Il cellulare vibra nella tasca di Fox proprio mentre Calogero conclude l’ennesimo aneddoto che gli stava raccontando sulla sua vita in mare. Rischia di strozzarsi col vino che sta bevendo quando legge il messaggio di Mirco che fa seguito all’audio.
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Què guay! Ti rendi conto di cosa è riuscito a fare quella sottiletta? >> grida euforico il fratello, coprendo le ennesime chiacchiere del presidente della Pro Loco. <<
Se quella ragazza ha tirato fuori il nome di Mendez vuol dire che ci avevi preso, Liber, e che c’è lui dietro il possibile premio promesso da questo vecchio porco alla vincitrice. Sai questo cosa vuol dire, vero? >>.
Certo che lo sa. È a conoscenza del fatto che questo audio potrebbe essere la prova che da mesi stanno aspettando di ottenere per poter incastrare quel maledetto figlio di puttana e vorrebbe solo potersi allontanare dalle orecchie indiscrete di Calogero per ascoltarlo.
<< Ah, ‘ste fimmine. Manco ti lassano a pace >> gli dice Calogero ammiccando in modo malizioso.
<< Raggiune hai >> ridacchia a sua volta, levando il bicchiere contro il quale l’uomo lascia tintinnare il proprio prima di vuotarlo in un sorso.
<< Michè bona sa vitti
[1]. Stanza libera e la Selvaggia attaccata addosso. A te, invece, è toccato di dire di no alla ballerina >> ride in modo volgare, riempiendo il bicchiere con altro vino.
<< Mi hai scoperto >> ride a sua volta Fox, porgendogli il proprio. << Certo che se al ‘Miramare’ non ci mettevano in una stanza con un letto da una piazza e mezza… >> aggiunge cercando di portare il discorso su Antonio.
Il vecchio ride della grossa, inconsapevole di avergli già rivelato molte più cose di quante avrebbe voluto, tra un bicchiere di vino e una cena frugale a base di pane e formaggio. Fox, infatti, ha registrato in queste quattro ore, file a sufficienza da farlo arrestare per truffa, molestie e molti altri capi d’imputazione. Gli è bastato iniziare a muoversi e parlare come lui, a recitare la parte del giornalista che finge di essere integerrimo e ad accettare le sue sigarette forti e il suo vino pregiato, decisamente sprecato per una cena a base di pane e formaggio.
<< Stu poveru stortu!
[2] >> esclama Calogero. << Fu sempre così di quann’era nu criaturi. Struscicato e fissa. Ce ne puoi fare quanto vuoi na si mutichia mai
[3]. Era così già ri tempi da scola >>.
<< Andavate a scuola insieme? >> esclama Fox fingendosi colpito.
<< Sì >> risponde il vecchio con l’aria di chi ne avrebbe fatto volentieri a meno. << Nessuno lo vedeva! Pure u maestro so scurdava. Io mi preoccupava di fare vedere ca c’era pure lui. M’angustiava vederlo sempre solo e castigato >> ride così forte da soffocarsi addirittura con la propria saliva.
<< A me fa pena. Si vede che è una persona infinitamente sola >> ribatte Fox, che vuota il bicchiere fuori bordo approfittando della disattenzione del lupo di mare.
<< Conserva la pietà per chi davvero sa mierita, Valè >> sbotta il vecchio che sembra aver perso di colpo la voglia di ridere. Alterato dalla gran quantità di vino fino ad ora ingerita, si dice contrariato del fatto che tutti quanti si mostravano rattristati dalla vita difficile che era toccata ad Antonio a causa del padre violento che non perdeva occasione per umiliarlo e picchiarlo. A lui, invece, che portava sulle spalle la stessa croce nessuno ha mai mostrato compassione. Si era dovuto spaccare la schiena lavorando fin da bambino a bordo di questa barchetta mentre Antonio si è ritrovato con la comoda eredità di un hotel prestigioso.
<< Save a essere forti. Sa sì debbole subisci ed è giusto >> dice secco Calogero sul cui volto si disegna una brutta espressione di rabbia. << Antonio si mmerita mi sta sulu e i cristiani mu giuriunu. U ricieva puru Samuele
[4] >> conclude affannato.
<< E chi è Samuele? >> domanda Fox, sentendo lungo la schiena il brivido dello stare per agganciare un indiziato con un’ottima esca.
<< Samu è… era u mugghiu amico meu
[5]>> borbotta il vecchio rabbonendosi di colpo. << Lui c’aveva na faccia d’angelo e belle maniere, ma era molto più carogna i mia >>.
<<
Què guay! Prendi e porta a casa, capitano! >> esclama Marco euforico e Fox fatica a trattenersi dall’esultare a sua volta. Eccola lì, infatti, la più grande delle risposte che attendevano con ansia: il piccolo Samuele Mosso in realtà era tutt’altro che santo.
Calogero, infatti, ormai del tutto dimentico da ore di stare parlando ad un giornalista, rivela di come fosse stato il suo amico a istruirlo su come cavarsela da ogni situazione e piacere al prossimo. Si dice sicuro che se non fosse misteriosamente scomparso ormai più di cinquant’anni fa sarebbero stati ancora complici come lo erano allora. Gli racconta molte delle bravate che ha ideato il suo amico, alcune davvero degne di vederli rinchiusi in un carcere minorile e purtroppo molte di queste erano ai danni del direttore dell’hotel ‘Miramare’.
<< Samu si diverteva a darici addosso e Antonio non ci riceva nente, anche se io lo vedevo ca ci rodeva come Samu se la cavava col suo bel visetto e i so belli modi >>.
Sì, sembra proprio che possa dare per certa l’identità del loro serial killer. Tra la vita dura in famiglia con un padre violento e svalutante e i continui e pesanti atti di bullismo da parte di questi due diabolici ragazzini, Antonio deve aver dato di matto e deciso di vendicarsi nel peggiore dei modi.
<< Ma come facevate a passare inosservati? >> gli domanda fingendosi ammirato. << Questo non è un paese grande, non posso credere che davvero abbiate potuto agire senza essere visti >>.
<< Samu non era stupido e manco io >> risponde orgoglioso. << Mica ci abbiamo menato per strada! Lo portamo al vecchio convento >>.
Calogero indica il palazzo abbandonato. Una luna piena gigante lo illumina di un alone spettrale, calando la sua lunga ombra sul tratto di mare sotto di esso, dove, custoditi negli abissi neri e profondi, dondolano i trenta cadaveri appesi come macabri palloncini ai loro sostegni.
Mirco aveva detto quel posto essere un catalizzatore di energie negative e in qualche modo questo deve aver giocato un ruolo non da poco nell’attuazione del terribile piano di vendetta del direttore.
<<
Resta solo da capire perché abbia fatto fuori San Samuele e lasciato in vita questo pezzo di merda >> si chiede Marco, dando voce ai suoi stessi pensieri.
Con una crudeltà gratuita capace di dare la nausea, Calogero racconta come Antonio fosse spaventato da quel vecchio palazzo dal quale diceva di sentire provenire lamenti e urla. Nonostante il suo timore loro lo portavano sempre lassù a forza per picchiarlo e poi lasciarlo da solo.
Fox ha molto più che una vaga idea delle grida che può aver sentito quel povero bambino e di come debba essersi spaventato a morte nel ritrovarsi lì da solo e alla mercè dell’attacco delle voci che lo terrorizzavano al punto da implorare i due bulli di portarlo con loro.
<<
Venga ya! Come si può non dire che Antonio abbia fatto bene a farlo fuori e a torturarlo! >> sbotta Marco e Fox non può fare che convenire con lui, anche se non gli piace.
“
Marco, ti spiace se ti uso da parafulmini?” chiede al fratello, deciso a giocarsi un’intuizione in modo diretto. Marco acconsente entusiasta e avverte la sua presenza farsi più vicina, come gli si fosse seduto accanto.
<< Deve essere stato un duro colpo per te perdere questo compagno di guai >> dice serio e il sorriso scompare del tutto dal volto di Calogero. Questi abbassa lo sguardo e annuisce, vuotando poi tutto d’un fiato l’ennesimo bicchiere di vino.
<< Posso capirti, sai? >> continua catturando la sua attenzione. << Ho perso il mio gemello a quattordici anni, stroncato da una crisi epilettica >>.
<< Oddio! Mi dispiace, Valè >> dice l’uomo sinceramente colpito.
<< Beh, ci si abitua a tutto, no? >> ribatte, vuotando il bicchiere a sua volta. << Marco era una forza della natura! Quando qualcuno lo prendeva in giro per il fatto che fosse malato lui gli si gettava al collo e alla fine toccava a me tirarlo fuori dai guai. Me ne sono prese cosi tante per lui >> ridacchia e l’uomo annuisce rispondendo al suo sorriso triste. << Sai, a volte… cazzo, devo ammettere che a volte avrei voluto la smettesse di essere così esagerato nelle sue azioni, nelle sue idee, nel suo mettermi costantemente nei guai! Solo che gli volevo bene e, beh… i nostri genitori guardavano solo lui perché era quello fragile e prendendomene cura riuscivo anche io a farmi vedere da loro. Può sembrare contorto, ma… >> conclude facendo spallucce.
Calogero si propone di riempirgli il bicchiere e lui acconsente. Gli porge anche il pacchetto di sigarette dal quale ne cattura una, che poi accende prendendone una lunga boccata.
<< Te la posso fare una confidenza? >> gli chiede il vecchio e Marco al suo fianco esulta, felice che sia abboccato a questo altro amo.
<< Eu Antonio nda ssupria no u vuliva rassari
[6] >> dice tutto d’un fiato, soffiando via sbuffi di fumo e fiotti di saliva.
Gli confessa che era stata un’idea di Samuele quella di lasciare Antonio da solo durante la notte al vecchio convento. Lui era arrivato lassù convinto che, come sempre, lo avrebbero pestato per bene per poi abbandonarlo lì e tornare a casa. Quel pomeriggio, invece, Samuele voleva punirlo per aver osato puntare il dito contro di lui accusandolo davanti al maestro di non essere il bravo bambino che tutti dicevano. Per questo Samuele lo aveva legato mani e piedi in una delle stanze del piano superiore e aveva poi esortato Calogero ad aiutarlo a sprangare la porta. Questi si era rifiutato, cercando di farlo ragionare sul fatto che gli adulti si sarebbero accorti della sua assenza e avrebbero rischiato grosso loro due, questa volta seriamente. Samuele, però, era come impazzito e lo aveva minacciato di togliergli l’aiuto che fino a quel momento gli aveva dato e grazie al quale non solo se la stava cavando a scuola, ma stava riscuotendo l’approvazione degli adulti che non lo vedevano solo come il rozzo figlio di pescatori analfabeti.
Calogero si era visto costretto, quindi, ad aiutarlo a sprangare la porta e le grida disperate di Antonio dice di sentirle ancora nella testa. Quella notte non era riuscito a chiudere occhio pensandolo tutto solo in quel palazzo spettarle. Era uscito di casa, quindi, diretto al vecchio convento, ma quando era arrivato lo aveva trovato in mezzo al salone dell’ala ovest, le mani e i piedi liberi. Era seduto a gambe incrociate a guardare una delle porte che danno sulla terrazza e solo quando gli si era avvicinato Antonio si era reso conto della sua presenza. Lo aveva accolto con un grande sorriso, ringraziandolo, poi, per aver preso le sue difese.
<< Mi disse ca aveva passato na notte bellissima e quando ci ho chiesto se non c’aveva avuto paura lui mi disse di no e che quello è il posto più bello del mondo! >> racconta Calogero accendendo un’altra sigaretta.
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Pensi che qualcosa si sia impossessato di Antonio quella notte? >> gli chiede Marco e lui annuisce.
“
E credo che Calogero con il suo tentativo di difesa quel pomeriggio si sia salvato la vita” aggiunge e in questo momento questo vecchio pervertito gli fa quasi tenerezza.
<< Questo non lo hai mai detto a Samuele? >>.
<< Ma chi fa sbarii? >> sbotta il vecchio. << Si ssapiunu chi eru dà a prima matina na mi salutaunu chiu e puru tutti l’autri cosi
[7] >>.
<< E una volta a scuola è ritornato tutto come prima? >>.
<< Se, propria come prima… beh, pi poco tempo, però, picchì dopo tre mesi… Samu sparì >> sussurra il vecchio scrutando il pagliolo della sua sudicia barca.
<< E Antonio immagino che ne sarà stato sollevato >>.
<< Invece ti sbagli! >> risponde Calogero picchiandogli il ginocchio. << Fu quello che ci ha pianto più di tutti. Nessuno se lo aspettava >>.
Fox non se ne stupisce, in fondo. Antonio ha subìto aggressioni frequenti sia in famiglia che a scuola, non è mai stato preso in considerazione né difeso dagli adulti e ha vissuto per anni in silenzio una condizione di frustrazione e stress che lo ha portato a commettere il peggiore dei gesti. Una persona sensibile come lui, che ancora di più deve esserlo stata da bambino, non deve aver retto la realtà di quanto aveva commesso, una volta che la notizia della scomparsa di Samuele Mosso era stata resta pubblica, e per questo è esploso in quel pianto carico di senso di colpa.
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E così, Liber, abbiamo concluso anche questo caso >> dice Marco, battendogli una gelida pacca sulla spalla.
Tanti sono gli interrogativi aperti, ma con quel suo strampalato racconto Calogero ha dato molte risposte a parecchie delle domande che Fox si è posto. Resta da capire cosa sia successo ad Antonio quella notte al convento. Se sia impazzito del tutto o se abbia incontrato quel tipo di spiriti che Mirco è solito rinchiudere nei suoi specchietti. Per quanto poco sappia del compito che è stato assegnato al suo assistente, non gli è difficile immaginare quanto questa seconda possibilità non sia per nulla buona per loro.
<< Hai dell’altro vino? >> gli chiede esausto, mostrandogli la bottiglia ormai vuota.
<< Sta schiscandu? Tu pezzi chi unu com a mmia ‘nchiana supra na navi e na si porta na carrettata i vinu?
[8]>> dice il vecchio alzandosi con un tripudio di scricchiolii e di bestemmie. Scompare dentro la cabina e ne ritorna con altre due bottiglie scure di vetro verde.
<< Alla salute! >> gli dice porgendogliene una per poi lasciarsi cadere a sedere come un sacco di patate.
Fox accetta la bottiglia e imitandolo ne toglie il tappo di sughero con i denti per sputarlo lontano. La porta alle labbra mentre Calogero già tracanna della grossa e resta piacevolmente sorpreso dalla dolcezza di questo vinello rosso, che forse riuscirà a fargli dimenticare anche solo per un po’ tutto questo casino.