Shana
ha capito tempo
fa che il miglior modo per non dare troppo nell'occhio è non
esagerare con i travestimenti.
Per
questo motivo quel
giorno non indossa la pesante cappa di velluto dietro cui era solita
nascondersi durante le sue prime uscite clandestine: non ci ha messo
molto ad accorgersi che l'ampio cappuccio che oscurava il suo volto
portava la gente a osservarla con più attenzione, a spiare
sotto
all'orlo decorato fino a decifrare i suoi lineamenti. Ha scoperto che
è più sicuro indossare degli abiti di media
fattura e coprirsi il
capo con uno degli scialli colorati che le mogli dei mercanti
utilizzano per proteggersi dal vento freddo.
Il
clima la assiste: la
prima pioggia di settembre ha svuotato le strade di Yevàn e
i passi
della giovane risuonano sul selciato e sulle pareti dei vicoli
deserti. Incrocia solo pochi passanti frettolosi, gente che, come
lei, ha poca voglia di fermarsi a chiacchierare. Del resto, quella
è
una parte della città in cui, una volta che è
scesa la notte, è
buona norma andare dritti per la propria strada senza attardarsi a
parlare con gli sconosciuti.
Per
raggiungerla Shana
ha lasciato il quartiere ovest, dimora di chi, come suo padre, si
è
arricchito con i proventi delle banche e del commercio della seta, e
ha attraversato l'antica cittadella fortificata che costituisce il
centro di Yevàn. È scivolata poi oltre la porta
sud, la Porta
del Vento, e ha raggiunto il quartiere più
meridionale, quello
che tutti chiamano Conca della Luna. Di
giorno è un
luogo grazioso, ricco di taverne e di venditori ambulanti, ma
è di
notte che mostra il suo vero volto: lì fioriscono bische e
bordelli,
venditori di merci di contrabbando e locali in cui si fuma nebbia.
Quella
sera la Conca
della Luna è più popolata del resto della
città: nemmeno la
pioggia autunnale è sufficiente per raffreddare i vizi e gli
istinti
della gente che sceglie di sperperare lì i propri risparmi.
Shana
non si sente
parte di quella marmaglia persa e senza morale: non è
lì per
piacere, ma per affari.
Il
luogo lo conosce
ormai bene. L'insegna che raffigura un pettirosso stilizzato oscilla
sotto i colpi del vento umido e dall'interno della taverna giungono
grida, risate e il tintinnio di bicchieri posati con malagrazia sui
tavoli di legno. La ragazza ignora la porta principale e si infila in
un viottolo quasi invisibile sulla destra dell'edificio. È
stretto e
le sue spalle strisciano contro il muro bagnato, ma lei non vi bada.
L'obiettivo vale ben quel piccolo fastidio.
Il
portoncino di legno
scheggiato le compare di fronte all'improvviso e, come al solito,
Shana annuncia la propria presenza colpendolo con un calcio. Lo
spioncino si apre e la giovane vede baluginare la luce di una
lanterna, poi la porta si schiude.
"Benvenuta,
Lady
Dellos-Maer" le dice la fanciulla che si trova dall'altra parte.
Il suo tono le lascia il dubbio che la giovane non sia
particolarmente felice di vederla.
Nina,
questo è il nome
della ragazza, è stata per molti anni una prostituta per il
proprietario del locale. Poi un qualche incidente le ha portato via
metà della gamba sinistra, rendendola inadatta alla
professione
malgrado il seno generoso e gli occhi da gatta. Quando Shana,
incuriosita, ha chiesto informazioni su di lei, ha scoperto che
sarebbe finita in strada, se non fosse stato per la sua mente
brillante e per la sua abilità per i numeri. Ora
è una contabile,
tiene traccia di spese e guadagni, e accoglie la gente che viene a
trovare il suo padrone.
Sembra
anche nutrire
una certa antipatia per Shana, ma l'ereditiera non si è mai
interrogata del motivo di quella ostilità: non le interessa,
come in
generale non le interessa di Nina.
"Ho
bisogno di
parlare con Demòs" esordisce, senza preoccuparsi di
ricambiare
il saluto.
"Naturalmente"
borbotta Nina afferrando più saldamente le stampelle che le
permettono di muoversi. "Conoscete la strada per la stanza
verde. Attendete lì, il padrone sarà subito da
voi."
Shana
annuisce e si
incammina verso il locale che le è stato indicato, non prima
di
sciogliere il nodo dello scialle, liberandosi la testa dalla sua
morsa umida.
La
stanza verde rende
giustizia al suo nome: verdi sono i divanetti ricoperti di velluto
consunto, verde è il tappeto che protegge il pavimento,
verde è la
carta da parati che copre le pareti. Il tutto è intriso del
profumo
dolciastro e un po' speziato della nebbia e
Shana
arriccia il naso, disgustata dal pensiero dei numerosi clienti che si
sono seduti lì dove adesso siede lei e hanno fumato la droga
più in
voga nella capitale e nell'intero regno.
L'attesa
è assai più
lunga di quanto si aspettasse e, quando Demòs finalmente la
raggiunge, la ragazza è decisamente irritata.
Il
proprietario del
Pettirosso ha passato i cinquant'anni e il suo ventre sporge fiero al
di sopra della cintura, ma è ancora un uomo piuttosto
piacente, con
grandi occhi scuri e lunghe ciglia che li fanno apparire quasi
bistrati, e una barba folta e curata. Prima di sedersi su uno dei
divanetti liberi si sistema la patta dei pantaloni e Shana distoglie
lo sguardo per celare un moto di disgusto. Nina non sarà
più in
attività, ma lei sospetta che serva Demòs in
più di un modo.
"Se
attraverso
tutta la città per venire a parlare con te, non gradisco che
tu mi
faccia aspettare mezzora" dice rivolgendogli un'occhiata fredda.
"Non
sono alle
vostre dipendenze, Lady Dellos-Maer" replica pigramente
lui. "Se volete i miei servigi, dovete prima pagarmi."
La
ragazza si cava di
tasca un sacchetto di cuoio ingrassato e glielo getta. "Mi pare
che io ti abbia sempre pagato in modo più che generoso."
Demòs
dà un'occhiata
all'interno del sacchetto e, anche se non sorride, Shana vede una
luce soddisfatta brillare nei suoi occhi.
"Cosa
posso fare
per voi?" chiede l'uomo, abbandonando l'espressione pigra e
trasformandosi con disinvoltura in un commerciante solerte.
Shana
va dritta al
punto. "In città negli ultimi giorni c'è stato
qualche furto
particolarmente interessante?"
Demòs
ci pensa per
qualche istante. "Di furti ce ne sono tutti i giorni. State
cercando qualcosa di particolare?"
La
giovane riflette
sulla risposta da dargli. In effetti non è nemmeno sicura
che sia un
furto, quello che sta cercando. Ha passato l'intera serata e la notte
a meditare su ciò che Willy le ha rivelato ed è
giunta alla
conclusione che Lowal potesse essere a casa di Lord Stowel per i
più
svariati motivi. Però è soprattutto un ladro e le
probabilità che
nasconda una refurtiva di un certo valore sono, a parer suo,
superiori a quelle che nasconda un ostaggio.
"Nulla
di
particolare. Mi sono solo giunte delle voci e vorrei capire a cosa si
riferiscono."
L'uomo
le rivolge un
sorriso educato. "Intendete impossessarvi di ciò che
è stato
rubato?"
In
qualsiasi altro
contesto Shana non tollererebbe che le si dia della ladra, ma il
Pettirosso e l'intera Conca della Luna sono un mondo parallelo dove
è
lecito chiamare le cose con il loro nome.
"No"
risponde
comunque. "Mi interessa solo scoprire di cosa si tratta."
Non
è una bugia. Non
ha ancora deciso cosa farà di ciò che Lowal ha
rubato. Ciò che le
interessa davvero, almeno per il momento, è iniziare a farsi
un nome
che possa un giorno rivaleggiare con quello di Lord Stowel.
"Capisco"
annuisce Demòs. "Ebbene, se dovessi dire quale atto
criminale
ha attirato la mia attenzione negli ultimi giorni, vi parlerei
senz'altro del furto avvenuto a casa del notaio di Lord Ardyn."
Shana
aggrotta la
fronte. "Quando sarebbe avvenuto questo furto?"
"Due
notti fa"
replica l'uomo, e lo stomaco della ragazza ha un sussulto.
Due
notti fa! Si
ripete con un brivido di eccitazione. Esattamente quando Willy ha
visto Jens Lowal entrare in casa di Laròs Stowel.
"Sappiamo
cos'è
stato rubato?"
L'uomo
scuote il capo.
"Di preciso no. Lord Ardyn ha solo denunciato il furto di un
oggetto di valore, senza specificarne la natura, e neanche il notaio,
un tale Artem Shidaìn, si è sbilanciato in tal
senso."
Shana
annuisce
mordicchiandosi il labbro inferiore. "E suppongo che non si
conosca nemmeno l'identità del ladro."
"Non
la si
conosce, in effetti. Si parla di un uomo dal volto coperto."
Quell'ultimo
particolare raffredda un po' l'entusiasmo di Shana, dal momento che
Jens Lowal ha il vezzo di compiere i propri crimini a volto
scoperto. Del resto, però, riflette,
se questa
volta si fosse preoccupato di non farsi riconoscere vorrebbe dire che
c'è qualcosa di veramente grosso in ballo.
Shana
non ci mette
molto a decidere che vuole saperne di più, ma dubita che
Demòs, pur
con la rete di informatori di cui si serve, sappia fornirle altri
dettagli.
"Ho
capito"
sospira l'ereditiera dopo qualche minuto. "Credo proprio che
anche questa volta avrò bisogno di uno dei tuoi uomini."
Sul
volto dell'oste
compare un enorme sorriso, senza dubbio alimentato dal pensiero dei
quattrini che presto appesantiranno le sue tasche. "Ma
certamente! Posso riservarvi uno dei ragazzi che hanno lavorato per
voi già in passato, se lo desiderate."
"No"
ribatte
subito Shana. "Mi servirebbe un uomo poco conosciuto in
zona. Per nulla conosciuto in
zona, se possibile."
Demòs
ci pensa per
qualche istante, poi annuisce. "Penso di avere la persona che fa
esattamente al caso vostro."
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