Un
incontro voluto dal destino?
Dopo
la rocambolesca fuga dalla città di Bruopoli, i quattro si
erano
fermati a Luminopoli.
Sarebbero
dovuti rimanere nella metropoli fino al primo pomeriggio del giorno
successivo.
Giunti
in città, la prima preoccupazione fu quella di prenotare
delle
stanze al Centro Pokémon, per avere un luogo dove passare la
notte.
Una volta fatto questo, optarono per fare una passeggiata in
città.
Un
buon modo per smaltire la tensione causata dall’inseguimento.
Dopo
cena, decisero di ritrovarsi in una delle stanze del Centro
Pokémon,
per parlare di quanto avevano scoperto.
-
Ecco
cos’ho trovato!
Ash
estrasse dal suo zaino quello che, a un occhio poco attento, poteva
apparire semplicemente come un vecchio elenco telefonico. Si
distingueva da centinaia di migliaia di suoi simili, solamente per
tre segnalibri.
Aprendolo
in corrispondenza del primo segnalibro, saltavano immediatamente
all’occhio come alcuni numeri fossero evidenziati. Tutti i
numeri
appartenevano a persone di cognome Arnes, per cui era ipotizzabile
che fossero parenti del signor Sebastian. Gli altri segnalibri si
trovavano in posizioni totalmente a caso, e inizialmente non
destarono alcun interesse dei presenti. Potevano essere stati messi
anche solo per depistare i curiosi.
-
Cosa
ne dite, proviamo a chiamare i numeri evidenziati?
Il
rimprovero da parte di Lucinda arrivò puntualissimo.
-
Ash, non è una buona idea.
-
E perché?
-
Mettiti nei loro panni: un perfetto sconosciuto ti fa una telefonata
e pretende di ricevere informazioni così
personali… voglio dire…
sentirsi chiedere cose come “come sta tua nipote?”
Sapendo che
non hanno sue notizie da praticamente dieci anni. Dieci anni!
-
Si, hai ragione, mi sono fatto prendere troppo
dall’entusiasmo.
A
tranquillizzare la situazione, ci pensò Serena.
-
Sapete, mentre eravamo in viaggio per Bruopoli, ho fatto alcune
ricerche sul signor Sebastian.
-
Hai trovato qualcosa di nuovo?
La
risposta di Orlando condensava perfettamente la curiosità di
tutti.
-
Solo alcune notizie del tempo, che, purtroppo, non aggiungono nulla a
quello che già sappiamo. Il signor Sebastian venne ucciso da
diversi
colpi di arma da fuoco e sua figlia Taelia scomparve nel nulla.
Il
caso venne archiviato dopo poco tempo, gli investigatori non
trovarono indizi nè sul colpevole nè tantomeno
sul movente
dell’omicidio. Discorso simile per sua figlia. Gli
investigatori
non trovarono alcuna pista da seguire e archiviarono il caso.
Lucinda,
rimase alcuni istanti in silenzio, come per trovare le parole giuste.
-
Stavo pensando a una cosa.
Noi
abbiamo alcuni indizi.
La
ragazza prese dalla sua borsa un piccolo quaderno e una penna, quindi
si mise a scrivere.
-
Grazie alle visioni che Ash ha avuto grazie a Darkrai, sappiamo che
il signor Sebastian ha avuto un passato turbolento.
La
ragazza scrisse “passato turbolento”.
-
E
sappiamo anche che è stato ucciso da delle persone che lo
cercavano
da tempo e che avevano almeno un’idea di quello che stava
facendo.
La
ragazza scrisse, su quel quaderno “non ucciso da sconosciuti,
avevano una minima idea di cosa stesse facendo".
-
E
se quelli che ci hanno inseguito fossero gli stessi che hanno ucciso
il signor Sebastian?
-
Non
so. Nelle visioni non mi sono mai apparsi. Ma sicuramente sono
collegati in qualche modo a lui.
-
Ricordi?
Da quando ho acceso quel dispositivo a quando hanno iniziato a
inseguirci, saranno passati al massimo dieci minuti. per cui hanno
sicuramente qualcosa a che fare con il signor Seb
Lucinda,
scrivendo sul suo quaderno, osservò
-
Ci troviamo in mezzo a tre fuochi.
Ipotizziamo
che quelli che ci hanno inseguito siano gli stessi che hanno ucciso
il signor Sebastian.
Restano
due forze in campo.
Le
persone per cui ha lavorato in precedenza, che, stando alle visioni
di Ash, mi pare fossero dei militari, appartenenti a delle forze
speciali, o qualcosa del genere…
Lucinda
guardò Orlando dritto negli occhi. E con tono accusatorio.
-
E
tuo zio. Hai qualcos’altro da dirci su di lui?
-
Come vuoi che te lo dica che non lo vedo da quando siamo fuggiti da
Kalos? E sappi che anche allora non è che lo vedessi molto
spesso.
Sai che di dico? Non ho idea di come si possa essere procurato tutti
quei soldi.
-
Quindi te lo accusi di aver ottenuto quei soli illecitamente? Cosa mi
garantisce che anche i tuoi non siano stati ottenuti in quel modo?
-
Non mi sarei mai dato la zappa sui piedi da solo.
Lucinda
ancora più arrabbiata.
-
E
allora perché non sei venuto con noi quando abbiamo
esplorato quel
palazzo? Cosa mi garantisce che tu non lavori per le stesse persone
che hanno ucciso il signor Sebastian? E che non sia stato tu a
chiamare i tuoi “amici” e poi
“salvarci”?
Dopotutto,
quando quegli uomini hanno visto i tuoi Pokémon, non hanno
sparato.
-
Non
sono salito con voi perché dovevo fare il pieno alla
macchina. So
che può sembrare una scusa stupida… ma, se non mi
credi, te lo
posso dimostrare, ho ancora lo scontrino del distributore.
So
anche che ti chiederai perché non mi sono fermato davanti a
quel
palazzo.Ma anche in questo caso nulla di troppo complicato,
semplicemente, vedendo quelle auto tutte uguali, ho pensato che ci
fosse qualcosa che non andava.
-
Ok, ha senso, ma non mi hai risposto all’altra domanda.
-
Non lo so. Erano armati, me è plausibile che non potessero
usare le
armi per attaccare, ma solo per difendersi. Ma è solo una
mia
ipotesi.
Lucinda
non gli rispose. Dopo queste parole, i quattro decisero di separarsi
e di andare a dormire.
Darkrai
aveva assistito a tutta la scena. E sapeva benissimo che se fosse
venuta a mancare la fiducia tra i quattro, sarebbe stato un vero
disastro. Per tutti.
Darkrai
era il solo che poteva evitare tutto questo e sapeva di poterlo fare,
trovandosi sopra le parti. Un suo intervento avrebbe potuto salvare
la situazione, o perlomeno, avrebbe evitato una totale rottura tra
Lucinda e Orlando.
Su
Scoperse non aveva molti ricordi. Quando Gualtiero e Sebastian si
incontravano, lui restava a casa a proteggere Taelia.
Alla
fine trovò quello che cercava e decise di mostrarlo nei
sogni di
Lucinda.
Prima
di agire non dovette attendere a lungo, la ragazza prese sonno quasi
subito.
Nel
sogno della ragazza apparvero due uomini.
Uno
corrispondeva perfettamente alla descrizione del signor Sebastian,
l’altro non aveva idea di chi potesse essere.
I
due uomini erano seduti nel salotto della villetta e stavano bevendo
del caffè.
Il
signor Sebastian aveva un’espressione molto
preoccupata.
I
due restarono in silenzio per un tempo apparentemente infinito.
Silenzio rotto dall’uomo che mai aveva visto.
-
Sono
arrivato appena ho potuto. Immagino che la situazione sia molto
grave.
-
E non ti sbagli. Volevo parlartene da tempo.
Poco
tempo dopo l’inizio del progetto, ho iniziato a ricevere
alcune
lettere da parte dei miei ex datori di lavoro.
Sebastian
porse diverse buste di carta al suo interlocutore.
Provenivano
tutte dallo stesso posto. Uno dei tanti Centri Pokémon di
Austropoli, la città più popolosa di Unima.
Il
fatto che le lettere provenissero da un Centro Pokémon, non
era
strano, i Centri Pokémon offrivano agli allenatori un
servizio di
posta in entrata e in uscita. L’ospite aprì una
delle buste e
lesse la lettera.
“Sappiamo
dove si trova e cosa sta facendo. Lei ha lavorato per noi e ora
sfrutta i nostri progetti per il suo tornaconto.
In
segno di magnanimità le offriamo la possibilità
di arrendersi, di
smettere di lavorare al suo progetto e consegnarci tutto ciò
su cui
ha lavorato fino ad ora. Le diamo tempo fino al sei dicembre.
Qualora
dovesse accettare e arrendersi, esca dalla sua casa disarmato e con
le mani alzate.
In
caso contrario, affronterà le conseguenze del
caso.”
L’uomo
rimise le lettere nella busta.
-
Vedi,
Gualtiero, comincio ad avere paura. Quelle lettere provengono dai
miei ex datori di lavoro. E ci hanno scoperti, nonostante tutto. Mi
dispiace dirtelo perché ormai siamo amici, ma non dobbiamo
più
vederci.
L’uomo
se ne andò senza nemmeno salutare.
Lucinda
si svegliò.
-
Darkrai!
Il
suo tono era assai arrabbiato.
Avrebbe
voluto risolvere da sola la questione, senza aiuti
dall’esterno.
-
So
che sei te, è inutile che ti nascondi. Dimmi solo
perché l’hai
fatto.
Pochi
istanti dopo, il Pokémon Neropesto, rispose alla ragazza.
-
Era
il solo modo per mostrarti la verità. Quell’uomo
non l’ha
ucciso. Lo hai visto benissimo.
-
E quindi è stato ucciso dai suoi ex datori di lavoro? E chi
sarebbero?
-
Quelli di cui ti ha parlato Ash. Quelli da cui è fuggito con
la
signorina Suzanne.
-
E di quel Gualtiero cosa mi dici?
-
Non so molto di più di quello che ti ho mostrato. Ora sta a
te
decidere se fidarti di lui o meno.
-
Se è quello che vuoi, gli darò
un’ultima possibilità.
Durante
quella notte, un uomo, a bordo di un pick-up, stava percorrendo, a
velocità sostenuta, una delle numerose arterie autostradali
di
Kalos.
L’uomo
rifletteva a voce alta sul come portare a termine quella missione.
-
Saranno
loro a condurmi dove voglio, che lo vogliano o no. Gli allenatori,
quando visitano una città per poco tempo, alloggiano nei
Centri
Pokémon. Quindi è molto probabile che loro
facciano altrettanto.
I
Centri Pokémon sono luoghi in genere tranquilli e sicuri,
per cui
non credo che si facciano problemi a parlare di certi argomenti. E io
devo essere pronto. Dovrò infiltrarmi all’interno
di tutti i
Centri Pokémon della città e installare le mie
cimici. Appena
scoprirò quello in cui decideranno di stabilirsi, e li
potrò
seguire come un’ombra. E potrò scoprire i loro
segreti. E poi…
il capo avrà via libera.
Aveva
finalmente raggiunto la sua prima destinazione, un edificio
abbandonato nella periferia della città di Ferropoli.
Parcheggiò
il suo mezzo poco davanti all’edificio.
Scese
dal suo pick-up, seguito dai suoi due Houndoom, che poterono
finalmente sgranchirsi le zampe.
Scaricò
dal suo mezzo le diverse attrezzature necessarie al suo piano.
Erano
delle casse piene di cavi, microcamere, microfoni, due antenne e due
ampi monitor. Prima di iniziare la sua missione, voleva assicurarsi
che tutto funzionasse al meglio. I suoi due Pokémon erano
incuriositi dagli oggetti con cui stava armeggiando. L’uomo,
per
evitare che questi potessero danneggiare le sue attrezzature, decise
di usare del cibo come distrazione. Con i due Pokémon
occupati a
mangiare, poté finalmente verificare le sue attrezzature.
Per
sua fortuna, tutto funzionava al meglio. L’uomo era
preoccupato che
qualcosa potesse essersi rotto, perché l'attrezzatura aveva
subito
alcuni scossoni durante il viaggio.
Altro
aspetto importante per il suo piano era quello di conoscere a
menadito la posizione di tutti i Centri Pokémon della
città. Nulla
di complicato. Prese il suo computer portatile e cercò sul
browser
un sito per visualizzare le mappe.
Si
rese conto di come a Ferropoli ce ne fossero sei.
Due
di grandi dimensioni in zone più frequentate della
città e quattro,
più piccoli, in posizioni più strategiche.
La
mattina dopo, l’uomo iniziò a mettere in pratica
il suo piano.
A
Luminopoli, le due ragazze avevano costretto Orlando e Ash ad
accompagnarle a fare shopping.
Sia
chiaro, si intende che i due ragazzi vennero ridotti a dei
portaborse.
Avrebbero
sicuramente preferito una sessione di allenamento. In attesa che le
due ragazze finissero di provare la gigantesca pila di abiti e
accessori che avevano preso in vari reparti del negozio, i due
ragazzi si erano sistemati in uno dei tanti pouf messi a disposizione
per i clienti per riposarsi. Lontani da orecchie indiscrete.
Orlando,
rivolgendosi a Ash in tono ironico
-
Sai,
la sola consolazione in questa situazione è che non stanno
usando la
mia carta di credito.
Ash
cercò di non ridere, fallendo miseramente.
Dopo
diverse ore, i quattro si stavano dirigendo verso il Centro
Pokémon,
per pranzare, riprendere le loro cose e quindi partire per Ferropoli.
Lucinda qualche passo indietro rispetto a Ash, Serena e Orlando.
La
ragazza, nonostante le visioni, non era ancora sicura del tutto delle
sue intenzioni.
Dopo
un po’ di tempo, finalmente Serena aveva trovato il coraggio
di
fare una domanda assai personale alla persona forse più
coinvolta
nel caso.
-
Cosa faresti se, dopo tanti anni, dovessi rivederla?
Il
ragazzo venne colpito a bruciapelo dalla domanda.
-
Non lo so. Non è neanche detto che sia ancora tra noi.
Ash
volle infondere nel ragazzo almeno una parte del suo tipico
ottimismo.
-
Sei troppo pessimista.
-
Non sono pessimista. Sono realista.
Non
pensi che, in nove anni si sarebbe fatta vedere da qualche parte,
anche solo di sfuggita?
Altra
pausa di silenzio, interrotta da Serena.
-
Vi ricordate che in quel video, il signor Sebastian ha parlato di un
dispositivo in grado di trasportare gli esseri umani come si fa con i
Pokémon?
-
Non pensi che ci sarebbero state delle notizie a riguardo? Tu stessa
le hai guardate e non hai trovato nulla.
Personalmente
credo che se fosse riuscita a raggiungere Bruopoli, avresti trovato
qualche notizia, per esempio “ragazza
scomparsa
a Ferropoli ritrovata sana e salva a Bruopoli, dai parenti”.
O mi
sbaglio?
-
Hai ragione.
Ash,
nonostante anche lui ritenesse estremamente valida la spiegazione del
ragazzo, aveva ancora dei dubbi.
-
Devo farti anche io una domanda. E non credo che sia piacevole.
-
Dimmi.
-
Tu non sei quello che dice che non ti devi arrendere mai e che devi
portare a casa il risultato, costi quel che costi? Non lo hai detto
quando ti hanno intervistato? Saresti comunque diventato campione del
mondo eppure hai comunque affondato l’attacco sul tuo
compagno di
squadra. E ora ti arrendi in questo modo? Ti accontenti davvero
dell’ipotesi più probabile?
Non
pensi di essere incoerente?
“Incoerente”.
Quella
parola lo ferì come una coltellata.
-
Solo
che, anche se lei dovesse essere ancora viva, e ti ho già
detto che
è molto difficile, ci sarebbero degli altri problemi.
-
Tipo?
-
Lo sapete benissimo, non ci vediamo da anni. Mi chiedo che opinione
possa avere di una persona che si comporta come mi sono comportato
io. Che se ne scappa con tutta la famiglia senza fornire spiegazioni,
che nemmeno ti saluta quando se ne va. Che non cerca di mettersi in
contatto con te in alcun modo.
-
Credo che ti possa capire.
Il
ragazzo si limitò a non rispondere.
Poco
dopo pranzo, l’auto era stata sistemata e i quattro poterono
tornare a Ferropoli.
Il
viaggio fu relativamente tranquillo, disturbato solo da un po' di
pioggia e dalle sue conseguenze sulla viabilità.
Tornati
a Ferropoli, la loro prima tappa fu la villa del signor Sebastian.
Si
sarebbero concentrati sulla parte dell’abitazione che ancora
non
avevano esplorato, ossia i sotterranei.
Dal
filmato sapevano che questi ultimi erano in qualche modo collegati
alla fognatura, la quale avrebbe condotto all’edificio dove
il
Professore e la sua collega avevano svolto i loro esperimenti.
Appena
arrivati, entrarono nella villa e imboccarono immediatamente la scala
che conduceva ai sotterranei.
La
porta che permetteva di accedere ai sotterranei, non era chiusa a
chiave e si aprì dopo un’energica spinta.
Contrariamente
al resto dell’abitazione, il sotterraneo appariva incompleto.
Era
costituito come una sorta di andito, che portava ad alcune stanze.
Quella
più vicina all’ingresso era utilizzata come
dispensa.
C’erano
degli scaffali con ancora del cibo in scatola, scaduto da anni.
In
un’altra stanza, poco lontana, era presente del materiale
edile di
vario tipo.
Una
porta su tutte attrasse l’attenzione di Serena.
Era
realizzata in metallo e, per certi versi ricordava la porta di un
caveau, o di un bunker.
I
quattro si avvicinarono alla porta, e scoprirono che si trattava di
una cella frigorifera.
Laconico
il commento di Lucinda.
-
Molto strano.
-
Cosa?
-
Non
ci arrivi, Ash? Vivevano solo in due in questa casa. Cosa credi se ne
potessero fare di una cella frigorifera?
-
Effettivamente…
ma... magari c’era da prima del loro arrivo e loro non
l’hanno
mai usata.
-
Oppure l’hanno messa per nascondere qualche segreto. Dato che
ci
siamo, esaminiamola. Non è grande, credo che impiegheremo
poco
tempo.
Il
suo tono non ammetteva repliche, sembrava più un ordine.
La
cella non era molto grande. Appesi al soffitto, dei ganci, tutti
vuoti. Appoggiati alle pareti degli scaffali, anch’essi vuoti.
Ash
e Orlando tentarono di spostarne uno. Il risultato non
premiò la
loro fatica.
L’ipotesi
che la cella conducesse a una qualche passaggio segreto venne
accantonata, quando si accorsero di come, dietro gli scaffali, la
parete era perfettamente uniforme.
Usciti
dalla cella frigorifera, Orlando lanciò una piccola
provocazione a
Lucinda.
-
Non
credi che, se avessi voluto, avrei potuto rinchiudervi lì
dentro?
Lucinda
non si aspettava quella provocazione. Ma non la prese troppo male.
I
quattro uscirono dalla cella e esplorarono, infruttuosamente, le
stanze rimanenti.
Restava,
in fondo all’andito, una sola porta. Ash cercò di
aprirla.
Infruttuosamente.
-
Dannazione! Non si apre.
-
Non vi preoccupate.
Orlando
aveva il tono di chi aveva trovato una soluzione al problema.
-
So chi può darci una mano… vieni fuori Lucario!
Per
favore, potresti usare Forzasfera per sfondare quella porta?
Il
Pokémon del ragazzo caricò il potente attacco,
che colpì e
scardinò la porta, facendola sbattere contro la parete
opposta.
Al
contempo la stanza iniziò a riempirsi di un fetore
indescrivibile.
-
Su, ritorna, almeno te te lo risparmi.
Tutti
si tapparono il naso.
-
Direi che non ci sono dubbi. Abbiamo trovato le fogne.
-
Ora
come facciamo a capire dove andare?
La
domanda di Lucinda suonava come un rimprovero.
La
stessa, guardando al soffitto, notò come, sul soffitto,
verso una
sola direzione era presente una fila di luci al neon.
Nella
parete accanto alla porta un interruttore.
Ash
lo premette e, dopo qualche sfarfallamento, le luci si accesero.
-
Seguiamo le luci, magari ci condurranno dalla parte giusta.
Disse
quest’ultimo, con tono deciso.
Gli
altri tre non risposero e iniziarono a seguirlo, convinti del fatto
che quelle luci erano il solo modo per orientarsi.
Il
rumore dei loro passi spaventò un gruppo di Rattata.
Dopo
una lunga camminata, resa ancora più lunga dalla poca
piacevolezza
del luogo, arrivarono alla fine della fognatura, dove questa sgorgava
nel fiume. Una griglia impediva di proseguire oltre.
Le
opzioni erano solo due. La prima era quella di tornare indietro.
Ovviamente a mani vuote. La seconda, opzione era quella prendere una
scaletta che sembrava comunicare con l’esterno. Un rapido
scambio
di sguardi e il tentativo da parte di Ash di impressionare la sua
ragazza, cercando di saltare quanto più in alto possibile
per
aggrapparsi a una delle maniglie, rischiando di mancarla e di cadere
rovinosamente di schiena, e di farsi seriamente male decretarono la
scelta.
I
quattro presero la scaletta e sbucarono davanti ad un ponte. un ponte
che collegava la strada a un edificio abbandonato.
Davanti
a loro un grande edificio abbandonato, dietro un muro di cemento. La
sola opzione percorribile, oltre a tornare indietro, era esplorare
l’edificio. Ash venne fermato da Lucinda prima che potesse
anche
solo fare un passo.
-
Non ti ricordi che quel ragazzo ci ha detto che il suo Talonflame era
stato ferito quando esplorava una fabbrica abbandonata in un isolotto
in mezzo al fiume? Davvero ti interessa così poco del tuo
Pikachu?
Il
Piplup della ragazza completò il rimprovero della sua
allenatrice.
-
Magari
è stato attaccato perché volava. E noi, che siamo
in basso, non
rischiamo nulla.
-
Come
vuoi, ma al primo attacco, smetterò di seguirti.
-
Va
bene.
I
quattro si diressero verso l’edificio.
Appena
entrati, prima che potessero anche solo farsi un’idea del
luogo in
cui si trovavano, vennero attaccati da un branco di Zubat e Golbat.
Orlando prese una delle sue Pokéball.
-
Jolteon, ho bisogno di te! Usa Fulmine per stordirli!
-
Pikachu,
dagli una mano con il tuo Fulmine!
I
due Pokémon elettro, grazie ai loro Fulmini, fecero cadere a
terra
qualche decina di migliaia di Zubat e altrettanti Golbat.
-
Ma
com'è possibile che ci siano dei Pokémon qui
dentro, se, quelli che
tentano di avvicinarsi dall’alto, vengono attaccati?
La
risposta di Serena non si fece attendere.
-
Magari dipende dal fatto che il sistema di difesa sa riconoscere i
Pokémon selvatici da quelli catturati.
-
Sai geniale.
Serena
era felice del complimento ricevuto, soprattutto perché
proveniva
dalla bocca di Lucinda.
Sedata
la minaccia dei Pokémon pipistrello, finalmente poterono
dedicarsi a
visitare l’edificio.
Si
accorsero di come l’ingresso desse su di una piattaforma
metallica
sospesa che percorreva l’intero perimetro
dell’edificio,
permettendo l’accesso a diverse stanze. Davanti a loro una
scala,
dello stesso materiale, permetteva di scendere al piano inferiore. Da
quella piattaforma si aveva una perfetta visuale sul piano terra che
appariva vuoto e impolverato. Il solo oggetto degno di attenzione era
un vecchio montacarichi in fondo alla stanza, al centro del muro.
Quel
montacarichi avrebbe permesso di raggiungere tanto i piani inferiori,
quanto quelli superiori, ovviamente solo nel caso in cui non fosse
guasto. Questo non sembrava importasse a Ash, che voleva salirci a
tutti i costi.
Scese
le scale di fretta, rischiando di cadere e di farsi seriamente male,
e corse verso il montacarichi, non lasciando altra scelta agli altri
tre se non quella di seguirlo.
Il
montacarichi era spartano. Sembrava fosse stato derivato da un
container.
Un
container giallo a cui hanno attaccato un comando per farlo salire e
scendere e un tastierino alfanumerico, messo lì, per dei
motivi
sconosciuti. Lucinda era abbastanza impaurita.
-
Non avete paura che possa cadere?
-
Ci
sono otto cavi a tenerlo. Anche solo uno basterebbe a reggere tutto
il peso. Ci deve proprio andare male perché si rompano tutti.
Il
tentativo da parte di Serena di rassicurarla ebbe l’effetto
opposto.
In
più, Ash aveva premuto uno dei due bottoni che comandavano
la salita
e la discesa.
Nel
farlo, disse una frase che si rivelò profetica.
-Credete
davvero che funzioni?
Pochi
istanti dopo una serranda si chiuse e il montacarichi iniziò
una
discesa dalla lunghezza apparentemente infinita.
-
E
adesso che facciamo, Ash? Lo sai benissimo che sono claustrofobica!
Fammi uscire immediatamente da qui!
Ash
restò in silenzio, pensando a cosa fare.
Poi
ebbe l’illuminazione. Qualora la serranda non si sarebbe
aperta,
l’avrebbe aperta lui, in qualche modo.
-
Credo
di aver avuto un’idea.
Guardò
negli occhi il suo Pikachu.
-
Usa
Codacciaio sulla serranda.
L’attacco
del Pokémon ebbe solo parzialmente l’effetto
sperato. La serranda
era divelta, sotto il potente attacco di tipo acciaio, ma
ciò non
servì a molto. Infatti, la serranda, celava
un’ulteriore porta.
Una porta talmente tanto resistente da non essere stata minimamente
scalfita dall’attacco.
-
Non
vi sembra strano?
Una
porta così robusta, così moderna, è
fuori luogo in un edificio
abbandonato. Deve per forza nascondere qualcosa. E deve anche essere
qualcosa di molto prezioso.
Tutti
pensarono che Serena avesse ragione. Quella porta era fuori luogo, a
meno che non nascondesse qualche segreto.
La
ragazza indicò il tastierino.
-
Forse
quella porta è protetta da un codice segreto e si
aprirà solo
digitando un qualche codice su quel tastierino.
La
ragazza fece un tentativo, digitando dei numeri a caso.
Si
accorse di come la password non potesse essere più lunga di
cinque
numeri. Tentare, per trovare il numero giusto, avrebbe richiesto
troppo tempo. Avrebbe dovuto provare centomila combinazioni.
Stava
per premere il pulsante di risalita, quando Ash la fermò dal
farlo.
-
Ho
ancora quell’elenco telefonico. Sia mai che ci fornisca
qualche
indizio.
Serena
era dubbiosa.
-
Perché
mai, quell’elenco telefonico dovrebbe fornirci indizi? Certo,
è
stato preparato dal signor Sebastian oppure da qualche suo parente.
Ma penso riguardi solo Bruopoli.
Poi
guardò l’ora sul suo smart Rotom, pensando a come
si fosse fatto
tardi.
Il
suo gesto non servì a molto, il brontolio dello stomaco di
Ash era
più preciso di qualsiasi orologio. Il ragazzo, visibilmente
imbarazzato, commentò la situazione.
-
Scusatemi…
ma credo che sia ora di tornare alla base.
Nessuno
gli disse nulla. Ash premette il pulsante di risalita, e il
montacarichi salì, alla stessa, inesistente
velocità con cui era
sceso. I quattro risalirono le scale e fecero di nuovo la spiacevole
passeggiata lungo le fognature.
Tornati
al Centro Pokémon, la priorità di tutti e
quattro, era una bella
doccia bollente.
Volevano,
a ogni costo, levarsi di dosso lo spiacevole odore di fogna. Dopo
cena, si ritrovarono in una delle stanze.
Prima
che potessero iniziare a discutere di quanto visto, accadde qualcosa.
-
Non so se sembra anche a voi, ma…
-
Parla pure, ti ascoltiamo.
Lucinda
terminò la sua frase.
-
Mi
sento osservata.
-
Dannazione.
L’uomo
aveva visto e sentito perfettamente.
-
Come
hanno fatto a scoprirmi? Adesso andranno via.
E
io resterò a mani vuote.
Quello
che lui non si poteva aspettare è che la sensazione di
Lucinda non
si riferisse alle sue microspie.
Quando,
davanti ai suoi occhi, o meglio, davanti alle sue telecamere si
materializzò una creatura mai vista in vita sua.
Una
creatura dal corpo chiaro e snello. Colore che passava al nero dal
collo alla vita creando l'impressione che la stessa indossi un abito.
Abito raccolto in vita da una fascia. I suoi lunghi capelli erano
raccolti da un fermaglio nero e
decorati
da un motivo che ricordava uno spartito. Le sue braccia ricordavano
nella forma delle note musicali. Indossava, sulla fronte un piccolo
diadema.
Meloetta
guardò Orlando con aria arrabbiata.
-
Scusami
se non ti ho avvisato, ma è successo un disastro...
Rapidamente
la cosa passò in secondo piano.
Meloetta
salutò Lucinda e Ash, per poi guardare Serena con
l’aria di chi
cercava di ricordarsi qualcosa.
Poi
si avvicinò a lei e fece un cordiale gesto di saluto.
Lucinda era
stupita.
-
Ma
come fai a conoscerla? Lo sai che è molto raro che lei si
fidi degli
esseri umani?
So
che si fida solo di persone di animo buono, quindi forse ho fatto
male a dubitare di te.
-
Non importa che tu abbia dubitato o meno.
Dopotutto
la storia di come ci siamo incontrati è abbastanza brusca,
se così
vogliamo dire.
La
risposta dei tre fu corale.
-
Brusca?
-
Ecco,
come sapete Meloetta proviene da Unima. Ed è lì
che ci siamo
incontrati. Precisamente l’anno scorso. Stavamo facendo
alcuni
test, non ricordo precisamente cosa stessimo provando, ma di base
eravamo in un circuito nei pressi di Spiraria, la versione stradale
di un circuito noto per la sua Cinquecento Miglia.
Fatto
sta che, a un certo punto, nel bel mezzo del rettilineo, prima
dell'ultima curva, una sopraelevata vidi qualcosa che non fui bene in
grado di identificare. Sembrava un Pokémon di piccole
dimensioni,
oppure un bambino.
Sapete,
quando vai a certe velocità non puoi stare troppo a pensare.
In una
frazione di secondo, decisi di scartare a destra.
Forse
la manovra che feci fu troppo aggressiva, forse raccolsi dei detriti
che bucarono una gomma.
In
quel momento divenni un passeggero. L’auto sbatté
violentemente
contro le protezioni diverse volte, prima di fermarsi.
E
io ero rimasto cosciente durante tutto l’incidente.
Nonostante
questo decisero di portarmi comunque al centro medico e di farmi
passare la notte lì. Mi permisero di portare solo un
Pokémon, e
pretesero che fosse di piccola taglia.
Il
ragazzo prese il suo Smart Rotom, aprì la galleria e
mostrò ai tre
le foto dell’incidente.
L’auto
era irriconoscibile. Era divisa in due. La parte posteriore da una
parte, quella anteriore da un’altra.
La
prima presentava della schiuma antincendio, la seconda dei segni di
come questa fosse stata tirata di forza dalle barriere.
Per
terra quello che sembrava liquido di raffreddamento. Erano tutti e
tre impauriti.
-
Se
volete ho pure il video delle telecamere.
Serena
rifiutò per tutti.
-
No. Grazie. Queste cose mi fanno paura.
-
Come vuoi.
A
proposito, verresti due minuti con me?
Ash,
tranquillo.Non te la rubo. So che la mia regione è famosa
per i
sequestri di persona, ma non sono il mio tipo di crimine!
Risero
tutti. Poco dopo i due erano fuori dalla stanza, nella sala
principale del Centro Pokémon.
Orlando
prese il suo Smart Rotom e compose un numero.
La
persona dall’altra parte del telefono rispose subito.
-
Sai qui c’è lei. Potresti farmi avere quella
famosa degli show?
-
Certo, subito!
-
Ti
ringrazio, ci vediamo!
-
Ci vediamo!
Orlando
fece cenno a Serena di avvicinarsi al trasferitore.
Pochi
istanti dopo la Pokéball si materializzò davanti
ai loro occhi.
Il
ragazzo porse una sorta di pietra bianca con dei puntini azzurri alla
ragazza.
-
Dalla al tuo Pancham se non vuole evolversi in Pangoro.
La
ragazza fece uscire il suo Pokémon dalla Pokéball
e gli diede la
Pietrastante. Poi lo fece tornare dentro la Pokéball.
-
Si,
ma perché gli vuoi far tenere la Pietrastante?
-
Prendi quella Pokéball. Credo che tu possa capirlo da
sola.
La
ragazza la prese.
-
Bene,
falla uscire e capirai subito.
La
nativa di Kalos non si sentì di controbattere. Dalla
Pokéball uscì
una Zorua. Subito iniziò a girare attorno alla ragazza.
-
Una
Zorua?!? Com’è carina! Non dovevi!
-
A dire il vero è stata lei a scegliere te.
Ma
adesso è meglio che torniamo da Lucinda e Ash. O penseranno
che stia
attuando un sequestro di persona.
-
Scusami, ma non ho capito una cosa. Perché hai voluto che
Pancham
tenesse la Pietrastante?
-
Semplicemente perché Pancham, si evolve in Pangoro quando
è
influenzato da un Pokémon di tipo Buio, come Zorua.
-
Sinceramente non lo sapevo. Ma, ora che ci penso, Pangoro è
anche di
tipo Buio, quindi ha senso. In ogni caso, credo che sia il momento di
andare,
I
due tornarono nella stanza, con la Zorua che si era accomodata sulla
spalla della ragazza.
-
Una
Zorua?
Te
l’ha regalata lui?
-
Mi ha detto che è stata lei a scegliere me.
-
Sembra che ti abbia già presa in simpatia.
Commentò
Lucinda.
-
Ok. Vi racconto tutto quello che resta.
Semplicemente,
prima di farlo volevo che ci fosse anche chi ha causato tutto.
-
Zorua?
Gli
chiesero tutti e tre.
-
Proprio
lei.
Vi
avevo detto che, al centro medico, permettevano di portare solo un
Pokémon di piccola taglia? Bene, portai proprio Zorua. Ed
è solo
grazie a lei che ho potuto conoscere Meloetta. Sfruttando
la sua abilità, la piccola illusionista si era trasformata
proprio
in Meloetta.
-
E
Zorua si collega anche a te. Quella notte, in televisione, stavano
dando una gara dove hai partecipato e Zorua faceva i salti di gioia
ogni volta che ti inquadravano.
E
così, soprattutto grazie all’arrivo di Meloetta,
ho trovato la
giusta occasione per regalartela.
Nel
frattempo, Zorua era tornata alla sua forma normale.
Intanto
Serena stava spazzolando Zorua, che sembrava stesse apprezzando
particolarmente. Non interrompendo le spazzolate, chiese a Orlando.
-
Vorrei
chiederti un’altra cosa.
-
Dimmi
tutto quello che desiderei.
-
Sei stato davvero molto gentile a volermi affidare la tua Zorua, ma
non hai detto tu stesso che è grazie a lei che sei diventato
amico
di Meloetta? Senza di lei...
-
Penso che lei capisca. Sarei stato egoista a tenerla. Te lo ripeto,
ogni volta che ti inquadravano faceva i salti di gioia, quindi ho
pensato che affidarla a te fosse la scelta più giusta.
Meloetta
fece segno di approvazione.
-
Visto?
Commentò
Ash.
-
Sembra
che anche lei lo pensi.
Lucinda
richiamò l’attenzione con un colpo di tosse
-Vi
devo ricordare perché siamo qui?
Ash
prese il suo zaino e estrasse l’elenco telefonico.
-
Se
ricordate, nell’ascensore, avevamo parlato
dell’elenco
telefonico. Sappiamo benissimo che questo elenco telefonico ha a che
fare con Bruopoli e non con Ferropoli, ma un tentativo lo farei lo
stesso.
Ash
scosse l’elenco telefonico, nella speranza di trovare dei
bigliettini o qualcosa di simile. Senza successo.
Serena,
osservando l’elenco telefonico si accorse degli altri
segnalibri.
-
Scusa,
Ash, ma se il primo segnalibro si trova in corrispondenza dei numeri
dei parenti del professore… a cosa servono gli altri due?
Saranno
messi a caso?
Ash
passò l’elenco telefonico alla sua ragazza.
Appena
avuto l’elenco in mano, Serena, lo aprì in
corrispondenza del
secondo segnalibro. Quest’ultimo portava a delle pagine
apparentemente normalissime.
La
ragazza guardò con più attenzione.
-
Uno, due, tre, quattro, CINQUE.
La
ragazza si soffermò particolarmente sul cinque.
-
Sei,
sette, otto, NOVE.
-
Trovato
niente?
La
ragazza mostrò a tutti le pagine dell’elenco.
-
Guardate,
il quinto e il nono numero di telefono in questa pagina sono
evidenziati… e nella pagina dopo è il…
Iniziò
a contare sottovoce.
-
Uno, due, tre, quattro, cinque, SEI.
Il
sesto.
Quindi
sono evidenziati il quinto, il nono, il sesto e poi…
La
ragazza aprì l’elenco in corrispondenza
dell'ultimo segnalibro.
-
Di
nuovo il quinto e il sesto.
Quindi
abbiamo il quinto, il nono, il sesto, il quinto e il sesto.
Lucinda,
nel tono di chi pensa di essere venuta a capo di qualcosa
-
Quindi la password è cinque, nove, sei, cinque, sei?
Serena
frenò subito il suo entusiasmo.
-
Non so.
Ci
sono centomila combinazioni possibili. Possiamo provarla, ma non
è
detto che funzioni.
-
Proviamola
per prima, almeno la delusione sarà minore, qualora
dovessimo
fallire.
Intanto
l’uomo aveva ascoltato e visto tutto, grazie alle sue
microspie.
Compresa
Meloetta. Un Pokémon che mai aveva visto in vita sua, per
cui doveva
essere raro. E raro fa rima con prezioso.
Qualora
il piano principale fosse fallito, avrebbe potuto ripiegare su di
lei. Quando vide che i quattro si separarono, decise di passare
all’azione. Prese delle pastiglie in grado di farlo stare
sveglio
e, portando con sé i suoi due Houndoom, si diresse al Centro
Pokémon
dove i quattro alloggiavano.
La
mattina dopo i quattro uscirono presto. E si diressero, in macchina
fino alla villa. L’uomo cercò di seguirli da
lontano.
I
quattro entrarono nella villa e fecero lo stesso percorso del giorno
prima, anche se questa avevano adottato degli accorgimenti.
Indossavano delle tute contro il rischio biologico, almeno non
avrebbero avuto attaccato l’odore di fogna.
Se
le tolsero una volta giunti fuori dalla fabbrica.
Andarono
di nuovo al montacarichi e scesero fino al piano dove si trovavano il
giorno prima.
Serena,
senza dire una parola, digitò nel tastierino:
59656
Dopo
alcuni istanti, un rumore colse tutti di sorpresa.
Era
la porta di sicurezza. Si era aperta.
Si
diedero tutti il cinque. L’ipotesi di Serena si era rivelata
corretta.
Tuttavia
non erano minimamente pronti a ciò che si sarebbe presentato
davanti
ai loro occhi.
Una
stanza illuminata da luci al neon verdi. Rivestita interamente da
pannelli metallici, probabilmente per schermarla.
Al
centro della stanza un gigantesco monitor, retto da una sorta di
braccio meccanico.
Dal
monitor partivano dei cavi che si dirigevano verso il piano
inferiore.
Da
una parte della stanza, un sedile di auto, su di un binario che
conduceva fino al monitor.
Lucinda
decise di sedersi, ma non accadde nulla.
-
Abbiamo solo perso del tempo. Possiamo tornare alla base.
-
Non
ancora. Guardate!
Ash
indicò un pozzetto, chiuso da un lucchetto.
Scassinare
il lucchetto era fuori discussione, avrebbe richiesto troppo tempo.
Almeno secondo Ash.
-
Pikachu,
potresti tagliare il lucchetto con Codacciaio?
Pikachu
seguì il comando del suo allenatore e tagliò il
lucchetto con un
potente colpo della coda.
Ash
tolse quello che rimaneva del lucchetto e aprì il pozzetto.
Dava
su una scaletta che portava al piano inferiore.
-
Venite
qui! Guardate un po’.
Ash
fu il primo a scendere, poi tutti gli altri.
Appena
arrivato, Ash assisté a uno spettacolo che mai si sarebbe
aspettato.
Dal terreno uscì uno strano dispositivo, di forma
cilindrica,
colorato di verde e con delle parti in oro. Sembrava che fino al
momento prima fosse stato immerso in un qualche liquido di
raffreddamento.
Appena
il fluido colò, uno sportellino si aprì, facendo
uscire una leva
che, con tutta probabilità, fungeva da interruttore.
Orlando
fermò Ash dall’avvicinarsi.
-
Non
credi che sarebbe scortese?
-
Cosa?
-
Non farlo accendere alle ragazze.
-
Giusto, hai ragione.
Lucinda
e Serena si avvicinarono al dispositivo e abbassarono insieme
l’interruttore.
Per
un attimo non accadde nulla. Poi, la parte dorata dello strano
dispositivo iniziò a illuminarsi, illuminando a sua volta
l’intera
stanza. Poco dopo il cilindro sprofondò nuovamente nel
terreno.
Risalirono
nuovamente al piano successivo e il monitor, che, in precedenza era
spento, ora illuminava la stanza. Ash decise di sedersi sulla
poltrona di comando, ma la combinazione tra il sedersi nella punta
della sedia e il movimento della stessa, lo fecero cadere. Nella sua
caduta, fece sollevare la parte del sedile dove ci si siede, facendo
si che lo scomparto segreto sotto lo stesso venisse scoperto. Al suo
interno si trovava solamente un taccuino.
Lucinda
lo prese, risistemò la seduta, per poi sedersi a sua volta.
Gli
altri si erano radunati dietro di lei.
Sul
monitor iniziarono ad apparire dati di Pokémon, come quelli
che
erano apparsi a Bruopli.
Lucinda
premette uno dei tasti, in maniera simile a come fece a Bruopli,
aspettandosi un risultato simile a quello dell’altro giorno.
Rimase
sorpresa quando si accorse che qui non era richiesta alcuna password.
-
Guardate,
qui non chiede alcuna password.
Lucinda,
premendo quel tasto, aveva selezionato uno dei tanti
Pokémon. Un
Trevenant.
Nella
schermata erano presenti tutti i dati del Pokémon, come in
precedenza, tuttavia, selezionando uno di quei Pokémon, non
solo era
possibile accedere ad alcuni dei suoi dati, ma era anche possibile
interagire con quest’ultimo tramite dei menu.
Il
primo consentiva semplicemente di far scegliere che attacco far usare
al Pokémon.
Il
secondo presentava, invece la possibilità di conoscere i
suoi
spostamenti.
Il
terzo, invece, presentava le opzioni più macabre, quelle che
permettevano di assumerne il pieno controllo.
Lucinda
provò a visitare quell’opzione, ma il sistema
impedì qualsiasi
azione. Per attivare questa funzione era necessario un grado di
identificazione, che chiaramente lei non poteva avere.
-
Abbiamo
fatto un altro buco nell’acqua.
-
Non ti abbattere. - La
consolò Ash.
-Abbiamo
comunque quel taccuino, magari ci sarà d’aiuto.
Ash
sfogliò alcune pagine.
-
Certo
che chiunque fosse, scriveva proprio in geroglifico.
Mentre
i quattro si trovavano nell’edificio abbandonato e ne stavano
scoprendo i segreti, in una delle carceri della regione di Kalos, uno
dei tanti detenuti, scontava la sua pena. Era stato arrestato diversi
anni prima per aver collaborato con la mafia. E in tutti quegli anni
non aveva mai confessato nulla.
Non
aveva motivi per farlo. Non avrebbe ricevuto nulla in cambio.
L’uomo
stava tranquillamente chiacchierando con il suo compagno di cella. Lo
stesso da quando era stato arrestato. Sapendo di avere tanti anni di
convivenza forzata, non alzare le mani era la sola scelta per
convivere.
I
due erano da poco rientrati dall’ora d’aria, quando
una delle
guardie carcerarie aprì la cella. Guardò uno dei
due detenuti, e
con tono serio disse:
-Venga
con me.
La
guardia ammanettò uno dei due detenuti e lo
scortò fino all’area
del carcere dedicata alle visite.
Dal
lato del detenuto la stanza era vuota e aveva le pareti bianche.
Il
solo oggetto presente nella stanza era una semplice sedia, fissata al
pavimento.
A
separare l’uomo dal suo interlocutore una spessa parete di
vetro
antiproiettile, con dei sottili fori per poter parlare.
La
guardia lo condusse nella stanza e chiuse la porta a chiave.
Fuggire
da quella stanza era impensabile.
Pochi
istanti dopo il suo arrivo, dall’altra parte del vetro,
arrivò un
uomo. Alto e di corporatura robusta.
Era
vestito totalmente di nero. Giacca, cappello, pantaloni, forse anche
le scarpe. Indossava anche degli occhiali da sole, ovviamente neri, e
una mascherina, ovviamente nera.
Sembrava
facesse di tutto per non farsi riconoscere.
Il
primo dubbio nella mente del detenuto riguardava come
quell’uomo
avesse superato tutti i controlli obbligatori per i visitatori.
Sempre che l’avessero controllato, ovvio. Non poté
pensarci a
lungo.
Una
voce profonda e roca lo riportò alla realtà.
-
Sappiamo
chi è lei e cosa ha fatto.
L’uomo
rabbrividì.
-
Se
lei collaborerà con noi, potrà considerarsi un
uomo libero. Non
dovesse collaborare, non uscirà vivo da qui.
L’uomo
era intimidito dalle parole del suo interlocutore. Sapeva che, con la
buona condotta, sarebbe potuto uscire qualche anno prima dal carcere.
Ma questo si scontrava con le parole dell’uomo vestito di
nero.
Sembrava essere molto influente.
Dal
suo aspetto apparteneva ai servizi segreti o qualcosa di simile.
Meglio non farselo nemico.
-
Sono
disposto a tutto.
Il
suo tono era incerto.
-
Lei
ha collaborato con Graziano, detto il Mago. Il più
pericoloso e
influente boss della mafia, l’uomo più ricercato
del mondo, per
una lista di reati infinita, tra associazione a delinquere di stampo
mafioso, omicidi, sequestri di persona, spaccio di droga,
strozzinaggio... So che lei è stato arrestato
perché ha fatto da
intermediario tra lui e il signor Sebastian Arnes. Ha usato i suoi
soldi per finanziare il suo progetto. E il signor Arnes, per via
delle sue pressioni, ha continuato a lavorare al progetto, nonostante
gli fosse stato intimato di non metterci più le mani.
E
immagino lo sappia, se il signor Sebastian è stato ucciso
è anche
colpa sua.
Le
offro la possibilità di redimersi. Non potrà
riportarlo in vita, ma
ci può condurre al suo ex capo. Con lui dietro le sbarre,
sarà
libero. Altrimenti passerà il resto dei suoi giorni in
carcere. In
una piccola cella. Da solo.
Il
carcerato stette a lungo in silenzio.
-
Non
ho altra scelta.
La
porta si aprì. Ma non entrò la stessa guardia che
lo aveva scortato
fino a quel momento.
Entrarono
due uomini. Erano molto simili a quello con cui aveva parlato. Alti e
robusti, vestiti di nero dalla testa ai piedi.
Lo
sollevarono di peso. E lo condussero fino al loro mezzo. Un pulmino.
Nero, con i vetri oscurati.
Prima
di farlo salire a bordo lo perquisirono da capo a piedi, non trovando
nulla.
Lo
fecero sedere a bordo e gli allacciarono la cintura. Appariva come
una normale cintura di sicurezza ma, in realtà, era dello
stesso
tipo di quelle usate nelle auto della polizia, e non poteva essere
sganciata se non tramite un pulsante, accessibile solo dal posto di
guida. Un sistema non troppo articolato, ma altrettanto efficace per
impedire la fuga.
Uno
degli uomini che lo aveva scortato, usò delle cesoie per
tagliare le
sue manette.
Solo
in quel momento, il pulmino iniziò a muoversi.
Uno
degli altri iniziò a fargli delle domande. O meglio, a
estorcergli
una confessione.
Puntandogli
una pistola alla tempia.
-Veda
di non fare scherzi. E adesso ci mostri dove si trova la casa del
signor Arnes.
L’uomo
accanto a lui gli posò un tablet sulle gambe, con
un'applicazione di
mappe, con vista dal satellite.
L’uomo
si stava spostando verso la periferia di Ferropoli. In una zona
vicina a un boschetto. Vi erano alcune villette Una risaltava su
tutte. Era molto più grande delle altre. E aveva un ampio
giardino.
-
Questa
era la sua casa.
L’uomo
che gli aveva porto il tablet, lo riprese, e salvò la
posizione
dell’edificio, per poi inviarla al navigatore satellitare.
-
E dove si trova l’edificio dove faceva i suoi esperimenti?
L’uomo
aveva di nuovo il tablet sulle gambe.
Cercò
nella mappa satellitare. Dopo alcuni istanti di ricerca, lo
trovò.
Una
fabbrica di auto su un isolotto in mezzo al fiume. Anche dal
satellite, si vedeva come fosse impossibile accedere dal ponte, a
causa di un muro.
-
E quel muro?
-
Lo ha voluto far costruire per impedirvi di raggiungerla via terra. E
non è il solo sistema di sicurezza.
-
Sistema di sicurezza?
-
Sebastian era un tipo molto previdente. Per evitare che delle persone
o dei Pokémon di allenatori potessero sorvolare
l’edificio, ha
fatto installare dei dispositivi per attaccare qualsiasi
Pokémon
catturato o qualsiasi mezzo aereo che si avvicini troppo.
-
E come si raggiunge l’edificio?
-
Dalle fogne. Un passaggio conduce direttamente dalla casa alla
fabbrica.
Nella
fabbrica abbandonata, intanto, Ash non era stato in grado di capire
una parola di quelle scritte nel taccuino, così
l’aveva passato a
Orlando.
-
Aspettate
un secondo. Questa è la sua grafia! Non è stato
mio professore per
molto, ma la riconosco.
Per
smorzare la tensione del momento, si lasciò scappare una
battuta.
-
E
hai ragione, aveva davvero una scrittura terribile.
Il
ragazzo si sforzò di leggere.
-
Qui
ho scritto le istruzioni su come procedere per trasferire le persone.
Lo nasconderò in un posto sicuro quando sarò
certo che tu saprai
come fare. Non lo deve sapere nessun altro.
Il
ragazzo cambiò pagina.
-
Recati
nella cella frigorifera. Fatti aiutare dai tuoi Pokémon per
spingere
la parete opposta alla porta.
Troverai
una stanza con un trasferitore, una scrivania con sopra un monitor,
una tastiera e un mouse.
Per
il trasferimento dovrai semplicemente scansionare il tuo
Pokédex
nell’apposito sistema. Dopo che ti avrà
riconosciuto, lo potrai
riprendere.
Nella
pagina ancora successiva altre informazioni.
-
Nel
sistema devi selezionare la funzione “trasferisci”
e selezionare
il dispositivo di partenza, chiamato Master 1, e quello di arrivo,
chiamato Sub 1. Dopo la selezione, ricovera i tuoi Pokémon
nelle
Pokéball e posizionati al centro della piattaforma.
Dopo
trenta secondi dal tuo posizionamento, inizierà il
trasferimento.
Qualora avessi fatto tutto bene…
La
frase terminava nella pagina successiva.
-
Ti troverai a Bruopoli. Nella stanza in cui ti troverai, ci
sarà una
scrivania. Nel suo cassetto un elenco telefonico. Nel primo
segnalibro troverai i contatti di alcuni nostri famigliari. Sotto al
tavolino da caffè delle chiavi per aprire le porte.
Appena
uscirai, trova una cabina telefonica, chiama uno dei numeri e fatti
venire a prendere. Qualora qualcosa dovesse andare storto…
Andò
avanti all’ultima pagina scritta.
-
Per
esempio, se dovesse saltare la corrente prima del tuo arrivo a
Bruopli, appena la stessa verrà riattaccata, verrai
riportata qui a
Ferropoli. Questa è una scelta che abbiamo voluto
intraprendere per
motivi di sicurezza.
Lucinda,
che come tutti aveva semplicemente ascoltato, fu la prima ad avere
delle domande.
-
Allora, cosa mi dici? Visto che la cella frigorifera nascondeva
qualcosa? Non lo hai detto tu stesso che quell’uomo era un
tipo
piuttosto misterioso?
Ash
prese le sue difese.
-
Vero,
ma l’avevamo esaminata insieme, senza trovare nulla.
Piuttosto, dal
momento che ora che sappiamo cosa fare, mettiamoci in
marcia.
Tutti
convennero che Ash avesse ragione.
L’uomo,
poco lontano dalla villa, stava iniziando a perdere la pazienza.
Erano entrati da molto tempo e ancora non erano usciti. Certo, poteva
entrare, ma il rischio di incontrarli era troppo alto e non avrebbe
potuto giustificare la sua presenza in alcun modo. E nonostante fosse
armato, era comunque in grossa inferiorità numerica.
Doveva
solo avere pazienza.
I
quattro erano ritornati. Si erano tolti le tute e diretti verso la
cella frigorifera. Spostarono gli scaffali che poggiavano contro la
parete opposta alla porta e, con l’aiuto di alcuni dei loro
Pokémon, spinsero la parete.
Senza
neppure troppi sforzi, la parete si spostò, rivelando il
segreto
finora solamente letto nelle pagine del taccuino.
La
stanza non era grandissima. Al centro della parete opposta
all’ingresso, era presente una pedana di metallo sovrastata,
a
circa due metri d’altezza, da un disco traforato, sempre
realizzato
in metallo.
Dal
disco partivano alcuni cavi, collegati a quello che sembrava essere
un computer, che troneggiava su una scrivania.
Quel
dispositivo ricordava una sorta di doccia, anche se, per come era
costruito, dal soffione sarebbe piovuta elettricità e non
acqua. O
almeno questo sarebbe stato il loro pensiero prima che scoprissero
tutta la storia.
Nella
stanza anche un divano e un tavolino da caffè.
Lucinda,
osservando il dispositivo, si lasciò scappare un commento.
-
E così quello sarebbe un trasferitore per esseri umani?
Assomiglia a
quello di Bruopoli.
-
Quindi,
secondo voi se dovessimo alimentarlo, lei tornerebbe qui?
L’innocente
domanda di Ash scatenò i dubbi della sua ragazza.
-
Mettiamo
caso che effettivamente funzioni. E che lei torni. Come lo spieghiamo
alle autorità? Scompare e dopo anni ritorna? Dobbiamo
inventarci
qualcosa.
-
Aspettiamo, almeno assicuriamoci che tutto funzioni, poi ci
penseremo.
Salgo
a prendere la pila di Lem. Dovrebbe avere ancora abbastanza energia.
Ash
salì al piano superiore e dopo qualche minuto
tornò con la pesante
pila. Al suo ritorno, si occuparono di collegare il dispositivo alla
batteria. Per alcuni istanti non accadde nulla.
-
Un
altro buco nell’acqua.
Il
commento frustrato di Ash venne smentito da quello che, lentamente,
stava avvenendo davanti ai loro occhi.
Da
quella sorta di soffione iniziavano a uscire dei raggi di luce
bianca. Prima deboli, poi sempre più forti.
Fino
a quando non smisero. Davanti ai loro occhi apparve una ragazzina.
Non molto alta, magra, capelli rosa corti e occhi verdi. Indossa una
maglietta gialla con sopra una giacchetta rosa e una corta gonna
rosa.
Al
collo un pendente. Uguale a quello che Ash aveva visto nelle visioni
causate da Darkrai.
La
ragazza stava per cadere a terra, ma venne prontamente soccorsa da
Orlando e Ash e distesa sul divano.
Non
c’erano dubbi. Era lei.
-
Mi perdonate se esco un attimo?
-
Figurati.
Il
tono di Serena era davvero comprensivo.
Lei
aveva ben capito il motivo per cui aveva reagito in quel modo. La sua
amica era rimasta esattamente come se la ricordava nove anni prima.
Una ragazzina di undici anni. Appena il ragazzo si
allontanò,
finalmente Serena parlò dell’argomento solo
accennato in
precedenza.
-
Lasciamo
che Orlando metabolizzi la situazione, posso immaginare che
per
lui sia stato un grandissimo shock.
Lo
capirei anche se decidesse di andarsene e di non tornare più.
Ora
dobbiamo occuparci di quel problema.
Quasi
subito Lucinda prese la parola.
-
Ho avuto un’idea.
-
Vai.
-
Orlando ti ha regalato una Zorua, non è vero? E se usasse la
sua
abilità per creare un’immagine di Celebi e far
credere che sia
arrivata qui grazie a lui? Ci basterà fare qualche foto.
Credo
bastino come prove per le autorità.
-
Lucinda, sei geniale!
La
ragazza era felice del complimento ricevuto dalla coppia.
-
Però
ora ci dobbiamo occupare di lei.
Serena
si riferiva alla ragazza, ancora sdraiata sul divano che, nel
frattempo, stava riprendendo conoscenza.
Ancora
stordita, la ragazza stava iniziando a fare delle domande.
-
E voi chi siete? Dove sono? Cosa ci fate qui? Cosa hanno fatto a mio
babbo? Chi era quell’altro ragazzo che mi ha soccorsa?
Intanto
la ragazza si era messa in posizione seduta e accanto a lei si erano
sedute Lucinda e Serena.
Quest’ultima
cercò di rispondere alle sue domande.
-
Non
è facile raccontare tutto, ma cercherò di fare il
possibile. Io mi
chiamo Serena e sono una performer e super coordinatrice.
-
Io sono Lucinda. E anche io sono una super coordinatrice.
Il
Piplup della ragazza fece anche lui un gesto di saluto.
-
Un Piplup? Non ne ho mai visto uno, immagino che tu non lo abbia
catturato a Kalos.
-
Non ti sbagli, io sono di Sinnoh, e lui è stato il mio primo
Pokémon
-
Io
sono Ash e questo è Pikachu, il mio carissimo amico e
compagno di
viaggio. Veniamo da Biancavilla, nella regione di Kanto.
-
Per
curiosità, qual è stato il tuo primo
Pokémon?
-
Proprio lui, Pikachu
-
Ma come? A Kanto i Pokémon iniziali non sono Bulbasaur,
Charmander e
Squirtle?
Serena
rispose al posto del suo ragazzo.
-
Semplicemente lui è un ritardatario cronico.
-
E Pikachu era il solo Pokémon rimasto nel laboratorio. E il
resto è
storia.
Dopo
le presentazioni, Serena riprese il racconto.
-
Tutto
è cominciato la notte tra giovedì e
venerdì scorso. Io e Ash siamo
venuti qui perché dovevo prendere parte a
un’esibizione, ma
sin dalla prima notte che abbiamo passato qui a Ferropoli, Ash, ha
avuto delle visioni è venuto alla conoscenza della tua
storia e di
quella dei tuoi. Abbiamo scoperto che a causare le visioni è
stato
un esemplare di Darkrai.
-
Darkrai? Mio padre era amico di un Darkrai! Sarà stato lui!
-
Probabile, lui ci ha raccontato di essere stato amico del signor
Sebastian e ha chiesto a Ash di aiutarlo a trovarti.
Per
tutta una serie di coincidenze, abbiamo incontrato quel ragazzo che,
insieme a Ash ti ha soccorso. Orlando.
-
Orlando?
La
ragazzina ripeté sottovoce il nome del ragazzo.
-
Me
lo ricordavo diverso dall’ultima volta in cui ci siamo
visti…
-
Se n'è andato proprio per quello.
Sono
passati nove anni dall’ultima volta in cui vi siete visti. E
anche
lui si aspettava di trovarti diversa dall’ultima volta.
-
Nove anni?
-
Esatto. Non ricordi nulla del giorno in cui sei fuggita?
-
Avevo vinto la mia seconda medaglia. E, mentre rientravo a casa, ho
visto diverse auto, nere, tutte uguali.
Sono
rientrata a casa per mostrare la medaglia a mio padre. Poco dopo il
mio arrivo mi disse di mettermi al sicuro. Così, seguendo le
sue
istruzioni, scappai.
-
Ma qualcosa andò storto. E non sei arrivata a Bruopoli, ma
sei
rimasta bloccata tra le due città per tutti questi anni.
Lucinda
completò la sua frase.
-
Si,
almeno credo.
-
Non
so se tu voglia sapere cosa hanno fatto a tuo padre.
Taelia
capì, dal tono di Ash che non doveva trattarsi di una bella
fine.
-
Dimmelo,
voglio saperlo a tutti i costi.
Lucinda,
cercando di essere il più delicata possibile,
raccontò la triste
storia.
-
Poco dopo il vostro arrivo a Ferropoli, tuo padre e una donna
chiamata Suzanne hanno cominciato a lavorare a un progetto. Delle
Pokéball che avrebbero permesso di rendere i
Pokémon più
obbedienti per aiutare gli allenatori meno esperti e, al contempo
permettere di studiarli.
-
Capisco, quindi è per quello che spesso non era a casa?
-
Molto probabile. Dopo qualche tempo lui e l’uomo che lo
finanziava
si incontrarono. Tuo padre voleva mostrargli delle lettere che aveva
ricevuto da parte dei suoi ex datori di lavoro. In quelle lettere gli
chiedevano di smettere con il progetto e di consegnare tutto.
Minacciandolo di morte qualora non lo avesse fatto.
-
Quindi è stato ucciso?
Il
tono di Serena si fece triste.
-
Si.
Una
quindicina di minuti dopo, Orlando era tornato. Con delle buste.
-
Scusate
se me ne sono andato. Ma mi capirete, è una situazione
difficilissima. Ho portato questi per farmi perdonare.
Il
ragazzo posò le buste sul tavolino da caffè e ne
estrasse il
contenuto.
In
una delle bottiglie di bevande gasate e dei bicchieri di plastica,
nell’altra una confezione di dolci, con il logo di una
pasticceria.
Posato tutto, aprì la confezione. Dentro
quest’ultima vari tipi di
paste e ciambelle doppie.
-
Si,
sei davvero tu!
Orlando
sorrise.
-Ti
sei ricordato che io adoro quelle ciambelle.
I
cinque si godettero il momento di leggerezza.
-
Quando
sono uscito, ho riflettuto. Cosa avrei dovuto fare? Abbandonarvi qui?
Non avrei risolto nulla. E quindi ho pensato che la scelta migliore
fosse tornare qui e andare fino in fondo.
Dopo
qualche istante di silenzio, Taelia si rivolse a Orlando.
-
Ho una domanda. Ma cosa è successo dopo che sono fuggita?
-
Non lo so.
Io
e la mia famiglia siamo fuggiti da Kalos lo stesso giorno in cui tu
sei scomparsa.
-
Perché siete fuggiti?
-
Non mi hanno mai spiegato nulla. Solo di recente ho scoperto la
verità.
L’uomo
che ha finanziato tuo padre, era mio zio. Quando tu sei fuggita, per
qualche motivo la mia famiglia ha fatto altrettanto. Mio zio
è
rimasto qui a Kalos.
-
Ho capito. Sei come me. Una vittima. Posso chiederti una cosa?
-
Dopo tutto quello che hai passato puoi chiedermi tutto.
-
Ti andrebbe una lotta, come facevamo sempre? La mia Gardevoir contro
la tua Greninja?
Orlando
prese un respiro. L’atmosfera era pesante. Nessuno osava dire
nulla. Doveva dirlo lui. Lui e nessun altro.
-
L’ho dovuta liberare.
-
L’hai liberata?
Il
suo tono era tra il sorpreso e lo sconcertato.
-
Quando siamo fuggiti da Kalos, i miei mi obbligarono a liberarla.
Nessuno doveva sapere che eravamo di Kalos. E il Pokémon
iniziale è
forse quello che più rappresenta una regione.
-
Tu menti! So che tenevi a lei come poche cose al mondo, non
l’avresti
mai liberata.
-
Vorrei. Ma se non ci credi, ti mostro la mia squadra.
Il
ragazzo prese le sei Pokéball e fece uscire i suoi
Pokémon. Un
Metagross shiny, un Lucario, una Jolteon, una Vaporeon, un Togekiss e
un Arcanine. Nessuna traccia di Greninja.
-
Facciamo
una cosa. Solo perché sei tu e perché,
è solo grazie a voi quattro
se sono qui, ti aiuterò a trovarla.
Useremo
il segnale.
-
Il segnale?
Il
tono di Ash era stupito.
-
Nulla
di troppo complicato. Greninja e la sua Gardevoir sono sempre state
amiche, ti ricordo che si conoscevano sin da quando erano una Froakie
e una Ralts.
Nel
corso del tempo avevano sviluppato una sorta di segnale, di codice,
per trovarsi e salutarsi.
Taelia
finì la spiegazione di Orlando.
-
Gardevoir
usava due volte Fulmine e tre volte Palla Ombra. Greninja rispondeva
con tre Acqualame e due Neropulsar. Una volta, grazie a questo
segnale, loro due riuscirono a salvarci da una brutta situazione.
-
Possiamo provare, ma ho paura. Ho paura che lei non mi voglia
più.
Conservo ancora la sua Pokéball, come ricordo, ma…
Il
ragazzo la prese e la mostrò alla ragazza.
Era
evidente come quella Pokéball fosse molto più
vecchia rispetto alle
altre. La aprì e si mostrò vuota.
Una
volta usciti dai sotterranei, i cinque andarono verso il giardino
posteriore della villa, passando dalla porta sul retro.
-
Vieni
fuori Gardevoir!
La
Gardevoir shiny della ragazza uscì dalla Pokéball.
-
Ho
bisogno del tuo aiuto. Faresti il segnale?
La
Gardevoir seguì il comando della sua allenatrice.
Usò Fulmine per
due volte e lanciò tre potenti Palla Ombra verso il cielo.
Nessuno
si aspettava una risposta. Eccetto Taelia.
Dal
boschetto poco lontano, tutti le videro. Tre Acqualame e due
Neropulsar.
La
Gardevoir ripeté il segnale. La risposta non si fece
attendere. E
così altre tre volte.
Alla
fine era arrivata. Era proprio davanti a loro. Una Greninja shiny.
Appena vide l’amica corse ad abbracciarla. Erano tutti felici
nel
vedere quella scena. Anche Darkrai e Meloetta.
Sciolto
l’abbraccio, Greninja guardò dritto negli occhi il
suo ex
allenatore. Darkrai fece da interprete.
-
Si
ricorda benissimo di te. E, come te era molto, molto triste quando
gli eventi vi hanno costretto a separarvi. Per anni ha lanciato il
segnale per cercare Gardevoir, ma che alla fine, non ricevendo
risposta, decise di rinunciare.
Non
le sembrava vero vedere il segnale da parte sua.
Non
le dispiacerebbe tornare con te. Prima, però vuole
assicurarsi che
tu sia ancora in grado di tenerle testa.
-
Non posso rifiutare la sua offerta. Lucario, ho bisogno di te!
Dalla
Pokéball uscì il Lucario del ragazzo.
-
Ecco,
avrai la tua dimostrazione. Lucario, vai con Forzasfera!
Dagli
arti superiori del Pokémon si formò una palla di
energia, di colore
azzurro chiaro, semitrasparente.
Greninja
spiccò un balzo, evitando l’attacco.
Contemporaneamente
lanciò uno dei suoi Acqualame.
-
Lucario! Schiva!
Così
fece, evitando il colpo con grande agilità.
-
Non
possiamo perder tempo! Forzasfera!
Questa
volta, il caricamento dell'attacco fu più rapido, ma
Greninja riuscì
comunque a evitare il colpo.
Tentò
un Doppioteam per confondere l'avversario.
-
Lucario,
usa il tuo potere per riconoscere quella vera e attaccala con
forzasfera!
Era
in grado di percepire la sua aura.
E
l’attacco andò a segno.
Aveva
ottenuto quello che voleva. Era stato in grado di tenerle testa.
Grninja si mise davanti al ragazzo con gli arti superiori alzati, in
segno di resa. Quindi abbracciò il suo ex allenatore, che
aveva
l’espressione di chi non sapeva cosa doveva fare.
-
Cosa
aspetti? Chiediglielo!
Lo
incoraggiò Ash.
-
Quindi, vorresti tornare con me?
Il
ragazzo estrasse dalla tasca una Pokéball, era evidente come
fosse
più vecchia delle altre.
-
Guarda! Ho ancora conservato la tua vecchia Pokéball!
Il
ragazzo non dovette fare nulla. Fu la stessa Greninja a premere il
pulsante di apertura. E si fece catturare.
Solo
che la Pokéball del ragazzo era strana. Era più
piccola delle altre
e una strana luce rossa era accesa in corrispondenza del pulsante di
apertura.
-
Che
sbadato! Ho già sei Pokémon in squadra! Non
preoccupatevi, sto
tornando.
Il
ragazzo mantenne la promessa, tornando dopo non molto tempo. In quel
lasso di tempo, il ragazzo aveva spedito alla riserva la sua
Vaporeon. Quando era tornato, i quattro stavano pianificando come
agire. Dovevano evitare che Taelia desse troppo nell’occhio.
Serena
aveva fatto appena uscire la sua Zorua dalla Pokéball e si
era
inginocchiata per avvicinarsi il più possibile alla stessa.
Mostrò
a Zorua un’immagine di Celebi.
-
Pensi
di riuscire…
Prima
che la sua allenatrice potesse completare la frase, la Zorua si era
trasformata in Celebi e si era avvicinata a Taelia, permettendo ai
tre di scattare alcune foto.
-
Grazie,
sei stata fantastica! Prendi questo.
Serena
premiò Zorua con uno dei suoi Pokebignè. Che
sembrò gradire.
-
Abbiamo
un piccolo problema.
Il
tono di Lucinda era preoccupato.
-
Possiamo
far passare che sia stata portata qui dal passato da Celebi,
però…
è vestita come il giorno in cui è scomparsa.
Tutti,
in coro, le chiesero.
-
E?
-
Quindi pensavo che dovremo comprarle dei nuovi vestiti, per evitare
che possa essere riconosciuta dalla maggior parte della gente.
-
Lucinda sei geniale.
Orlando
prese dal portafogli una buona quantità di denaro e lo diede
a
Serena.
-Andate
pure, e usate questi.
La
risposta che ricevette fece ridere tutti.
-
Dobbiamo
comprare dei vestiti, non il negozio!
-
Noi restiamo qui.
Finalmente
possiamo esaudire la sua richiesta… non è vero,
Greninja?
La
Greninja del ragazzo uscì dalla Pokèball.
-
E
io farò da arbitro.
Chiaramente
l’intenzione di Ash era quella di evitare un’altra
sessione di
shopping.
-
Va
bene, noi torneremo al più presto.
L’uomo
che gli stava pedinando stava attendendo da ore. E quella casa era
sempre stata occupata. Sembrava lo facessero apposta… o
magari lo
avevano scoperto. Non aveva idea di quello che stava accadendo. Non
aveva idea del perché quel ragazzo fosse entrato dentro con
delle
buste, e perché fosse partito in macchina e tornato a piedi.
O
ancora perché le ragazze se ne fossero andate. Quasi due ore
dopo,
le ragazze tornarono. Avevano due grandi buste, piene di vestiti.
-
Eccoci. Speriamo di aver preso qualcosa che ti piace.
Serena,
invece, si rivolse al suo ragazzo, in tono leggermente provocatorio.
-
Beh, com’è andata quella lotta?
-
Un pareggio.
Intanto
Lucinda aveva dato le buste con la roba a Taelia.
-
Prendi, è per te, mettiti quello che preferisci.
La
ragazza entrò dentro casa e andò a cambiarsi.
Dopo un po’, tornò.
E sembrava totalmente un’altra persona.
Indossava
un top rosa con disegnato un teschio con le ossa incrociate, una
gonna nera e degli stivali marroni. L’unica cosa che aveva
tenuto
era il pendente. Intanto, per fortuna del loro pedinatore, finalmente
se ne stavano andando.
Tuttavia
quest’ultimo non poteva aspettarsi quello che si sarebbe
palesato
davanti ai suoi occhi.
Quei
quattro non erano soli. Con loro anche una ragazzina, chiaramente
più
giovane di tutti loro. E il suo aspetto corrispondeva alla perfezione
alla figlia del professor Sebastian. Scomparsa nove anni prima.
Solo
che… il suo aspetto non era quello di una ventenne, ma
quello di
una ragazzina di undici anni.
Ash
aveva notato qualcosa di strano, in strada.
-
Ma come mai non c’è la tua macchina?
-
Perché adesso siamo in cinque, e la macchina è
omologata per
quattro… dovesse beccarmi l’agente
Jenny… mi farebbe una multa
che non finisce più.
Ironia
della sorte, proprio in quel momento, un’agente Jenny, stava
pattugliando quell’area.
Ed
era stata attratta dal fatto che diverse persone si trovavano vicino
a una casa abbandonata, scatenando la sua curiosità.
Si
era avvicinata alla villa e l’aveva vista. Era scesa dalla
sua auto
e si era avvicinata a piedi alla villa.
-
E voi cosa ci fate qui? Lo sapete che la violazione di
proprietà
privata è un reato?
Guardò
tutti attentamente, soffermandosi sulla ragazza coi capelli rosa.
-
Aspetta un attimo. Ma te assomigli moltissimo alla figlia del
Professor Sebastian… però
Ash
spiegò frettolosamente la situazione.
-
Semplicemente avevamo visto un esemplare di Celebi e volevamo fargli
delle foto. E, seguendolo siamo giunti a lei.
Per
favore, non ne faccia parola con nessuno, altrimenti dei bracconieri
potrebbero andare a cercarlo e sarebbe un disastro.
-
Hai ragione, ma questo non toglie il fatto che state commettendo un
reato.
A
difendere tutti ci pensò Serena
-
Non proprio. Essendo un luogo abbandonato ed essendo lei la figlia
del Professor Sebastian, portata qui dal passato da Celebi, abbiamo
la sua autorizzazione per trovarci a casa sua.
-
Ok. Avete vinto per questa volta. Ma alla prossima…
Intanto
i cinque si erano allontanati, per andare a pranzare, lasciando via
libera all’uomo che gli inseguiva, di introdursi nella villa.
Così
l’uomo scese dalla sua auto e iniziò a esplorare
la villa,
scortato dai suoi due Houndoom. Non era attratto da quello che, a suo
parere, poteva essere rimasto, a suo parere non molto, quanto
piuttosto da segreto che aveva scoperto nascondesse.
L’accesso al
luogo dove il proprietario di quella casa aveva svolto i suoi
esperimenti.
Entrò
all’interno della villa e si diresse immediatamente verso i
sotterranei. A lui non interessavano le stanze o il loro contenuto. A
lui interessava solo il raggiungere quell’edificio e
comunicare il
tutto al suo capo e quest’ultimo avrebbe deciso come operare.
In
fondo al sotterraneo, notò come la porta che permetteva
l’accesso
alla fogna, fosse stata scardinata, con tutta probabilità da
un
attacco molto forte.
-
Devo fare attenzione, sembrano molto forti. Dovrò dire anche
questo
nel rapporto al capo.
Intanto
aveva notato come le luci sul soffitto fossero accese.
-
Devono essere passati di qui recentemente.
Seguì
il percorso indicato dalle luci, perché riteneva che fossero
l’unica
pista percorribile. E dopo una lunga camminata giunse alla fine della
fognatura, dove questa scaricava nel fiume. Sarebbe potuto tornare
indietro o salire da delle scalette che, all’apparenza,
conducevano
all’esterno. Scelse la seconda opzione.
Una
volta fuori, si ritrovò davanti a un edificio abbandonato.
Una
vecchia fabbrica di auto. Dietro di lui, un muro impediva
l’accesso
attraverso il ponte.
Davanti
a lui l’ingresso della fabbrica. Aveva già sentito
tutto dalle sue
microspie. Sapeva che quello che gli interessava era solo il
montacarichi. Scese le scale con tutta calma, temendo che potessero
crollare, e raggiunse il tanto desiderato montacarichi.
Entrato
dentro, premette il pulsante di discesa e, dopo una lunga attesa, il
montacarichi si fermò.
L’uomo
capì che era giunto il momento di digitare la password nel
tastierino.
59656.
La
porta si aprì, rivelando all’uomo quello che si
trovava
all’interno della stanza.
Un
gigantesco monitor, retto da una sorta di braccio meccanico, da
questo partivano dei cavi che si dirigevano verso il piano inferiore.
Da
una parte della stanza, un sedile di auto, su di un binario che
conduceva fino al monitor.
L’uomo
decise di sedersi e notò come lo stesso, attivato
probabilmente da
un sensore di peso, iniziasse a muoversi verso il monitor.
Appena
giunto davanti da esso notò come su quest’ultimo
fossero presenti
dei dati di diversi Pokémon.
L’uomo
premette un pulsante, e notò come quest’ultimo
dovesse servire a
selezionare uno dei Pokémon di cui erano presenti i dati.
Selezionando
uno di quei Pokémon, non solo era possibile accedere ad
alcuni dei
suoi dati, ma era anche possibile interagire con il Pokémon
tramite
dei menu.
Il
primo consentiva semplicemente di far scegliere che attacco far usare
al Pokémon.
Il
secondo presentava, invece la possibilità di conoscere i
suoi
spostamenti.
Il
terzo, invece, presentava le opzioni più macabre, quelle che
permettevano di assumerne il pieno controllo.
L’uomo
provò a visitare quell’opzione, ma il sistema
glielo impedì. Per
attivare questa funzione era necessario un grado di identificazione,
che chiaramente lui non poteva avere.
Anche,
contrariamente a chi aveva visitato quel luogo prima di lui, aveva
un’idea su chi potesse possedere quel grado di
identificazione.
Stava
per andarsene, quando si accorse di come, da una parte ci fosse una
sorta di pozzetto. L’uomo si avvicinò a
quest’ultimo e si
accorse di come, vicino a questo ci fosse un lucchetto spezzato.
-
Tanto
meglio.
Commentò.
-
Meno
lavoro per me.
L’uomo
sollevò il pozzetto e decise di prendere la scaletta celata
dal
pozzetto, pieno di aspettative. E non venne deluso.
Appena
sceso un qualche sensore fece sì che la centrale di
controllo
uscisse dal pavimento e si palesasse ai suoi occhi, ancora
parzialmente coperta dal liquido di raffreddamento.
-
Credo
di aver visto abbastanza.
L’uomo
compì a ritroso il percorso che aveva compiuto, fino a
tornare alla
base.
Non
era più interessato alle microspie, ma non aveva avuto il
tempo
materiale di rimuoverle, per cui le avrebbe tenute. Sia mai che gli
permettessero di carpire delle altre informazioni.
In
ogni caso si mise in contatto con il suo capo. Aveva delle
novità in
merito al caso.
Attivò
il dispositivo di camuffamento e chiamò il suo capo.
Questi
rispose quasi subito, anche lui con la voce camuffata.
-
Immagino
ci siano delle novità importanti.
Non
sbaglia. Ci hanno aperto tutte le porte.
Sappiamo
dove si trova la centrale di controllo, e la sua casa.
Ma
questa non è la sola notizia importante.
-
Dimmi tutto.
-
La figlia di Sebastian è viva. Ed è una ragazzina
di undici anni,
come quando era scomparsa. Quelli con cui si trova hanno detto che
è
lì a causa di Celebi, ma io credo ci sia
dell’altro dietro.
-
Se anche fosse Celebi ci andrebbe benissimo.
-
Il punto è che se non fosse Celebi ma qualcosa di creato da
suo
padre… potrebbe sfruttarla a suo vantaggio, e sarebbe
qualcosa di
molto più profittevole non di un Pokémon raro, ma
di tre.
-
Come tre?
-
Girano con un Darkrai e con un Pokémon che non ho mai visto,
che
assomiglia a una sorta di cantante.
-
E che prove avresti per smentire l’ipotesi che si tratti di
Celebi?
-
Bir ha regalato alla biondina un esemplare di Zorua, immagino conosca
il suo potere.
-
Certo che lo conosco, ma lo sai. Voglio delle prove. Io
inizierò a
partire, per il mio arrivo voglio le prove che quel Celebi sia una
semplice illusione.
Intanto
i cinque si trovavano al Centro Pokémon. Per fortuna non
c’era
nessuno, al di fuori dell’infermiera, la quale, alla vista
della
ragazza, per poco non ebbe un mancamento.
Lucinda
prese in mano le redini della situazione.
-
So cosa prova, ma, per favore, non ne faccia parola con nessuno. Lei
è arrivata qui grazie a Celebi. Ma non deve dire nulla a
nessuno.
Arriverebbero dei bracconieri da ogni parte del mondo.
-
Giusto, hai ragione, farò finta che sia
un’allenatrice come tutte
le altre.
Intanto
il pulmino nero stava percorrendo le strade di Kalos, ma,
contrariamente alle aspettative dell’uomo che aveva fornito
loro le
indicazioni, non si stava dirigendo all’abitazione che fu del
signor Sebastian. Ma in un aeroporto.
Questo
scatenò la curiosità del loro passeggero, che
rimase parecchio
sorpreso dalla decisione dell’autista.
Uno
degli uomini che l’aveva prelevato dal carcere gli rivolse la
parola.
-
Abbiamo
ricevuto delle informazioni. Sappiamo che il suo ex capo
atterrerà
in questo aeroporto tra non molto. E sappiamo che non sarà
solo.
Appena arriverà, lo seguiremo e, quando lo avremo messo al
fresco,
lei sarà un uomo libero.
Dopo
una lunga attesa atterrò un aereo simile a quello che viene
usato
per trasportare truppe e merci, dal quale scesero degli uomini, tutti
vestiti dello stesso colore, alla guida di mezzi militari. Tutti
verdi. E un grosso SUV bianco.
Uno
dei tre uomini in nero, vedendo quell’auto di colore diverso
fece
un’osservazione.
-
Probabilmente il capo salirà su quello.
Non
si sbagliava. Poco dopo il mezzo militare atterrò un jet
privato. Il
grosso SUV si diresse proprio verso quest’ultimo.
Il
pulmino era troppo lontano perché si potesse vedere bene
tutto, ma
quello che i quattro poterono vedere fu comunque sufficiente.
-
A
quanto pare, quello è il mezzo del capo. Mi chiedo solo chi
sia
quella persona che è scesa con lui. Ne sa qualcosa?
L’ex
carcerato rispose subito, intuendo l’importanza della domanda.
-
Penso
sia la sua segretaria, ma non ne sono sicuro.
Intanto
il lungo corteo di mezzi si stava muovendo, verso la periferia di
Ferropoli.
Per
ora si sarebbero limitati a seguirli. Per agire solo nel momento
più
opportuno. Il corteo di auto passò davanti alla villa del
signor
Sebastian, senza fermarsi. Nel pulmino uno degli uomini in nero, si
riferì al passeggero.
-
Hai superato la prima prova, non chi hai mentito.
Intanto,
il corteo proseguì fino a fermarsi, poco prima di un ponte.
Gli
uomini alla guida del corteo fermarono i loro mezzi e fecero uscire
dalle loro Pokéball alcuni esemplari di Rhyperior, e
ordinarono loro
di demolire il muro.
Questi
vi riuscirono, senza apparente sforzo, permettendo al corteo di
proseguire, proprio verso la fabbrica.
Intanto
l’autista del pulmino aveva deciso di battere momentaneamente
in
ritirata, per poter chiamare rinforzi. Sapevano dove si trovavano, ma
in quel momento erano in grandissima inferiorità numerica.
Ora
il pulmino si stava dirigendo verso una base militare. Qui avrebbero
trovato tutti gli uomini e i mezzi necessari.
Intanto
i cinque avevano passato un pomeriggio tranquillo. Lucinda e Serena
si sono allenate per le loro esibizioni, Orlando e Ash per le lotte.
Taelia un po’ e un po’. Era sinceramente
affascinata dall’abilità
delle due ragazze nello sfruttare le mosse dei loro Pokémon
in modo
diverso dalle lotte.
Certo,
non era la prima volta che vedeva delle esibizioni, ma loro due erano
di un altro livello.
La
notte stava passando tranquillamente. Il Centro Pokémon non
accettava più nuovi ospiti, accettando solo ricoveri di
emergenza.
Avrebbe ripreso le sue attività regolari alle
sette del
mattino seguente.
A
mezzanotte e mezza, un uomo bussò alla porta del Centro
Pokémon.
La
guardia, un giovane ragazzo dalla carnagione olivastra e dai capelli
castano scuro, rispose immediatamente.
-
Il centro è aperto solo per ricoveri urgenti. Se non
è urgente,
torni alle sette del mattino.
-
Si tratta di qualcosa di estremamente urgente. Uno dei miei
Pokémon
è stato ferito gravemente.
-
D’accordo, mi consegni la Pokéball, quando il
centro sarà aperto
la informeremo sulle condizioni del suo Pokémon.
-
Certo, eccolo qui.
L’uomo
estrasse dalla sua tasca una pistola, e la puntò dritto alla
guardia.
-
Conducimi immediatamente alla camera di Taelia. E non fare scherzi.
Il
ragazzo, sentendosi minacciato, decise di assecondarlo. Con le mani
alzate, lo condusse fino alle camere, per poi indicarne una e
dandogli la chiave elettronica universale.
-
In questa.
L’uomo,
tendo ancora la pistola puntata contro il ragazzo, si accinse a
entrare.
Dentro
la stanza dormivano due ragazze. Taelia era più lontana, per
cui
sarebbe dovuto stare attento a non svegliare l’altra.
Per
sua fortuna all’andata andò tutto bene. Non aveva
trovato alcun
ostacolo. La parte più difficile sarebbe arrivata ora.
Doveva
prelevare quella ragazzina ed evitare che si svegliasse. Certo, aveva
della polvere soporifera, ma poi sarebbe stato incredibilmente
difficile svegliarla. L’avrebbe dovuta usare solo in casi
estremi.
Sollevò
delicatamente il lenzuolo e sollevò la ragazza. Tenendola su
una
spalla. In questo modo poteva tenere ancora puntata l’arma al
ragazzo.
Certo,
se fosse riuscito a uscire dalla stanza. Impresa più
difficile
dell’entrata ma che avvenne ugualmente.
Si
fece scortare dalla guardia fino all’ingresso. Poi gli
lanciò una
delle cariche con il sonnifero.
Su
di lui non avrebbero avuto effetto, in previsione aveva indossato una
mascherina. Avrebbe, invece, fatto fare un bel pisolino al ragazzo.
Questo gli avrebbe garantito sicuramente del tempo per fuggire e
avrebbe evitato che il ragazzo chiamasse immediatamente le
autorità.
Lucinda non si era accorta di nulla. Aveva dormito tutto il tempo.
Ma, appena si era svegliata, per andare in bagno, istintivamente
diede un’occhiata al letto della sua compagna di stanza.
La
sua compagna di stanza non c’era. Cacciò un urlo
che svegliò
tutti.
-
Questa deve essere Lucinda! Deve essere successo qualcosa!
Gridò
Ash, abbastanza preoccupato per l’amica.
Ora
erano tutti davanti alla porta della stanza dove dormivano Lucinda e
Taelia. La porta era aperta, nonostante tutti si ricordassero che
Lucinda avesse chiuso.
Con
ancora Lucinda in preda al panico, i quattro si diressero
all’ingresso. Ancora non era iniziato il turno
dell’infermiera
Joy e doveva esserci la guardia per le emergenze. I quattro lo
trovarono disteso a terra. In una posizione innaturale.
-
Non
ditemi che l’hanno ammazzato!
-
Calma Lucinda! Ti stai facendo troppo prendere dal panico. Non vedi
che respira?
Intanto
avevano provato di tutto per svegliarlo. Ma solo un potente Fulmine
del Pikachu di Ash riuscì nell’intento.
Svegliandolo in modo
tutt’altro che piacevole.
Dopo
essersi ripreso dallo shock, il ragazzo si mise immediatamente sulla
difensiva.
-Cosa
ci fate qui? Lo sapete che il Centro è chiuso? Si accettano
solo
emergenze!
-
Veramente noi… stavamo dormendo.
-
E cosa ci fate qui? Non è possibile accedere se non in caso
di
emergenza.
-
Infatti è un’emergenza.
-
E cosa sarebbe successo?
Ci
pensò Serena a spiegare la situazione.
-
La compagna di stanza di Lucinda, Taelia, è scomparsa nel
nulla.
-
Taelia hai detto?
Un
tizio mi ha chiesto di portarlo fino alla sua camera. Mi ha detto di
non avvisare le autorità. Per tutto il tempo mi ha puntato
una
pistola addosso. Poi, prima di andarsene ha lanciato qualcosa sul
pavimento e da allora ricordo solo del fumo.
-
Hai idea di dove possa essere andato?
-
No. Te lo ripeto. Ha lanciato una sorta di dardo fumogeno ed
è
sparito. Chiamo subito la polizia.
-
Non dire nulla riguardo a Celebi.
-
Celebi?
-
Si, è una storia molto lunga, ma di base lei è
arrivata da è
arrivata dal passato grazie a lui.
-
Ok.
Il
ragazzo si era precipitato al telefono e aveva composto il numero
della stazione di polizia più vicina.
Gli
rispose una persona. Dalla voce si capiva che si era appena
svegliata.
-
Cosa
succede? Perché il Centro Pokémon chiama a
quest’ora?
-
Una ragazza è stata rapita da un uomo vestito completamente
di nero.
Mi ha minacciato con un’arma da fuoco, e, prima di andarsene,
ha
lanciato un dardo fumogeno.
-
Manderemo immediatamente una pattuglia.
Dopo
pochi istanti arrivò effettivamente un’auto della
polizia e
l’agente Jenny giunse immediatamente sul luogo del
rapimento.
A poca distanza ne arrivarono delle altre.
Appena
entrata, la poliziotta volle assicurarsi che nessuno avesse manomesso
le prove.
-
Voi
restate qui. Lei
Stava
indicando la guardia.
-
Invece
verrà con me. Voi rispondete alle domande delle mie colleghe.
La
poliziotta si era fatta accompagnare dal ragazzo fino alla stanza
dove le due ragazze avevano passato la notte.
A
un primo esame sembrava tutto nella norma.
Il
letto di Taelia era stato sfatto. Probabilmente dalla persona che
l’aveva rapita.
Intanto
una delle sue colleghe si era occupata di raccogliere il fumogeno
nella speranza di trovare delle impronte.
E
una terza stava facendo delle domande ai presenti.
Dopo
aver scoperto che la sua compagna di stanza era Lucinda, aveva deciso
di concentrarsi su questa.
-
Dimmi, come ti sei accorta della sua scomparsa?
-
Semplicemente mi sono svegliata perché dovevo andare in
bagno. E,
quasi istintivamente, ho deciso di gettare uno sguardo sulla mia
compagna di stanza.
-
Perché avresti dovuto darle un’occhiata?
-
Nessun motivo particolare. Semplicemente volevo assicurarmi che
stesse bene.
-
Va bene. Noi andiamo, se trovate qualcosa di sospetto, avvisateci.
Intanto
anche l’agente, accompagnata dalla guardia era tornata
dall’ispezione e non aveva trovato nulla. La sola prova era
quel
fumogeno. Sarebbe stato analizzato nella speranza di trovare delle
tracce. Lo stesso con i non molti effetti personali della ragazza.
Dei vestiti, uno zaino e un vecchio modello di Pokédex. Fin
tanto
che non sarebbe stata trovata i suoi Pokémon sarebbero stati
tenuti
in cura al Centro Pokémon.
Nessuno
riuscì a chiudere occhio quella notte. Tutti avevano paura
di poter
essere la prossima vittima. Per rassicurare la popolazione, la
notizia del rapimento non era stata divulgata.
Intanto
l’uomo aveva depositato la ragazzina nei sedili posteriori
del suo
mezzo ed era partito alla volta della fabbrica abbandonata.
La
ragazza dormiva ancora. Così riuscì a
rinchiuderla in una delle
tante stanze inutilizzate della fabbrica.
Avrebbe
potuto urlare quanto vuole, nessuno l’avrebbe trovata. E non
aveva
con sé nessun Pokémon. Era totalmente
inoffensiva. L’uomo era
consapevole che lei sarebbe stata la chiave. Lei gli avrebbe permesso
di accedere all’area riservata e permettere al suo capo di
controllare tutti i Pokémon che desiderava.
La
notizia del rapimento della ragazza, la mattina prestissimo, era
giunta anche gli uomini vestiti di nero. Inizialmente era passata
sotto traccia, ma appena il loro uomo venne a conoscenza
dell’identikit della ragazza, le cose cambiarono.
-
Quella
ragazza… ne sono certo è lei.
Uno
degli uomini che lo teneva in custodia gli rispose
-
Lei chi?
-
La figlia di Sebastian.
-
Ma sei matto? Lo sai che scomparsa nove anni fa? Dovrebbe avere
vent’anni. Lei ne ha a malapena undici.
-
Sono certo che sia lei. Guardate la foto.
Nella
foto era possibile notare un piccolo particolare.
-
Quello
è Celebi. L’ha portata dal passato. Per qualche
motivo.
-
Perché dovrebbe averlo fatto?
-
Voi state indagando sulla vicenda. Gli uomini di Graziano pure e,
molto probabilmente, sono coinvolti anche coloro che hanno scattato
quelle foto. Penso sia un motivo valido.
-
Non abbiamo altre prove, ma anche se fosse, questo non aggiungerebbe
nulla. Sai cosa devi fare in cambio della tua libertà.
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