“Edward…”
Maledetto.
Maledetto, fottuto di un codardo di Stede Bonnet.
“Edward.”
Chiuse gli occhi, cercando di non abbandonare quel torpore che lo ancorava a terra e gli rendeva le palpebre pesanti.
Era vivo, pensò Ed.
Stede era vivo e stava bene.
Perchè diamine gli avevano detto che era morto?
Non aveva creduto ai suoi occhi, quando se l'era ritrovato sul ponte di prua con la barba lunga, due stracci addosso e circondato dagli uomini che lui stesso aveva abbandonato appena dieci giorni prima!
Si era sentito davvero felice, come poche volte lo era stato in vita sua, ma dopo un attimo il sangue gli era evaporato dalle vene.
Se non altro, aveva cercato di dominarsi.
Lui era il Kraken, in fondo! Non avrebbe certo potuto dimenticare tutto per correre ad abbracciare Stede, piangendo e maledicendolo per averlo fatto preoccupare così tanto.
E poi come aveva osato, quel mezzo pirata, tornare sulla sua nave apparentemente in totale tranquillità, come se niente fosse accaduto e pretendere anche che lui lo stesse a sentire!?
Edward, in quanto terrore dei mari si sarebbe aspettato di essere temuto almeno un po'...invece nè Stede, nè la sua ciurma erano sembrati spaventati dalla sua persona. Cristo, era incredibile, impensabile, una cosa del genere!
Ma di che cosa erano fatti, quegli uomini? Lui aveva fatto il possibile per terrorizzarli e loro niente, avevano continuato a guardato con reverenza, qualcuno aveva osato mostrare del disappunto, ma non paura. Mai, paura.
Non temevano niente perché il loro co-capitano era praticamente insieme a loro, oppure la permanenza sull’isoletta nella quale erano stati abbandonati li aveva resi completamente idioti?
Ed non poteva ancora dirlo con certezza.
Alla fine, era stata una fortuna che la Marina avesse scelto proprio quel momento per attaccare: se avesse atteso ancora immobile, occhi negli occhi con Stede Bonnet, gli sarebbe fermato il cuore per la rabbia. O per amore.
No, no, era rabbia, aveva deciso Ed.
E purtroppo neanche uno scontro di due giorni, era stato in grado di calmare il suo animo.
Da quando avevano vinto, la tentazione di fronteggiare Stede e stringerlo fino a fargli male era stata fortissima: stava bene, il bastardo. Aveva...combattuto, e anche discretamente! Era stato incredibile vederlo impegnarsi così tanto in un combattimento fisico, lui, che usava la retorica meglio di qualsiasi spada esistente al mondo.
Edward non aveva potuto fare altro che guardarlo di nuovo con incredulità, debitamente mascherata con lo sdegno più totale.
Il momento successivo, quando Ivan e Fang l'avevano trascinato via,- dopo aver messo alla gogna l'unico ostaggio che erano riusciti a non uccidere- non era stato capace di fermarli: il dolore era tornato tutto a galla ulteriormente e più il tempo passava, più diventava insopportabile.
Barbanera, anche se era Barbanera, aveva scoperto di non poter semplicemente tollerare di riavere il Pirata Gentiluomo all'interno della sua stessa nave.
Certo, era rinchiuso nella stiva e sorvegliato a vista, ma tanto lo disturbava.
Perchè, perchè continuava a sentirsi tormentato? Perchè la sua immagine non lo lasciava in pace?
Ed non poteva certo dormire, in quello stato, non riusciva neanche più a mangiare molto.
In compenso beveva.
Tanto.
Di tutto.
Stava dando fondo a tutte le bottiglie che per puro caso non aveva scaraventato fuoribordo.
“Edward?”
Si odiava.
Però non poteva nemmeno andare avanti in quel modo, bevendo fino ad addormentarsi per tutta la vita...sarebbe finito come suo padre.
No, non poteva, doveva fare qualcosa: non andava bene che Stede se ne stesse tranquillo in cantina, mentre lui si disperava senza sosta per conto proprio.
Bonnet doveva patire.
Altrochè, se doveva patire!
Così, mentre il Primo Ufficiale faceva il suo lavoro, occupandosi del redivivo equipaggio, Ed era sceso ogni notte nella stiva, bussando pesantemente contro la porta per spaventare chi si trovava dall'altra parte, poi ci avevano sempre pensato le parole, a completare l'opera.
Tuttavia, l'ultima volta che aveva incontrato il pirata biondo, si era incredibilmente fatto male anche lui. Aveva tentato strenuamente di non farci caso, all'inizio...poi non aveva più potuto sopportare di vederlo ridotto in quello stato.
Stede era se possibile ancora più pallido, un po' smagrito, decisamente spaventato e con i capelli scompigliati in tutte le direzioni.
La cosa peggiore da sopportare era sempre il suo sguardo. Quegli occhi verdi e incredibilmente limpidi avevano sempre avuto uno strano ascendente su di lui, avrebbero potuto ghermirgli l'anima e non lasciarla mai per l'eternità.
In ogni caso, Stede non era più Stede e -per disgrazia o per fortuna- Ed era stato abbastanza sobrio da accorgersene.
Allora, in preda a chissà quale idea malsana, o lucidità improvvisa, l'aveva fatto spostare immediatamente nelle sue stanze personali, gli aveva concesso di lavarsi dato che, a lungo andare, l'odore nauseabondo della cantina gli si stava attaccando addosso.
E Stede non puzzava.
Mai.
Da quell'ultima notte, Barbanera aveva cominciato a fare i conti con la propria coscienza pentendosi di tutte le deprecabili azioni che aveva compiuto indirettamente o meno, una dopo l'altra. E come se non fosse abbastanza devastato, le parole del pirata biondo gli si erano conficcate nel cervello: aveva capito che il suo abbandono non era stato completamente intenzionale, qualcuno l'aveva minacciato.
Forse diceva la verità.
Forse no.
Ma allora perchè non avvisare?
Perchè lasciargli intendere che fosse morto, quando invece era vivo?
Il Kraken aveva preferito restare nell'ignoranza, piuttosto che domandarglielo di nuovo la sera successiva, deciso come non mai a mantenere le distanze.
Non voleva rivedere Stede mai più.
"Edward!"
“Ah, sei tu, Izzy.” Il terrore dei mari scivolò giù dal giaciglio raffazzonato che aveva organizzato in una stanza casuale della Revenge, per non dormire nella cabina del capitano. Non aveva mai voluto occupare il letto di Stede, neanche in sua assenza.
La volta in cui aveva varcato la soglia di quella stanza era finita uno schifo.
Aveva quindi deciso di arrangiarsi su una specie di mezzo letto imbottito: Stede un giorno gli aveva spiegato che quello su cui si trovava era un mobile molto comune nelle case nobiliari e che si chiamasse qualcosa come sofà. “Che c’è?”
“Dimmelo tu, che c’è!" Strepitò il Primo Ufficiale. "Ancora rimugini su quel pirata da strapazzo?”
Ed mugugnò in segno di diniego, con la bocca impastata dalle rimanenze dell'alcol e dal sano sonno che ormai gli sfuggiva da tempo immemore.
Avvicinandosi al tavolo poco distante, afferrò una bottiglia di rum per il collo e si diresse verso il camino spento. Lo fissò un momento con disappunto, quasi si aspettasse invece di vederci dentro le fiamme e bevve un lungo sorso, finchè il liquido non sparì del tutto. “Niente affatto. Lasciami in pace.”
Izzy rimase ad osservarlo con un sopracciglio inarcato, come se non riuscisse davvero a capire quali mali affliggessero l’animo del suo amico, che si stava passando una mano sugli occhi ancora disabituati alla luce. Possibile che stesse ancora così male?
A causa di un'onda particolarmente alta solcata dalla nave, Ed dovette aggrapparsi istintivamente ad uno scaffale vuoto della libreria un tempo ricolma di libri: era soprattutto colpa del contenuto di quella bottiglia, se non si reggeva in piedi.
“Hai fatto la scelta giusta a liberarti di tutte le sue cose, persino dei suoi uomini." Decretò Izzy, senza ricevere risposta.
Lui non poteva neanche immaginare che il senso di colpa annidato nell'anima del suo temibile Capitano fosse diventato più ingombrante di una balena e più fastidioso di una spina.
Il minimo che Ed poteva fare per quella ciurma di disgraziati, era proprio non occuparsene, dato che li aveva danneggiati anche troppo.
Mentre la sua mente ottenebrata formulava quella considerazione, il pirata più vecchio si era avvicinato alle sue spalle. Edward avvertì la sua mano percorrergli il braccio, ancora prima di vederla.
"Izzy, smettila."
“Lascia," ribatté lui, allontanando la potenziale arma dalle mani dell'amico. "Hai bevuto abbastanza.”
"Che te ne importa?"
"Non so come accidenti hai fatto a combattere i merdosissimi uomini del Re in questo stato." La mano del Primo Ufficiale non si era mossa di un millimetro. "Quella sottospecie di pirata è ancora nella sua cabina, in attesa dell'esecuzione…"
“Izzy, ti avverto—“
"…perchè tu non hai ancora intenzione di ucciderlo, non è vero?"
Edward si voltò di scatto: in realtà aveva provato, a far fuori Stede. Due volte. Aveva fallito miseramente e Izzy l'aveva capito anche troppo bene.
"Uccidi l'ostaggio, se ti fa piacere." Disse sbrigativo. "Quel Maynard*, Marynand o come stradiamine chiama. Tanto la nostra posizione è compromessa e la nostra situazione anche. Ci cercano da quando abbiamo lasciato la fottuta Accademia, non ci lasceranno andare finchè non avranno ottenuto la loro giustizia."
Izzy valutò. "Sai, durante le torture ho saputo che il nostro caro ostaggio è un pezzo grosso...potrebbero davvero accorciare la tua pena, se lo riconsegnassi ai suoi compagni, anche se solo parzialmente integro. Poi c'è sempre il piano originale: consegnare l’idiota e chiedere un secondo Atto di Clemenza. Pensaci bene, quelli della Marina sarebbero felici di avere Bonnet vivo. Ha ucciso due ufficiali."
"Ne ha ucciso uno solo e non è stata neanche colpa sua. L'altro tizio l'ha minacciato con una pistola, non ho idea di come Stede abbia potuto sopraffarlo."
"Minacciato? Bonnet? Di che parli?"
"Di niente, deliravo." Il Capitano fece per allontanarsi, ma la sua mano era ancora intrappolata. Sospirò profondamente, per ritrovare la calma e la pazienza. "Lasciami."
"Lasciami." Ripeté Izzy, esagerando volutamente l'inflessione lamentosa del suo tono.
“Che cazzo vuoi da me?!”
"Sapere che cazzo ti prende!! Ma ti ascolti?" Il Secondo in comando aveva alzato la voce.
Barbanera rimase in silenzio, momentaneamente atterrito.
"Pensi che non me ne sia accorto, vero? Pensi che non veda che ogni notte vai a trovare quel damerino viziato e poi piangi e ti ubriachi fino a sentirti male?
Pensi che non mi sia accorto di quello che hai fatto per quello stupido scrivano? Prima lo ammazzi e poi lo salvi.
Guarda come ti sei ridotto...io stento a riconoscerti. Mi chiedo chi tu sia diventato ultimamente—"
"Un mostro."
"Un rammollito." Corresse Izzy.
E il Kraken perse definitivamente la pazienza. Si liberò dalla presa dell’altro uomo con uno strattone, gli strappò fulmineamente la bottiglia dalle mani per mandarla in pezzi lontano nella stanza e poi lo trasse a sè.
"Io sarò un rammollito, ma tu sarai un pirata con il collo aperto, se oserai mancarmi di rispetto un'altra volta." Sibilò a denti stretti, un bagliore febbrile e omicida a incendiargli lo sguardo. La lama del coltello che aveva estratto in appena due secondi dalla fondina legata al suo fianco, riluceva alla luce del giorno sotto la gola di Izzy. "I piani cambiano se e quando lo dico io, e se non ti sta bene va' pure a chiedere al povero Lucius quanto può essere fredda l'acqua dell'oceano."
"Agli ordini...Capitano." Rispose il Secondo in comando. Aveva il fiato corto e le iridi strette. Ed se ne era accorto, ma continuò a spingere la punta del pugnale contro la sua gola.
Izzy cominció ad avere paura. Sbatté le palpebre un paio di volte. “Non lo fare.” Esalò. “Non…lo fare. Calmati, dannazione.”
Edward sgranò gli occhi e impallidì, come se si fosse reso conto di ciò che stava per fare nel giro di un momento.
“Che cazzo…” Gli sfuggí dalle labbra, mentre si allontanava. Il coltello, fino a poco prima ben saldo all’interno della sua presa, cadde a terra: un attimo ancora e il collo del suo più vecchio amico avrebbe sanguinato. “Izzy!”
“Finalmente.” Commentò sarcasticamente quell’ultimo, abbassandosi poi a raccogliere l'arma come se niente fosse.
“Ma sei impazzito?”
“Io?”
“No, il Re. Che diavolo pensavi di fare?”
“Volevo che tornassi indietro.”
“E dovevi farmi incazzare in questo modo, maledetto te?!”
“Ci sono riuscito." Fece presente l’uomo. "Edward, sei ubriaco da settimane, non riesci a rimanere lucido per più di cinque minuti di fila.”
“Io…“ Il Capitano fece per ribattere, ma non riuscì. “Non avrei mai voluto tentare di ucciderti. Mi dispiace.”
“Al diavolo ti ci mando dopo. Ora dobbiamo parlare.” Decretò il Primo Ufficiale, schivando deliberatamente quelle scuse imbarazzanti. “Guarda qui." Si tolse una piccola pergamena arrotolata dalla tasca dei calzoni e gliela porse.
Ed la studiò con lucida curiosità, poi spezzò il sigillo e l'aprí. “Sai di che si tratta?” Chiese, sinceramente confuso.
“Mi prendi per il culo? Lo sai che so leggere poco e niente!”
Barbanera contemplò a lungo le parole dalla grafia svolazzante, vergate d’inchiostro nero, ma nella sua mente confusa le lettere si capovolgevano e si capovolgevano in continuazione. Gli succedeva sin da quando era piccolo. Crescendo, aveva impiegato degli anni solo ad imparare come si leggesse il suo nome.
In effetti, lui riconosceva unicamente le sei lettere che lo componevano, ignorando nel contempo quale fosse e come si scrivesse il resto dell'alfabeto.
Ben presto dovette distogliere lo sguardo dall apergamena: un moto di nausea gli era salito alla bocca dello stomaco e non fu in grado di trattenerlo.
Con somma vergogna si ritrovò a correre al secchio che teneva dietro al paravento e mentre rimetteva anche l’osso del collo, Ed si rese conto di essere un vero asino e di voler rivedere Stede.
Gli mancava. Aveva bisogno di lui come non mai.
“Ehi…” chiamò Izzy, che per minuti interi era rimasto in attesa al centro della stanza, cercando di non vomitare a sua volta. “Ti senti bene?”
Ed finí di svuotarsi lo stomaco, poi rispose debolmente. “A te che cazzo sembra?!”
“Mi sembra di ricordare che fossi io, il Vomitoso del gruppo.”
“Lo sei ancora: hai vomitato da sobrio. Io non soffro il mal di mare, sono solo un po' ubriaco.”
“Possiamo occuparci della questione, per favore?”
“Dove hai trovato questa missiva maledetta?”
“Era in becco a quell’uccellaccio che gira sempre sulla testa di Buttons.”
“Olivia.”
“Che?”
“È il nome del—lascia perdere.” Ed si pulì la bocca con uno straccio trovato casualmente lì vicino e tentò di alzarsi.
La testa gli girava. Le viscere gli dolevano come non mai. “Quello è il leone incoronato, il sigillo reale. È roba della Marina.”
“Lo sapevo! Bastardi dannati. Cosa vogliono?”
“Be' ecco...io...non sono riuscito a capirlo.”
“Merda...chiediamo allo scrivano?”
“Ti strappo le budella se lo porti qui! Sono convinto che metà di quelle parole siano ultimatum e l'altra metà minacce, non ho bisogno dello scrivano per capirlo!”
Izzy sospirò. “Lo sai che significa, vero?”
“Certo, non sono mica idiota! È questione di giorni, prima che ci attacchino di nuovo, mi pare ovvio, ma noi non abbiamo provviste e gli uomini sono distrutti. Ci conviene scontrarci per terra e poi fare rifornimenti.”
“Che ce ne facciamo di Bonnett?”
Ed fu grato di essere nascosto dietro il paravento, o le sue lacrime sarebbero state palesi anche ad un cieco. “Ci penseremo una volta che la dannatissima Marina sarà sistemata.“
“Ma—“
“Ma niente, discuteremo del piano quando lo stabilirò io. Ora sparisci a controllare se c’è qualche nave nei paraggi.”
Lo sguardo di Izzy si illuminò. "Non dirmi che hai intenzione di seminare un po' di terrore come ai vecchi tempi!"
"E vattene affanculo!"
Izzy non se lo fece ripetere: in pochi passi claudicanti scivolò via dalla stanza e tormentò la povera ciurma fino a quando, quella sera stessa, una nave -la prima di una lunga serie- apparve leggera sul pelo dell'acqua.
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