Say everything without a sound
Titolo: Say everything
without a sound (the rhythm of your heartbeat)
Autore: My
Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 1090 parole fiumidiparole
]
Personaggi: Damian Wayne,
Jonathan Samuel Kent
Rating: Giallo
Genere: Generale,
Malinconico, Sentimentale
Avvertimenti: What if?,
Hurt/Comfort, Slash
The time of our life: Vecchiaia, Album
Citazioni, 69. Stanotte vorrei le tue labbra sul mio collo e il mondo
attorno spento
BATMAN
© 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.
Jon
si svegliò con le lacrime agli occhi, guardando il soffitto in
penombra mentre respirava a fatica e il torpore del sonno spariva fino
a riportare alle sue orecchie i suoni del mondo.
Sentiva una strana sensazione vibrare nel suo corpo
che gli appesantiva il cuore e gli attorcigliava le viscere e, con la
gola secca e il deglutire sempre più doloroso, si mise a sedere
con una mano premuta contro il petto, voltandosi automaticamente verso
Damian e sbiancando nel rendersi conto che non era accanto a lui; era
così agitato che i suoi poteri sfarfallavano e non riusciva a
sentire altro se non il battito del proprio cuore, e fu inciampando
nelle coperte e nei suoi stessi piedi che scese dal letto per uscire in
fretta dalla camera da letto e cercare il compagno.
Aveva sognato che Damian era morto. Aveva sognato
che il suo migliore amico, l’amore della sua vita, l’uomo
che gli era rimasto accanto in tutti quegli anni… l’aveva
lasciato solo perché il suo tempo era ormai giunto. Era la prima
volta dopo anni che incubi del genere gli facevano visita durante la
notte e lo mandavano nel più completo sconforto, e il fatto che
i suoi poteri si fossero affievoliti con l’avanzare
dell’età erano un ulteriore campanello di allarme per Jon;
sporadicamente, non riusciva a sentire il battito del cuore di Damian e
andava in panico, salvo poi vederlo da qualche parte in casa ad
occuparsi di faccende delle Wayne Enterprises a telefono; Eilanna se la
cavava egregiamente, eppure, all’età di sessanta cinque
anni, Damian cercava sempre di essere presente negli affari della
compagnia che portava pur sempre il suo nome. Nonostante la sua salute
cagionevole, era sempre pronto a mettersi in prima linea se qualcosa
non andava o se avevano bisogno di lui, per quanto cercasse di non
strafare soprattutto quando era Jon stesso a chiederlo; aveva ereditato
il cuore debole di Bruce e negli ultimi anni Jon aveva avvertito la
diminuzione della sua forza di pompaggio e, da quando pochi anni prima
aveva avuto un’insufficienza cardiaca, Jon andava a dormire con
il timore di svegliarsi senza più sentire il battito del suo
cuore. Esattamente come quella notte.
Agitato e col suo stesso cuore in gola, con gli
occhi spalancati per evitare che si offuscassero di lacrime e le ciglia
ancora umide, Jon corse nell’appartamento come una furia,
rischiando di scivolare mentre urlava il nome di Damian; si sentiva
stupido, ma qualcuno avrebbe mai potuto biasimare un uomo che, abituato
ad addormentarsi con le orecchie colme del battito del cuore del
proprio compagno, si svegliava senza sentirlo più? Razionalmente
parlando, avrebbe potuto imputare la causa ai suoi poteri, ma era
troppo spaventato per essere razionale. E quando gli giunse una replica
assonnata dalla cucina, e lui vide Damian che gli dava la schiena
mentre si preparava un the, non ci pensò due volte a corrergli
incontro per abbracciarlo da dietro con entrambe le braccia e affondare
il viso nell’incavo del suo collo, piangendo.
Damian, che non aveva nemmeno fatto in tempo ad
aprire la bocca, si accigliò e sbatté le palpebre,
cercando di guardarlo da quella posizione. «J?» lo
chiamò ma, per tutta risposta, Jon scosse la testa e pianse
più forte, cosa che fece spalancare gli occhi di Damian.
«Jonathan, stai bene? Mi stai facendo preoccupare».
Tra loro cadde un silenzio rotto solo dai singulti
di Jon e dal suo continuo tirare su col naso, dai suoi biascichi e
dalle sue scuse, da parole incomprensibili che sputava a mezza bocca
quando riusciva a riportare fiato nei polmoni, finché Damian,
con un sospiro, non riuscì almeno a girarsi per ritrovarsi petto
contro petto e afferrargli il viso per guardarlo dritto negli occhi,
rossi e gonfi di pianto. Con l’avanzare dell’età Jon
era diventato più alto e lui faceva fatica a guardarlo in faccia
senza dover alzare la testa, ma non si lamentava più della cosa.
E non servivano dei poteri kryptoniani per vedere l’evidente
stato emotivo di Jon, quel respiro affannoso e agitato nel petto e quel
continuare a far guizzare rapidamente gli occhi su di lui come se
volesse registrare ogni più piccolo cambiamento nel suo corpo, e
Damian gli carezzò il viso, comprendendo che qualcosa non
andava; di tuta risposta, Jon gli prese la mano e la avvicinò
alle sue labbra, baciando il dorso con devozione nell’abbassare
le palpebre. Altre lacrime scivolarono lungo le sue guance, e fu Damian
stesso a fargli sollevare un po’ il viso.
«Jon, habibi…
guardami».
La sua voce era roca, poco più di un
sussurro, ma Jon, che aveva ripreso in parte il controllo,
riuscì a sentirlo. Così come riuscì finalmente a
sentire il battito del suo cuore e si accasciò contro di lui
ancora una volta, curvando la schiena fino ad affondare di nuovo il
viso nel suo collo, tirando su col naso e beandosi della sensazione
della mano di Damian che aveva cominciato a carezzargli la schiena. Il
suo cuore batteva. Più lento del normale a causa dei suoi
problemi, ma era lì, forte, un tamburo che risuonava nelle sue
orecchie e che Jon avrebbe voluto sentire per sempre… ma Damian
era umano. Lui, esattamente come suo padre, avrebbe continuato a vivere
ancora e ancora anche dopo la sua dipartita, e il pensiero gli
mozzò il respiro nel petto. E gli ci volle tutto lo sforzo
possibile per sollevare lo sguardo e fissare Damian, perdendosi nelle
rughe intorno a quei suoi ancora splendidi occhi verdi, le labbra
sottili increspate in un sorriso e i ciuffi di capelli bianchi che gli
cadevano a ricoprire in parte la fronte, carezzandogli il volto con due
dita.
«D, io…»
«Va tutto bene. Era solo un sogno»,
disse Damian come a leggergli nel pensiero, afferrandogli il polso per
portare lui stesso la sua mano al proprio petto e far sì che
anche quello aiutasse la certezza che le sue orecchie avevano
registrato. «Senti il mio cuore. Non vado da nessuna
parte». Si sporse a baciargli le labbra, scivolando poi verso il
collo per sfiorarlo appena. «Sono qui».
Jon lo strinse forte a sé, moderando la sua
forza mentre Damian continuava a sussurrare parole di conforto contro
la sua pelle, baciandolo e cullandolo con il costante battito del suo
cuore sempre più presente nelle orecchie, nella cucina, tutto
intorno a lui.
Se fosse esistito un modo per congelare il tempo,
per spegnere completamente il mondo e aggrapparsi a quel momento, Jon
lo avrebbe fermato in quello stesso istante.
_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per
l'iniziativa #thetimeofourlife indetta dal gruppo Non solo
Sherlock - gruppo eventi multifandom
Come credo si
sia notato, sto cambiando impaginazione inserendo un po' di spazio tra
un paragrafo e l'altro per facilitare la lettura. Comunque sì, ammetto
palesemente che l'idea era un'altra e che alla fine le cose sono andate
un po' come voleva Jon, con quel sentore dolce amaro delle coppie
sposate che invecchiano insieme e vedono l'altro stare male giorno dopo
giorno. Ha fatto stare male pure me, quindi perché l'ho scritta? Perché
sono una povera stronza, ah ah ah
A parte il terrore di Jon, però, nessuno muore! Va tutto benissimo, non
c'è di cui preoccuoarsi, tutto è bene quel che finisce bene e Jonno
avrà ancora tanto tempo da passare con Damian, vecchio o giovane che
sia (oh, bene o male può usare un pozzo di Lazzaro! Ah ah sono pessima)
Commenti
e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥
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