JAMES
& PETUNIA (1985)
Era stato un Natale strano, condito dalla gioia del
ritorno di persone che credevano perdute, ma al contempo della malinconia che
lascia indietro tante cose avvenute in loro assenza. Tanto era cambiato e la
cosa più complessa era stato fare i conti con tutto ciò.
Petunia aveva a lungo parlato con Lily, divisa
dalla più grande gioia di averla ritrovata non solo fisicamente, ma anche nel
cuore. Riavvicinarsi, raccontarsi, sentirsi… riscoprire cosa voleva dire essere
sorelle senza invidie e incomprensioni di mezzo parve il miglior regalo che
entrambe potevano ricevere.
Tuttavia, i giorni passavano e come era giusto che
fosse lei, James e Harry stavano passando del tempo insieme a Grimmauld Place. Sirius parve incontenibile nel riavere lì i suoi migliori
amici, che tuttavia insistevano con il trovare una loro sistemazione. Petunia
alla fine aveva deciso di trasferirsi definitivamente nel piccolo villaggio di Hogsmeade, in quel luogo che aveva imparato a chiamare
casa. Ne amava gli spazi piccoli, semplici, ma eleganti. Dudley cresceva in
fretta ed era lieto che fosse lontano, irraggiungibile, da un padre che mai
avrebbe saputo comprenderlo. Che lo avrebbe cresciuto tra vizi e false
credenze, rendendolo un egoista incapace di vedere il bello nelle sfumature
delle emozioni. Non voleva per suo figlio il suo stesso destino…
A questo e molto altro pensava nella penombra della
sua stanza, stesa sul letto, avvolta nella lunga vestaglia. L’anno era iniziato
da pochi giorni e lei faticava ogni giorno che passava a trovare pace nel suo
cuore. Non aveva messo in conto che il suo far tabula rasa l’avrebbe portata a
tutti quei cambiamenti, che amava, certo… aveva ritrovato la sua famiglia, si
era creata degli amici, stava inseguendo i suoi sogni, ma poi… era successo
altro. Qualcosa d’imperdonabile: si era innamorata.
Ormai James era nella sua mente ogni giorno. La
notte gli appariva in sogno e quando rimembrava la sua voce gli appariva come
la più dolce delle melodie. Non aveva mai amato Vernon, più che altro l’aveva
emozionata l’idea che qualcuno la vedesse,
era così accecata dalla gelosia per Lily che si era lasciata abbagliare da una
falsa emozione. Ma conoscere l’amore, sapere cosa volesse dire, che sapore
avesse, comportava per lei perderlo prima di viverlo…
Petunia si passò una mano sugli occhi che non
smettevano di far uscire lacrime silenziose. Dudley dormiva pacifico nella sua
stanza e lei stesa su un fianco non riusciva a prendere sonno. Al di sopra
delle coperte, stava immobile, stringendosi nella vestaglia, rannicchiandosi,
osservando la neve scendere fuori dalla finestra.
Quasi non si accorse dei passi leggeri che lenti si
avvicinavano, ebbe solo la sensazione di cosa stava accadendo quando le molle
del letto cigolarono e un peso al suo fianco le fece capire della presenza di
qualcuno. Lo stesso che le passo un braccio intorno alla vita e le posò un
bacio sulla guancia umida.
Lei si voltò di scattò, rimanendo alquanto sorpresa
di vederlo lì. Con lei.
«C-Che ci fai qui?» era felicemente sconvolta, ma
al contempo così colpevole.
«L-Lily, devi andartene…» ma lui le posò un dito
sulle labbra, per poi scostarle i lunghi capelli castani. Quando la madre di
suo figlio era ricomparsa, era stato ovvio e naturale ritrovarsi, passare del
tempo con Harry e chiarire tutto ciò che in sospeso avevano lasciato.
«Quando tu
sei scomparsa… ero distrutto. Io ancora ti amavo e non riuscivo a capire né
accettare come tu invece pensassi che tutto fosse finito. NON potevo capisci?
NON potevo concepire che tu non provassi quello che io provavo per te…»
Le immagini di quello che era accaduto in quei
giorni tornarono alla mente del giovane uomo, che rimase immobile. Anche
Petunia per quanto combattuta e scossa, non aveva la forza di muoversi, di
rinunciare a quel contatto.
«Ma ora
posso… la felicità di Harry dipende dalla nostra Lily, per questo dobbiamo
esserlo stando con chi amiamo…»
Lily sorrise
alle sue parole, erano seduti uno accanto all’altro sul bordo del letto in cui
quelle notti avevano dormito sì insieme, ma ben distanti, ognuno girato dal
proprio lato pensando e rimuginando su molte cose. Allungò una sua mano e
strinse quella di James per poi dire: «Non è ciò che ci aspettavamo, forse… ma
chi siamo noi per scegliere che forma debba avere l’amore? Petunia ha sofferto
molto, ti prego… prenditi cura del suo cuore… ti chiedo solo questo…»
James aveva ripetuto quelle parole, le stesse che
Lily gli aveva detto e la donna nelle sue braccia non credette alla loro
bellezza, se possibile quello le fece vibrare più forte le corde del cuore.
Come poteva sua sorella essere tanto buona? Come avrebbe mai potuto ripagarla
di tanto amore? Avrebbe voluto, se solo avesse potuto, rubare una stella al
cielo e regalargliela, solo per fare qualcosa di grande come quello che lei
aveva fatto per lei. Non era certa che una vita intera le sarebbe bastata per
ripagarla, ma una promessa le aveva fatto la notte della loro riunione e
l’avrebbe mantenuta: «Ho così tanto da
farmi perdonare, ma di una cosa sono certa. Mi prenderò cura del tuo sorriso,
affinché mai si spenga, tanto meno per colpa mia!»
Alzando una mano Petunia accarezzò i tratti gentili
e affascinanti di James, lei che tanto si era sentita in colpa anche per
quello. Come avrebbe potuto chiedere perdono a Lily anche per quell’ennesima
ferita? E invece, almeno in quel caso… era felice che… Che almeno quello
avrebbe potuto viverlo senza sensi di colpa.
«Ci siamo distrutti, ma grazie a loro siamo anche
rinati. Ciò che è nostro rimanga nostro… e che gli altri si comprino una vita
loro!»
James lo disse, perché sapeva che lei già lo stava
pensando. “Cosa avrebbero poi detto? La
sorella che ruba il marito a quella che credeva morta? Che razza di donna era?”
ma lei parole di lui la fecero arrossire.
«Da quando sei anche un legilimens?»
lo prese in giro lei ed entrambi risero.
«Oh… fidati c’è ancora tanto altro che di me non
sai!» replicò lui, muovendosi quel poco per farla girare e così potersi mettere
sopra di lei e baciarla. Non era il loro primo incontro di bocche, ma lo era
nella totale consapevolezza di non aver più ostacoli davanti al cammino.
SEVERUS
& LILY (1985)
Severus sapeva molto bene
che Lily aveva bisogno di tempo. Dopo Natale lei l’aveva supplicato di credere
in lei, di essere certo che sarebbe tornata, ma di aver pazienza. Aveva bisogno
di tornare con suo figlio, stare con lui e James. Aveva bisogno di parlargli,
di chiarirsi. Mai avrebbe potuto fare qualcosa nella consapevolezza di aver
lasciato cose non dette o non aver chiuso definitivamente un cerchio. Lily era
troppo buona e giusta per tradire James in qualsiasi modo, poteva non esserne
innamorata, ma voleva iniziare una nuova vita con Severus
alla luce del sole, senza nascondersi, senza paura.
Questo lui lo sapeva, ma faceva comunque male
saperla con James, sentirla ancora lontana e ancor peggio temere che lei
potesse cambiare idea. Che James avrebbe potuta riconquistarla. Aveva assistito
a ciò che di forte e lento tra lui e Petunia stava crescendo, ma aveva così
poca fede che… temeva che avrebbe ferito la donna senza problemi ora che la
moglie era tornata. Un terribile pensiero, ma non si cambiava opinione
dall’oggi al domani.
Seduto sul divano logoro del suo piccolo salotto
stringeva la collana con il cuore e il serpente che Lily gli aveva lasciato,
con la promessa che se la sarebbe ripresa: «E
quando me la rimetterai al collo, sarà il segno di un nuovo inizio. Uno libero
da ogni rimorso e rimpianto…» le aveva detto lei prima di lasciare il Malfoy Manor in compagnia di
James.
Non sapeva quando e come il loro ritrovarsi sarebbe
accaduto, ma avrebbe sempre ricordato che accadde in una sera di gennaio.
Fredda e nevosa, con il cielo coperto e l’ululato del vento. Lei era apparsa
alla sua porta che lui aveva aperto chiedendosi se fosse un sogno averla
finalmente di fronte.
Lily era entrata e nemmeno il tempo di chiudere la
porta d’ingresso che la sua schiena era contro essa. Sorrideva sotto il
cappuccio, quando Severus glielo fece scivolare
indietro. I suoi capelli erano tornati rosso rame e le circondavano un volto
giovane, ma più saggio.
Lui aveva appoggiato una mano sulla porta e si era
sporto verso di lei, la fronte una contro l’altra.
I loro occhi, nero nel verde, si fissavano quasi
volessero registrare l'uno lo sguardo dell'altra. Rafforzare la connessione e
lasciare che quella tentazione che da sempre dentro di loro ribolliva
finalmente potesse esplodere.
La mano di Severus scivolò
sul suo fianco, sotto il mantello, intorno alla sua vita, mentre lei si leccava
le labbra in attesa di incontrare le sue e fu quello accadde poco dopo.
Dentro i loro dubbi e le loro paure, adesso sentivano
di poter lasciare fuori il dolore e rendere il loro amore il calore di cui
necessitavano durante un inverno freddo o il valore in una guerra creduta
persa.
Erano ciò che la magia aveva scoperto e il destino
scelto.
Con un piccolo slancio Lily gli fu in braccio, le
gambe intorno alla vita di lui, mentre il suo Sev la
stringeva a sé aiutandosi con la porta per sostenerla. I baci sempre più
urgenti e le mani che correvano a liberarsi dai fastidiosi indumenti che
indossavano. Lily si slacciò il mantello che cadde a terra, mentre Severus faceva smaterializzare entrambi nella piccola
camera da letto angusta del piano superiore.
Lei scivolò giù da lui ed indietreggiò finché non
sentì il bordo del letto dietro le gambe, lui le passò una mano sul fianco del
volto e le tirò indietro i capelli prima di scendere ad accarezzarle la spalla
e il braccio per poi giungere alla sua mano. Lei l’alzò e loro la intrecciarono
guardandosi sorridenti e ansanti. Fu allora che con la bacchetta Severus richiamò a sé la collana. La bacchetta finì sul
comodino e lei si voltò sollevandosi i capelli, mentre lui gliela rimetteva al
collo, il tempo di allacciarla che adesso gli stava lasciando una scia di baci
sul collo.
«Senza di te ho vissuto la metà di un sogno mai
realizzato, la metà di un bacio che si è dissanguato, la metà della mia
anima... E la vita mi ha castigato provocandomi ulteriori ferite. Immobile,
vederti andare avanti con un altro, una guerra che pensavo ormai persa...» gli
sussurrò lui, prima che lei voltandosi rimanesse incatenata al suo viso
sfregiato e illuminato a malapena dalla luce tremola delle candele della
stanza.
«E così avrebbe potuto esserlo… così per un Severus lo è stato…»
«Credo che quell’errore sarà la sua eterna pena…»
sussurrò lui. Gli occhi lucidi e un tremore che quasi non seppe controllare.
Come aveva potuto essere così sciocco? Ingenuo? Un errore che gli era costato
la vita della donna che amava.
«Ma non la tua. Adesso basta guardare al passato o
ad altrove. Siamo qui, in carne e
ossa… vivi e con mille possibilità davanti a noi!»
La voce di Lily era decisa, mentre prendeva le mani
di lui nelle sue per fermarle dal tremare e se le portava sui fianchi. Fu bello
sentirle finalmente sfiorarle la pelle, da sotto la maglia, per poi di nuovo
ritrovarsi in un nuovo bacio e sapere che sarebbe solo stato il primo di molti
altri.
REMUS
& ANDROMEDA (1985)
Remus aveva finito di
accendere l’ultima candela, quando sedendosi nell’elegante poltrona posta di
fronte all’immensa porta finestra gotica, si guardò intorno quasi a disagio. Malfoy Manor era maestoso, freddo
e opulento, ma Narcissa insieme ad Andromeda giorno
dopo giorno si stavano impegnando a cambiarne i connotati in una residenza
gentilizia ricca d’amore. Fu inevitabile per Eda accettare immediatamente la
richiesta della sorella di vivere lì con lei, non si sarebbero più separate e
avrebbero tenuto insieme sempre vivo il ricordo di Bellatrix,
che mai mancava di essere in ogni loro gesto. Non voleva rendere vani tutti i
sacrifici che la loro sorella maggiore per loro aveva fatto, ora lei meritava
la felicità e a loro toccava essere quelle coraggiose.
Il Maniero era troppo grande solo per loro e dunque
Narcissa aveva deciso di adibirne una metà a rifugio.
Quello che era accaduto a lei le aveva rimembrato che il mondo magico era cieco
a molti problemi legati al mondo femminile. Soprusi, violenze e un maschilismo imperante
ancora impregnava la società e dunque lei voleva aiutare altre donne come era
stata aiutata lei. Sole o con figli, se cercavano un riparo ove poter sfuggire
da violenze di ogni tipo, allora lei ci sarebbe stata, in prima linea. Anche
Andromeda si era buttata a capofitto nel progetto, dopotutto nessuno come loro
aveva scoperto quanto chi ti fa più male spesso è proprio chi dice di amarti,
come aveva fatto loro padre. Un padrone insensibile e accecato da folli
credenze.
Avrebbero donato riparo, aiuto psicologico, fisico,
protezione e avrebbero fornito alle stesse tutti i mezzi per rifarsi una nuova
vita. Ora che anche loro madre era morta si ritrovavano con un’eredità che
meritava di essere condivisa e più quella di Malfoy,
avevano grandi progetti.
Quando Andromeda entrò in stanza raggiunse il letto
esausta. Narcissa era stata in giro tutto il giorno
per il loro progetto, per contatti e collaborazioni e lei si era occupata di
Draco, mentre la sorella era filata a letto. Solo che il piccolo era stata dura
addormentarlo e ora Andromeda, oltre già tutta la stanchezza che aveva addosso,
era distrutta.
Sorrise nel notare come nella camera brillassero
molteplici candele profumate. Remus quando poteva la
veniva a trovare, nonostante il suo lavoro ad Hogwarts.
Sorridendo dunque le andò incontro e sedendosi sul bordo del letto con un gesto
della bacchetta fece comparire una teiera che a mezz’aria riempì una tazza che
porse alla giovane donna al letto.
I suoi capelli erano di nuovo castani, lunghi e
setosi circondavano il suo viso tondo e gentile.
«Così mi vizierai…»
«Sarà per me un piacere!» sussurrò lui sorridendo
alla luce della luna calante, la luna piena era passata e anche il suo
malessere maggiore. Il viso appariva ancora spento e stanco, ma il suo sorriso
apprensivo rimaneva lo stesso.
«I riguardi che hai per me dovresti averli per te…»
lo rimproverò lei. Da che era tornata avevano ripreso a vedersi e frequentarsi,
timidi passi verso una relazione che entrambi desideravano. Tuttavia Remus pareva combattuto tra qualcosa che tanto aveva rimpianto,
in sua assenza, e che ora quasi temeva. Era forse egoistico costringerla a lui?
Pochi sapevano del suo essere un lupo mannaro, lei era tra questi. Mai aveva
mostrato paura o curiosità morbosa, ma credeva sbagliato privarla della libertà
di una relazione normale.
Quasi a leggere i suoi pensieri Andromeda poggiò
delicatamente la tazza sul comodino di mogano e sporgendosi verso di lui gli
spostò una ciocca di capelli che più lunga gli era caduta sulla fronte.
«Remus Lupin smettila!»
«Di fare cosa?»
«Sento gli ingranaggi della tua testolina che girano
furiosi! Pensi molto e rimugini anche troppo!»
«Sbaglio a farlo? O ti sto solo costringendo a una
vita a metà?»
Lui posò una mano sul materasso, accanto alle sue
gambe che adesso erano intrappolate tra il suo braccio e il resto del suo
corpo. Rifletté se dirgli quelle parole, ma alla fine prendendogli il volto tra
le mani glielo raccontò con un filo di voce.
«Nel luogo ove sono stata… esisteva una versione di
me, che sì riuscì a rimanere con Ted. A sposarlo e
perfino averci una splendida e particolare figlia…» ricordò con un sorriso
l’astio che proprio lei le teneva per il suo rapporto con quello che ora capì
essere il suo Remus.
Lui si irrigidì e quasi con l’espressione di un
cane bastonato abbassò appena lo sguardo.
«Questo avrebbe dovuto risvegliare in me qualcosa,
ma… non l’ha fatto. Nessun E Se… o
desiderio improvviso di diventare madre. Mi sono invece resa conto che ti amavo
ancora prima di conoscerti, quando eri un nome senza volto sulle labbra di mio
cugino. Quando poi gli eventi ci hanno portato a essere più vicini… mi sono
arresa di fronte alla luce della tua anima. È stato perdendoti che mi sono resa
conto che sempre sei stato ciò che speravo e ora che sei qui, di fronte a me… mi
rendo conto che lo spazio vuoto nel mio cuore è sempre rimasto tale perché
aspettava che tu lo riempissi…»
Era impossibile per Remus
rispondere a quelle parole, ma alzò lo sguardo e lo lasciò fisso nel suo.
Avvicinarono le fronti e poi senza alcuna remora o
dubbio Remus la baciò con la dolcezza di un amore da
favola. Una mano sul suo volto e un bacio sulle labbra, una sulla punta del suo
naso e infine sulla fronte. Di nuovo un altro sulla sua guancia, accanto alle
sue labbra e Andromeda immobile in balìa di tanta delicatezza, infine non ce la
fece a non voltarsi e prendendogli il viso tra le mani per baciarlo con più
intensità. Labbra contro labbra. Ora il bacio divenne più profondo, quando
facendosi da parte Eda lo invitò a raggiungerla al suo fianco. Il tempo che lui
si sedette sul letto e stese le gambe che lei velocemente gli si mise a
cavalcioni. Entrambi risero e poi le loro labbra si incontrarono di nuovo, le
mani di lui che correvano dai suoi lunghi capelli alla schiena che accarezzò da
sopra la lana del maglione, solo per poi porvi una mano al di sotto e cercare
la sua pelle. Andromeda rabbrividì a quel contatto, ma non ci pensò due volte a
far correre le mani alla sua giacca, che gettò da qualche parte lontano, al
nodo della sua cravatta che sciolse senza difficoltà.
«Sei l’unica luna di cui ho bisogno…» mormorò lui
sulle sue labbra, mentre la lingua ne disegnava il profilo e le mani
velocemente gli sfilavano il maglioncino che indossava. Anche la sua camicia
era finita lontana e la loro pelle si toccava e si cercava.
«Sarò la luna che cura le tue ferite, che lenisce
la tua anima e brilla gli angoli oscuri del tuo cuore. Quando l’altro suo volto
ti porterà lontano da me, in quelle notti, io sarò sempre qui…» e così dicendo
Eda accarezzò il suo petto all’altezza del cuore, accarezzando cicatrici varie
causate da quelle notti selvagge.
Lui sorrise e con un nuovo baciò morì su quelle
labbra, l’unica pozione di cui aveva bisogno e di cui mai avrebbe potuto fare a
meno.
SIRIUS
& VESTA (1997)
Ciò che Sirius Black non avrebbe mai potuto dimenticare di quella
strana sensazione era ciò che dentro gli aveva lasciato. Si chiedeva se era
possibile che una donna che mai aveva considerato e a cui aveva mai dato la
minima importanza potesse influenzare così tanto il suo equilibrio. Il suo modo
di vedere, vivere e pensare.
Ciò che aveva
perso non sarebbe mai tornato ed era folle, perché si poteva perdere qualcosa
che non si era mai avuto? In quei giorni tanto si era raccontato cosa non gli
aveva permesso di vedere e capire realmente in sua cugina che, per esempio,
Lily era riuscita a vedere.
Forse era
stata mancanza di tempo, di frequentarla maggiormente e osservarla. O forse
erano stati i tanti silenzi dettati dall’evitare scontri indesiderati. Forse,
molto più semplicemente, non era stato paziente. Non aveva atteso di cercare e
comprendere la verità, perché giudicarla e convincersi dell’idea che di lei
aveva era… più facile.
Ma ora tutti
quei pensieri avevano senso? Nulla di ciò che non era stato sarebbe potuto
tornare per cambiare le cose. Non serviva guardarsi allo specchio e
ripercorrere tutti gli errori fatti, certo non poteva fingere che non facesse
male perché era la consapevolezza di aver scelto deliberatamente di odiarla
perché era la via più facile. Adesso avrebbe dovuto fare i conti con quelle
azioni, quelle che lo mettevano di fronte al dato di fatto che non era la
persona così giusta o senza pregiudizi che si vantava di essere. Era un punto
d’inizio, un fardello che si sarebbe sempre portato dietro a monito di errori
che non avrebbero avuto soluzione, ma che almeno gli avrebbero permesso di
essere un uomo migliore.
Davanti allo specchio Sirius
si guardava, inconsapevole che una sua versione più giovane, in un’altra
dimensione, stava facendo lo stesso con mille pensieri, ma anche una forte
spinta a essere migliori per la stessa donna che nella sua di dimensione era
arrivato per riportarlo alla vita. Sembrava quasi che tutti i suoi anni ad Azkaban
fossero come spariti e non era solo perché adesso era un uomo libero, con la
reputazione ripulita e felice di poter avere Harry al suo fianco… Nonostante
l’oscurità che il ritorno dell’Oscuro Signore aveva portato con sé, lui adesso
vedeva solo luce e speranza. Con Vesta Goldstein, il nome e l’identità con cui
tutti la conoscevano – a parte l’Ordine della Fenice ed Harry e Neville che
conoscevano la verità – stava imparando doti che non sapeva nemmeno di avere.
La pazienza era una di queste.
La sua infatti era stata una riabilitazione lunga e
dura, mesi in cui l’assistette in ogni cosa. Dall’aiutarla a camminare, a
mangiare, ritrovare le forze e non darsi mai per vinta. Lei era testarda, era
terribilmente decisa e non mollava mai anche quando le sfide avevano la meglio.
Non accettava quella debolezza, non accettava che il suo corpo rifiutasse la
dimensione che le aveva dato la vita, mentre lei era rimasta lì per sfruttare
la gioia di goderla e scoprire il sapore della libertà. E così, ogni giorno era
una lotta fatta di dolore e lacrime, da cui non sfuggì mai. Se ciò riempiva
Vesta della paura che Sirius si sarebbe stancato di
lei, al contrario lui se ne innamorava ogni giorno che passava sempre più.
Trovando in lei un motivo in più per combattere. Mai era stato stimolato a
essere un uomo migliore come in quel momento e tutto grazie ad Harry e lei. Non
poteva e non voleva deluderli.
Ormai era aprile e un anno era passato da quella
notte al Ministero, quella che diede l’inizio a tutto e fece iniziare per lei
un calvario tanto fisico quanto psicologico. Sirius
rimase stupito del legame viscerale che la univa alle sue sorelle e sapere di
averle vicine, con la consapevolezza di non poterle approcciare perché non
erano loro era duro. Gli mancavano
ogni giorno di più, ma lentamente quel dolore si assopì nel calore di ricordi
che aveva imparato a usare per essere più forte e non più debole. Era questa
l’assurdità, l’amore faceva provare dolori che andavano oltre a quelli che
fisicamente era possibile provare. Era una magia potente che però nonostante le
lacrime, le notti insonni e i magoni… donava la più potente delle forze, quella
di non mollare mai, di alzare il capo e fieramente proseguire.
Guardandosi allo specchio Vesta non credette
all’immagine riflessa, una donna completamente rimessa, forte, fiera e felice.
Volteggiò nel suo abito verde smerlando, mentre guardandosi si chiedeva cosa
aveva fatto per meritarsi tutto ciò.
Spesso, nella disperazione più totale, ci si
ritrova a pregare nella speranza che qualcuno possa udire il nostro grido di
aiuto. Tuttavia, quando certe cose accadono, quando si ha la possibilità di
vivere delle seconde possibilità, allora si ha la certezza che quel qualcuno
non può non aver udito quelle suppliche.
Era ancora persa nei suoi pensieri, quando Sirius la raggiunse alle sue spalle.
La teoria voleva che sarebbero dovuto uscire per
una piccola festa che Molly aveva organizzato a La Tana. Nulla di che, solo una
cena in cui con alcuni amici si festeggiava il suo essersi completamente
ripresa. Vesta era stata fortunata, non solo Sirius
ma tutti dai membri dell'Ordine ai ragazzi, le erano stati vicini portandole
compagnia, supporto e tanta allegria. Con loro portavano la certezza che
qualcosa di buono arriva sempre, soprattutto per ricordare che tutto ciò che di
meno bello si è vissuto è valsa la pena... senza la notte, il sole non può
sorgere.
«Avrei preferito perire in battaglia che perderti…»
Le sussurrò all’orecchio e lei ogni volta si
indispettiva, non amava ricordare quella notte e di come davvero avrebbe potuto
rischiare di perderlo. E infatti corrucciò lo sguardo elegantemente truccato,
mentre lo guardava attraverso lo specchio.
Sirius le prese una mano
e tenendola nella sua con un dito le accarezzò il collo, la fece poi scivolare
giù verso la sua gamba. Lei aprì la mano e l'appoggiò sulla stoffa sottile,
mentre la bocca di lui era sul suo orecchio. Il suo alito caldo a regalarle
brividi incontrollati.
«Fortunatamente l’E Se… non esiste e noi siamo qui. Ti Amo come non credevo nemmeno
fosse possibile farlo…»
Lei chiuse gli occhi sospirando, mentre la sua
bocca le baciava il collo e la mano si stringeva sull'abito. Fu allora che lui
gliela sollevò e così insieme a lei fece sollevare l’abito mostrando la sua
gamba lunga e liscia. Vesta avrebbe voluto ricordargli che avevano una cena, ma
c’era ancora tempo e dopo un anno in cui non avevano potuto sentirsi, percepiva
che ogni cellula del suo corpo adesso lo bramava.
«Grazie a te per esistere… grazie a te ho potuto
resistere… Grazie a te è valsa la pena farlo… Ti amo… Ed è così strano, non ha
mai avuto senso per me questa frase, così vacua e priva di significato…»
Mentre lo diceva Vesta percepì la zip del suo abito
venir abbassato e lo stesso cadere a terra, la sua barba pizzicava sulla pelle
nuda della spalla, quando voltandosi cercò le sue labbra spingendolo indietro.
Lo fece sedere sul bordo del loro letto, mentre lei alzava un ginocchio e lo
puntava tra le sue, sporgendosi verso di lui. Il tutto senza mai smettere di
baciarsi, mentre le mani di Sirius correvano sulla
sua vita sottile e la pelle giovane e setosa, velocemente se la mise addosso
stringendosela quasi temesse potesse scomparire da un momento all’altro.
Sirius ne era certo, non
sapeva quando sarebbe stata la sua ora, ma quando la morte lo avrebbe raggiunto
allora che fosse stato per amore. Sì,
senza paura si sarebbe abbandonato alle sue braccia, perché quando lo avrebbe
fatto sarebbe sì morto, ma d’amore per lei.