III – Non ci sono eroi
fra i ladri
- Tutta a dritta!
È un confuso brusio, un sommesso cigolare, un leggero
sgocciolio che accompagna il risveglio dei suoi sensi annebbiati dalla
coltre di un sonno inquieto, affollato da immagini spaventose e
raccapriccianti. Quel suono di acqua che scorre a gocce è
così vicino al suo orecchio, che Will finisce per schiudere
le palpebre appiccicaticce, ritrovandosi ad un palmo dal naso un paio
di brache calate su due gambe magre e pallide.
Il giovane, ancora un po’ intontito dalla brusca ripresa di
coscienza, mettendo a fuoco nel labile chiarore del mattino il resto
della figura in piedi accanto a lui, si scosta d’impulso,
battendo sonoramente la nuca sulla grata di ferro.
«Ben svegliato, giovane Turner!», lo saluta
sogghignante mastro Pintel, comparendo alla sua destra.
Nel mentre Ragetti, dopo una scrollatina, si rialza i calzoni, richiude
la patta e riabbassa la gonna: «Quasi non ricordavo
più come si fa!», sbotta ironico, e poi,
porgendogli con nonchalance il secchio in cui ha urinato,
«Vuoi favorire?»
Il ragazzo inghiotte a vuoto, temendo di essere molto vicino ad avere
un conato di vomito, pur avendo lo stomaco sostanzialmente digiuno.
L’odore persistente del sego delle candele ormai consunte si
mescola al tanfo acre del sudore, di sangue e sporcizia, ammorbando
l’aria immobile che puzza terribilmente di umidità
e di rinchiuso.
Il briccone con la pelata e i capelli arruffati gli si rivolge ancora:
«Che c’è, ragazzino? Ti vergogni? Sei
proprio la copia sputata di Sputafuoco Bill!», sghignazza
irriverente, contagiando con la sua vena canzonatoria il compare di
scorribande che ridacchia reiterando: «Sputafuoco sputato!».
Will inspira a fondo, premendosi le dita sulle tempie pulsanti,
incassando la becera battuta. Dopo la loro tetra dissertazione della
sera precedente, non si aspettava che recuperassero così
velocemente quella smargiassa spudoratezza.
In lui, invece, al rammarico e al timore sta subentrando una disperata
apatia.
Non riesce ancora a capire se sentire nominare suo padre gli susciti
più risentimento o delusione, avendo scoperto chi fosse
realmente, da dove provenissero i suoi sparuti regali. Eppure
è combattuto anche dal desiderio di sapere qualcosa di
più su di lui. Gli fa uno strano effetto sentirsi ripetere
da tutti che gli somiglia, se lo ricorda così poco ...
«Non arriveremo a Port Royal prima dell’alba di
domani», afferma navigato Sparrow, sbirciando il cielo livido
da una stretta finestrella e aspirando avidamente l’aria
salmastra, «Ti conviene approfittare, se non vuoi che ti
scoppi la vescica», sbiascica caustico.
Avvertendo effettivamente una certa pressione sul basso addome, il
ragazzo dopo qualche secondo è costretto malvolentieri a
dargli retta. Stiracchia gli arti anchilosati dalla posizione scomoda
di quel duro giaciglio improvvisato e lentamente si rimette in piedi.
L’essere ammanettato gli rende penoso espletare quel naturale
atto corporeo, e ancora di più lo inibisce quella situazione
di promiscuità cui non è abituato, ma che a tutti
gli altri non suscita il minimo imbarazzo. Spontaneamente si domanda
quante volte Bill Turner, per quella sua discutibile scelta di
diventare un bucaniere, si sia ritrovato in simili frangenti
degradanti, intrappolato tra squallore e sudiciume.
«Non gettarla fuori, siamo controvento», gli
raccomanda con saccenteria il pirata più smilzo, quando
intuisce che ha finito, facendolo sentire nuovamente uno sprovveduto.
Will riappoggia il lercio recipiente di legno per terra e si scosta,
pulendosi alla bell’e meglio le mani sulle ginocchia. Se il
suo futuro prossimo, breve o lungo che sia, sarà quello di
miserabile recluso, deve imparare alla svelta a non essere troppo
schizzinoso.
Ragetti intanto riavvicina a sé il secchio, scambiandosi un
sorrisetto diabolico con il compare di lungo corso.
«Comincio ad avere una fame boia, accidenti»,
prorompe innervosito quest’ultimo, massaggiandosi la pancia
che brontola.
Il biondino di fronte a lui si sfrega l’occhio finto,
bofonchiando: «Non penso ci daranno qualcosa da mettere sotto
i denti. Oramai siamo cadaveri che respirano. Non che prima la nostra
situazione fosse tanto diversa …».
Morte. Ne parlano con tale naturalezza. Turner sospira avvilito,
affacciandosi alla feritoia.
«Beh ma, giacché non sono ancora morto, ho una
dannata fame!», insiste a cercare ragione il furfante calvo e
tarchiato, ottenendo riscontro dagli altri sodali imprigionati, che
cominciano a vociare e protestare anch’essi, picchiando con
le catene contro le sbarre.
«Io ho voglia di sbronzarmi. Mi scolerei anche un intero
barile di rum. O forse un’intera stiva di barili di
rum», borbotta tra sé e sé Jack
Sparrow, le iridi liquide e le labbra incurvate in sorriso bramoso al
solo vagheggiare l’appagamento di un simile desiderio, che
gli fa aumentare la salivazione.
Quasi invocati dalle loro lamentele, irrompono quattro soldati, subito
assaliti da coloriti improperi. Si accertano che durante la notte non
ci siano stati altri decessi tra i feriti più gravi,
né che qualcuno abbia tentato di forzare le serrature delle
prigioni. Rassicurati sull’assenza di rischi per potersi
accostare a quegli uomini scellerati capaci di tramare qualunque
insidia, richiamano un quinto soldato che reca con sé un
pentolone.
Quel pietoso rancio, che è probabilmente composto dai
rimasugli di quanto avanzato dalla mensa destinata ai residenti dei
ponti superiori, viene distribuito riempiendo delle scodelle fatte
passare appena sotto le grate di ogni cella, in numero notevolmente
inferiore alle bocche da saziare, così che tra quei furfanti
si scatena una gazzarra per accaparrarsi il misero pasto.
Appena giungono davanti alla loro soglia, Will nota un furtivo scambio
di occhiate tra i due ex cannonieri della Perla Nera. Con un movimento
fluido il magrolino si alza, la secchia di urina tra le braccia, e
adesso il suo intento gli è chiaro. Vorrebbe avvertire in
qualche modo il malcapitato marinaio, ma d’un tratto accade
qualcos’altro.
Sparrow stende una gamba, per poi ripiegarla rapidamente contro il
busto; guarda Will inarcando le sopracciglia, intimandogli di tacere. E
lui, non sa né come né perché, lo
asseconda. Quell’uomo scorretto e ambiguo esercita un insano
ascendente su di lui.
Ragetti, ignaro del suo sleale sgambetto, prevedibilmente inciampa,
riversandosi addosso tutto il maleodorante contenuto. Il soldato invece
si allontana, lanciandogli con negligenza le ciotole mezze piene,
neanche fossero animali da foraggiare.
«Così finalmente ti deciderai a toglierti quel
vestito da donnicciola!», lo motteggia un collega della
ciurma che ha assistito alla scena dalla cella opposta, scatenando il
riso malevolo degli altri pirati.
«Era grazioso come abito, però»,
s’imbroncia il diretto interessato, sgusciando
impacciatamente fuori dal corpetto e dalla gonna color malva, che il
defunto quartier mastro Bo’sun lo aveva costretto a indossare
per creare un diversivo.
«Smettila di dire così! Sei un invertito o cosa?
Mi fai vergognare!», lo ammonisce irritato Pintel,
spogliandosi anche lui di quel che resta dello sbrindellato abito
giallo canarino.
Mentre i due si ricompongono, risistemandosi le consuete vesti
piratesche che avevano mantenuto sotto il buffo travestimento, Jack
annusa circospetto la brodosa vivanda, che ha la vaga parvenza di
essere una zuppa di pesce: «Mi sento magnanimo, signori. La
lascio a voi», arriccia il naso schifato.
Il giovane Turner intanto gli si accosta e, scartata anche lui quella
repellente brodaglia, spostandone la ciotola, tenta di estorcergli una
confessione: «Perché lo hai fatto?»,
indaga cauto, inclinando il mento in direzione dei due furfanti che
continuano a lagnarsi dello sgradito incidente, quando il pirata finge
di non capire il suo sottinteso.
«Non mi piaceva il modo in cui sparlavano di Bill»,
rimastica stringato quello, deviando lo sguardo verso una minuscola
apertura che mostra acque leggermente increspate.
Nonostante la laconicità della sua risposta, Will rimane
stupito di ricevere tale sincera ammissione da parte di quel tipo che
sembra sempre pronto a schermirsi e a indossare una cinica maschera di
menzogne; perciò s’incoraggia a chiedere ancora:
«Lui com’era? »
L’ex capitano lo sbircia appena, scoccandogli un cipiglio
serioso e infastidito, poi reclina la testa contro il tramezzo
metallico, il suo accento è schietto, quasi nostalgico:
«Era un tipo schivo, mansueto, impulsivo. Cocciuto come uno
stramaledetto mulo. Sapeva farsi valere, quando ce n’era
bisogno. Se qualcosa non gli andava a genio, non temeva di dire il
fatto suo, anche cacciandosi scelleratamente nei guai … Ne
abbiamo combinate a bizzeffe, ai bei tempi andati».
Una baraonda di ricordi, alcuni graditi, altri spiacevoli, gli
sfarfalla davanti agli occhi.
Si perde per qualche istante nel ripensare ai loro rocamboleschi
trascorsi insieme a caccia di mitici tesori, tra le Americhe e
l’Estremo Oriente, alle audaci azioni piratesche perpetrate
contro altri loschi individui di malaffare.
«Ti aveva mai raccontato di me?», lo incalza
imperterrito il ragazzo, più scettico che speranzoso,
afferrandosi le ginocchia, dondolando lievemente, in una posa quasi
infantile. Jack lo scruta di sbieco: ora davanti a lui
c’è soltanto un bambino cresciuto troppo in fretta
che si sforza di apparire forte e inscalfibile, mentre elemosina
qualche briciola di conforto che sfami il suo bisogno di approvazione.
Non è estraneo a tale anelito.
D’improvviso torna in sé: «Forse. Non mi
ricordo», glissa con freddezza, scrollando le spalle e
incrociando le braccia dietro il collo, sollevato di riuscire ancora
imperturbabilmente a mentire.
Turner non insiste a stuzzicarlo, piuttosto si strofina un avambraccio
sul viso madido, emettendo un sussurro dolente: «Stavo
pensando che, ovunque fosse … potremmo averlo ucciso,
spezzando la maledizione».
Sparrow è sconcertato da quella terribile deduzione, ma non
è tipo da indulgere in rimpianti: «Non pensarci.
Era l’unico modo. E tanto ormai non puoi cambiare le
cose».
C’erano soltanto il timoniere e qualche mozzo intento a
strigliare il ponte di coperta, quando è sgattaiolata fuori
ai primi albori, sospinta dall’irresistibile bisogno di
riempirsi gli occhi dello straordinario azzurro di quel mare
cristallino, di sentire il vento caldo dei Caraibi scompigliarle i
capelli liberi da acconciature, avvertirlo infilarsi sotto il tessuto
di percalle, solleticandole deliziosamente la pelle intirizzita dal
freddo della notte, come una peccaminosa e proibita carezza.
Aveva fatto spesso quelle sortite anche durante la lunga traversata
oceanica che, più di otto anni prima, su quella stessa nave,
l’aveva condotta dalla nebbiosa Inghilterra
all’assolata Giamaica, con gran disperazione della sua
governante.
Adesso non c’è stato nessuno a controllare le sue
mosse, è riuscita a eludere facilmente la stretta
sorveglianza di due piantoni e di suo padre, che pure alla fine si
è arrangiato a dormire nel suo stesso alloggio, troppo
grande e confortevole per non essere diviso almeno fra due occupanti.
Ha voluto evitare di permettergli di intuire che ha continuato a
struggersi, nel sonno e soprattutto nella veglia, e così
è fuggita via. Via dalle futili farneticazioni, via dagli
insostenibili sensi di colpa, via dai suoi pensieri tormentosi che
tornano sempre inevitabilmente a ruotare intorno a lui.
Elizabeth distoglie lo sguardo dalla fasciatura alla mano sinistra,
tentando di scacciare la memoria del suo amorevole tocco e delle
indecenti sensazioni che le ha fatto divampare dentro, quando poi le
sue dita callose l’hanno sfiorata sul collo. E quando
l’ha fissata con quello sguardo ardente di adorazione,
manifestando tutto quello che provava per lei, anche senza la
necessità di parlare ... Come avevano potuto restare
impassibili, pur avvertendo quella tensione che li spingeva ad
annullare le distanze? Sarebbe bastato così poco per
cambiare ogni cosa.
Espira lentamente. Ha sperato che trascorrere qualche minuto
lassù potesse aiutarla ad alleggerire la testa e il cuore
dal peso della responsabilità che sente gravare su di
sé, avendo accettato di piegarsi a quel mortificante
compromesso che cambierà per sempre il corso della sua vita.
Invece perfino il tempo atmosferico sembra riflettere il suo malumore:
nubi temporalesche si addensano all’orizzonte e le onde si
stanno ingrossando.
Perdendosi ad osservare le creste grigie che si infrangono sullo scafo,
si domanda ancora se sarà mai capace di non desiderare
più di avere al suo fianco la presenza confortante ed
eccitante di Will Turner e di riuscire ad essere una buona moglie per
l’irreprensibile James Norrington. Un uomo rigido e ligio al
dovere come lui perché mai ha scelto di chiedere la mano ad
una giovane acerba e refrattaria all’etichetta come lei? E
per quale motivo aspira a sposarsi? Rischia quotidianamente la pelle,
mette piede a terra per pochi giorni all’anno, è
tutto preso dalla smania di far carriera e non avrebbe tempo da
dedicare ad una come lei, che si sente ancora una ragazzina desiderosa
di vivere fuori da costrittive mura domestiche, di esplorare il mondo
in tutta la sua grandezza e varietà.
Si sporge un po’ di più dalla ringhiera di prua,
riuscendo a scorgere il leone e l’unicorno scolpiti sulla
polena della Dauntless e, per qualche minuto, decide di chiudere le
palpebre, lasciandosi trasportare dal suono cadenzato delle onde,
restando in ascolto degli scricchiolii del legno, del fruscio delle
corde e delle schioccare delle vele, fantasticando su quanto le
piacerebbe udire sempre quei suoni, mattina e sera …
«Ah, Elizabeth, eccoti qui. Stanno per servire il
pranzo», la voce compassata di suo padre giunge come una
secchiata d’acqua fredda, che le rammenta come il tempo per
sognare si sia drasticamente esaurito. Raddrizza la postura, si
riabbottona nella giubba rossa per coprire le inopportune trasparenze
della camiciola e si volta verso di lui con un saluto cordiale,
facendosi prendere sottobraccio e accompagnare alla cabina del Capitano.
Il Governatore Swann affretta il passo, faticando a mantenere
l’equilibrio per il beccheggio crescente. Non gli
è mai piaciuto navigare, eppure, non appena gli è
stata ventilata la possibilità di farlo, ha abbandonato la
comoda ed elegante scrivania di noce del suo ufficio di Fort Charles e
si è imbarcato senza esitazione, perché non
sopportava l’angoscia di dover aspettare passivamente
l’arrivo di una missiva per accertarsi che la sua unica
figlia fosse stata tratta in salvo dalle grinfie dei rapitori e stesse
per tornare a casa illesa.
Le porte della sala adibita a convivio vengono aperte da due camerotti,
che indicano agli Swann i posti loro destinati, affaccendandosi a
finire di apparecchiare.
Il Commodoro James Norrington e i suoi due ufficiali, i tenenti Andrew
Gillette e Theodore Groves, in piedi davanti all’ampia parete
vetrata di poppa, si esibiscono all’unisono in un ossequioso
inchino; poi gli ultimi due, scambiando qualche altra parola con il
loro superiore, prendono congedo, tornando sul ponte di comando.
Al Governatore è riservato il posto a capotavola, mentre i
novelli fidanzati sono fatti sedere uno di fronte all’altra
nel lungo tavolo imbandito in maniera frugale.
«Miss Swann», Norrington le omaggia di nuovo una
galante riverenza, attendendo che sia lei la prima a sedersi.
«Spero abbiate riposato bene, nonostante la mancanza delle
comodità cui siete usa. Sono desolato di non aver potuto
offrirvi niente di meglio del mio spartano alloggio.
D’altronde una nave non è il luogo più
adatto ad una signora», opina con tono severo ma affabile,
afferrando le posate, potendo così evitare di contemplarla
più del necessario. La sua naturale e fresca bellezza, con i
lunghi capelli sciolti che le ricadono scomposti sulle spalle,
è ancora più spaventosamente disarmante.
Elizabeth non vuole essere scortese, né apparire troppo
condiscendente: «Ad essere sincera, Commodoro, mi
è risultato alquanto gravoso riuscire a prendere sonno,
sapendo che molti uomini nelle scorse ore hanno perduto la loro vita o
sono moribondi a causa mia, e che pochi metri sotto di noi ci sono
uomini destinati a patire una sorte altrettanto ignobile, se non
peggiore», asserisce con una sfumatura polemica, rimestando
il cucchiaio nel piatto fondo senza arrivare a portarlo alla bocca.
L’ufficiale inglese sente su di sé lo sguardo
giudicante di entrambi i suoi ospiti, perciò poggia il tozzo
di pane che ha spezzato con gesti misurati, puntando gli occhi sulla
giovane e indocile aristocratica di cui è infatuato:
«Ogni soldato nel momento stesso in cui si arruola
è consapevole di dover mettere in conto un prezzo molto
elevato per difendere i valori in cui crede e che ci consentono di
prosperare: civiltà, ordine, legge. E per quanto concerne i
pirati … Beh sono coscienti che l’immorale rotta
da loro intrapresa alla fine li condurrà alla
dannazione», argomenta irreprensibile e spassionato.
La ragazza è quasi invidiosa della sua compostezza; lei
invece ha sempre avuto difficoltà a non accalorarsi quando
è in disaccordo: «Ritengo sia comunque eticamente
discutibile, vantarci di essere civili e progrediti, e poi infliggere
ancora oggi certe barbare condanne a chi sbaglia. Chi ci dà
il diritto di privare un essere umano della sua facoltà di
scegliere come vivere …»
«Elizabeth!», la richiama al contegno suo padre,
tamponandosi le labbra col tovagliolo, «Se sei ancora
preoccupata per il tuo amico, ti ribadisco che non appena tornati a
Port Royal, emanerò un provvedimento di clemenza a suo
favore», la rassicura lanciandole un’occhiata
supplice e ammonitoria. Con quel suo ostinato impuntarsi a difendere
tali canaglie, sembra che voglia fare un affronto a lui e alla sua
autorità.
«Vi riferite al signor Turner?», si acciglia il
Commodoro Norrington; più che una domanda è quasi
un’affermazione. Non è cieco, negli ultimi anni, e
soprattutto con il susseguirsi degli ultimi eventi, ha intuito quanto i
due coetanei siano reciprocamente affezionati.
Benché abbia ancora delle riserve su quell’orfano
dal passato ignoto ripescato dopo un tragico naufragio; è
diventato un bravo artigiano, puntuale, capace e serio, forse il suo
garbo, il suo riserbo e il suo aitante aspetto possono risultare
attraenti ad un occhio femminile, ma non gli è mai parso
tanto speciale da essere degno dell’alta considerazione di
una lady del suo rango. Che abbia dei talenti nascosti, di cui lui non
è a conoscenza?
Il Governatore Swann giustifica la sua magnanima decisione:
«Concordo sia giusto che resti in cella per la durata del
viaggio, affinché abbia modo di riflettere sulla sua
disdicevole condotta, ma il signor Turner è sempre stato un
ragazzo perbene, non si è mai macchiato di alcun delitto.
Sono certo che avrà occasione di redimersi, in fondo
è ancora molto giovane. In quanto a tutti gli altri
… Buon Dio! Un trattamento eguale è fuori
discussione! Sono nemici della corona e
dell’umanità, devono pagare il loro conto alla
giustizia», decreta irremovibile, intimando persuasivo alla
figlia: «Mi auguro tu non abbia nulla da ridire su questo
punto, Elizabeth».
Lei annuisce, e, non trovando niente di più pertinente da
aggiungere si limita a bisbigliare: «No, padre. Certo che
no», bevendo un sorso d’acqua per deglutire lo
sdegno.
Vedendola insolitamente remissiva, James Norrington invece ci tiene a
fare una puntualizzazione: «Non temete, Miss Swann. Non
è nei miei piani trasformare la nostra bella isola, che ha
già patito la distruzione e il lutto per mano di quei
malviventi, in un cimitero a cielo aperto. La maggior parte di quei
criminali saranno trasferiti in carceri oltreoceano. Basterà
giustiziarne pubblicamente uno per dare l’esempio a tutti e
vendicare l’onta della vile aggressione che abbiamo
subito».
Le palpebre della ragazza hanno un leggero fremito. Crede di aver
intuito a chi stia sottintendendo: «Jack Sparrow?»,
esterna timorosa della sua stessa perspicace conclusione.
«Esatto. Ha già mancato il suo precedente
appuntamento col patibolo», assevera impietoso il Commodoro,
lasciando comparire una smorfia di spregio sul volto arrossato, mentre
impugna forchetta e coltello per sminuzzare il filetto di merluzzo.
Elizabeth stringe le labbra. Aveva quasi dimenticato che anche sul
bislacco avventuriero dai magnetici occhi bistrati pende una condanna
capitale. Dopo aver letto tanto di lui e delle sue incredibili prodezze
nelle cronache e nei gazzettini locali, conoscerlo di persona ad un
primo impatto è stato emozionante, spiazzante e un
po’ deludente. Astuto, egoista, manipolatore, ha compiuto
atti spregevoli, li ha circuiti per i suoi scopi, eppure ci sono lati
del suo carattere che hanno riscosso la sua ammirazione: è
tenace, spericolato, spiritoso, a suo modo cavalleresco, e in parte
ispirato da ideali di libertà e ribellione che condivide.
Assistere alla sua esecuzione sarà come dire addio
definitivamente alla spensieratezza della sua infanzia.
Qualche ponte più giù, nelle celle di bordo, i
prigionieri, spossati dalla noia, dalla debolezza e dalla limitata
ventilazione, sono quasi tutti assopiti.
Ci ha provato e riprovato ripetutamente anche lui a farsi una dormita,
ma la sua brillante mente tattica lo tiene vigile, vagliando tutte le
possibili azioni da mettere in atto per uscire indenne da
quell’inghippo. E non è un inghippo da poco,
stavolta.
Quel Commodoro sembra un tipo piuttosto ostico e sciaguratamente
fortunato: è già riuscito a catturare
l’imprendibile Capitan Jack Sparrow per ben tre volte negli
ultimi cinque giorni! Presupposto che lo rende un avversario temibile,
da non sottovalutare. Anche perché può contare
sul leale supporto di parecchi uomini, esaltati quanto lui dal senso
del dovere e dall’odio per i fuorilegge conclamati come lui.
Jack Sparrow sente come un rigurgito di bile raschiargli la gola. Sa
bene che da qualche tempo ormai, più precisamente da quando
si è fatto sottrarre stupidamente la Perla Nera, molti non
serbano più una grande opinione di lui. Eppure non ha ancora
digerito il torto infertogli dalla nuova ciurma. Già, ma chi
è stato il capo degli ammutinati, questa volta?
Gibbs non ce lo vede a commettere una simile carognata: anche se
è ligio al Codice, è un uomo troppo mite e non ha
mai avuto alcuna attitudine al comando; in quanto alla combriccola di
derelitti da lui raccattati, gli sono parsi per lo più
abbastanza tonti, quando non servizievoli e passivi.
«Anamaria!», sibila indispettito tra se e
sé. La bella e intraprendente mulatta potrebbe benissimo
aver organizzato la sommossa, scontrosa e vendicativa
com’è.
E poi si sa, le donne si legano al dito ogni minimo torto e prendono
tutto troppo alla lettera, rimugina scornato.
Neanche Will Turner, alle prese coi suoi patemi amorosi, riesce a
trovare requie. Malgrado lo spazio angusto a sua disposizione, continua
a camminare in tondo, avanti e indietro, incapace di rassegnarsi al
fatidico destino che lo attende.
Di colpo il consumato filibustiere è fulminato da
un’idea che lo rianima.
È priva di logica e buon senso, ma forse, se ci
s’impegna, potrà volgere a suo vantaggio.
Salve naviganti!
Ed ecco a voi anche il
terzo capitolo di questa mini long che però, forse,
avrà un (mezzo) capitolo in più rispetto a quanto
preventivato.
Il quarto è
ancora in scrittura e purtroppo, causa sopraggiunti impegni, temo di
non potere riuscire a pubblicarlo per la prossima settimana.
Intanto ringrazio tutti
i lettori silenziosi: se vorrete palesarvi, non potrà che
farmi piacere
Al prossimo approdo!)
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