Nathan sa che non
riuscirà a evitarlo in eterno - non può. Ma ecco che nel frattempo intrattiene
una discussione con Stuart - o Stu, come si fa chiamare - sulla
colazione inglese e le differenze tra il bacon inglese e quello americano.
Nathan prova un sincero fascino mentre il padre di Alan prepara intanto le uova
strapazzate e gli spiega i trucchi del mestiere, ma l’attenzione svanisce non
appena il suo ragazzo entra in cucina.
È tranquillo,
Nathan, perché sa che Alan non parlerebbe mai di quanto accaduto poco prima
davanti a suo padre; ma quello che non sa è che il suo ragazzo non vuole
trascinare quella situazione troppo a lungo, tanto che di lì a poco lo afferra
per un polso e lo porta fuori dalla cucina, liquidando suo padre con un “Te lo
rubo” che non lascia spazio a domande.
Nathan posa gli
occhi sul pigiama blu scuro di Alan, ma sa che lui sta cercando il suo sguardo,
senza successo. Così lascia che trovi le sue mani, che Nathan intreccia in
quelle dell’altro, di cui avverte subito il calore sulle sue dita gelide.
«Mi
dispiace per prima, non volevo spaventarti.»
«Non
preoccuparti, è tutto ok», risponde, poi abbozza un sorriso.
«Nathan,
non sono cieco. È mezz’ora che mi stai evitando.»
Nathan
prova ad allentare la presa sulle dita di Alan, ma l’altro prontamente le
stringe per evitare che scivolino via.
«È
solo che…», e qui alza gli occhi verso quello che è il suo ragazzo da nemmeno
un giorno, «non me l’aspettavo.»
Si
vergogna a confessare che è la prima volta che qualcuno glielo dice, visto che
le sue “storie-durate-meno-di-un-anno” non si sono mai sprecate nell’impresa -
e sì, quella definizione che Alan gli ha rifilato appena conosciuti gli brucia
ancora.
«Hai
ragione, avrei dovuto aspettare un altro po’. Ma sai, era da almeno un paio di
mesi che quelle parole volevano uscire e…»
«Oh»,
risponde lui con leggerezza, «hai capito che mi amavi mentre ero via?»
Nathan
finalmente lo guarda e piega le labbra in un sorriso, senza rendersi conto che
per Alan quei sentimenti sono tutt’altro che una leggerezza.
«No,
da quando abbiamo fatto l’amore la prima volta.»
Il
sorriso sul volto di Nathan si spegne con la stessa rapidità con cui capisce
che Alan fa sul serio, e che quel Ti amo che gli ha rivolto poco prima
va oltre il voler essere semplicemente una coppia, ma è molto, molto di più.
«Anzi»,
prosegue, con lo sguardo che ruota alla ricerca di un pensiero, e che si ferma
solo quando lo ha trovato, «forse anche da prima.»
«“Da
prima” quando, scusa?»
Lo
sguardo di Alan ruota ancora, ma stavolta non cerca alcun pensiero, no, ma solo
un posto dove rifugiarsi da quella domanda indiscreta. Le guance gli si
colorano appena, e Nathan sorride con un filo di imbarazzo per quella
consapevolezza del tutto nuova per lui.
«Allora?»,
lo incalza.
«Be’,
ti ricordi quando abbiamo parlato da soli in centrale la prima volta e mi hai
lasciato il tuo numero? Ecco… Dai, non fare quella faccia!»
«Sei
serio?», chiede Nathan mentre si lascia scappare un risolino.
«Per
favore, è già abbastanza imbarazzante così. E comunque all’inizio era solo un’infatuazione,
ovviamente.»
Ride,
Nathan, e senza volere stringe ancora di più la sua mano in quella del suo
ragazzo.
«Ah
be’, se la metti così, alcune cose acquistano più senso ora. Io l’avevo detto
che alla festa la tua era gelosia!»
Le
guance di Alan ora sono di un bel rosso rubino, così imbarazzate che cominciano
a fargli male.
«Nathan…»
«Quella
sera hai fatto il fidanzatino offeso per tutto il tempo!»
«Credo
che la colazione sia pronta…»
Di
fronte a quella reazione non può non ridere ancora, perché Alan imbarazzato è
uno spettacolo del tutto inedito per lui. Si avvicina allora al suo viso e col
naso gli sfiora la guancia, dove gli lascia un piccolo bacio.
«Ora
che ci penso, da quel giorno non hai fatto altro che provarci con me»,
sussurra.
Alan
si gira, rosso come un semaforo, a pochi centimetri di distanza dalle labbra
del suo ragazzo.
«Te
l’hanno mai detto che parli troppo?»
«E
a te–», ma non fa in tempo a finire la frase, perché le labbra di Alan sono già
sulle sue.
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