Ho
scritto questo capitolo quasi
in contemporanea col precedente capitolo, Pasto alternativo, e riprende
il POV
di Moravich, ampliando quanto detto nell’ultima parte. Qui ci
sono anche tanti
riferimenti a capitoli già scritti in questa raccolta,
quindi per un bel pezzo
se ne va anche per le mie tangenti che sviano allegramente dalla trama
principale. Portate pazienza, tanto prima o poi smetto. I riferimenti
che
faccio alle vite passate dei gemelli, invece, sono i flashback
illustrati nel
secondo volume di Calaca.
Piccola
noticina: viene citato
Tlaloc. Per fisime mie, sono vagamente convinta che sia Franklin.
Cioè, la
prima volta che compare nel fumetto, piove di brutto…
Istinto
animale (15 ottobre)
Xolotl
sentì il pianto
sommesso di Mictlancihuatl solo dopo essere entrato nella sua stanza,
nella
quale era stata reclusa dopo essere stata scacciata da Mictlantechutli,
con la
sola compagnia di un ragno da guardia a far da sentinella. Sebbene il
Signore
del Mictlan non glielo avesse espressamente proibito, Xolotl sapeva che
non
avrebbe dovuto rivolgere la parola alla sua Signora in disgrazia, e
che, assai
probabilmente, la sentinella avrebbe fatto rapporto. Tuttavia
Quetzalcoatl era
scomparso e Xolotl non era soddisfatto delle risposte che la falsa dea
aveva
dato al marito. Quel pianto aveva il potere di irritarlo enormemente e
non
provava la benché minima compassione per il dolore che la
falsa dea stava
provando: se si trovava in quella situazione non avrebbe dovuto
biasimare altri
che se stessa. La donna non sembrava essersi accorta del suo ingresso
nella
stanza o forse, più probabilmente, non se ne curava. Sapeva
che non sarebbe mai
entrato il suo Signore, degli altri non le importava. Pertanto, rimase
seduta
per terra, ad accarezzare distrattamente il suo secondino.
“Dove
si trova Quetzalcoatl?”
chiese senza preamboli.
La
Signora lasciò scorrere
diversi lunghi secondi prima di rispondere “Ho già
risposto al mio Signore e tu
eri presente”. Non riteneva necessario alzare lo sguardo per
parlargli
direttamente negli occhi.
“Hai
un pezzo della sua anima,
puoi rintracciarlo senza problemi” aggiunse la
divinità, ben conscia di ciò che
la donna aveva già rivelato a suo marito.
“Non
è di mio dominio” tagliò
corto quest’ultima.
“E
per quale motivo hai
lasciato perdere un pagamento?” questo, in effetti, era stato
un comportamento
inusuale per una divinità del Mictlan e, in quanto tale,
sospetto.
“Perché
non me ne faccio
niente di qualcosa che appartiene a tuo fratello” rispose
sottolineando, seppur
con tono piatto, che l’anima di suo fratello, per lei, non
aveva alcun valore.
“Anche
solo una briciola
dell’anima di mio fratello vale dieci volte quella di una
creatura come te” mai
aveva osato riferire parole tanto dure a Mictlancihuatl, nemmeno quando
era
ancora una serva appena giunta nel Mictlan, vittima delle dicerie sulla
sua
superbia a cui Xolotl, beninteso, non credeva: Quetzalcoatl gli aveva
detto che
non si era mai palesato alla sua amata nella sua vera forma. A Xolotl
era
bastato che lo credesse Mictlantechutli, affinché il
soggiorno della ragazza
non potesse risolversi con un suo eventuale ritorno, data
l’ostinazione di
Quetzalcoatl nel riaverla con sé. Ma adesso che la donna
aveva perduto il
favore del suo Signore, non aveva alcun motivo di mostrare deferenza
alla
responsabile delle disgrazie di suo fratello.
Quella
frase così aggressiva
destò una certa sorpresa in Mictlancihuatl, al punto da
farle finalmente
sollevare lo sguardo, ma non ne sembrava turbata.
“Inizi
a togliere qualche
sassolino dal calzare, Xolotl” commentò con
leggero sarcasmo.
“Non
c’è stato niente di
personale quando ti ho condotta qui la prima volta. Eri semplicemente
un’anima
da far sparire, per il bene di mio fratello”.
“Complimenti,
lavoro
ineccepibile” fece un debole applauso per proseguire col
sarcasmo, facendo
attenzione a non colpire la sua sentinella.
“Hanno
fatto tutto gli altri.
Xocipilli, Tezcatlipoca. Io ho solo fatto il mio lavoro”.
“Ma
tu conoscevi il loro
piano?”
“Sì.
Loro lo avevano fatto per
dispetto. Io l’ho lasciato fare per proteggere mio
fratello”
“Per
dispetto…” ripeté con
amarezza la donna. “Quindi tu sapevi che le dicerie cucitemi
addosso al mio
arrivo qui erano infondate. Non sapevo chi fosse il tuo prezioso
fratello.
Avresti potuto rendere il mio soggiorno meno penoso fin da subito
avvisando che
nooo, la ragazza non era stata solo vittima dei vostri
capricci!”
“Come
ti ho detto, non era
niente di personale. Eri una semplice anima, non mi interessava il tuo
destino.
Ma, dopotutto, hai solo pagato in anticipo ciò che hai fatto
in un secondo
momento”.
“Scusa,
non credo di capire”
replicò con freddezza.
“Tra
gli umani, tu sei
riconosciuta come una dea. Col potere che ha assorbito dal Mictlan, hai
iniziato
a comportarti come se fossi a casa tua”
“Come
se fossi a casa mia…”
Mictlancihuatl lo guardava come se fosse stato un dio minore con poco
cervello.
“Sai
Xolotl, posso comprendere
il pensiero della maggior parte delle divinità fuori dal
Mictlan. Vedono una
serva con un potere che, secondo loro, non le spetterebbe e che diventa
la
moglie di una divinità, un sovrano addirittura. Deve rodere
parecchio. Anche
tra i nobili mortali è così. La plebe nasce plebe
e muore plebe. Ma tu… ci
lavori, qui. Hai visto più o meno tutto ciò che
ha visto il mio Signore. Alcune
divinità ci sono arrivate semplicemente ragionando, persino
Tlaloc c’è
riuscito, seppur con l’aiuto di un disegnino!”
Xolotl
si irrigidì alla
implicita osservazione di essere meno sveglio di una
divinità che... sì, era un
grande dio, con straordinari poteri, assai venerato, ma se la giocava
alla
grande, quanto a ingenuità, con Quetzalcoatl!
“Come
puoi prendere certe
posizioni?” proseguì Mictlancihuatl, che
dell’irritazione del suo servitore non
poteva importare di meno “Hai visto come usavo il potere
conferitomi. Ho fatto
sempre tutto per migliorare le condizioni del Mictlan e per far star
bene il
mio sposo. Questo ha portato benefici ai mortali? Ha portato le persone
a
dedicare anche a me le preghiere e i sacrifici? Se la cosa non ha dato
fastidio
al Signore del Mictlan, non vedo perché dovrebbe dare
fastidio a te!”.
“Le
tue azioni non cancellano
le tue origini” replicò Xolotl.
“Oh..
quindi, fammi vedere se
ho capito… Gli dei hanno il diritto di fare ciò
che desiderano con i mortali.
Quetzalcoatl ha potuto giocare con Malintzin e questa poteva poi essere
gettata
da parte per volontà degli dei. È
corretto?”
Xolotl
fece un cenno affermativo.
Era logico che un dio potesse fare quello che voleva con ciò
che aveva creato.
“Nel
frattempo questa
Malintzin non avrebbe in alcun modo dovuto aspirare a migliorare la
propria
esistenza, se gli dei non vogliono, è corretto anche questo?
Non importa
quanto, nel frattempo, è… uhm… cambiata
quella Malintzin, quante azioni
degne di stima o con conseguenze positive abbia fatto, lei non
può cambiare il
suo destino, se gli dei non vogliono. È corretto anche
questo?”
“È
esattamente questo il
punto” concordò il dio.
“Vivo
nel Mictlan, rendo conto
del mio operato esclusivamente al dio che lo governa. Non è
sufficiente per te
che Mictlantechutli mi abbia sposata? Per i mortali che mi venerano
sì”.
“Noi
la pensiamo diversamente
dai mortali. Non fare l’errore di prenderli come metro di
paragone. Che una
come te si sia legata a una divinità è
abominevole!”.
Mictlancihuatl
si incupì
“Quindi, quando hai visto che mi sono trovata in segreto con
Quetzalcoatl nel
mondo degli umani, hai pensato bene di fare la spia e mettermi in
difficoltà
con Mictlantechutli. Beh, chiariamo anzitutto un equivoco,
Xolotl” sembrava
aver esaurito la pazienza. “Per quanto la mia condizione
possa sembrare il
frutto di un caso legato ai cempasuchil da me
portati al momento della
mia dipartita, sappi che il Mictlan ha più senso
dell’umorismo di quanto credi.
Quell’idiota di tuo fratello ha donato l’amore ai
mortali, portando il caos tra
le anime separate. E chi ha mandato il Mictlan a limitare il danno?
Proprio la
persona a cui Quetzalcoatl aveva avuto interesse a fare quel dono. Ma,
per
quanto il senso dell’umorismo del Mictlan sia notevole, non
avrebbe mai
lasciato usare il suo potere a qualcuno di indegno. E questo,
Mictlantechutli
lo sa”.
“Parli
come se il Mictlan
fosse un essere senziente” commentò con disprezzo
Xolotl.
A
quel punto, Mictlancihuatl
aveva un’espressione mista tra Ma questo
è proprio un coglione! e Glielo
devo dire? “Già, che scemenza,
vero?” abbozzò infine un sorrisetto amaro e
una lieve nota di sarcasmo nella voce.
“Tuttavia”
proseguì con aria
meditabonda “sarebbe bello poter vedere come te la caveresti,
se succedesse a
te quello che è appena capitato a me… sfruttare
tutte le tue capacità e la
buona volontà per ottenere dei benefici per te e per chi
ami… impegnarti a
migliorare la tua condizione… e scoprire che tutti i tuoi
sforzi saranno vani,
a meno che non sia una divinità a concederti la
grazia”.
“Ma
questo è ciò che spetta ai
mortali, non agli dei… non a te” concluse velenoso
Xolotl.
“Niente
che augureresti al tuo
amato fratellino, immagino. Ma non devi preoccuparti, lui
sarà protetto dalla
sua buona stella, anche se avrà di sicuro le sue
difficoltà”.
“Che
intendi dire?”, allarmato
ma, allo stesso tempo, arrabbiato nel sentir nominare suo fratello da
quella
sgualdrina.
“Ha
voltato le spalle ai suoi
fratelli, ha abbandonato l’amore della sua vita –
mi riferisco al dio del gelo
e della giustizia, ovviamente! Queste cose pesano su
un’anima, se è mortale,
non lo sai? Come minimo, potrebbe rinascere senza l’appoggio
di una famiglia o
rischiare di crescere in solitudine”.
Il
pensiero di suo fratello in
difficoltà lo fece incollerire. Afferrò la donna
e la scosse con fare
minaccioso.
“Come
trovo Quetzalcoatl?”
“Come
osi!?” esclamò irata la
Signora del Mictlan “Arrangiati! Chiedi aiuto ai tuoi pari!
Ma non ti devo
proprio niente perché non sei niente in confronto a
me!”.
Xolotl,
seppur solitamente
restio a colpire una donna, era stato sul punto di reagire
violentemente alla
sua insensata insolenza (fino a prova contraria, era vera la frase
opposta)
quando, ironicamente, fu la stessa donna a dimostrare la propria
debolezza,
cedendo come incapace di reggere il proprio peso. Xolotl
lasciò la presa e la
Signora cadde a terra, rischiando di schiacciare la povera sentinella.
Una
figura pietosa. Senz’altro
aggiungere, e ormai persuaso che, da lei, non avrebbe ottenuto
informazioni
utili a ritrovare il fratello, Xolotl abbandonò la stanza.
Mentre
combatteva l’imbarazzo per
essere stato esaminato nelle parti intime dal mercante di
schiavi… mentre
assisteva testimone allo stupro di suo fratello da parte di un nobile
francese
dopo essersi procurato l’acqua per ripulirsi…
mentre i morsi della fame lo
tormentavano durante il massacrante turno di lavoro in
fabbrica… mentre giaceva
ferito gravemente durante la guerra in trincea… mentre
veniva spinto sul
convoglio che lo avrebbe condotto alla destinazione finale della sua
ennesima
esistenza… mentre salvava ancora una volta il fratello dal
pestaggio da parte
dei bulli in orfanotrofio… l’istinto di Moravich
ne era più che certo: non era
possibile un tale accanimento sulla sua esistenza e su quella del
fratello.
Quando poi era venuto a conoscenza del passato di Mordecai in
orfanotrofio e
aveva notato quella sua tendenza a schermirsi quando riceveva
complimenti o
manifestazioni di amicizia, il suo istinto lo aveva portato alla
conclusione
che anche il fratello stava pagando per una sua colpa ma che,
fortunatamente
per lui, aveva la benedizione di non esserne consapevole. A Jason e
Moravich,
tale benedizione non era consentita.
Il
Serpente Piumato aveva
abbandonato la sua famiglia, aveva dato al suo amante l’onere
di lottare per
mantenere un legame che lui aveva dimenticato. Per tale motivo, le sue
incarnazioni umane sarebbero state sempre abbandonate dalle loro
famiglie, e
queste incarnazioni avrebbero dovuto faticare il doppio per costruire
nuove
relazioni.
Xolotl
e Xocotl avevano agito
contro gli interessi del loro stesso fratello; non solo, avevano
stabilito che
nessun mortale dovesse essere libero di agire per sé, ma
doveva essere alla
mercè delle divinità senza protestare. Dal loro
primo respiro come esseri
umani, nessuna azione che uno dei due avesse fatto per aiutare il
proprio
fratello avrebbe avuto alcuna conseguenza positiva; qualunque decisione
presa
per tirare avanti nella vita si sarebbe risolta in un buco
nell’acqua. Per
garantire l’efficacia di questa persecuzione, nessun potere
divino era stato
conservato ma i ricordi sarebbero stati fin da subito ben nitidi, a
memento
della responsabilità che avevano avuto per la loro
condizione.
L’intervento
divino che avrebbe
dovuto toglierli dalla loro umana miseria? Oh sì, si era
verificato anche
quello. In quell’ultima vita, Dorian aveva preso con
sé i gemelli, togliendoli
da quel buco di istituto in Bulgaria. Chiaramente esigeva un tornaconto
da
loro, e i fratelli erano stati ben felici di fare tutto quello che lui
aveva
chiesto.
Anche
rapire sua moglie che, da
quanto avevano saputo, aveva avuto vite brevi ma assai spensierate e
appaganti.
“Ma
non torcetele un capello”
aveva ammonito Dorian, con tono ed espressione decisamente sinistri.
A
quell’istruzione che sembrava
un monito, l’istinto di Moravich era subito andato a quella
sentinella.
Mictlantechutli aveva ricevuto rapporto, dopotutto… In tal
caso, avrebbero
usato le maniere buone con lei, come avevano sempre dovuto fare, per
non
contrariare il loro benefattore…
Erano
poco più che ragazzini,
all’epoca. Era stato facile, per Jason, convincere una bimba
a uscire con lui
dall’ospedale, dove era stata ricoverata per alcune visite,
con la promessa di
mostrarle un cagnolino che aveva trovato, portarla verso una via
deserta e, con
l’aiuto del “cane”, Moravich, trascinarla
di peso nell’elegante auto nera di
Dorian, prima di sparire nel nulla.
L’istinto
di Moravich era stato
impeccabile, quasi animale. Sarebbe stato sicuramente uno smacco, per
lui, se
avesse scoperto di aver accusato, nel corso dei secoli, la
divinità sbagliata.
Venuto
a conoscenza di quanto
aveva detto Xolotl a sua moglie, e consapevole dell’inganno
che gli dei avevano
perpetrato anche verso di lui, inducendolo ad essere, in un primo
momento, il
carceriere e il tormentatore di un’anima innocente,
Mictlantechutli aveva
deciso di prendersi la sua vendetta personale verso tutti coloro che
avevano
fatto soffrire la sua sposa, mentre si adoperava per riaverla con
sé.
Sarebbe
bello poter vedere
come te la caveresti, se succedesse a te quello che è appena
capitato a me…
sfruttare tutte le tue capacità e la buona
volontà per ottenere dei benefici
per te e per chi ami… impegnarti a migliorare la tua
condizione… e scoprire che
tutti i tuoi sforzi saranno vani, a meno che non sia una
divinità a concederti
la grazia. Questo aveva desiderato la sua amata,
così sarebbe stato.
Questa
era un giuramento che il
Signore del Mictlan aveva fatto a se stesso: tutti coloro che avevano
danneggiato, o arrecato dolore, a Mictlancihuatl avrebbero pagato per
le
proprie colpe durante le loro vite mortali.
Tutti.
“Mi
state mettendo in castigo
come una bambina stupida? È dunque così che
sarò trattata da voi, d’ora in
avanti? Oppure mi avete sempre considerata tale?”*
Nessuno
escluso.
FINE
*era l’ultima frase che
Mictlancihuatl aveva rivolto a
Mictlantechutli nel capitolo “Dismantle
Instructions” in questa raccolta di fanfiction.
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