacciò nella stanza, aveva
sentito rumore dal corridoio.
-Niente,
Joseph.- Rispose l'insegnante, con freddezza, mentre abbassava
immediatamente il tono.
Christine
si portò una mano alla guancia, sconvolta, Mère non
l'aveva mai trattata così.
-E'
pieno di gendarmi, se dovete chiarirvi sarebbe meglio che lo facciate
conversando.-
-Sì,
hai ragione.- La donna tornò sui suoi passi, passando accanto
all'uomo, che la seguì fuori dalla stanza della cantante.
La
bionda si rialzò, piena di rabbia e sconcerto, ma non solo per
il trattamento riservatole. Come poteva Mère aver capito
tutto? E, cosa che l'aveva lasciata ancora più esterrefatta,
da quando dava del tu a Monsieur Bouquet? E soprattutto: cosa ci
faceva lui lì? Gli uomini avevano un'ala riservata, sul lato
opposto del palazzo.
Raggiunse
la porta e la chiuse subito a chiave, prima di bagnare un fazzoletto
nell'acqua fresca del catino sulla toeletta e posarlo sulla guancia,
per evitare che si arrossasse eccessivamente. Mai come in quel
momento desiderò andarsene immediatamente.
Carlotta
arrivò alla tenuta in un galoppo sfrenato. Il valletto che
attendeva il loro ritorno dall'Operà quasi non fece in tempo
ad aprire il cancello, la Viscontessa lo attraversò appena ci
fu lo spazio minimo indispensabile, senza fermarsi, diretta a spron
battuto alla scuderia.
Scese
da cavallo e subito cercò Mercier nelle stalle, sussurrando
più volte il suo nome nel buio, sperando che la stesse
aspettando. Non trovandolo, sistemò rapidamente il cavallo in
uno degli stalli vuoti e andò a casa del ragazzo, poco
distante dalle scuderie.
Fece il
giro della costruzione, ma dalla finestra della camera dell'amico non
si vedeva nessuna luce. Corrugò la fronte, preoccupata. Altre
volte si era arrampicata di nascosto, ma indossava vesti decisamente
più funzionali che non quell'abito da sera.
Avrebbe
provato a bussare piano, se Mercier fosse stato sveglio l'avrebbe
sentita comunque e forse non avrebbe disturbato i suoi genitori.
Colpì
delicatamente la porta con la mano guantata e subito la maniglia si
abbassò e l'uscio si aprì, come sperato.
-Merc...-
Si interruppe e il sorriso di sollievo che aveva sul volto si spense,
quando vide che era la madre del ragazzo e non lui -Buonasera Madame
Durand, perdonate la mia scortesia, non intendevo disturbare.-
La
donna ebbe qualche secondo di stupore, non si aspettava che alla
porta ci fosse Carlotta -Non disturbate affatto Viscontessa, come
posso aiutarvi?- Si strinse nello scialle, avvertendo l'aria fresca
della notte.
-Avrei
bisogno di parlare con Mercier.-
-Non
abita più qui, ha trovato lavoro presso il teatro e si è
trasferito due giorni fa. Doveva esibirsi stasera, lo avete visto?-
Chiese apprensiva -Sono così agitata da non riuscire a
dormire.-
-Sì,
l'ho visto.- Rispose la Viscontessa. Era sconcertata, Mercier stava
mentendo anche alla propria famiglia, non c'erano state nuove
assunzioni in quei mesi.
Il
volto di Irènée, questo era il nome della madre,
contratto nella preoccupazione, la intenerì -Gli occhi di
tutti erano puntati su di lui.- Cercò di rassicurarla come
meglio poté e l'espressione della donna si tramutò in
un timido sorriso -Perdonatemi, volete entrare? Non è di certo
caldo qui fuori.-
-Grazie,
ma non era mia intenzione disturbarvi dal principio.-
-Spero
che passi domani, e che mi racconti.- La donna abbassò lo
sguardo -Gli dirò che lo avete cercato.-
-Vi
ringrazio.- Notò che la sua interlocutrice sembrava percorsa
da molti pensieri -Perdonatemi l'ardire, c'è qualcosa che vi
preoccupa?- Poteva essere solo il nervosismo per lo spettacolo?
La
donna annuì. Non osava chiedere, ma in realtà aveva
molte domande da rivolgerle.
-Ditemi,
vi prego.- Non le sarebbe piaciuto vedere sua madre così
preoccupata.
-Entrate
Viscontessa, casa nostra è molto umile, ma non vorrei vi
prendeste un malanno.-
Sedute
al tavolo, nell'unica stanza al pianterreno della casa, Irènée
cercava di trovare il coraggio per rivolgersi alla nobile. La
conosceva da quando era bambina, ma non avevano mai parlato in quel
modo.
-Voi
sapete cosa sta succedendo a mio figlio?- Era a conoscenza della loro
amicizia, li aveva tenuti d'occhio un'infinità di volte mentre
giocavano, da piccoli, e Mercier parlava spesso di lei.
-Non
credo di sapere tutto, Madame.- L'etichetta non le imponeva di
rivolgersele a quel modo, essendo lei una comune cittadina e per di
più sua dipendente, ma il rispetto e l'affetto che aveva per
Irènée era tale da farglielo percepire come l'unico
corretto.
-Mercier
si confidava spesso con me, ma in questi ultimi mesi è
diventato silenzioso e brusco e ancora più irritabile del
solito.- Disse la donna.
-Posso
dirle che abbiamo avuto una discussione, circa sei mesi fa.- Carlotta
abbassò lo sguardo, colpevole -Gli ho chiesto di aiutarmi in
un progetto per me estremamente importante e, quando è
successo qualcosa di inaspettato, ho purtroppo, ingiustamente,
dubitato di lui.-
Irènée
fece vagare lo sguardo per la stanza, riflettendo.
-Gli ho
spiegato che il mio era solamente un dubbio superficiale, sapevo in
cuor mio che lui non era responsabile, ma ho avuto bisogno di
sentirlo dire dalla sua voce e questo lo ha profondamente
offeso. Mi sono scusata numerose volte, ma non ha voluto perdonarmi.-
La
donna annuì -Questo mi aiuta, vi ringrazio.-
-Io non
riesco a comprendere il suo comportamento, invece. Mi appare
esagerato come reazione alla nostra incomprensione.- Replicò
Carlotta - Madame, vi chiedo sinceramente: ritenete che io sia in un
simile torto da dover accettare la sua decisione di evitarmi, o posso
sperare di meritare ancora la sua amicizia, prima o poi?-
-Non
ritengo che la vostra colpa sia così grave, Viscontessa, ma
Mercier è sempre stato impulsivo e orgoglioso e da molto
tempo, ormai, è gravato da numerosi pesi che hanno incupito il
suo animo. Probabilmente è stato l'insieme di circostanze ad
influire così duramente sulla sua decisione.-
-Potrei
chiedervi quali? Non siete obbligata a rispondere, sono consapevole
della mia sfacciataggine nel domandarvelo.-
-Credo
vi abbia parlato dello scioglimento della sua piccola compagnia
teatrale.-
-Sì,
certo.-
-Questo
lo ha molto abbattuto, spesso me ne parlava, anche di recente. Temeva
di non essere capace, visto che era già la seconda volta che
accadeva.-
-Capisco.-
Era passato quasi un anno dall'ultima volta che gliene aveva parlato,
non pensava che lo avesse turbato tanto.
-Poi,
c'era una ragazza, non mi ha mai rivelato il suo nome, di cui era
innamorato da anni.- Aggiunse la donna e Carlotta abbassò lo
sguardo, sentendosi a disagio -Un giorno è venuto a casa
piangendo, letteralmente sconvolto, dicendomi che si era dichiarato e
che era stato respinto. Diverse volte gli ho consigliato di non
vederla più, ma lui insisteva, dicendo che comunque teneva a
lei e si sarebbe sforzato di rimanerle amico, di riguadagnare la sua
fiducia.-
Carlotta
era molto sorpresa, con lei si era mostrato sempre tranquillo e
sereno, non aveva idea che il ragazzo stesse provando così
tanto dolore. Si sentì terribilmente in colpa e gli occhi le
divennero lucidi: perché Mercier non glielo aveva detto?
Perché non si era preso del tempo, come aveva suggerito?
Questo però aggiungeva qualcosa in più al quadro.
Dopo tutti i suoi sforzi lei aveva dubitato ancora di lui, per giunta
sull'evento gravissimo quale era stato l'omicidio di Mademoiselle
Sorelli. Comprensibile che avesse rinunciato una volta per tutte a
rimanerle accanto.
La
madre interruppe il suo ragionamento -Per un periodo sembrava essersi
ripreso, diceva che forse aveva trovato una cantante formidabile e
che avrebbe potuto creare una nuova compagnia...Ma poi non me ne ha
più parlato, anzi, non mi ha più parlato di nulla dopo
la discussione con voi, ed è tornato ad essere triste, in un
modo che non avevo mai visto.- Sentendo le sue stesse parole, ad
Irènée venne il dubbio che, forse, la cantante su cui
puntava il suo Mercier potesse essere Carlotta. La donna rifiutò
il pensiero, anche se erano cresciuti assieme la Viscontessa non
avrebbe mai lasciato tutto per un futuro incerto da artista e César
si sarebbe senza dubbio opposto. Si stava certamente sbagliando -Suo
padre vuole che resti qui, alla tenuta, ma Mercier non è fatto
per questo tipo di vita, è sempre stato curioso, intelligente
e scavezzacollo e mi ha confidato più di una volta che restare
qui lo faceva sentire in gabbia... Spero che a teatro riesca a
trovare la sua strada, ho sempre pensato che fosse un bravo attore e
che un giorno sarebbe riuscito ad avere successo.- Irènée
sbatté rapidamente le palpebre per asciugare gli occhi,
diventati lucidi. -Meriterebbe un po' di felicità,
quest'ultimo anno è stato molto difficile per lui.-
-Io non
sapevo tutte queste cose, con me non si è mai confidato
tanto.- Disse Carlotta, dispiaciuta e confusa.
-Vi
prego di non riferirgli di questo nostro incontro, si arrabbierebbe
molto.-
-Certo
che no Madame, manterrò l'assoluto riserbo.- La Viscontessa si
alzò dalla sedia, aveva molte cose su cui riflettere. Sarebbe
tornata immediatamente a teatro, ma i gendarmi di guardia erano
attorno a tutto il perimetro e se, notandola, l'avessero inseguita,
avrebbero scoperto i passaggi segreti, e sarebbe stato in pericolo
anche Mercier, sempre ammesso che si trovasse ancora lì e che
non fosse in qualche pensione nelle vicinanze, o a casa di un
conoscente. Il mattino seguente avrebbe potuto andarci ufficialmente,
senza far correre rischi inutili a nessuno ed avendo la possibilità
di cercarlo e magari di parlargli. Mancavano poche ore all'alba,
ormai.
Salutò
Irènée e tornò alle stalle, per togliere cavezza
e sella al cavallo che aveva preso in prestito, prima di tornare a
casa.
Chiusa
nella sua stanza, seduta sul letto, dopo aver glissato una
sconcertata Bernìce, che voleva informazioni di prima mano su
quanto successo a César, cercò di pensare, di capire,
cosa poteva star passando per la testa di Mercier.
Si
sentiva in colpa per aver causato tutta quella sofferenza all'amico,
ma non poteva certo fingere di amarlo, sarebbe stato forse ancora più
crudele. Avrebbe voluto però accorgersi del dolore che stava
provando, in modo da poterlo aiutare. Si chiedeva se era stato lui
bravo a fingere o lei, completamente cieca alla sua sofferenza perché
concentrata su sé stessa, come sempre.
Eppure...Eppure,
ripensando ai momenti immediatamente successivi al suo rifiuto lui
era calmo, l'aveva attesa alle scuderie, era andato a cercarla quando
aveva tardato...Niente nel suo comportamento lasciava intendere cosa
stesse realmente provando. Certo, orgoglioso com'era sarebbe stato
impossibile pretendere che ne parlasse apertamente, ma non aveva
notato niente di diverso in lui. Lei aveva provato ad allontanarsi, a
limitare i contatti, ma non aveva avvertito nessun riserbo
particolare nei modi del ragazzo. Dispiaciuta, sospirò.
Mercier si era impegnato veramente molto a nascondere il suo
turbamento. Così come successo per la sua vecchia compagnia.
Lui gliene aveva parlato un paio di volte, ma aveva a malapena
accennato ai suoi dubbi sulla creazione di una nuova e mai le aveva
parlato del suo timore di non essere capace.
Tutto
questo la turbava profondamente. Era convinta di conoscerlo molto di
più, che si confidassero entrambi alla stessa maniera. Era
convinta di sapere tutto di lui, ma scopriva, invece, che la loro
amicizia, per lui, era molto meno profonda. Non riusciva però
a capire dove avesse sbagliato, se mai avesse sbagliato. D'altro
canto, se sua madre fosse stata ancora viva, probabilmente anche lei
si sarebbe confidata meno con il ragazzo.
Lei non
sapeva come stavano le cose e non poteva certo immaginare che un
semplice scrupolo sarebbe stata la goccia che avrebbe fatto
traboccare il proverbiale vaso.
Probabilmente
il suo entusiasmo per una "cantante formidabile" ed una
nuova compagnia corrispondeva a quando avevano deciso di organizzare
la loro fuga in Inghilterra, ma il piano sarebbe stato ancora quello,
se non fosse stato lui a tirarsi indietro, anzi, si sarebbe unita
anche Christine e sarebbe stato ancora più facile avere
successo. Eppure, sembrava aver abbandonato il pensiero prima ancora
della loro discussione, se aveva ben compreso le parole di Irènée.
Cosa era successo? Cosa gli aveva fatto cambiare idea? Forse il suo
temporeggiare, per occuparsi della situazione della Diva, lo aveva
fatto dubitare della sua convinzione di partire?
Se lo
avesse incontrato, l'indomani, cosa avrebbe potuto dirgli? Aveva
promesso ad Irènée di non riferire nulla del loro
incontro, e comunque, questo non l'avrebbe aiutata. Si era scusata
diverse volte, per lettera e di persona, ma il ragazzo o la ignorava
o si allontanava infastidito ogni volta che sollevava l'argomento.
Avrebbe
voluto sapere tutto, capire perché si stava comportando a quel
modo. Ce l'aveva così tanto con lei da volerle fare del male?
Oppure voleva rivalersi su Christine? Ma in quale modo? Non aveva
motivo di far mettere in scena il "Don Juan". Se non fosse
comparso al gala la programmazione della stagione sarebbe avanzata
comunque, se il suo intento era intervenire durante le prove.
Perché
fare così, esponendosi inutilmente?
Nonostante
la chiacchierata con la madre le avesse dato qualche informazione in
più, il suo comportamento rimaneva misterioso.
Il
mattino seguente, César fu dimesso.
La
ferita più grave era quella inferta al suo orgoglio, che non
al suo fisico e insisté per conferire immediatamente con il
Commissario e, mentre loro erano occupati, Carlotta decise di uscire,
adducendo a delle commissioni, frivole agli occhi del padre.
Al
cocchiere chiese di portare con loro anche il cavallo che aveva preso
in prestito la sera prima, così avrebbe avuto un valido motivo
per fermarsi a teatro.
Giunti
davanti all'edificio, vide che c'era parecchia folla davanti
all'ingresso. I giornalisti questa volta non erano intenzionati a
lasciarsi sfuggire la notizia. Un nobile era stato ferito e tutta
l'aristocrazia di Parigi aveva assistito alla sconcertante comparsa
di un malvivente mascherato, era impossibile non scrivervi un
articolo, anche se i gendarmi impedivano l'accesso a chiunque.
Disse
al vetturino di dirigersi direttamente alle scuderie, sarebbe entrata
da lì.
Passati
i controlli dei gendarmi, che non insistettero particolarmente,
riconoscendola, si diresse immediatamente nello studio di suo padre,
chiuse a chiave la porta, dopo aver congedato Rémy, e fece
scattare il meccanismo nascosto dietro a una delle pesanti
librerie, rivelando uno degli accessi segreti ai corridoi.
Facendo
attenzione a non sporcare l'abito e senza una lanterna, cosa che la
rallentò parecchio, scese fino ai camerini, dove ritrovò
i vestiti e la lampada che era solita usare durante le sue ispezioni.
Si cambiò rapidamente e scese fino al canale, raggiungendo poi
la spiaggia.
Sembrava
non esserci nessuno, le torce e le candele erano spente e niente
pareva cambiato dall'ultima volta che era stata lì.
-Mercier?-
Chiamò ad alta voce, nella semioscurità, sperando in
una risposta che non arrivò.
Demoralizzata,
raggiunse il vecchio scrittoio e aprì il cassetto, sapeva già
cosa l'attendeva e infatti non fu sorpresa di trovarlo vuoto. Mercier
aveva preso tutti i suoi spartiti, non solo quelli del "Don
Juan".
Si
guardò attorno meglio e si accorse che le lenzuola non erano
impolverate, come dovevano essere se in disuso da mesi, e che alcune
candele erano quasi nuove. Era perlomeno passato di lì.
Controllò
l'interno dell'armadio, ma non trovò altro se non i vecchi
stracci tarlati che c'erano sempre stati. Se Mercier aveva raccontato
di essersi trasferito, avrebbe dovuto lasciare casa con una valigia,
o almeno una sacca con i suoi vestiti.
Non
trovare le cose del ragazzo le mise addosso un senso di inquietudine
enorme, come se si ritrovasse ad aver a che fare davvero con un
fantasma, che non aveva più niente in sé dell'amico e
del fratello che conosceva.
Avrebbe
voluto controllare ogni corridoio palmo a palmo, ma erano così
intricati e così estesi che non l'avrebbe mai trovato, anche
seguendone le tracce, a meno che non fosse stato lui a volerlo.
Tornò
allo scrittoio e prese un pezzo di carta, poi scrisse un breve
messaggio:
"Ti
prego torna a casa, tua madre ed io siamo molto preoccupate."
C.
Se
anche l'avesse letto qualcuno che non doveva, non sarebbe riuscito a
trarre nessuna conclusione sull'identità del destinatario, né
tantomeno del mittente.
Prese
il biglietto e lo agitò, per asciugare rapidamente
l'inchiostro, prima di posarlo sul cuscino. Scrittoio e tavoli erano
coperti di polvere, non sembravano essere stati usati, le lenzuola,
invece, erano pulite e sperava che Mercier trovasse il messaggio,
rientrando al più tardi quella sera.
Risalì
sulla barca e tornò sui suoi passi, fermandosi ad ascoltare
ogni minimo scricchiolio, nella speranza che fosse Mercier. Chiamò
anche il suo nome più volte, nei punti dove era sicura che
nessuno dei dipendenti l'avrebbe sentita attraverso le mura, ma non
ottenne risposta.
Recuperò
l'abito che aveva lasciato dietro lo specchio del camerino e tornò
in ufficio, controllando che non ci fossero rumori sospetti, prima di
uscire dal passaggio.
Richiuso
l'accesso sbloccò la porta e chiese a Rémy di convocare
Christine, le aveva promesso di aggiornarla, ma sarebbe risultato
esageratamente strano se fosse stata lei a recarsi in dormitorio e
non avrebbe saputo giustificare l'essere a conoscenza della sua
ubicazione.
Quando
Christine entrò, dopo aver bussato, Carlotta si accorse subito
che c'era qualcosa che non andava: la bionda, infatti, aveva
un'espressione terribile in volto.
-E'
successo qualcosa?- Chiese la mora preoccupata, alzandosi dallo
scrittoio e raggiungendola.
-Mére
sa di noi.- Rivelò.
-Come..?-
La guardò negli occhi, sorpresa, posando le mani sulle sue
spalle.
-Ha
detto di aver visto come ti guardavo durante la rappresentazione.-
Scosse il capo, distogliendo lo sguardo da quello della compagna,
incredula per la capacità di osservazione e l'istinto della
tutrice.
-Cosa
ti ha detto?-
-Ha
cercato di farmi confermare i suoi sospetti, ma non le ho retto il
gioco. Era estremamente arrabbiata, perché il mio interesse
per te, anziché per César, intralcia i suoi piani.-
-Ha
detto di cosa si tratta?- Pensavano da tempo, ormai, che Madame
puntasse a farle contrarre un matrimonio vantaggioso, ma sentirglielo
ammettere avrebbe dato loro qualche certezza, senza contare che
poteva trattarsi anche di altro.
-No, ma
era furiosa. Poi mi ha chiesto se eri stata tu a farmi rapire.-
Carlotta
si congelò per un breve istante, sorpresa che l'insegnante si
fosse avvicinata tanto alla realtà -E tu cosa hai detto?-
-Le ho
chiesto se era impazzita, poi è arrivato il Capomastro a
interromperci e sono andati via insieme.-
Carlotta
si allontanò da lei, cominciando a camminare per la stanza,
nervosa e pensierosa: quello, infatti, non era un problema di cui
avrebbe voluto occuparsi in quel momento.
-So che
è grave, ma sono altre le cose che mi hanno scioccata.-
-Dimmi.-
Carlotta si bloccò, tornando a concentrarsi su di lei.
-Mére
è una delle poche persone che mi ha sempre ritenuta innocente
per la morte di Mademoiselle Sorelli, ma quale motivo avrebbe di
pensare che l'omicidio e il mio rapimento siano stati perpetrati da
mani differenti? Ogni volta che parlavamo delle indagini ha sempre
sostenuto di non avere la minima idea su chi potesse essere il
colpevole, ma del rapimento sembrava quasi certa. Dubito che i nostri
sguardi possano averle dato una simile certezza su un avvenimento di
quasi un anno fa.-
-Sembrerebbe,
in effetti, sapere qualcosa più di noi.- Per la Viscontessa
questo era un ulteriore indizio che si sommava ai suoi sospetti
sull'insegnante.
-E poi,
il modo con cui ha parlato al Capomastro...In pubblico lo ha sempre
trattato con disprezzo, quasi dimostrando disgusto, ma ieri lo ha
chiamato per nome e gli ha perfino dato ragione, quando le ha fatto
notare che il trambusto che facevamo poteva richiamare i gendarmi.-
-Ed è
una cosa così irragionevole...?- Chiese Carlotta, all'oscuro
delle dinamiche interne al convitto.
-In
dieci anni che vivo qui non è mai successo. In più, non
ha detto nulla sulla sua presenza sul nostro piano, quando, essendo
uomo, non è autorizzato a metterci piede.-
La
Viscontessa annuì, continuando a riflettere, accigliata.
-Comincio
a pensare che Mére sia coinvolta nell'omicidio e che Bouquet
sia suo complice.- Aggiunse Christine.
-Lo
penso anche io, i continui litigi con Mademoiselle potrebbero essere
un movente. Se Madame sentiva la sua autorità all'interno
dell'Operà minacciata...-
-Non ho
mai pensato che Mére potesse essere capace di una cosa
simile.- Si sedette, profondamente scossa.
Carlotta
si piegò sulle ginocchia, accanto a lei, prendendole la mano
per confortarla -Parlerò di questo con il Commissario, che
controllerà approfonditamente. Se Madame è innocente
non avrà niente da temere.-
Christine
annuì, ma era preoccupata. Se la Danseur Étoile era
stata uccisa perché rappresentava una minaccia, allora Mère
avrebbe potuto fare lo stesso contro di lei, perché d'ostacolo
ai suoi progetti? Oppure poteva sperare di essere al sicuro, finché
avrebbe pensato che potesse esserle utile? C'era pur sempre anche la
possibilità che si stessero semplicemente sbagliando, o che
l'insegnante si fosse espressa male.
-La
faccenda si sta facendo fin troppo pericolosa, Christine! Se Madame
Giry fosse colpevole potrebbe passare dagli avvertimenti ai fatti
anche con te.- Carlotta cercò di mantenere un tono delicato,
ma non era possibile addolcire i suoi timori.
La
cantante annuì, le parole della Viscontessa ricalcavano i suoi
pensieri.
-Dovresti
lasciare l'Operà, come stavamo ipotizzando ieri.-
-Ci ho
pensato, stanotte, ma per prima cosa lascerei sola te… e non
si può dire che questo mi piaccia particolarmente. Poi, finché
non avrò compiuto diciotto anni le mie dimissioni dovrebbe
firmarle Mère...Se la mia presenza fosse d'intralcio mi
avrebbe già espulsa, questo significa che le servo ancora e
rifiuterebbe di lasciarmi andare e, per lo stesso motivo, se
scappassi, probabilmente mi farebbe cercare dalla Gendarmerie, senza
contare che il Commissario si insospettirebbe ancora di più ed
allora non basterebbe restare in incognito. Dovrei lasciare Parigi,
almeno.-
-Mancano
poche settimane.-
-Sì,
ma i sospetti perdurerebbero e tu saresti da sola comunque... Mi
chiedo se Mère, poi, non finirà col prendere di mira
te.- Allontanarsi dal teatro avrebbe solamente sconvolto gli
equilibri delle forze in campo, rendendoli ancora più
imprevedibili.
-Perdonami,
tutto questo è unicamente colpa mia.-
-Se tu
non avessi creato il Fantasma non mi sarebbe accaduto niente di
buono, Carlotta. Soprattutto quella sera.-
-Non
avrei mai voluto tutto questo, né mai avrei immaginato che
potesse accadere.-
-Lo so,
niente era prevedibile.- Le diede un piccolo bacio sulla fronte, per
rassicurarla, prima di chiedere: -Sei riuscita a parlare con
Mercier?-
Carlotta
abbassò lo sguardo -Purtroppo no. Non abita più alla
tenuta e ai genitori ha detto che è stato assunto qui, come
attore.-
-Come
hai fatto a scoprirlo?-
-Ho
parlato con sua madre, mi ha spiegato parecchie cose che non sapevo.-
-Ovvero?-
-Mercier
in quest'ultimo anno ha ricevuto molte brutte notizie che lo hanno
profondamente turbato e cambiato. Questo giustifica il suo
allontanamento da me, ma non ha risposto ad alcun interrogativo
riguardo alle sue intenzioni.-
-Hai
detto che ha rubato i tuoi spartiti e che li ha usati per creare
questa' Opera...Che sia una ripicca? In modo che il tuo lavoro non
venga mai attribuito a te?-
-Potrebbe,
ma come tutte le altre nostre ipotesi non so se valesse la
pena...Avrebbe potuto metterci il suo nome e proporla come chiunque
altro, senza il bisogno di mettere in mezzo il Fantasma e addirittura
guadagnandoci. Non avrei mai potuto rivendicarne la proprietà.-
-Di
cosa parla?- Non aveva avuto modo di vedere gli spartiti, il
Commissario aveva voluto ispezionarli e non li aveva ancora
riconsegnati.
-Io...-
Carlotta non sapeva da dove cominciare -Doveva essere una cosa
privata, un passatempo, niente di più.- Premise -Ho preso
spunto dal "Don Giovanni" di Mozart.- Si passò una
mano tra i capelli, nervosa. -Don Juan è un libertino che
decide, con l'aiuto di Passarino, un servitore, di irretire una
giovane ragazza di umili origini.- Incrociò lo sguardo di
Christine e si accorse solo in quel momento di quante similitudini ci
fossero con la loro vicenda -Don Juan si traveste giorni prima e si
presenta alla ragazza come servo, in modo da poterla conoscere e
conquistare la sua simpatia, così, quando il falso padrone di
casa la inviterà a cena, Don Juan potrà affascinarla,
sfidandolo a duello fingendo di volerla proteggere.-
-E poi
come finisce?-
La
Viscontessa tergiversò -Ho scritto diversi finali, in realtà,
tra cui uno che vedeva Don Juan pentirsi e ravvedersi e chiedere
perdono alla ragazza-
-Li ha
presentati tutti?- Sarebbe stato molto strano.
-No.-
La voce della nobile quasi si ridusse ad un sussurro.
-Quale,
allora?- La ritrosia di Carlotta la preoccupava.
-Don
Juan finge di sconfiggere il suo complice e la ragazza, innamorata,
si concede, certa dei sentimenti dell'uomo. Al termine si ritrovano
all'Inferno, tra i lussuriosi, la poverina come dannata, mentre si
scopre che lui aveva fatto tutto quanto per vincere una scommessa con
il Diavolo, che gli avrebbe permesso di diventare un Demonio a sua
volta e non soffrire più per la pena meritata in una vita di
peccati e dissolutezze.-
-Quindi
l'uomo era già morto da principio?-
-Sì.-
-Era un
fantasma.- Affermò monocorde la cantante.
-Così
si può dire.- Ammise, sentendosi quasi soffocare dall'enorme
peso che sentiva gravarle addosso.
-Fingerai
di sconfiggere tuo padre?-
-No! Io
non ho mai voluto ingannarti, ho sfruttato il Fantasma per aiutarti,
non per irretirti. Ti prego di credermi, ho scritto tutto questo ben
prima che la situazione evolvesse in simile maniera.-
Christine
la raggiunse -Cercavo di sdrammatizzare...Non ho mai avuto il dubbio
che tu abbia architettato tutto questo per sedurmi. Ho avuto un
pessimo tempismo, non credevo mi avresti presa seriamente.-
-Provo
un'enorme vergogna. Non l'avrei mai mostrata ad anima viva...- Lo
riteneva un finale volgare e abbietto.
-Nessuno
saprà che l'hai scritta tu.-
-Ma tu
sì, e così vedrai cosa c'è nei recessi peggiori
della mia mente.-
-Ma non
sarebbero cose che attueresti nella realtà, quindi non
importa, non fanno realmente parte di te.- Cercò di
rassicurarla, anche se vederla così tesa in verità la
preoccupava.
-...Come
già accennavo a vostra figlia, Visconte, ritengo sia inutile
interrompere le attività del teatro. Credo che convenga
assecondarlo e tendergli una trappola. Certamente sarà
presente, se non altro alla prima dello spettacolo scritto da lui
stesso.-
César,
seduto sulla propria poltrona, osservò l'uomo davanti a lui,
in silenzio. Nonostante le sue parole, un simile piano non poteva
essere frutto del suo ingegno. Troppo audace, per l'insulso
passacarte che era.
Controllò
nuovamente la partitura che il Commissario gli aveva consegnato, dopo
averla esaminata -Questi spartiti sono quelli originali?- Chiese.
-Sì,
signore, li abbiamo controllati, non c'è alcun bisogno per noi
di trattenerli ulteriormente.-
-Mi
assicura che non è una copia?-
-Ve lo
assicuro.-
-Il
vostro è un piano ardito, ma confesso di concordare con voi.
Meglio risolvere la faccenda una volta per tutte.- Continuava a
guardarlo, sospettoso.
-Lieto
di sentirvelo dire, Visconte.-
-Voglio
i vostri migliori agenti, nessuno dovrà entrare o uscire da
teatro durante la rappresentazione, anche tiratori scelti e pompieri.
Se cadesse un altro lampadario potrebbe andare a fuoco qualcosa.-
Avevano avuto fortuna, la volta precedente, perché essendo
solamente una prova il lampadario era spento.
-Certamente,
pianificheremo tutto nel migliore dei modi nelle prossime settimane.
Vedrà, non sfuggirà.-
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Note: Buongiorno
e buon sabato! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, in
ogni caso fatemi sapere cosa ne pensate, anche con poche parole,
soprattutto se non è stato di vostro gradimento. Non
aggiornerò sabato prossimo, devo recitare in unno spettacolo e
sarò troppo impegnata, ma aggiornerò sabato 28 giugno,
senza ulteriori indugi.
Come
le altre Opere presentate in questo racconto anche "Don Juan
Trionfante" è stata creata appositamente per la
drammatizzazione del musical da Andrew Lloyd Webber.
Il
brano che viene presentato in scena è però estremamente
corto, si sa solamente che Don Juan, con l'aiuto del servo, vuole
irretire una giovane ragazza, ma le motivazioni e il finale non mi
sono pervenute e le ho inventate di sana pianta.
Colgo
l'occasione per ringraziare la mia Beta di fiducia Oscuro_errante per
l'impegno e la costanza nel suo prezioso lavoro. Grazie mille! A
sabato prossimo!
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