10) Battiti
Erano trascorse poco più di due settimane
dalla visita di Saeko: lo stato di allerta proseguiva
nonostante le pressioni pervenute alla bella ispettrice di allentare la presa
sugli accessi ai principali luoghi pubblici della città. Di nuovi attacchi non
ce n’erano stati e il giustificare misure restrittive tanto audaci risultava giorno
dopo giorno sempre più complicato. Come se non bastasse c’era qualcos’altro a
far leva sulle paure di tutti.
- Ricordo a tutti voi che la visita del
presidente statunitense ha la massima priorità, siamo intesi? – proprio questo
il monito che circolava da mesi tra i corridoi della chiassosa centrale di
polizia, un monito che la donna aveva accantonato mettendosi in prima linea nel
difendere le sue ragioni. Ma il suo “potere” aveva dei limiti e questi limiti si
erano palesati dinanzi al poco affabile uomo presentatosi quel giorno al suo
ufficio:
- Sono ordini giunti dall’alto, mi spiace
interferire. Tuttavia, la sicurezza del presidente è di massima importanza, il
commissario mi sembra fosse stato chiaro, no? – domandò imperturbabile l’agente
Edwards, una “garanzia” inviata da Washington ad accertarsi dei preparativi. Edwards
era definibile come un uomo spartano sia nell’animo che nell’aspetto esteriore,
come evidenziato del resto dallo sgualcito abito grigio che indossava con ben
poca grazia quel dì.
Incallito caffeinomane nonché tabagista,
l’americano era stato etichettato sin dai primi anni di carriera come “efficace
ma impulsivo” e ben poco aveva fatto per scrollarsi di dosso le antipatie di
chi poco gradiva il suo operato. Uomo della vecchia guardia, un “residuo bellico”,
Richard Edwards era colui che nessuno avrebbe mai voluto come nemico; non era
il suo aspetto a incutere timore, anzi: di quella figura esile, dalla statura
modesta, ben pochi avrebbero potuto comprenderne la pericolosità. Saeko, tuttavia, lo sguardo per certi dettagli lo aveva
affinato con gli anni e mai si sarebbe fatta ingannare dalle apparenze, tanto
che da subito aveva deciso di recitare, non con pochi patemi a dir il vero, la
sua parte:
- Lo capisco, lo capisco eccome…signor?
- Edwards. Richard Edwards – biascicò l’uomo
troppo intento a guardarsi intorno.
- Posso darti del tu, vero?
- Certo, certo. Niente formalità.
- Non capisco dunque perché non abbiate
inviato altri agenti, manca meno di una settimana e un supporto aggiuntivo sarebbe
un aiuto non da poco, non credi?
- Vedi – interruppe l’altro cambiando
improvvisamente tono, - il potere si accompagna a rigide formalità, anche
scenografiche volendo. Dici bene, una operazione coordinata tra agenti speciali
statunitensi e giapponesi sarebbe una manna dal cielo – continuò puntando lo
sguardo di Saeko. – Ma in tempi di crisi
internazionale come questi sarebbe un segno di sfiducia e verrebbe interpretato
come un indebolimento del mondo libero, capito?
- Seriamente?! Non mi pare sia il momento di
pensare ai sovietici! – ribatté la donna disgustata dall’improvvisa piega della
discussione.
- Mi spiace riscontrare questa miopia anche in
un paese così vicino al nostro come il Giappone, ma non abbiamo tempo per
discuterne. Fate il vostro lavoro, noi penseremo al resto. A presto.
Infine il sonoro slam della porta
annunciò sgraziato il termine della discussione.
****
Nel frattempo, da tutt’altra parte della
nevrotica metropoli si portavano avanti le ricerche d’un bizzarro duo. Kyoko,
aiutata dal Doc, si era avvicinata sempre più alla bramata formula del farmaco
seguendo la sua catena di ricordi sopiti. A piccoli passi, dettati dalla
speranza e dalla voglia di porre fine all’incubo, la scienziata si giocava il
tutto per tutto conscia del grosso pericolo che incombeva minaccioso. Ryo, di suo canto, stava ammazzando la frustrazione
immergendosi negli anfratti e nelle contraddizioni di Shinjuku. Scatenata la
sua schiera di informatori, lo sweeper aveva
definitivamente lanciato il suo guanto di sfida: come un predatore implacabile non
avrebbe mollato la preda per nessun motivo al mondo. Kaori, per quanto abituata
a vederlo in quello stato, non ebbe modo di soffocare la sua voce interiore,
preoccupata di possibili e impensabili ripercussioni. L’ex procuratore Aoki,
ultimo tassello di quell’improbabile puzzle, sorprendentemente non stava
facendo mancare il suo apporto: godeva ancora di tanta influenza nell’ambiente
e un canale privilegiato a certe informazioni risultò da subito gradito a City
Hunter.
- Saeba, ho delle
informazioni riguardo un vecchio stabile, dovremmo dare un’occhiata –
- Aoki, ti senti bene? Cos’è tutta questa
intraprendenza? – lo canzonò lo sweeper quasi
saltellando come un bambino impaziente.
- Non lo faccio di certo per te, ho la mia
vita e vorrei tornarci al più presto – rispose il più anziano dei due.
Silenzio. Non seguì alcuna risposta per un paio di minuti.
- Immaginavo, uno come non te non cambia di
certo per miracolo. Tornare alla tua vita, eh?
- Esatto.
- A quale vita? Intendi quella costruita sulle
macerie di quelle altrui? Bella merda! – incalzò Ryo
mordendosi la lingua più d’una volta per non dir di peggio. Avrebbe continuato
per ore non fosse stato per Kaori pronta a trascinarlo via con sé
all’improvviso accendersi della discussione.
- Ryo, che ti
prende? – domandò la donna con un “dolce” rimproverò pochi istanti dopo.
- Non è da me, non è da me perdere così la
calma. Ma vedo la faccia di quello stronzo e penso a Maki.
- Capisco, ma per quanto assurdo possa
sembrare detto da me… non devi pensarci
- Kaori! – sussultò l’uomo strabuzzando gli
occhi.
- So a cosa pensi, la tua mente ora è piena di
tanti “se”. Pensi a come sarebbe potuta andare se la carriera di Maki non fosse
stata ostacolata da uomini come Aoki, - ricominciò la donna anticipando il
partner, - pensi a cose pericolose Ryo, pensi a
realtà dove ti dai colpe che non hai.
- La realtà è che mi manca. E mi manca ancor
più quando sento discorsi del genere da te. Sei proprio sua sorella,
impossibile dire il contrario – aggiunse lui specchiandosi in quegli occhi che
tanta calma sapevano trasmettergli – Grazie, Kaori – sorrise poi cercando di
rassicurarla.
- Sei in debito con me! Anche Aoki lo è ora
che ci penso… - scherzò la donna nascondendosi da quello sguardo intenso.
- Mettilo sul conto.
- Contaci, caro.
****
Yuri era finalmente tornato in sé dopo settimane
sospese tra la vita e la morte per lo stupore dei medici presenti e di Junichi Ito, membro di spicco dei
“Conti”. Difatti, era stato lo stesso Ito ad aver dato
ordine di sbarazzarsi del sovietico alla sua dipartita e ora che tale
eventualità era andata a farsi benedire, lo spietato uomo d’affari non mancò di
sprecarsi in parole di circostanza:
- Sapevo ce l’avresti fatta, Yuri. Uomini come
te decidono il come e il quando morire a differenza di noi comuni mortali. Sei
rimasto in coma per un po’, ma ora sei fuori pericolo, vero dottore? – recitò voltandosi
verso l’uomo in camice bianco alle sue spalle.
- Ehm… certo, è così. Non è stato semplice
rimetterti in sesto, Yuri. La tua tempra e le nostre conoscenze hanno fatto il
resto – spiegò il medico non dilungandosi in dettagli non richiesti. – Presto
sarai di nuovo in piedi e pronto all’azione.
Il mercenario annuì in silenzio. Ad occhi
chiusi stava riavvolgendo come un nastro gli ultimi momenti prima del black
out. La mente volò a Saeba, alle urla e a quel dolore
lancinante: perdere gli bruciava molto più delle fresche cicatrici. Posò una
mano poco sopra il foro d’entrata del proiettile digrignando brevemente per il
dolore, eppure era quello stesso dolore a farlo sentire vivo in quanto
tangibile a differenza d’un remoto passato andato in frantumi. Dal dolore aveva
imparato la vanità dell’esistenza e la fragilità dell’essere umano, limiti che
aveva sepolto dentro di sé quando s’era promesso di rinunciare ad ogni forma di
legame. In testa un sol pensiero, scandito dai serrati battiti del suo cuore:
La pagherai.
Trascorsero altri due giorni; l’uomo, immerso
in un limbo di sonni agitati sedati dai potenti antidolorifici, sembrò
peggiorare nonostante le previsioni ottimistiche. Ito,
non smentendosi, aveva ribadito i precisi ordini nel caso il suo combattente
non fosse stato pronto per il nuovo round, ovvero quello di sbarazzarsene senza
troppi fronzoli. Il tempo scorreva troppo velocemente e il fallimento non era
contemplato. Voci di un avvicinamento di Saeba alla
loro base divenivano sempre più rumorose a causa di una “visita” dello sweeper ad un vecchio stabile appartenuto precedentemente
alla loro organizzazione. Per loro fortuna City Hunter non aveva trovato tracce
o indizi degni di nota, ciò non era tuttavia bastato a tranquillizzare il
pericoloso criminale.
- Se mi è permesso – commentò la figura seduta
poco distante da lui nella penombra del suo ufficio, - credo sia ora di far uscire
Kyoko allo scoperto. Abbiamo abbastanza siero per farla parlare.
- Saeba ha informatori
ovunque, non riusciremmo a rapirla così facilmente – tagliò corto Ito, visibilmente seccato dall’ingenuo suggerimento.
- Non se fosse egli stesso a consegnarcela, mi
dia una possibilità.
- Spiegati.
****
Arrivò nefasta a poche ore di distanza una
missiva anonima tra le mani di City Hunter. Vigliacca espressione di potere del
nemico, tale missiva, letta con malcelato disgusto da Ryo,
narrava del rapimento di Yumi, l’unica figlia dell’ex procuratore Aoki. Il punto
cardine di quell’infausta notizia era però una richiesta di “scambio”: Kyoko
per Yumi.
- Sono… sono dei mostri! – balbettò inorridita
la scienziata coprendosi il volto con ambo le mani.
- Io…Yumi.
- Aoki, mantieni la calma! – esclamò Ryo puntando lo sguardo dell’uomo, ma tale richiamo sembrava
esser morto nella vacuità del pallido viso dell’ex procuratore, visibilmente in
debito di ossigeno per il forte choc. Poi s’udì un tonfo.
- Aoki!
L’anziano, svenuto per il forte trauma, si
riprese solo un’ora dopo al suono dell’accesa discussione che stava avvenendo sotto
la supervisione di Doc. Troppo debole per alzarsi, figurarsi per spiccicare una
sola sillaba, non ebbe che ascoltare quanto pronunciato:
- Kaori ha ragione, Ryo
– puntualizzò il mentore dello sweeper, - andare all’incontro
da solo è una follia. Sai benissimo che si tratta di una trappola.
- Ascoltalo, dannazione. Anche se ci vai dovresti
consegnare Kyoko ed è folle il solo discuterne – incalzò la partner cercando di
convincerlo a desistere dal piano.
- Per chi mi avete preso, eh? So benissimo che
giocheranno sporco, ma potrebbe essere l’unica chance per avvicinarci a loro ed
evitare il disastro.
- Il disastro? – domandò Kyoko focalizzandosi
sull’ultima frase pronunciata da Ryo.
- Sì, il disastro. Sai meglio di me che non
hanno scrupoli. Cosa pensi faranno alla figlia del procuratore se non ci
presentiamo?
- Permettimi almeno di venire con te! Non puoi…
non puoi andare da solo– ribatté Kaori muovendo più d’un passo verso di lui.
- La lettera parla chiaro, Kaori. Se vedono altre
facce oltre la mia e quella di Kyoko, tutto va a puttane. Non possiamo
rischiare – sentenziò l’altro avendo oramai preso la sua decisione. – E tu,
cosa vuoi fare? – chiese poi alla scienziata.
- Non voglio altri innocenti sulla coscienza,
verrò con te – confermò lei.
- Assurdo, è tutto così assurdo – sussurrò Kaori
a capo chino poco prima d’allontanarsi dal gruppo a rapide falcate, nascondendo
il viso inumidito dalle lacrime alla vista di tutti. Ryo,
come gli altri, non poté fare altro che veder la sua figura sparire dopo pochi
istanti. Aoki, avendo ascoltato tutto, si sentì dannatamente in colpa, come mai
gli era capitato in vita sua. Mai avrebbe pensato di provar sincero rimorso
alle scelte fatte dal suo malato ego.
Yumi…
Lo scambio sarebbe avvenuto di primo mattino il
giorno dopo. Calò la notte e Ryo stava aspettando
Kaori, letteralmente sparita dopo il confronto avuto ore prima. Intento a soffocar
la frustrazione tra un borbottio e l’altro, l’uomo pensava al da farsi e soprattutto
a cosa dirle una volta tornata. Rimasto da solo, l’unico ancora in piedi, passeggiava
lentamente sul patio che dava sul giardino lanciando di tanto in tanto un’occhiata
all’uscio alla ricerca di quella familiare figura che tanto amava. La vide
arrivare dopo poco e tirò un sospiro di sollievo. Fece dei passi verso di lei ponendosi
in maniera che ella non potesse sottrarsi alle sue parole:
- Mi aspetto che tu comprenda le motivazioni
del piano, Kaori. Non è come credi – cominciò maledicendosi pochi istanti dopo
per il tono di quelle parole. Cavolo, non sono portato per i discorsi!
- Cosa credo? Sei un indovino per caso? Che
bravo! – tagliò corto con sarcasmo lei cercando di smarcarsi, senza successo, da
quell’interazione.
- Aspetta, fammi finire.
- Cosa vuoi, Ryo?
Sono stanca e credo sia tardi anche per te – continuò la donna fiancheggiandolo,
diretta all’interno.
- Diamine, ascoltami! – imprecò lui trattenendola
per un polso. Si accorse di aver stretto troppo la presa al mugolio di dolore di
Kaori, che inveì subito contro il partner nel cercare di divincolarsi Lasciata
finalmente libera, sfogò la sua rabbia cercando di spingerlo via: colpo dopo
colpo, uno più disperato dall’altro; alla rabbia si mescolò il dolore. Infine
un pianto liberatorio. Ryo, di suo canto, non fece nulla
per sottrarsi a tale ira rimanendo perfettamente immobile. Solo alla fine si
mosse cingendo la minuta e tremante figura di Kaori tra le sue braccia.
- Mi dispiace – sussurrò lentamente ad occhi
chiusi.
- Perché? Perché è sempre così con te?! –
- Ti sbagli, è cambiato tutto, e per me è
cambiato da tempo, Kaori – replicò allontanandosi per un attimo da quell’abbraccio
e cercando il contatto visivo. – Ho capito che non c’è niente o nessuno più
importante di te, ma tale consapevolezza mi confonde perché mi fa sentire così
forte e vulnerabile allo stesso tempo.
- Ryo…
- E solo quando penso di perderti capisco che questi
sentimenti sono cosa mi rende davvero vivo –continuò aprendosi a lei come non
mai.
Kaori non pronunciò nulla, visibilmente scossa
da quella “dichiarazione”, una dichiarazione decisamente non convenzionale, “alla
Ryo”. Si sentì divampare dentro e tale sensazione era
fin troppo forte da poter essere contenuta, tanto da tramutarsi in un ampio e
dolcissimo sorriso. Non le sembrava quasi vero.
- Prima del tuo arrivo ho pensato non ci fosse
spazio per l’amore in una vita del genere. Mi sbagliavo, Kaori. Spero tu possa
perdonarmi – concluse poi prendendole con estrema grazia il viso tra le mani. La
baciò infine sugellando la definitiva promessa di non negare e di non negarsi
mai più all’amore. Due battiti, due cuori innamorati, scanditi da solitudini
affini, pulsavano finalmente sotto un’unica frequenza.
Fine Capitolo
Eccoci alla fine del penultimo capitolo di
questa fanfiction. Scusate come sempre l’enorme ritardo, sono un disastro lo
so, ma il lavoro chiama e non posso sottrarmi. Ringrazio chiunque abbia letto,
recensito e gradito quest’opera. In cuor mio, ad esser sinceri, sono ancora
combattuto nel mentre scrivo queste note di fine capitolo, riguardo la
dichiarazione di Ryo. Nella mia testa non è un tipo
da “ti amo”, o perlomeno non da dichiarazione “standard” (supponendo esistano
delle convenzioni per dichiararsi alla persona amata), ma potrei essere in errore.
Quindi, nel caso mi sbagliassi, mi aspetto anche critiche se le ritenete opportune.
Spero di non essere stato troppo banale. Detto ciò, il prossimo capitolo sarà
il gran finale: spero di non deludere le aspettative create.
A presto (spero) e ancora grazie!
Stormwind