Lucciole
di metallo, dense, color smeraldo, colano sotto i miei occhi come
lacrime. Da tempo avevo dimenticato questo dolore, questa pesantezza
sulle mie guance incavate, mangiate dalla vita.
Polvere, incandescente, sotto le mie dita, sotto la mia lingua, io
sarò polvere.
Non sento più le sue mani, callose e screpolate dal chakra
impetuoso, così diverse da quelle paffute e tremanti che
infestano i miei ricordi.
Anche lei mi ha abbandonato? Anche lei? Ha deciso di condannarmi alla
punizione che la vita, traditrice, mi ha scritto?
La mia punizione, vagare un limbo di lune rosse, lacrime dimenticate e
fantasmi ipnotizzati, senza vedere la mia ombra scontrarsi contro il
sole della realtà.
“Sasuke-kun…”
La mia punizione, sentire quelle parole rauche e assetate, sentire quel
suffisso pieno di rispetto e sollievo, ansia e amore, affiancarsi al
nome di un assassino. Lei è ancora lì, e il suo
chakra verde splende, nelle sue iridi. E si amalgamano,
perché sono fatti della stessa essenza, dello stesso amore.
Un enorme mostro dagli occhi verdi sbuca dalla selva nera che affolla i
miei sensi, ma non è invidia quella che vi scorgo, ma solo
adorazione.
La sua punizione.
Mi sta riportando alla vita, con le sue mani intrecciate, incrociate,
votate alla speranza e al destino.
E, alla fine, vedo. Di nuovo. Sento. Muovo. Grido.
Sento il suo capo, morbido e umido, posarsi sul mio cuore furibondo,
alla ricerca dell’amore che la mia anima non gli ha mai
concesso.
Muovo una mano, raggrinzita, sui suoi occhi aperti. Troppo aperti,
ciechi.
Grido, di dolore e di sollievo, aspiro sabbia e pioggia.
Vedo, la donna che mi ha salvato.
Mi hai salvato, Sakura. Hai salvato un traditore.
Sei una peccatrice.
P e c c a t r i c e.
E per questo sarai punita.
And
then she died and haunted
me,
And haunted
me for life.
La Città di LA
“Quando
torni?”
“Presto, Sakura, presto. Te l’ho già
detto”
“Ah sì…”
È sempre più difficile ingannarla. Sono passati
tre anni, solo tre dannatissimi anni e lei è sbocciata,
violentemente, in un esplosione di colori.
Eppure questa trasformazione sembra innaturale, come se avessero preso
un fiore acerbo, fresco, e l’avessero forzato e violato con
un kunai per obbligare i petali ad aprirsi verso la luce del sole,
sconosciuta ed accecante.
Lei stessa si è inflitta questo supplizio: il suo corpo reca
cicatrici e ferite recenti, frutto di un allenamento costante,
devastante.
In fondo è anche colpa mia. Solo un po’.
“Allora ti aspetto, mi raccomando” mormora Sakura
quieta ma decisa, mentre accarezza un gruppo di soffici fiori.
La sua mente lavora frenetica, la sento: i suoi pensieri intelligenti e
maturi si inceppano, cadono nella memoria confusa. Tocca ancora i
petali, mentre cerca di ricordare dove ha già sentito
quell’odore, quel profumo, perché le ricordano due
occhi color del cielo.
“Non ti sforzare troppo: non ti sei ancora
ristabilita” le ricordo per l’ennesima volta.
Lei si volta, sospettosa ma speranzosa: cerca tracce e conferme del mio
recente cambiamento. La sua fronte enorme e lucida sembra fumare nel
tentativo di scoprire il motivo della mia nuova, strana gentilezza.
Strana per i miei standard, si intende.
“Lo so, Sasuke-kun” sussurra dopo aver rinunciato a
stanare il mio segreto “Lo so benissimo!”.
Togli quel maledetto –kun, penso, infastidito, mentre sento
che i miei lineamenti sempre più stanchi si irrigidiscono.
Quel suffisso mi ricorda il passato, un passato fatto di sorrisi e
sudore, di ali tagliate e sangue, il passato che io stesso ho
distrutto, e che ora non posso ricomporre. Mi ricorda la pena e la
punizione che devo scontare.
“Ma non parlarmi con quel tono sofferente” mi
rimprovera, mentre esibisce lo stesso broncio che aveva da bambina,
quello che non è mai riuscita a cambiare “Sembra
che per te sia una punizione rimanere qui con me!”.
Io sospiro e mi allontano, scompaio, quasi, nella luce troppo intensa
di un sole incandescente e perenne.
Non sai quanto lo sia,
Sakura. Una punizione infernale che io stesso ho costruito, tassello
dopo tassello.
Un mosaico di dannazione
eterna.
“Torna presto Sasuke-kun, così riusciremo a
trovarla”.
Ancora quel dannato suffisso, un’espressione di rispetto e di
tenerezza che io non ho mai voluto. Basta, basta.
Mi volto, per ricordaglielo, come ogni volta; ma incontro i suoi occhi
di cristallo e il suo sorriso opaco ma fiero, fedele.
Perché ora è così difficile
distogliere lo sguardo da quel volto scheggiato dalla fatica? Forse
perché è solo un ricordo, appannato di latte e
nuvole.
“Vedrai che insieme troveremo la città di LA. E
poi tornerà tutto come prima”.
L’avete
visto in giro nel villaggio
un uomo con gli occhi bassi e il volto scavato?
E’ mio marito, è lui che per segreta
crudeltà
innominabile, mi prese gioventù e bellezza;
Lampi
d’alba invadono una notte di petrolio. Scivola via, oleosa,
come i miei incubi. Come le ciocche di mia madre e lo sguardo vuoto di
Itachi, che ossessionano la mia memoria. Vorrei solo raggiungerli,
stringerli, sentirli, per l’ultima volta.
Pezzi di vento incompleti portano nel silenzio della stanza odori,
rumori, parole, colori.
Gli stessi di sempre, gli stessi che sentivo secoli fa, nella mia
dorata dimora Uchiha(nella mia vita dorata, contornata di diamanti).
La mia punizione: la quotidianità e l’apatia, un
continuo scorrere di immagini rovinate e scivolose, viste e riviste.
Penso a lei, come lei ha fatto per tutti questi anni di lontananza; lo
so, gliel’ho letto in quegli occhi, che in un attimo si
illuminano e la fanno tornare bambina. In quegli occhi che mi tengono
prigioniero, che mi puniscono, che io punisco.
Le ho portato via tutta la sua ricchezza, l’ho derubata del
suo tesoro più grande: onore e amore.
In una città stravolta da Pain, nessuno si accorge di Sasuke
Uchiha, di un ombra scavata, mangiata, rannicchiata pronta a rubare
istanti di vita dalla sua aguzzina( o della sua vittima).
Un attimo prima era l’alba, ora il sole esplode, dietro le
colline.
E comincia un altro giorno di tortura, contornato da lucciole di
smeraldo, sangue, e dalla sua voce, sempre la stessa.
Ma
sapete cos’è che rode il cuore a mio marito?
Com’ero, e come mi
ha ridotta!
“Ma
dimmi, Sasuke-kun…”
Ancora quel dannato suffisso. Ancora e ancora.
“Quante volte ti ho chiesto di non chiamarmi in quel
modo?”
Ringhio, quasi.
“Mai”.
È vero. Dannazione.
Uno sguardo furbo, opaco a causa del sole soffocante, sempre
soffocante, mi squadra divertito. Non più un sorrisetto
timido e dolci occhi a fargli da contorno, ma una smorfia enorme e
gioiosa. Si alza, veloce, e allarga lo sguardo verde verso il cielo, il
regno dei sognatori. Accarezza, senza guardarle, alcune margherite,
senza ricordarne il nome o il colore, l’aspetto e
l’odore.
Dio, come ti ho ridotta, Sakura. Come ho ridotto la tua mente sveglia e
i tuoi occhi traboccanti di luce?
Si gira di nuovo verso di me, sicura di essere abbandonata di nuovo, e
vedo i suoi occhi, occhi che non vedono il tempo, la fame, il sole.
“Dimmi, Sasuke-kun…”
Ancora e ancora, il dannato -kun. L’ennesima punizione, un
affetto non meritato.
“Dov’è la città di
LA?” chiede Sakura, con voce timorosa, come se il suo mondo
splendido e luminoso potesse venire inghiottito e maciullato da zanne
ignote. Perché tutti hanno paura della città di
LA, anche quelli che non l’hanno mai vista, che non hanno
iridi e mente per vederla, eppure la sentono camminare, non si ferma
mai, la città di LA.
“Può essere dappertutto” le rispondo,
per l’ennesima volta al suo ennesimo, quesito, ennesima
punizione quotidiana “è sempre in agguato. Solo
chi ha gli occhi per vederla può avvicinarsi, può
comandarla. Dovresti temerla”.
Invece Sakura sa che tutto il suo mondo è scivolato via in
quella città sconosciuta, in quell’altro buio,
nella tana della volpe. E lei, innocente bambina, si perde nel
labirinto, si fa smembrare carne e ossa.
“Allora aspettiamola: che vanga a prenderci, a trovarci. Se
vuole giocare a nascondino, prima o poi dovrà smettere di
contare” mormora Sakura, decisa, una furia incontrollata in
quegl’occhi di giada, una madre che ha perso tutti i suoi
figli.
“Vedrai che riusciremo a tirarli fuori da lì. Mi
mancano, l’entusiasmo di Lee e, sai, anche un po’
Ino…l’acida e vanitosa Ino. Mi mancano
tutti” mormora mentre cerca i suoi amici verso
l’orizzonte invisibile.
Mi manca Naruto, agogno
la sua amicizia e il suo illuso amore come un prigioniero brama la
pioggia, il mare, il vento, i colori.
I miei occhi color alabastro si concentrano sul cielo lindo, macchiato
da un sole bianco e cieco.
“Credevo che la mia presenza di bastasse” sussurro,
sibilo, prego.
È invidia il veleno che imbratta il mio palato?
È davvero così disgustosa e bruciante,
l’invidia?
Lei non mi sente, troppo intenta a stanare la città di LA
dalla mia memoria, riempiendomi la testa di domande.
Perché LA? LA
come la nota musicale? O LA come al di là? O come articolo
determinativo? Oppure è il nome di una città
lontana lontana, come quelle delle favole? Eh, Sasuke-kun?
“Sasuke-kun, ma tu ci sei stato nella città di
LA?”
“Tempo fa”
“E come ne sei uscito?”
La guardo. Ha paura. Tenta di prendermi la mano, di trattenermi, di
salvarmi, un’altra volta, ma io scappo, un’altra
volta.
Lei si volta, malinconica, guarda il cielo, bianco, e non si ricorda
che una volta era azzurro.
Si appiglia agli unici ricordi che le sono rimasti, i ricordi dei
prigionieri della città di LA.
Io mi volto un’ultima volta, e la vedo, un fiore sbocciato
con una corolla di petali secchi, che io mi sono divertito a strappare,
durante la mia stolta gioventù.
Dio, come ti ho ridotta
Sakura? Che cosa ti ho fatto? Che cosa mi hai fatto?
La
sorreggo, ormai è solo una marionetta tremante: la sua pelle
è distrutta, sfasciata, nervi e ossa si intrecciano in
un'unica spirale di sangue. La mia cute invece è tornata
splendida e pallida, come sempre, come la luna.
Sento che non posso lasciarla lì, in balia del fango, in
balia della morte, che poco prima mi accarezzava.
E per la prima volta la guardo, la piccola Sakura, la bambina
seppellita nella mia memoria sterile, seppellita nelle mie braccia. Lei
mi guarda, persa nei miei occhi, addolorata, già nelle mani
della morte. E prega, una preghiera muta e silenziosa
Un oceano rosso si spalanca sotto il suo cielo turchino, per sempre.
I
giorni trascorsero come ombre,
i minuti ruotarono come stelle.
Ora
sono cominciati i giorni del buio, i primi giorni a tentoni, a carponi,
mentre
il mio mondo gira e traballa come un bambino capriccioso e
sbadato.
Un bambino che si è dimenticato del suo gioco.
Ho persino rischiato di farmi riconoscere da alcuni ninja del villaggio
confondo notte e giorno, fuoco e stelle. Per fortuna ora i ninja e
civili non portano kunai in mano, ma travi, chiodi, martelli per
risanare il dolore della defunta Konoha, uccisa da Pain.
E poi portano fiori, tanti fiori.
Posati su un enorme tomba che io avevo solo intravisto, mentre si
ingigantiva, colorata, e si espandeva in tutto il villaggio, come un
arcobaleno pieno di speranza.
E ora che le sono davanti, in una notte sempre più buia, la
mia notte, penso che, finalmente, sono io il più forte.
Penso che, come Kakashi-sensei, trovo conforto nel parlare, balbettare,
pregare davanti alla tomba del mio rivale, perché
è l’unico modo per dimenticarmi dei vivi, dei suoi occhi vivi,
quelli di Sakura. Per dimenticare i miei ex compagni di accademia, i
bambini che ho visto giocare e crescere e che ora non posso salutare,
ma posso solo vederli nella loro frustrazione e nella loro stanchezza,
mentre sono davanti alla tomba colorata o all’ospedale, da
lei.
Per dimenticare la piccola, sottile fossa dietro la tomba enorme,
già scavata e pronta per essere riempita.
Non ho fiori da appoggiarci, non ho lacrime da versare, ma ho occhi con
cui guardarla, quella tomba vuota, stagliata contro il tramonto. Occhi
traballanti, occhi sempre più spenti, sempre più
neri.
E il giorno della fine
finisce.
La mia punizione non
finirà mai.
Questo
lo spinge al luogo dove giaccio.
Nella morte, dunque, sono vendicata.
Il
mondo dal cielo bianco mi esplode davanti agli occhi neri.
E lei è già lì ad aspettarmi,
sull’orlo del vuoto.
Mi guarda per la prima volta…da quanto?Mesi, settimane? I
suoi occhi, mai, mai, li ho visti così vivi, incerti,
pavidi, consapevoli.
“Sasuke-kun…”
E in un attimo la paura divampa nel mio corpo come un mare furioso, e
il mio mondo scricchiola, terrorizzato.
“Tu mi hai baciata, vero?”mormora emozionata,
impaurita, mentre si tocca le labbra sottili.
Schegge di mondo esplodono, mentre il nero si sazia del bianco.
Così
alla fine, avvizzita e coi denti gialli,
spezzata nell’orgoglio e in abietto avvilimento,
sprofondai nella fossa
Le
labbra di Sakura sono così scarne e gelide, in questo
mattino bellicoso.
In mezzo alle macerie del nostro nido nasce il più piccolo e
docile gesto d’amore, quello più falso, quello
più codardo.
Cos’è un bacio, se non disperazione e pazzia?
Cos’è un bacio, se non falsità?
Cos’è un bacio, se non un bacio?
Lei spreca il suo ultimo respiro con questo gesto scialbo, senza
promesse, eppure così importante per il suo cuore
rattrappito. Così importante da ridurla a uno spettro.
Così importante da lasciare una cicatrice, nella mia anima
lacerata, da incidermi l’immagine di Sakura(il mio primo e
ultimo amore) nella mia memoria ormai morta.
Cos’è un bacio, se non una punizione?
Mi
cavò dal cuore la pietà,
e la mutò in sorrisi.
Sakura
avrebbe voluto accarezzare i fiori, quei fiori che le ricordavano
Naruto, Konoha, il verde, la pioggia. Ma ora non
c’è più niente, tutto è
petrolio.
Il nero è immobile, pesante, pressante. Solo noi due siamo
sopravissuti alla furia di questo abominevole colore, di questo fiume
infernale.
Sakura è confusa, si agita come una sonnambula, i suoi occhi
sono comete di smeraldo piene di fuoco.
“È questa la città di LA?”
mormora, incerta, mentre mi guarda, ancora, ancora,
all’infinito “Gli altri sono qui?”.
“No, Sakura. Ci siamo solo noi due”.
Il buio è immenso e piccolissimo, non ha confini.
“Città di LA, Sakura, è il termine
usato per indicare un’altra dimensione. Ogni Genjutsu, ogni
tecnica illusoria che crea una realtà alternativa si chiama
città di LA”.
Sakura smette di barcollare e riacquista lucidità. Forse la
sua mente punita e distorta sta cominciando a capire.
“Gli Uchiha sono sempre stati maestri delle arti illusorie, e
all’epoca della grande guerra hanno terrorizzato numerosi
avversari con la minaccia di spedirli nella città di LA e di
non farli più uscire. È nostra figlia, nostra
alleata, nostra nemica, la città di LA”.
Lei mi guarda stupita ma con un viso di pietra, mentre il mio si
strazia, al ricordo del mio supplizio nella città di LA
creata da Itachi, dove ho perso forza e speranza. Alla fine,
è stata la città di LA a portarmi sul cammino
della perdizione, a trascinarmi lontano da Sakura, da tutto.
“Stai dicendo che gli altri non riusciranno più ad
uscire dalla città di LA?” mi chiede Sakura,
angosciata, senza il freddo autocontrollo che si è imposta
in tutti questi anni “Nemmeno…nemmeno
Naruto?”.
Ringhio, senza motivo, mentre una scintilla di gelosia mi esplode nel
petto.
“Sto dicendo che sei tu quella imprigionata nella
città di LA, Sakura”.
Forse l’ha sempre saputo. Forse ha sempre saputo che il cielo
non era bianco, che i fiori non erano reali, che persino io ero la
pallida ombra di me stesso. L’amore si sente, e lei lo
sentiva poco, nella persona gentile, troppo gentile, che
l’accudiva, nel suo inferno personale.
Si morde le labbra, annuisce, piano. E poi scruta la sua
città, la città di LA, la sua punizione.
Strizza gli occhi, accecata dal buio.
“Perché, Sasuke-kun? Perché tutto
questo…per me?” chiede, e il suo sorriso non sa se
mostrarsi deluso o imbarazzato.
“Perché lasciare la tua mente prigioniera della
città di LA era l’unico modo per tenerla attiva,
in vita. Il tuo corpo è distrutto, ma la tua mente poteva
sopravvivere. Tu…sei forte, sei sempre stata
forte”.
“Perché, Sasuke-kun?”
La guardo, e non so dove guardare.
Mi vorrà chiedere dove si trova il suo vero corpo, il suo
vero sangue, e io dovrei risponderle che si sta decomponendo nella
tenda adibita ad ospedale, visitata da amici senza speranza. Mi
chiederà del suo coma e della sua mente prigioniera, e io le
dovrei dire che non potrà spezzare le catene che la
imprigionano. Mi chiederà il perché le ho mentito
sulla sua famiglia e sui suoi compagni e io le dovrei dire che tutti i
suoi amici sono lontani, e che non li potrà più
rivedere. Le dovrei dire che il suo migliore amico è in
altra città di LA, la vera città di LA, quella
senza porte e finestre, ucciso dal Dolore, deposto in una collina di
fiori. Le dovrei dire che la sua tomba è già
stata scavata, che ho visto, toccato e annusato il fango che si
appiccicherà al suo gracile viso.
E invece mi chiede: “Perché sei venuto qui,
perché sei venuto per così tanto tempo nella mia
città di LA?”. È quasi affetto quello
che sento nelle sue parole, come se la sua città, il suo
regno, nero e scialbo, sia un gatto smanioso di coccole.
Parlo, e non so quando parlare.
Non posso dirle che devo subire la punizione divina, che io stesso mi
sono imposto, imposto di rimanere legato e prigioniero alla sua ombra,
lontano e vicino alla mia salvatrice. La mia punizione, sognare e
rivivere la mia tortura e la mia resurrezione, agognare la forza che
non mi aveva permesso di salvare Sakura, la mia Sakura. Non
posso dirle che ogni giorno, ogni giorno rientravo nella sua mente e
guardavo come un orgoglioso architetto la mia ciità, il mio
mondo folle. Non posso dirle che ogni giorno, ogni giorno rimanevo ore
ad osservarla, sofferente e immobile, imprigionata nel lettino
dell'ospedale. Le sono stato troppo lontano, e solo ora
riesco a vederla nella luce della verità, in questo mondo
buio. Perché non mi hai guardato così,
Sakura, quando hai gettato nel fango, nel buio, il tuo amore per
addolcire il mio orgoglio glaciale? Tutto è un circolo
vizioso, tutto questo è la mia punizione.
Non parlo, semplicemente non parlo.
E lei sorride. Ora è redenta, ora è luminosa come
un angelo, ha scontato la sua punizione. Vorrei un ultimo bacio, un
ultima carezza, ma lei si allontanerebbe, non vuole contaminarsi, una
povera santa appena nata.
Ma lei mi guarda, e il suo sguardo è una carezza, una
benedizione.
“Io mi sono ricordata del bacio perché la tua
illusione stava svanendo, perché tu la
indebolivi…perché proprio adesso hai deciso di
lasciarmi andare, Sasuke-kun?”
Poi la sua immagine sparisce, in un fascio di luce divina, e il fuoco
divampa dai miei occhi( fuoco o lacrime?).
Esco dalla città di LA, dalla mia città di LA,
fuggo dal mio angelo. Faccio appena in tempo a scorgere il vero corpo
di Sakura, mangiato dalla morte e un lampo mi acceca.
Finalmente lo Sharingan si è mangiato la luce, e i miei
occhi, pieni di sangue muoiono, assieme al mio amore.
Io non ti avrei mai abbandonata Sakura, ma il mio potere, la mia
benedizione e punizione, mi hanno distrutto gli occhi che ti avrebbero
salvata, aiutata, amata. Mi ha reso cieco.
Non sono stato abbastanza forte per resistere, per trovare il coraggio
di abbracciarti un’ultima volta, per confessarti le mie
colpe. E per questa mia debolezza io sarò punito,Sakura, e
sconterò la mia pena in una città di LA senza
luce, senza ombre.
Senza di te.
e
allora morì e mi ossessionò,
e mi ossessionò per la vita.
Dunque,
spero che la lettura sia stata piacevole e, soprattutto, chiara^^. Ora
vi faccio un riassunto: la città di LA è un
termine un po’ romanzato per un’illusione potente,
che crea un’altra dimensione. Quindi, per salvare Sakura,
Sasuke l’ha intrappolata in una città di LA da lui
creata per mezzo dello Sharingan in modo da tentare di
riattivare la mente della ragazza. Ogni giorno andava a trovarla
all’ospedale ed entrava nella sua stessa illusione, per
cercare di riportarla alla vita, ma senza successo. Alla fine, la sua
illusione si è indebolita per via dello Sharingan, che lo
stava rendendo cieco, e Sakura ne divenne consapevole, tanto da
distruggere la tecnica. La tomba piena di fiori è quella di
Naruto, morto nell’attacco contro Pain. Spero che sia tutto
chiaro^^
Che dire, scrivere sui pairing che non mi piacciono mi fa scrivere
certe robe depressive e autodistruttive. Sono molto felice della
posizione, considerando che ho scritto la fic in una settimana, e con
il lavoro di una settimana ho scioccato il giudice^^
Complimenti ancora a tutti i partecipanti e grazie alla giudice e alla
bannerista. Le poesia sono due, ovvero quelle di Flethcer e Ollie
Mcgee, marito e moglie(le loro poesia sono collegate^^). Le frasi di
Ollie McGee sono le seguenti:
"L’avete
visto in giro nel villaggioun uomo con gli occhi bassi e il volto
scavato?E’ mio marito, è lui che per segreta
crudeltàinnominabile, mi prese gioventù e
bellezza;"
"Così
alla fine, avvizzita e coi denti gialli,spezzata
nell’orgoglio e in abietto avvilimento,sprofondai nella fossa"
"Questo lo
spinge al luogo dove giaccio.Nella morte, dunque, sono vendicata."
Lei infatti condanna il
marito per averle fatto qualcosa di terribile, che le ha tolto la
giovinezza e la forza, anche se si è presa la rivincita
ossesionandolo col suo ricordo anche da morta. Le frasi di Fletcher
sono la terza, la sesta e l'ultima; questa poesia è
piuttosto complessa, e non si capisce bene cosa voglia dire: credo che
lui abbia tentato di plasmare sua moglie come voleva, ma che l'argilla
con cui la stava "costruendo" aveva preso sembianza demoniache e che
aveva preso una volontà sua. Perciò il ricordo di
Ollie, anche dopo la sua morte, continua a tormentarlo.
Soprattutto
grazie a:
LalyBlackangel:
sono felice che continuerai a seguirmi, guarda che ci conto!Sono felice
di aver scritto una bella NaruHina, da fervente NaruSaku che sono.
Probabilmente ne scriverò altre, ma ti avverto, questo
pairing lo so scrivere solo in chiave tragica^^’ Bacioni e
grazie ancora!
Shatzy: o
grazie, è sempre bello ricevere i complimenti di una fan
NaruHina^^! Sono felicissima che ti piaccia il mio stile, faccio del
mio meglio(anch’io ammiro moltissimo il tuo e lo sai^_^). Non
ti ignorerei mai!Infatti la NejiTen è la prossima della
lista!Bacioni, cara!LaLa
Rinalamisteriosa:
cara, mi fai arrossire, non merito tutti questi aggettivi^//^. Ma
figurati, riusciresti benissimo a fare una NaruSaku, basta che le
scrivi in chiave tragica e/o sadica e ti verrà naturaleXD(mi
sto tirando la zappa sui piedi da sola, peròXD) MinaKushi
accettata, ma prima scriverò la NejiTen!Bacioni, LaLa
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