Quello
che per molti londinesi era motivo di sussurri e pettegolezzi,
insospettiva decisamente Ross. La morte di Haakon, il successivo
sguardo di vittoria di Jones tornato a casa gongolante dalla missione
in cui lo aveva lasciato momentaneamente solo in una taverna per
tornare a casa a controllare che Clowance fosse effettivamente sana e
salva e le sue successive parole “Poldark, la faccenda
norvegese è
sistemata, puoi prenderti i marmocchi, la moglie, le domestiche e i
cani e tornare a casa tua quando vuoi” lo rendeva quasi certo
del
coinvolgimento del suo amico nella misteriosa dipartita del loro
nemico. Era tipico di Jones essere criptico quando grandi faccende lo
riguardavano personalmente e poi quel suo sguardo sornione, ebbro di
orgoglio e di divertimento era inequivocabile… Non credeva
nemmeno
un po’ alla storia dell’omicidio, per duello, del
console che
aveva insidiato la moglie di un nobile un po’
perché Haakon aveva
ben altri interessi in quel di Londra, un po’
perché era troppo
intelligente per fare una fine del genere, un po’
perché le donne
parevano il suo ultimo pensiero e se ne voleva una di certo aveva
ampia scelta senza bussare alle porte delle lady altrui. Vero, Ross
stesso anni prima aveva rischiato di finire i suoi giorni in un prato
dopo un duello con Monk Adderly ma la sua situazione personale era
diversa da quella del norvegese e dopo tutto lui era una testa calda
e non un calcolatore freddo e spietato come il console.
Aveva
dovuto comunicare, cercando di usare tutto il suo tatto e facendosi
aiutare da Demelza, la notizia alla figlia di Haakon, Odalyn, ancora
nascosta con loro nella casa di Jones, e la ragazzina aveva reagito
stoicamente. I suoi occhi si erano fatti lucidi ma non aveva versato
una lacrima. Contegno nordico, si era detto Ross, anche se non era
così certo dell’affetto della ragazza per quel
padre tanto freddo
e distante. Era sola al mondo e al momento questo rappresentava un
problema da risolvere, era troppo giovane ovviamente per affrontare
la vita senza una guida ma a questo ci avrebbero pensato in un
secondo momento, magari coinvolgendo Wickman che, se tanto gli dava
tanto, era coinvolto nella morte di Haakon quanto il caro Jones.
In
mattinata lui e la sua famiglia, assieme ad Odalyn, sarebbero tornati
nella villa affittata per il loro soggiorno londinese che avevano
lasciato a Natale a causa dell’attacco notturno dei seguaci
di
Haakon che volevano rapire i gemelli ma prima, mentre tutti ancora
dormivano, Ross aveva decisamente bisogno di parlare con Jones.
Uscì
in giardino e bussò alla porta d’ingresso dei suoi
appartamenti.
Un valletto venne ad aprirgli e lo fece entrare.
Jones
era già sveglio e in vestaglia, spettinato e con la faccia
di uno
che la notte precedente aveva fatto baldoria, sorseggiava un
tè sul
divano del salotto mentre leggeva svogliatamente un quotidiano.
“Poldark, quando mi han detto che avevo visite, speravo si
trattasse di una bionda prosperosa. Che
delusione…”.
Ross
sospirò, sedendosi accanto a lui deciso a non farsi
coinvolgere dal
suo sarcasmo che solitamente apprezzava perché gli veniva
spontaneo
e non era artefatto. “Beh, non sono né biondo
è prosperoso. Che
stai leggendo?”.
Jones
stropicciò il giornale che aveva fra le mani. “Il
giornale, sai
quell’insieme di fogli con le ultime notizie?”.
Ross
sbuffò alzando gli occhi al cielo e accavallò le
gambe. “Sì, ho
presente. Qualche notizia in particolare?”.
“Mhhh,
la duchessa Bligny ha intenzione di organizzare un ballo per il
debutto della sua orribile figlia piena di brufoli… Cerca di
farle
trovare marito probabilmente e la giudico una missione più
impossibile della nostra in Francia, se devo essere onesto”.
“Poi?”.
Jones
sorrise, in fondo conosceva Ross e sapeva a cosa mirava e dove voleva
arrivare col discorso. “Poi era interessante questo articolo
su
questi stranieri che vengono a Londra e tessono intime amicizie con
le mogli dei nostri stimati aristocratici. Ci credo poi che la morte
per duello in giovane età sia la causa principale di decesso
fra le
persone. Quando uno non sa tenersi su i pantaloni, diventa un
macello…”.
“Jones…”.
“Chissà
chi era la donzella?”
“Jones?”.
“Magari
quella contessa, come si chiama…”.
“Jones,
tu c’entri qualcosa?” – sbottò
infine Ross.
“IO???
Io sono zitello e felice di esserlo. Meglio pagare una che certe cose
le fa di mestiere che mettersi nei guai con donne già
sposate a
gelosi mariti che non comprendono la bellezza della
condivisione”.
Ross
lo occhieggiò, divertito ma deciso a non farsi distrarre
dalla
meravigliosa filosofia di vita del suo amico. “Jones, ho
bisogno di
sapere la verità su Haakon e tu lo sai. Al piano di sotto
dorme sua
figlia che ora è sola al mondo, orfana! Come la
mettiamo?”.
Jones
si appoggiò al divano non abbandonando la sua aria sorniona.
Gli
veniva naturale fare il pagliaccio anche dopo un omicidio e il fatto
che questo dovesse rimanere top secret rendeva la faccenda ancora
più divertente. Sapeva che Ross sapeva o immaginava, ma gli
ordini di
Wickman erano stati chiari e purtroppo questo gli impediva di essere
del tutto sincero con uno dei suoi migliori amici e soprattutto gli
negava il divertimento di vivere un accorato discorso filosofico
sulla bellezza o meno di far fuori i propri nemici con
quell’idealista di Ross Poldark. “La ragazzina non
ha perso un
gran che, come padre non mi pareva portato…”.
“Ma
la ragazza ha quattordici anni, è una bambina e lui era
l’unico
genitore che aveva”.
“E
io che posso farci?”.
Ross
si fece serio. “Lo hai ucciso tu?” –
chiese, senza giri di
parole. Non gli importava del come e del perché ma sentiva
di
volerlo sapere.
“Lo
ha ucciso chi ha ritenuto che lo meritasse” –
rispose Jones,
glaciale stavolta.
“Non
hai risposto alla mia domanda”.
Jones
si stiracchiò e poi lanciò il giornale sul
tavolino davanti a lui.
Poi si alzò e si avvicinò alla finestra.
“Ross, che ti importa?
E’ morto e hai risolto tutti i tuoi problemi. Non sei
felice?”.
“Come
fai a sapere che li ho risolti? Come fai a sapere che fosse
l’unico
a nutrire dubbi sui gemelli?”.
Jones
si voltò, gli si avvicinò e amichevolmente, gli
poggiò una mano
sulla spalla. Ross non era stupido e l’uomo lo immaginava
perfettamente che da solo era riuscito ad arrivare alla
verità. “Lo
so e basta e se sei intelligente come credo, so che capirai che ti
conviene credermi. I tuoi mocciosi biondi sono al sicuro ora, nessuno
ti disturberà più per loro e tu te ne puoi
tornare in Cornovaglia a
crescerli come meglio preferisci. Haakon è morto e fatti
bastare
questo: la corona inglese ha chiuso brillantemente ogni conto, anche
quelli più spinosi, con lui. Salvaguardando i rapporti fra i
due
Stati, te, i tuoi figli e il loro futuro. Fine del discorso!”.
Non
gli aveva risposto ma in un certo senso lo aveva fatto e Ross sapeva
che Jones non avrebbe detto di più. Lo aveva ucciso lui
Haakon e
Ross non era così ipocrita da non ammettere a se stesso che
questo
gli avrebbe reso la vita facile e serena. Haakon non era una brava
persona ed aveva assassinato in modo orribile i suoi oppositori,
compresi i genitori naturali di Daisy e Demian. Compresa
Jasmine…
Una parte di lui, quella idealista, gli gridava che era sbagliato.
L’altra gli gridava invece di non farla lunga e accettare i
fatti
così come erano stati raccontati. “In fondo chi
sono io per
giudicare?” – concluse infine, arrendendosi
all’evidenza che la
verità non avrebbe alterato lo stato delle cose per come
ormai
erano. “Un tempo anche io mi sono fatto tentare da un duello,
dopo
tutto” – ammise.
Jones
ridacchiò. “Quello leggendario con quella canaglia
di Adderly?”.
“Come
lo sai?”.
“Ah
Poldark, ingenuo che non sei altro, se ne parla ancora… Come
mai
successe?”.
Ross
sospirò, ricordando uno dei periodi più duri del
suo matrimonio.
“Mi dava fastidio. E ne dava a Demelza”. Poi si
bloccò.
“DAVVERO?”.
“Davvero,
cosa?”.
“Davvero
ne parlano ancora?”.
“Sei
una star, non te ne eri accorto”.
“Bah…
Io non mi ritengo tale e in fondo ho agito in modo
sbagliato”.
Jones
fece un sorriso furbo. “Capisco…”.
“Capisci
cosa?”.
“Beh,
che fai il moralista ma lo sai benissimo che Adderly ERA FASTIDIOSO.
Ci provò pure con mia madre”.
Ross
spalancò gli occhi. “Scherzi?”
Lui
lo fissò piccato, offeso che ne fosse sorpreso.
“Guarda che mia
madre da giovane faceva girare la testa a molti uomini. Da dove avrei
preso la mia bellezza altrimenti?”.
Ross
lo guardò storto. “Questa cosa mi ha bloccato la
digestione”.
“Peggio
di Adderly?”.
“No
ma ci siamo vicini”.
Jones
si risedette sul divano cambiando argomento. “Che farai con
la
ragazzina norvegese?”.
“Non
lo so, mi affiderò al sesto senso di Demelza, lei in queste
cose ha
più istinto di me”.
“Buona
idea” – rispose Jones con un sospiro –
“In effetti l’ho
sempre pensato”.
“Cosa?”.
“Che
Demelza ha più istinto e sagacia di te”.
Ross
sospirò, in fondo non poteva ribattere nemmeno su questo.
...
Era
strano per Jeremy osservare Odalyn nel suo muto vivere quel lutto che
per lui sarebbe stato devastante ma che nella ragazza sembrava aver
lasciato solo una scia di composta freddezza.
Da
quando suo padre e sua madre le avevano comunicato
dell’improvvisa
morte del padre Haakon, lei non aveva versato una lacrima, aveva
appreso la notizia con una sorta di muta rassegnazione e poi non ne
aveva parlato più, rimanendo in silenzio per la maggior
parte del
tempo.
Jeremy
non capiva appieno cosa provasse, era troppo giovane per riuscire a
comprendere le profondità dell’animo umano e non
riusciva nemmeno
a decidersi se fosse giusto o meno piangere un padre tanto mostruoso
verso sua figlia. Lui avrebbe perso ogni appiglio senza i suoi
genitori ma Odalyn che aveva perso? Un padre freddo, assente,
distaccato e che ti vede unicamente come una pedina da muovere per i
suoi interessi personali è meritevole di lacrime? Come
doveva
comportarsi con lei? Consolarla? Far finta di nulla? Sentirsi in
colpa perché la morte
di quell’uomo risolveva ogni problema di sicurezza per i suoi
fratellini? Chiederle semplicemente se avesse bisogno di qualcosa?
Avrebbe voluto essere più grande, i grandi sanno sempre cosa
fare in
certe situazioni ma
i ragazzini come lui?
Con
un sospiro le si avvicinò, raggiungendola davanti alla
finestra del
salotto. Avevano lasciato la casa di Jones due giorni prima ed erano
tornati nella dimora che suo padre aveva preso in affitto per i mesi
che avrebbero dovuto trascorrere nella capitale. Prudie e Inge, con
altre tre domestiche appena assunte, avevano risistemato stanze e
saloni e la casa era tornata a vivere allegramente nel baccano
prodotto da Bella e dai gemellini.
Quando
sentì i suoi passi, Odalyn si voltò verso di lui.
“Oh, sei tu”.
“Sì…”
– le rispose, impacciato. “Ti ho
disturbata?”.
“No,
stavo solo pensando ad alcune cose”.
Con
un moto di coraggio che non avrebbe saputo spiegarsi, Jeremy si
spinse a chiederle direttamente circa il fulcro della questione.
“A
tuo padre?”.
Odalyn
sospirò. “Siete davvero un popolo impiccione, voi
inglesi”.
Jeremy
arrossì. “Sc… Scusa…
E’ che mi preoccupavo un po’”.
Odalyn
tornò a guardare fuori, in giardino. L’erba era
coperta di neve…
“Noi siamo un popolo che non chiede mai. Gli altri la vedono
come
un modo di fare freddo, per noi è solo rispetto
dell’intimità
altrui”.
“Scusa,
non volevo essere invadente”.
A
dispetto di tutto, Odalyn sorrise. “Lo so. Comunque, non
stavo
pensando a mio padre, non del tutto almeno. Stavo solo cercando di
decidere cosa fare ora”.
Jeremy
comprese. Era per lei tempo di grandi decisioni visto che era rimasta
sola al mondo e pienamente padrona della sua vita. “Puoi
sempre
considerare la proposta che ti ha fatto mia madre”.
La
ragazza scosse la testa. “Andare in Giamaica, da quelle
vostre
amiche?”.
“Sì.
Cecily e Kitty Despard sono brave persone, simpatiche. Ti troveresti
bene con loro, con un gruppo di donne sole e coraggiose che vivono al
sole dei Caraibi. Cecily ha avuto un padre così simile al
tuo dopo
tutto… Mamma dice che potreste diventare come sorelle. E poi
ora
c’è il bambino di Kitty”.
Odalyn
abbassò il capo, torcendo con le mani il tessuto della sua
gonna.
“Non ne dubito ma sai… Sai cosa vorrebbe dire per
una norvegese
vivere in un posto dove non fa mai freddo?”.
“Sarebbe
fantastico!” – sbottò Jeremy che non
poteva ancora comprendere
il profondo legame delle persone con la loro terra d’origine.
E
infatti. “Non per me… Io sono nata dove il
ghiaccio c’è per la
maggior parte dell’anno, dove la neve viene giù
talmente fitta da
non farti vedere dall’altro lato della strada, dove spesso
non c’è
nemmeno il sole per mesi”.
“E
ti piace?” – chiese il ragazzino, incredulo.
“Sì”.
Jeremy
rimase in silenzio, incapace di comprendere appieno. “Ma sei
sola,
ora. Potresti vivere in un posto nuovo dove non ci sarebbe nulla a
ricordarti tuo padre”.
Odalyn
sospirò. “Non… Non ho mai avuto nessun
buon rapporto con mio
padre. Era uno sconosciuto, non era come per te coi tuoi genitori. Io
sono addolorata per lui, certo, ma… Ma mi trovi cattiva se
ti dico
che oltre a questo mi sento libera da una prigione? Per lui non ero
che un oggetto da muovere a suo piacimento, una pedina. E per aver
fatto scappare Clowance…” –
rabbrividì – “beh, avrei
vissuto l’inferno appena mi avesse avuta sotto
mano”. Ripensò a
come voleva spingerla a donare il suo corpo a Jeremy Poldark per
ottenere informazioni circa i gemelli e la rabbia la invase, assieme
alla gratitudine per quel ragazzo che aveva saputo rispettarla.
“Tu
Jeremy sei stato gentile, infinitamente, nemmeno immagini quanto.
Come tua madre e tuo padre e tutta la tua famiglia. Vi ringrazio per
ciò che avete fatto per me e per come volete aiutarmi ma io
non
voglio andare ai Caraibi, io voglio tornare a casa”.
“A
Olso?” – domandò Jeremy.
Odalyn
strinse i pugni con fermezza. “No, quella era la casa di mio
padre,
io sono cresciuta sui fiordi, ancora più a nord, con gli
zii”.
“Cosa
sono i fiordi?”.
Odalyn
rise. “Oh Jeremy, sono luoghi gelidi dove voi inglesucci
morireste
di freddo in pochi minuti. Luoghi da uomini e donne VERE!”.
“Mettimi
alla prova! Se venissi a trovarti in quel posto, io
sopravviverei”.
Odalyn
gli strizzò l’occhio. “Lo farai? Guarda
che ti aspetto per
vedere se sarà vero!”.
Jeremy
allungò la mano e gliela strinse. “Affare fatto!
Ma sei sicura di
voler tornare fra i ghiacci?”-.
Lo
sguardo della ragazza si addolcì. “Non ci sono
solo ghiacci ma
terre piene di fascino. Ci sono montagne, gole, canali
d’acqua,
casette di legno tutte colorate, villaggi piccoli dove ci si conosce
tutti e insieme si è una grande famiglia. Ci sono i piccoli
porti da
dove partono i pescatori e quando tornano, la sera, a volte si
arrostisce il pesce in piazza e lo si mangia tutti insieme.
E’ la
mia terra e per voi sarà sicuramente un posto inospitale ma
per me è
CASA. Ed è a casa, dagli zii
con cui sono cresciuta,
che voglio tornare. In fondo hai ragione tu, siamo ancora troppo
piccoli per fare i grandi e io voglio la mia
famiglia, quella che mi ha sempre amato”.
“E
i Caraibi?”.
“Magari
un giorno ci andrò per una breve vacanza”.
Poi
si guardarono e con dolcezza, Odalyn lo baciò sulla guancia.
Un
bacio innocente, gentile, lontano miglia e miglia da quanto avrebbe
preteso suo padre da lei. “Per ora, posso solo dirvi grazie
di
tutto”.
Sulla
porta del salone, non viste, Demelza e Inge ascoltarono tutto.
La
vecchia bambinaia osservò Demelza e il suo pancione mentre
in
sottofondo i gemelli facevano un chiasso incredibile. “La
ragazza
ha ragione, i fiordi sono per noi dei posti unici
ed irrinunciabili”.
“Vorresti
tornarci anche tu?” – chiese Demelza triste al
pensiero che
quella donna se ne andasse e un pò sconbussolata da quella
conversazione dove suo figlio le era apparso per la prima volta
'grande' e non più un bambino.
Inge
scosse la testa. “Io ormai sono anziana, per me sarebbe
troppo dura
tornare e vivere da sola in quei luoghi e ho l’impressione di
avere
una missione qui. I gemelli, che mai avrei creduto di rivedere,
devono pur sapere qualcosa della loro terra e io, se mi volete,
sarò
ben felice di restare a prendermi cura di loro e dei vostri altri
figli”.
Demelza
la abbracciò. “Certo che ti vogliamo”.
“La
Cornovaglia è ventosa come raccontano?”.
“Anche
di più, Inge”.
“E
allora sarà come essere a casa, dopo tutto”. Poi
Inge si voltò,
guardando nuovamente la giovane Odalyn. “Ma lei…
Lei è giusto
che ci vada davvero nella sua casa. Quella in cui ha lasciato il
cuore quando suo padre l’ha presa con se. E’ la
scelta giusta ed
è troppo giovane per sperimentare l'ignoto”.
Demelza
non sapeva nulla dei fiordi ma sentiva di trovarsi d’accordo
con
Inge su tutto. Era giusto che Odalyn tornasse a casa. Come lei, a
quattordici anni, aveva fatto una scelta. E si augurava di cuore che
si rivelasse fortunata come era accaduto a lei il giorno in cui aveva
scelto di seguire Ross Poldark a Nampara.
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