Parte
III
Prima
che suo nonno entrasse nella sua vita, Morty si è sempre
dipinto
come una brava persona. Ha ritratto così anche la sua
famiglia.
Forse un po' fredda, un po' soffocante per certi aspetti, ma buona.
È sempre stato il suo unico modello e punto di riferimento,
tanto da
trovare strane quelle famiglie dai mille sorrisi nelle
pubblicità,
accompagnate da un altrettanto bizzarro senso di attorcigliamento
allo stomaco che ha sempre cercato di ignorare: invidia.
Come
poter curare questa sensazione? Come tacere
dell'aggressività sempre
più nascente che lo turba? Perché
gli altri sì e io no?
L'ammissione rabbiosa di chi è stato negato, di privazione,
di
sconfitta. Come può occultare tutto ciò? Con la cecità.
Ha
vissuto (cercato di vivere) in un mondo dove ogni spigolo
può essere
smussato, dove ogni difetto è capace di mutare in pregio,
ogni
falsità è verità. Il vero è
mascherato, cosicché possa diventare
buono. E tutto può essere assemblato in un'unica armonia
artificiosa.
Tutto
è cambiato con l'arrivo di Rick.
È
lì che i concetti di male e bene hanno cominciato a prendere
delle
pieghe diverse, a diventare così variabili, relativi. Il
perseguimento di un obiettivo che Morty considerava buono lasciava
nella sua scia una miriade di pessime azioni. Nietzsche a colazione,
pillole di Feuerbach a pranzo, un po 'di Sartre a cena. Pezzo dopo
pezzo, la realtà è cominciata a cambiare. E il
mondo di Morty non è
più stato lo stesso, in un universo dove niente conta
davvero,
tranne se riguarda Rick, e il tutto ricomincia a diventare
importante.
Rick
è stato luce. Ha aperto i suoi occhi e gli ha finalmente
permesso di
piangere, odiare se stesso e la vita che lo circonda.
Non
è mai stato cinico come il nonno, cercando sempre di trovare
il
positivo in tutto, l'importanza in tutto, ma a volte è
difficile
anche per lui. Ha fin troppe domande nella testa. Soffocanti perché?
lo
inchiodano nel cuore della notte. Scenari immaginari lo distaccano
dalla realtà ogni giorno, e ci vuole sempre uno stimolo
sempre
maggiore per farlo ritornare con i piedi per terra. Il tonfo di un
telefono nascosto che cade, il brusio dei suoi compagni di
università
che si alzano per cambiare aula. Morty si ritrova ad osservare il
mondo reale e a trovarlo insoddisfacente contro il potere del ricordo
e dell’immaginazione.
Rick
entra all’improvviso e lo salva, lo porta con sé
nello spazio, gli
farà rischiare la vita così non avrà
troppo tempo per pensare a
come tutto sta andando. Non
succede niente, nessuno lo nota. Morty sa che se fosse rimasto a
casa, qualcuno avrebbe sempre posato il suo sguardo su di lui. E le
domande, le ipotesi, ricominciano.
Non
sarebbe la prima volta in cui Morty non sa che pesci pigliare. Molla
la lenza, e il bottino lo lascerà sempre in dubbio. Buono?
Cattivo?
C'è differenza?
Perché
la sua famiglia è così buona e cattiva allo
stesso tempo? Rick?
Perché anche lui è così? E Morty
può definire ancora se stesso
come buono?
È
umano. La sua famiglia è composta da esseri umani. Rick,
nonostante
lo neghi, è umano anche lui.
Un
sillogismo di base non sembra chiudere tutte le domande, ma
è
rassicurante come qualche parola gentile dopo una figuraccia. Morty
sa che non è tutto apposto, ma per il momento può
andare bene così.
Nessuno
ha mai detto che essere umani è facile.
E
questo lo riporta a considerare le proprie azioni. Tiene sempre a
mente la dinamicità del pensiero umano, dell'incognita delle
emozioni.
Perché
quel “grazie”? Una risposta peggiore era
impossibile che
esistesse. Morty l’ha saputo nel momento esatto che quelle
sillabe
sono uscite dalla sua bocca e il suono si è propagato
nell’aria.
Lo sa anche adesso con Rick davanti a sé, furente e
umiliato, perché
il moro non ne combina mai una giusta. Sbaglia sempre. Non esiste
situazione in cui non è in errore.
Ha
voluto davvero difendere Rick da sé stesso? O proteggersi
dal
disgusto che suo nonno avrebbe provato nei suoi confronti?
Perché
non si è rilassato quando Rick gli ha confessato gli stessi
sentimenti che pure lui prova? Paura
poteva
corrispondere a una piccola percentuale di tutte le ragioni. Se Rick
avesse saputo che anche Morty lo amava, lo avrebbe lasciato partire
così facilmente per il college? E Rick cos'altro sarebbe
stato
capace di fargli, con quell'informazione in suo possesso?
Suo
nonno non metteva mai in mezzo i sentimenti, a meno che non potessero
diventare strumenti in suo possesso verso un determinato fine. Morty
lo conosce fin troppo bene. Ha congelato per anni la figura di Rick
come divina o bastarda. L'ha resa immutabile nella sua mente,
incapace di cambiare per propria volontà, e quando suo nonno
è
diventato umano e sensibile, il moro si è sentito tradito da
ciò,
da Rick, dal suo stesso pensiero che ha fatto i conti con la
realtà.
Rick
così aperto, vulnerabile, è sembrato una bugia.
Una pessima presa
in giro. Perché se è arrivato a pronunciare
quelle parole,
significa che ha sempre potuto dirle, ma ha taciuto finché
non fosse
arrivato il momento più propizio, dove il vantaggio sarebbe
stato
maggiore. Morty non riesce a negare che dopo quel "ti amo"
il suo istinto sia stato quello di mollare tutto e cambiare vita: in
qualche pianeta lontano, solo loro due, tra mille avventure e,
chissà, se deve essere smielato e sognatore, si immagina
appuntamenti galanti in quei resort di lusso che solo Rick
può
permettersi, parole sussurrate solo per lui mentre i cieli diventano
blu, poi, magenta, poi viola, in una sinfonia di colori suggestiva e
dolce.
Abbandonare
il proprio futuro, la propria vita, solo per Rick. Ecco che cosa suo
nonno avrebbe voluto - cosa avrebbero voluto entrambi, ma Morty non
ha ceduto. Perché ha riconosciuto il gioco, gli schemi che
hanno
portato Rick a dire quelle parole, i possibili risultati.
Perché è
arrabbiato con suo nonno e capisce che se non riesce a staccarsi da
lui, allora deve farlo, il prima possibile. L’attaccamento
ansioso
dipendente deve pur trovare una fine, giustifica se stesso. Allora
perché si sente un mostro? Ha solo saziato un suo bisogno.
O
no? Morty non lo sa più. Con Rick intorno, non sa
più nulla.
Il
bisogno istintivo di cancellare quella dinamica scomposta e impari
che ha sempre relegato il moro al ruolo di secondo al comando - ma
quando è mai stato al comando?
Perché?
La
risposta non tarda ad arrivare.
Avidità.
Incubo che sembra diventare realtà. Morty sta diventando
proprio
come suo nonno.
Morty
si è ritrovato ad essere improvvisamente affamato di potere,
come se
non ne avesse mai assaggiato un pezzetto in vita sua, e in quel
momento davanti gli si era presentato un banchetto. Morty si
è
ritrovato a volere tante cose da Rick. Primis, la libertà
che gli ha
ceduto in cambio della sua presenza nella sua vita. Poi il suo amore,
poter strappargli il potere dalle mani, distruggergli il cuore e
calpestarlo, come mille volte quello del moro è stato fatto
a
brandelli. Poteva davvero essere incolpato? L’amore lo aveva
fatto
impazzire, lo aveva trascinato negli angoli più bui della
propria
psiche, schiacciato come fosse gommapiuma tra le sue mani, e Morty
è
stato così coinvolto da non riuscire a pensare ad altro che
fosse
Rick. E ha voluto uscirne, respirare aria vera, solo per un
po’.
Un
infimo gioco di cuori e potere.
Morty
è stato cattivo. O meglio, egoista e avido. Ama Rick, ma ama
di
più se stesso,
nonostante nella propria persona non riesca a vedere altro che
difetti. Questo non significa che il suo amore per Rick sia
direttamente proporzionale alla circonferenza di una briciola. Niente
affatto.
Magari.
Autodifesa,
la chiamerebbero alcuni. Istinto di sopravvivenza, potrebbero
avverarsi altri. Qualunque cosa sia, a suo nonno non è
piaciuta.
Forse è per questo che Rick gli ha fatto il trattamento del
silenzio
per tutti questi mesi, e Morty capisce che non è del tutto
immeritato. Il
piccolo stronzetto del nonno, ecco
chi è.
Nessuno
pare essere immune alla cattiveria.
È
colpa di Rick, se è così. È colpa di
Morty, se è diventato
importante nella vita di suo nonno.
Morty
si chiede se sia stato l'unico a ritrovarsi ad osservare, quasi con
attenzione ossessiva, lo schermo del telefono, chiedendosi se
chiamare, o non chiamare affatto. Chiedendosi se l'altro avrebbe mai
fatto il primo passo. Che anche Rick si sia ritrovato ad aspettare il
suono di qualche notifica, cinque lettere sopra la scritta "ti
sta chiamando"?
Perché
ha smesso di bere? Perché adesso si è presentato
alla sua porta per
delle coordinate? Quali
coordinate?
A che gli servono? Non poteva farlo da solo, e risparmiare a Morty
questo supplizio? Perché ora Morty è costretto ad
affrontare questo
fantasma dei suoi vecchi Natali? L'ennesimo ricordo che nella sua
vita quel vuoto può essere colmato solo da una persona? A
ricordargli che gli era mancato?
Rick,
Rick, Rick.
Quanto
ama quelle quattro lettere! Quanto è bello farle uscire
dalla
propria bocca! Che sia con rabbia, tristezza, o entusiasmo, non
importa. Basta dirlo. E quante notti in solitaria passate a gemere
quel nome e piangere! Morty ora ha voglia di strapparsi il cuore dal
petto, intossicato dalle emozioni che prova. Si
odia così tanto.
Cosa
sono cinque minuti di potere in confronto a cinque mesi d'inferno?
Morty si sente uno schifo.
Ma
c'è qualcosa, nelle parole di Rick, che lo riscuote dai suoi
pensieri, facendolo andare a sbattere contro un nuovo aspetto della
realtà. «Ero ubriaco, scemo!».
Lo
sguardo di Morty si spalanca, ingrandisce i suoi bei occhi da cervo,
e proprio come tale sembra che stia guardando i fari di un auto
pronto a investirlo. Catturato dallo scontro improvviso, sente il suo
petto fargli male a ogni respiro.
Che
Rick, per tutto quel tempo, stesse solo delirando ubriaco,
ingigantendo le cose, come ha sempre fatto?
Una
lacrima scende solitaria sulla sua guancia. Qualcosa in lui si
è
appena rotto.
Morty
dovrebbe imparare a capire quando Rick mente, quando bluffa, ma sa
anche che tende troppo a illudersi, ad idealizzare le persone, e ogni
tanto deve ritornare alla realtà, anche se in cuor suo
appare
assurda. I suoi occhi si fanno molli. «Quindi non era stato
niente
per te?». Singhiozza, e l’odio per se stesso
aumenta ancor di più.
L’unica cosa per cui è grato è
l’assenza di luce, così non può
essere visto piangere, ma Rick lo sa sempre quando sta male, come se
avesse un radar impiantato nel suo cervello, e forse
c’è l’ha
davvero. Forse è solo empatia, ma ne dubita. Morty
è grato di non
poter far contatto visivo con Rick, perché quei suoi occhi
chiari
pieni di disappunto lo farebbero morire sul posto.
Rick
non risponde, e Morty può sentire ogni parte del proprio
viso
crollare a pezzi, distruggersi per rivelare nel suo sottosuolo
un'enorme distesa d'acqua. «Tutti i mesi a credere che
potessimo…
sperare… a te non frega un cazzo di me, vero?»,
l'ultima domanda è
un sussurro, una debole rassegnazione che non ha smesso del tutto di
essere affamata di speranza. Non
ha fatto altro che fantasticare l’impossibile, vero?
Rick
non si degna di proferir parola, si volta e basta, con l'intenzione
di andarsene. Morty si sente consumare da quella che presagisce come
una conferma, la realizzazione che magari la verità
è sempre stata
davanti ai suoi occhi, "Ai Rick non importa nulla dei Morty",
e che lui, il solito cretino, avesse sperato che il suo, che non
è
proprio suo ma è come se lo fosse, (è suo,
se lo ripete sempre) sarebbe stato capace di essere diverso.
«Rick,
per favore!», implora, non riuscendo ad alzarsi a terra. Un
ginocchio gli fa veramente male, non è sicuro di rimanere in
equilibrio. «Nonno Rick!», urla e si dispera.
L'emozione non può
essere vista attraverso lo sguardo, ma è potente nella sua
voce. C'è
un bisogno viscerale che non può essere ignorato, un grido
d'aiuto
per ritrovare se stesso, che non può e non riesce a esistere
da
solo. Morty si sente come quando aveva quattordici anni — si
sente
ancora succube, ma sembra che nella sua vita i fili siano stati
intessuti e intrecciati in maniera che, non importa quale avvenimento
accada, ha bisogno di Rick, sempre e comunque.
Una
leggenda in Giappone parla di un filo rosso, un filo del destino, e
gli indiani parlano di Anahata, il chakra del cuore, della
tranquillità. Morty sa di essere destinato a inciampare nel
suo
stesso filo del destino, la cui prima estremità parte dal
proprio
quarto chakra, e finisce con Rick, che ha irrimediabilmente controllo
sul centro del perdono del ragazzo; è il suo prana, la sua
essenza,
incarnata e alienata.
Non
potrà mai dirgli veramente addio.
Rick
odia la disperazione, la disprezza con tutto se stesso; ha
impossessato per anni il suo corpo e l'ha reso debole oltre ogni
limite.
Ma
ama Morty, e per lui ogni tanto chiude un occhio.
Non
si volta verso suo nipote, ma si ferma. E le lacrime del moro pian
piano diluiscono, perché tanto gli basta come consolazione.
«Se
pensi di poter prendermi per il culo - ».
«Morirei
piuttosto». La risposta di Morty è secca, sincera,
sanguigna.
«Cazzo,
capisci perché non può funzionare?». Il
vecchio spalanca le
braccia, esasperato, e stringe le dita, come a voler soffocare
l'aria. Come se volesse strozzare Morty, ma non può.
C'è stato un
periodo in cui ha voluto farlo, un periodo in cui l'ha odiato
—
lui, il nipote di quel
Rick,
il suo peggior nemico. Ha odiato tutta la famiglia di quel
Rick,
e l'avrebbe uccisa, solo per ricevere un segno, il minimo cedimento
di quell'aurea indifferente, ma niente. L'altro Rick non prova
emozioni, e lui ne sente fin troppe.
Soprattutto
per Morty.
Sta
provando a fare l’azione giusta, ma Morty, il classico
stupido,
vuole rendergli le cose difficili. Si sta trattenendo, lo fa davvero,
ed è nervoso perché sente brulicare dentro di
sé la voglia di
possedere Morty in ogni maniera immaginabile, nell'opzione
più
contorta e sadica, ma non può. Ha deciso di essere una
persona
migliore. Gli fa schifo e riderebbe di sé, perché
ironia della
sorte è proprio Morty il motivo per cui fa tutto
ciò. Sì, Morty,
insieme a un certo ritrovato spirito di autoconservazione.
Non
può permettere al moro di abbattere un altro muro, di
entrare in
qualcosa di così intimo, privato, sensibile. Morty avrebbe
trovato
di meglio alla fine, perché c'è sempre di meglio;
lo farà
soffrire, proprio come ha fatto Birdperson, proprio come ha fatto la
morte di Diane.
Ma
l'egoismo lo sta divorando, manca poco che Rick ceda. Suo nipote come
al solito si rivela un aiutante pessimo.
Morty
stritola un singhiozzo, reprimendosi, vergognandosi. Prova ad
azzardare una risposta alla domanda di Rick.
«Perché vuoi starmi
lontano?».
Finalmente
Rick si gira verso di lui, e lo sguardo sul suo viso fa subito
pensare a Morty che quella sarà la volta buona in cui lo
ucciderà.
«Io non voglio starti lontano! Questo è il
problema!», grida, a
pieni polmoni, e l'aria che trasporta le sue parole rende la
situazione statica, la fa calare in un silenzio usato per comprendere
a pieno la sua dichiarazione d'intenti. È nel minuscolo
dettaglio
che si nota l'essenza, l'articolazione di una frase che rende ben
chiaro il significato.
«Rick..»,
Morty respira piano, l'aria che entra ed esce dal suo petto, ma
capisce che deve fare attenzione, perché basta un
millisecondo e il
vecchio ritornerà ad essere irraggiungibile come prima.
«È per
questo che non bevi? Perché non riesci a starmi
lontano?».
«Diventi
intelligente nei momenti peggiori», Rick è stanco,
tanto quanto
Morty se non di più, e si siede accanto a lui. Quel moccioso
gli dà
fastidio, perché nessun altro è come lui
— con nessun altro c'è
quell'intesa, quell'intossicante bisogno. Nessun altro lo capisce al
volo come fa lui. «Non mi hai sentito entrare la prima volta
in cui
hai dormito da solo in questa casa?».
«Pensavo
fossero entrati i ladri…».
«Tu
pensi ci siano dei ladri in casa e rimani beatamente nel tuo
letto?».
«È
colpa mia se sono così deficienti da entrare in una casa
dove non ci
sono soldi?».
Scoppiano
entrambi a ridere. Sono gioiosi, i suoni delle loro voci volano
leggiadri nell'aria intorno a loro. Si crea una nuova luce, e Rick si
inginocchia verso suo nipote. Sono alla stessa altezza, è
uno
scontro tra pari. Morty è finalmente felice da
chissà quanto tempo
— da cinque mesi — e ha bisogno di rendere vero
quel momento, di
renderlo concreto. Non vuole essere l'unico a rinascere sotto quel
nuovo sole, non vuole che la propria pelle sia anestetizzata al nuovo
calore — il suo spirito così alienato al concetto
di affetto
fisico.
Con
le braccia e il busto si sporge verso suo nonno, che indietreggia a
velocità fulminea. Morty si ritrova deluso dal rifiuto, ma
può
capirlo. Ci prova, almeno. Non sa che un altro bacio manderebbe in
cortocircuito il cervello di Rick.
«Voglio
solo abbracciarti», fa, e suo nonno si rilassa. All'inizio
Rick è
gelido come il ghiaccio, come i suoi occhi, ma lascia che Morty
appoggi le sue braccia sulla sua schiena, chini la testa sulla sua
spalla, affondi nel suo corpo. È un calore ritrovato e per
tanto
tempo agognato. «A me piaceva quando dopo le avventure mi
curavi
quando mi facevo male… era - era come un
abbraccio», mormora
Morty. La loro relazione forse sarebbe stata molto più
facile se si
fossero abbracciati più spesso.
«Dici
un sacco di stronzate», Rick indugia e annusa i capelli di
suo
nipote. Un po’ di sudore miste al profumo al pino e al
sandalo
comprato in qualche negozio fast fashion.*Lo stesso che Morty ha
sempre emanato dopo ogni avventura. Bizzarramente, è
confortante.
«Era strano non sentirle in giro per casa».
Morty
sorride, si gusta quel mi
manchi
implicito.
«E ti toccherà curarmi dopo, perché mi
hai fatto veramente male»,
sussurra, ancora accoccolato all’uomo.
Suo
nonno trasale, un suono addolorato e così innaturale esce
dalle
profondità della sua gola. «Non posso prometterti
che non accadrà
di nuovo in futuro. Io—è per questo che non
può funzionare». E
mille altre ragioni.
Rick è così sincero da far male. Non ha mai detto
la verità, non
fino in fondo, e la sua nudità non carnale ferisce Morty
distruggendo ancora le sue macerie di certezze. Non è
abituato a
questo tipo di Rick, sobrio e sincero. Fa paura quanto sia
vulnerabile, quanto sia umano anche lui.
Casa
loro in Michigan non è stata altro che un tempio per la
divinità
che Rick ha amato fingere di essere, ma senza più fedeli,
che senso
hanno i culti? Gli dei muoiono insieme alla fede. E Morty ha smesso
di averne da un bel pezzo.
«Mi
va bene lo stesso», gli fa, il cuore sulle labbra, sincero e
buono.
«Quando accadrà, io
risponderò». Perdonerà.
«Morty…»,
è un suono asciutto e pregno di preoccupazione. Rick lo sta
avvertendo, che è pericoloso, e che sta pian piano perdendo
la
pazienza.
«Rick,
ti prego…», sussurra il moro, e a tradimento gli
stampa un bacio
sul collo. «Puoi scoparmi e abbandonarmi come fai con le
prostitute.
Mi hai trattato anche di peggio, e va bene se…»,
Morty arriva a
volere così tanto Rick da dimenticare se stesso. Ha sentito
di
pazienti così, durante i tirocini indiretti. Talmente
innamorate
(dipendenti) da non riuscire a mettere al primo posto i propri
bisogni e la propria sicurezza. Capisce la realtà ma al contempo
ne si sente distaccato, l’eccezione alla regola. Con
Rick non succederà nulla di quello che ha studiato. Bugia
e verità.
«No,
Morty». Rick è determinato su quel punto, e suo
nipote non è come
una sgualdrina trovata dietro un vicolo, o qualche bordello
interplanetario. È molto di più, ha molto di
più da dare, da
essere.
È questo che fa imbestialire Rick: per Morty è
necessario essere, e
nient'altro serve per riaccendere il suo vecchio cuore consumato
dalla ruggine e dalla risoluzione pratica dell'esistenza. «Non
potrei mai».
In realtà potrebbe, ma non vuole. Rick si ritrova a non
sapere quale
delle due cose è peggiore da ammettere. Lasciare suo nipote
a tarda
notte in un disastro di lenzuola sporche, non esiste cosa
più
facile. Ma se può ricevere l’amore incondizionato
di Morty, perché
privarsene?
La
maggior parte dei suoi migliori ricordi sono con Morty e, per quanto
ci abbia provato, niente li sostituisce, né sconfigge quella
loro
sacra importanza. Può parlarsi fino allo sfinimento di nomi
e
tessiture tutte uguali, perché esistono miliardi di Morty,
ma
nessuno è lui — il suo
Morty,
vaffanculo a Weird Rick. «Ti
distruggerò», dice serio, e non ha
bisogno di guardare Morty negli occhi per sapere che brillano, per
sentire la sua devozione affettata.
«Mi
distruggerai», Morty accetta piano, stringendosi di
più all'uomo.
«Ci distruggeremo. Ti amo, Rick». Una parte
dell'accordo che Rick
fatica ad accettare. Perché Rick ha giurato a sé
stesso di morire
d'amore solo una volta in vita sua, ma il cuore è sempre
facile da
prendere in giro e spolpare.
A
proposito… «Grazie»,
fa Rick, e quasi gode nel sussulto di Morty. «Brutto quando
sei tu a
riceverlo, eh?», gongola.
«Perché?».
Morty
toglie la faccia dalla spalla di suo nonno, e prova a guardarlo negli
occhi. Erano a quel punto della conversazione. Doveva pur arrivare,
ma Morty sperava che Rick decidesse di fare come al solito e
nascondere lo sporco sotto il tappeto. Come al solito, Rick
è grande
fonte di disappunto. «Perché tu fai sempre
così». Il moro perde
quel suo dolce tono innamorato e diventa più serio.
Il
tono di Rick si riempie di sfida: «Che cosa
faccio?».
«Non
credo esista persona più felice di me nel sapere che mi ami
— un
piccolo tremolio nella voce, i nervi impazziscono sulla sua pelle e
lo rendono un disastro fremente — o mi amavi»,
la bocca di Morty diventa improvvisamente secca, e ha bisogno di
deglutire per proseguire. Dio solo sa dove ha trovato il coraggio per
farlo, per fronteggiare Rick. «Ma me l'hai detto quando stavo
per
partire, per allontanarmi da te.» Rick è
impassibile. Lo sta
guardando negli occhi, ma sembra distante, perso in qualche pensiero,
e deluso - da Morty? Da se stesso?
Morty
deglutisce di nuovo, il suo stomaco si chiude, pensa che
vomiterà da
lì a breve, e cosa gli sta gocciolando dalla fronte? Sudore?
«Perché?», chiede, ma nel suo cuore
palpitante e impazzito sa già
la risposta. Chiede perché vuole una conferma, che Rick sia
lo
stronzo manipolatore che conosce. La rassicurazione che suo nonno non
è veramente cambiato, non l'ha mai tradito.
«Conosco già la
risposta, ma…».
«Sì»,
Rick ammette tutto. «Volevo che tu non te ne
andassi». Volevo
che tu restassi con me.
Rick
dice sempre le cose a metà. Ma non ho mentito. E niente
è
cambiato».
«Lo
sapevo». Morty è felice, si sente dal suo tono che
è sollevato.
Forse è da rinchiudere, pensa, ma riconosce in lui una parte
che non
avrebbe mai amato un Rick sobrio, un Rick sano, sobrio, che sa quando
sta ferendo una persona e così decide di smetterla.
Riconosce anche
che non disprezzerebbe del tutto suo nonno se fosse più
capace di
esprimere i suoi sentimenti senza paura, senza troppi secondi fini. E
forse è proprio il miscuglio di pregi e difetti di Rick a
renderlo
la droga perfetta, di cui Morty non rinuncerebbe mai, nemmeno per un
giorno.
«Baciami
almeno per un'ultima volta», Morty pigola, un sussurro nel
suo
orecchio che è sempre stato un pensiero frequente, indecente.
Rick
è a pezzi. «Non posso trattenermi più
di così». Sta combattendo
contro tutto se stesso, perché farà ancora del
male a Morty e non
può permetterselo. Tiene il suo viso tra le mani,
però. Le guance
sono ancora morbide, immagina che pure le labbra siano così
vellutate e dolci. Schiude le proprie, e non riesce a fermarsi. Vuole
Morty. Se lo prenderà. Niente e nessuno potrà
fermarlo.
Non
che Morty abbia intenzione di porgli qualche limite. «Non
farlo»,
sussurra, sentendo l’odore di Rick sempre più
vicino. Grasso di
automobile, menta,
dopobarba al pino.
Finalmente
le loro labbra si toccano.
E
la luce si riaccende.
Finito
il blackout, Rick si decide a prendere in braccio Morty e lo riporta
nella sua stanza. Ora deve prendersi cura del suo ginocchio. Quel
maldestro
di
suo nipote è riuscito a sbucciarselo ed è mancato
poco che si sia
preso una storta da qualche parte.
Morty
guarda Rick, gioioso e pieno di gratitudine, come se non fosse stato
lui a spingerlo via e a farlo cadere. Il moro pensa sia tutto un
riflesso delle sue azioni sconsiderate.
«Ho
il kit del pronto soccorso nel cassetto più basso
dell'armadio»,
dice Morty appena suo nonno lo fa sdraiare sul letto.
Rick
trattiene uno sbuffo divertito, trovandolo bizzarro. Suo nipote
è
tutto
bizzarro.
Si avvicina alla gamba ferita e ne valuta la lesione. Non è
niente
di profondo. Tira fuori dal suo camice quello che agli occhi Morty
appare una crema corpo, ma dalle scritte che non comprende, e inarca
le sopracciglia arruffate.
Rick
pare leggerlo nel pensiero quando spiega: «L'ho presa nel
pianeta
Galactis nella stessa dimensione dei ragni giganti e del film di Ball
Fondlers.
S-sono dei grandi, hanno tutte le fortune del cazzo. Ti basta un po'
di questa ragazzaccia e, tiki
taki,
passa ogni dolore, fidati di me!».
La
crema è come un sostanzioso gel e, dopo che Rick ha ripulito
un po'
del sangue che era uscito, ne viene spalmata in leggera
quantità. È
fredda al contatto e Morty sussulta, ma è grato che non
bruci come
l'alcool etilico. Ha un effetto anche rilassante, come I farmaci alla
cannabis sativa.
«S-sto
da Dio, come un riccio appena nato! Grazie, Rick!». Il moro
sospira
sollevato, sentendo la sua gamba come nuova.
Rick
si siede sul letto con Morty, e lo guarda, come se dovesse trovare le
parole giuste. Forse è “mi dispiace”
ciò che sta cercando? Ma
Morty non lo vuole sentire, perché non è colpa di
Rick — perché
dovrebbe fare i conti con la realtà dei fatti e ricordare a
sé
stesso che sì, è proprio colpa di Rick.
Porta
invece una mano a stringere quella dell'uomo. È molto
più grande
della propria, molto più dura (Morty ricorda bene quanto un
ceffone
o un pugno facciano male) e fredda. Forse è un impianto
cyborg,
sicuramente lo è, e Morty si chiede quanto di umano sia
rimasto in
suo nonno. È vero quel cuore che batte? È sincero
quel cervello che
invia impulsi al suo sistema parasimpatico appena vede suo nipote?
Troppi
dubbi, troppe domande, troppi spazi vuoti da colmare.
«Non
mi hai chiamato». Morty ha ancora qualche sassolino nella
scarpa. È
risentito, ma stringe ancora la mano di suo nonno. «Per
cinque mesi,
non ti sei fatto sentire». Lo
avevi promesso. Rick e Morty per sempre insieme.
«Potrei
dirti lo stesso». Rick risponde, piccato. Neanche lui lascia
andare
la mano di suo nipote.
«Avevo
paura». Morty pigola, e abbassa lo sguardo. Forse non
è risentito
solo verso suo nonno. Avrebbe dovuto avere più coraggio,
perché un
cuore spezzato non uccide, e quello di essere il più
vulnerabile
sentimentalmente è il suo
ruolo.
Rick
tace per un po' prima di rispondere: «Anche io».
Toglie la sua mano
da quella di Morty, indugiando in una piccola carezza sul dorso con
il pollice. Appena fa per alzarsi, suo nipote lo strattona per il
camice. Richiama la sua attenzione e appena Rick si volta a
guardarlo, nota nel suo sguardo una richiesta di restare, e a fare
anche qualcosa di più.
Ha
bisogno di recuperare ciò che sarebbe dovuto succedere in
quei
cinque mesi. Entrambi ne hanno bisogno.
Rick
non è dolce e nemmeno amorevole, ma Morty non gli ha mai
chiesto di
esserlo. Non in quel momento. Rick si rifarà pagare
più tardi,
quando Morty protesterà per qualche bacio sulla fronte o
sulla
guancia, per qualche abbraccio in più. E suo nonno
sbufferà, perché
lui sbuffa sempre davanti ai sentimenti, scocciato e strafottente
dell'ingordigia di Morty. Come se non fosse bastato il sesso, come se
non si fossero sentite le parole. Come se non fosse abbastanza
accarezzare quei cespugliosi ricci scuri appena quelle giovani
palpebre calano; amare Morty nel suo insieme, nella segretezza di un
cuore subdolo e sofferente.
«Sei
una piccola canaglia, lo sai?», Rick fa mentre con le labbra
traccia
una scia che va dalla bocca di Morty al collo per poi ritornare al
viso. Il moro ha le unghie conficcate come artigli sulla schiena nuda
di Rick, suda in ogni parte del suo corpo, il pene eretto e bagnato.
La sua felpa e il maglione di Rick sono stati lanciati da qualche
parte sul pavimento, mentre i pantaloni di entrambi sono abbassati
fino alle loro caviglie. Morty stringe le dita dei piedi mentre le
spinte di Rick dentro di lui si fanno più frequenti. Inviano
una
sensazione elettrica lungo la sua spina dorsale e Morty non crede
esista qualcosa di più paradisiaco.
Il
riccioluto sorride. «Ma sono la tua piccola canaglia,
no?». Geme un
suono umido appena Rick con una mano gli stimola il capezzolo e con
la lingua gli solletica il lobo.
L’uomo
respira caldo vicino al suo orecchio. Morty pensa che potrà
venire
da un momento all’altro - è tutto troppo
per
lui. «Abbiamo imparato a fare gli sfacciati qui,
eh?». Rick gli
afferra i capelli e si lascia andare a un sussurro ancora
più
sfacciato. «Mio.
Sei solo mio».
Il
moro ridacchia, in estasi. «Ho imparato dal
migliore». E Rick
risponde iniziando a baciargli la parte del corpo che gli fa
più
solletico.
Morty
non sa se si pentirà del sesso. Forse ripenserà a
sua madre, la
donna che gli ha dato la vita, la figlia dell'uomo che ora lo tiene
tra le braccia, e vomiterà, facendosi schifo da solo.
Chissà come
potrebbe reagire. Cena di Natale, tutti insieme, Space Beth e
conquista annuale di Summer inclusi.
Sua
madre uscirà fuori di testa, perché Rick e Morty
hanno davvero
superato il limite questa volta. Oppure, peggio
ancora,
si scrollerà le spalle come fosse cosa da poco. Magari
ripenserà
agli strani rumori che ha sentito e dirà «Ah, e io
che pensavo
fossero tornati i procioni in amore in soffitta».
Quando
finiscono, Rick è il primo a pulirsi, rivestirsi e ad uscire
dalla
stanza. Morty non trova il tempo per esserne ferito perché
finalmente riesce a respirare. Emette un suono affannoso e continuo.
Gli sembra di essere stato in apnea per tutto il tempo, imprigionato
in chissà quale sogno ad occhi aperti. In cuor suo non
riesce a
credere che tutto sia accaduto per davvero. Rick che lo ama ancora e
che lo fa suo, solo nel modo in cui è capace di fare.
Paonazzo in
viso e sconvolto, Morty cerca di asciugare quel che può del
suo
sudore. Andrà a reclamare i bacini sulla guancia che non ha
ancora
ricevuto, ma non è il tempo. È stanco e vuole
riposare.
Morty
si rende conto di essersi appisolato solo quando un rumore metallico
lo sveglia di punto in bianco. Rick ha appoggiato sul comodino una
borraccia piena d'acqua. «Bevi», gli fa,
«Hai sudato più tu che i
pazzoidi in giacca e cravatta che si fanno New York sui mezzi tutti i
cazzo di giorni». Gli lancia addosso anche un asciugamano,
per
ripulire tutto quel pasticcio appiccicoso nelle sue aree genitali.
Morty
gli sorride grato, arrossendo alla peculiare dolcezza di suo nonno.
Sa che non deve abituarcisi troppo, ma ama sentirsi così
speciale
almeno per qualcuno che non riesce a fare a meno di crogiolarsi in
quelle cure. Come se Rick gli avesse fatto mille carezze e dato
altrettanti baci.
Dopo
essersi ripulito, prende un sorso d’acqua e chiede a suo
nonno: «Ho
sonno. Vuoi dormire con me?».
Rick
sembra ponderare l’idea ed esordisce con:
«È troppo presto». Da
quando in qua lui ha mai dormito?
Suo
nipote non è pronto a dirgli addio, o arrivederci, quindi
cerca un
punto d’incontro. «Che ne dici di restare
finché non mi
addormento?». Gesticola sul letto per fargli segno che
c’è posto
anche per lui.
Rick
scuote il capo, ma la sua espressione facciale sembra tutto tranne
che contrariata. «Cominci ad essere già
più appiccicoso di quella
turylliana che mi scopai qualche anno fa mentre aveva le
mestruazioni», osserva, e gongola all’espressione
accigliata che
assume Morty. Adorerà rendere geloso suo nipote, ma come
dire addio
a quel faccino? «Fammi spazio!». Rick spintona via
Morty senza
troppe cerimonie mentre si sdraia sul letto. Suo nipote si accoccola
vicino a lui, e appoggia la testa sul suo petto.
Morty
si fa spazio oltre Rick e va a spegnere il lume a forma di elefante
sul suo comodino. Il buio cala di nuovo su di loro. Il moro crede
però che ci debba essere meno tensione di prima, quando
l’oscurità
era coatta, ma dentro di sé brulica un formicolio. Si sta
agitando e
non sa nemmeno perché: forse non riesce ancora a credere che
tutto
ciò non sia un sogno, che qualcuno lo
ami, lo ami davvero.
Forse perché parecchie domande non hanno ancora risposta.
Si
sposta per riaccendere il lume. «Quali erano le coordinate
che stavi
cercando?».
Rick
sospira e schiocca la lingua prima di rispondere, come se farlo gli
costasse troppo. «Dimensione 35-C», dice, e Morty
aggrotta le
sopracciglia perché non capisce tutta questa riluttanza nel
rispondere. Notando la confusione del nipote, Rick continua:
«Ci
siamo stati».
«N-non
me lo ricordo».
«Il
pianeta dei Mega-semi».
Morty
sembra aver avuto un’epifania. «Oh», fa,
e si sente uno stupido.
«Perché proprio quello? Ti serviva
qualcosa?».
Questa
risposta sembra costare ancor di più a Rick, che a fatica
dice:
«No». Non aggiunge altro, ma l’imminente
realizzazione gli
riscalda il cuore e addolcisce il pensiero, quando assapora il vago
senso di nostalgia. Non può dire che pure lui ne
è stato privo.
«Mi
sei mancato», ammette Morty, di nuovo, e ad accoglierlo
è solo il
respiro di suo nonno, misto al battito cardiaco. Nessuna parola ad
attenderlo. Aspetta un po’, finché con tono teso
non dice:
«Rick?».
Suo
nonno si ritrova a borbottare: «Non volevi
dormire?».
«Rick!».
«Vaffanculo!»,
Rick si altera come se fosse lui quello che vuole dormire e che viene
disturbato, «Mi sei mancato anche tu, non te lo
ripeterò una
seconda volta. Ora dormi.»
Il
lume viene spento. Poi riacceso. «È
così che andrà, da ora in
poi? Ti devo sempre strappare le parole di bocca?».
«Per
l'amor del cielo, Morty!», Rick si sta esaurendo.
«Si prende quel
che passa il convento, piccolo».
Morty
non è soddisfatto. «Puoi migliorare».
«Non
è una tua responsabilità, crocerossina».
Il
dubbio passa nella mente del moro: «Ho fatto la scelta
sbagliata?».
«Quella
di starmi lontano? Sbagliatissima, Morty».
«Sul
serio!», Morty scoppia a ridere, ma il buio ha un suo
difetto: gli
sembra di star parlando con un essere incorporeo, per questo si
allunga verso il suo viso alla ricerca di un bacio, nel tentativo di
sentirlo davvero, pelle contro pelle. «Cinque
mesi…», sussurra
poi, e non riesce a completare il pensiero, perché
sopraffatto da
tutto ciò che ne consegue. Non riesce a credere sia passato
così
tanto tempo.
«Cinque
mesi», ripete Rick, e non c'è bisogno di altro per
comprendersi.
Come
hanno fatto a star lontani per così tanto tempo?
Cos'è stata
quell'eresia?
Morty
spegne il lume. «Verrai a trovarmi domani?», lascia
che la domanda
cada nel buio della notte, perché è ancora
terrorizzato che la
risposta possa essere un “no” secco, o peggio
qualche bugia,
quindi meno suo nonno lo sente, meglio è.
Ovviamente
niente va come i piani. Rick annuisce, il mento appoggiato sulla sua
testa. «Casa è diventata un incubo. Tua madre, la
sua versione
Battlerstar Galactica e quel citrullo di tuo padre continuano
a…»
Morty
si agita, disgustato. «Ho capito! Ho capito! Non ho bisogno
di
sapere dettagli che non mi faranno dormire mai
più!». Si stropiccia
gli occhi come a voler allontanare quell'immagine dalla sua mente.
Un
sorriso spontaneo solca le labbra di Rick mentre fa «Pensa
com’è
viverci».
«S-sai
cosa? Potremmo fare sesso mentre loro pranzano, o-o qualcosa del
genere. Sarebbe una bella vendetta», Morty è
illuminato dalla sua
idea, gustandosi quanto sarebbe esilarante quello scherzo, ma si
ritrova a fare i conti con le implicazioni delle sue parole, e
diventa particolarmente insicuro. «Se-se ovviamente tu vuoi
…
magari noi-».
Rick
interrompe suo nipote con un bacio sulle labbra.
«Succederà ancora.
E sarà esclusiva».
Morty
non riesce a crederci. «V-vuoi dire
c-che…».
«Ah-ah,
sì. Ora dormi». Questo è il massimo che
Morty riceverà per quella
sera, e gli va bene così. Gli andrà sempre bene
così, finché
potrà avere Rick al suo fianco. Si accoccola all'uomo e gli
stampa
un bacio sul mento, prima di rannicchiarsi sul suo petto.
Niente
nella sua vita gli sembrerà mai così disastrosa e
perfetta allo
stesso tempo.
NdA
*Il
profumo di Morty esiste. L’ho beccato all’OVS ma
non ricordo il
nome. Lol.
Buongiorno\Buonasera
a tutte le mie care primule!! Come state? Spero bene!
Lo so,
ci ho messo tanto ad
aggiornare, ma la vita da universitaria fuori sede è davvero
molto
impegnativa + vari svaghi a parte, perché dai, ci vogliono
anche
quelli u.u. Settimane faticose, ma davvero stupende.
Alla
fine anche questa
mini-long è arrivata alla sua conclusione. Ben diciotto
pagine di
capitolo finale, spero ne valgano la pena, davvero. Che ne dite?
I
nostri sci-fi husbands hanno
avuto il loro happy ending, ma sarà davvero così?
Chissà. Per
adesso sto seguendo la sesta stagione e, a parte che tutti questi
incest jokes stanno capitando con tutti i personaggi della serie
tranne QUEI DUE, sto amando questa versione di Rick più
soft. Adoro
e odio al tempo stesso la sua tossicità, ma
finché mi tratta bene
Morty, allora ok u.u
Piccola
nota per chi seguiva
LTSI: mi sa che non arriverà presto una sua conclusione. Ma
non
voglio lasciarvi a secco, perciò sto già
lavorando a una nuova ff
su quei due. Spoiler: Hogwarts. Non dirò
nient’altro.
Ovviamente
per questa
mini-long ho creato pure qui una playlist (che fai? Te ne privi? No
che non te ne privi) ed
eccola qui!
Statemi
bene. A presto!
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