Faccio molta fatica a scrivere a
Faccio molta
fatica a scrivere anche solo due righe di introduzione a questa fic. Posso dire
soltanto che a rileggerla mi faccio paura da sola per quanto mi è uscita angst…
però mi piace. Anzi, credo sia forse il lavoro di cui sono fin qui più
soddisfatta.
Vuol essere
semplicemente un omaggio ad una delle storie più tragiche che io abbia mai letto
in un manga, che mi ha commosso come nessuna.
Spero a voi
piaccia leggere questo racconto come è piaciuto a me scriverlo e che alla fine
vi trasmetta almeno una piccola emozione.
Sinners of No-Man’s Land
“Twins are a bad omen.
The
twins living and being unhappy means everyone’s happiness.
Twins of misfortune, you will be imprisoned in a valley
where magic is ineffective and time flows differently.
One
will be above and the other below:
if
you find that disagreeable, then alone kill either of you”(1)
“Day to day, where do you want to be?
You're wounded and playing a waiting game
In
no-man's land no-one's to blame”(2)
Fa freddo nella
valle, fa freddo sulla torre.
Fiocchi di neve
ghiacciata turbinano nell’aria, il cielo è grigio come piombo e le nuvole spesse
non fanno passare un solo un raggio di luce.
Tutto è silenzio
nella valle, tutto è silenzio sulla torre.
Le voci deboli
di due bambini si perdono nel vento, perché nel tempo immoto di quell’inferno
terreno la natura, matrigna crudele, non permette loro di trovare nemmeno un
minimo conforto nel sapere l’altro vivo.
Essi non vedono
e non odono, eppure sanno: sanno di non essere ancora del tutto soli, perché il
loro legame è più forte di qualunque separazione il mondo possa loro imporre.
Per questo sono certi che la loro metà identica è ancora laggiù, lassù, ad
aspettare il miracolo.
Credono,
sentono, sperano.
Sanno che la
maledizione che grava su di loro per il semplice fatto di essere nati, di essere
nati entrambi, è impossibile da spezzare: non basterebbe nemmeno il sangue di
uno di loro e anzi, se esso venisse versato, la mala sorte si abbatterebbe su
chi si macchiasse di questo crimine. Soltanto se uno dei gemelli sacrificasse
spontaneamente la sua vita, la sfortuna che li accompagna svanirebbe e l’altro
sarebbe libero: ma nessuno dei due vuole sopravvivere da solo.
La loro famiglia
è stata falcidiata in fretta, la sventura ha risparmiato solo il loro nonno,
l’imperatore. Ed egli, nascondendosi dietro il paravento ipocrita del bene del
suo popolo, ha deciso che i suoi nipoti dovessero scontare la colpa d’essere
venuti al mondo. Non potendo ucciderli, ha imposto loro la punizione più atroce:
li ha separati, loro che non erano mai stati divisi, e li ha fatti rinchiudere
come i peggiori dei criminali, sperando che l’inedia e la disperazione si
portassero via in fretta quelle vite innocenti, macchiate da un peccato
originale troppo grave per essere perdonato da qualsiasi indulgenza umana.
Ma loro non
hanno ceduto.
Hanno serbato
nel cuore la sensazione evanescente del calore della mano dell’altro nella
propria, ricordo del giorno in cui hanno deciso di affrontare l’esilio, lottando
contro la solitudine, il freddo, la fame. Nella valle, sulla torre, hanno
confidato in quel calore, in quella stretta fatta ormai da tempo immemore solo
d’aria e d’illusione, vivendo del desiderio di renderla nuovamente reale, e non
si sono arresi.
I loro capelli
si sono allungati e i loro visi si sono scavati, degli abiti che indossavano non
sono rimasti altro che cenci, ma i più miseri figli di Valeria ancora lottano.
Nel buio di una piccola cella sulla cima della torre, nel deserto ghiacciato sul
fondo della valle, ancora attendono. I loro occhi e le loro mani ancora si
cercano, mentre uno si protende in basso attraverso invalicabili sbarre gelate e
l’altro ammucchia cadaveri per salire verso l’alto.
Non c’è giorno e
non c’è notte in quella valle, su quella torre: c’è sempre solo un’aurora fredda
e metallica, che tinge il cielo di un grigio più o meno cupo.
Il tempo passa,
ma nessuno se ne rende conto, né si preoccupa di misurarlo.
Fay non sa
quante volte al “giorno” fa il giro della sua minuscola prigione, sperando che
prima o poi le intemperie aprano una breccia nelle pietre. E quando non cerca,
allora sta in punta di piedi alla finestra troppo alta e troppo stretta,
provando ad allungare una mano fuori per chiamare il fratello là sotto.
Yuui non sa
quante volte al “giorno” percorre la valle, cercando i corpi più piccoli e
leggeri che le sue esili braccia possano trasportare in cima alla catasta che
sta formando alla base della torre. E quando non ha più la forza di cercare,
allora si arrampica su quella macabra scala, calpestando senza alcun ritegno
volti sconosciuti, provando ad arrivare ogni volta un po’ più su.
Ma per uno
scherzo crudele del destino, le pareti della torre rimangono sempre intatte e il
mucchio di cadaveri non è mai abbastanza alto.
E le forze pian
piano se ne vanno e la disperazione striscia cupamente e pian piano li
avviluppa. Tutto è sempre uguale sulla torre e nella valle, e il tempo senza
tempo è scandito soltanto dal precipitare di una nuova vittima della
maledizione, ennesimo mattone di una scalata infinita che però non porterà mai i
due gemelli a ricongiungersi.
Fay ormai l’ha
capito, si è reso conto che per loro la fine giungerà prima che possano
riabbracciarsi. Per questo ha smesso di cercare una crepa invisibile tra i muri
della cella, per questo ha smesso di sporgersi dalla finestra, per questo ha
smesso di chiamare suo fratello e ha preso a chiamare la Morte.
Il piccolo non
conosce il suo volto, benché ella abbia fatto visita fin troppo spesso alla loro
casa, non sa se sarà gentile e lo porterà via con sé dolcemente o se lo farà
soffrire. Però sa che, quando ella verrà, lui sarà docile alla sua chiamata: Fay
non vorrebbe abbandonare questa vita, perché questo significherebbe abbandonare
il suo adorato fratellino. Ma sa anche che, se lui morisse, Yuui sarebbe libero.
È più che sicuro che in fondo l’imperatore li ama e non li ha condannati
all’esilio per male, ma solo perché a Valeria non c’era posto due gemelli.
Tuttavia, se lui se ne andasse con la nera signora, di certo il nonno verrebbe
subito a salvare suo fratello da quell’inferno di solitudine.
Yuui invece non
si arrende. Per questo non smette di trascinare uno sopra l’altro cadaveri
irrigiditi dal freddo e sfigurati dalla paura, per questo non smette di risalire
ogni volta fino in cima alla catasta, rotolando ogni volta giù nella neve
gelata, impregnata di sangue e fango. E non smette di chiamare, anche se ormai
Fay non gli risponde più e non vede più nemmeno le sue mani allungarsi tra le
sbarre della torre.
Dall’indifferente cielo grigio cadono sempre più morti: giovani e vecchi, uomini
e donne, bambini come loro. Ma a lui non importa chi sono, chi siano stati,
perché siano lì. Non gli importa nemmeno che siano persone. Sono solo corpi,
oggetti da trasportare con fatica uno dopo l’altro, uno sull’altro, per
raggiungere l’unica cosa che per Yuui è veramente importante.
Infine, le
pareti altissime e scoscese della valle gli rovesciano addosso anche il corpo
esanime dell’imperatore. Il nonno, l’ultimo familiare rimasto, l’unico che
avrebbe potuto tirarli fuori dall’incubo, che nemmeno in punto di morte ha
parole di conforto per quel nipote così sfortunato e, davanti agli occhi
terrorizzati del piccolo, non esita a ribadire la propria condanna. Valeria è
stata distrutta per causa loro, tutti gli abitanti sono morti per causa loro. La
maledizione che per causa loro si è abbattuta sul paese non ha potuto essere
fermata.
Ormai a Valeria
non c’è più nessuno, tranne i gemelli portatori di sventura e lui, sovrano di un
mondo in rovina, carico di risentimento verso quei bambini che, nella loro
innocenza, dal giorno della loro nascita non hanno fatto altro che provocare
dolore e tragedie. L’imperatore sa di non poterli uccidere, ma ugualmente vuole
in qualche modo far pagare loro l’errore di essere vivi: troppo grande è la loro
colpa per essere semplicemente nati, per aver fatto due di ciò che avrebbe
dovuto essere uno. Per questo si trafigge il petto di fronte a Yuui, condannando
lui e il fratello a rimanere gli ultimi abitanti del regno e a portare per
sempre il peso del loro peccato.
Urla Yuui, urla
disperato, chiedendo alla neve che sempre cade, incurante del suo dolore,
risposte che nessuno saprà mai dargli. E le urla di quel bambino sconvolto per
la prima volta riescono a vincere anche la forza del vento, salendo fino alla
cime della torre.
Dall’alto della
sua prigione, Fay vede e piange. E davanti allo strazio del fratello, costretto
a vivere in mezzo alla morte, la sua determinazione a mettere fine a
quell’incubo non fa che aumentare. Perché lui, chiuso tra quelle quattro mura
cupe e oppressive, non può far altro che aspettare: lui non ha corpi congelati
da ammucchiare o pareti ripide da scalare. Non ha nemmeno un manto bianco che,
silenzioso, nasconda i volti dei cadaveri che precipitano dal cielo, portando
con sé storie atroci quasi quanto la loro.
Fay odia la neve
perché è infida, crudele: scende incessante a coprire il corpo di Yuui, caduto
in un sonno di sfinimento, e attutisce ancora di più le loro voci già deboli.
Fay odia la neve
ma la ringrazia, perché essa maschera in parte l’orrore della valle, così da
permettere a suo fratello di trovare il modo di ignorarlo e andare avanti a
lottare.
Invece lui
dall’alto vede tutto: nemmeno la neve può nulla per alleviare quello spettacolo
terribile e non c’è niente che dalla cima della torre possa restare celato ai
suoi occhi, ormai asciutti per le troppe lacrime versate.
Lui vede tutto,
capisce che Yuui potrebbe cedere da un momento all’altro e questo non lo può
permettere. Ma teme che nessuno ascolterà mai la sua preghiera: forse nemmeno la
Morte può avvicinarsi ai figli della maledizione senza esserne a sua volta
colpita.
Quando infine un
uomo appare da uno squarcio di notte, Fay ormai non ha più voce né speranza. Il
bambino non sa se egli sia la persona che sta aspettando, colui che potrà portar
via lui da questa vita e suo fratello da quell’inferno. Qualcosa dentro il cuore
gli dice di non fidarsi dell’uomo dagli occhi cattivi che per venire da lui ha
ferito l’aria immota della torre. Eppure, quell’uomo sembra conoscere il suo più
grande desiderio ed è pronto ad esaudirlo. Vuole la sua vita in cambio della
vita di Yuui, e Fay non si scandalizza per quella richiesta: nella sua istintiva
saggezza di bambino si rende conto che ogni desiderio ha un prezzo ed è disposto
a dare tutto ciò che ha per ottenere la cosa a cui tiene di più, la libertà di
suo fratello.
Raccoglie tutte
le sue forze e si alza in piedi per affrontarlo. Non perché abbia paura di
morire, questo no: è ormai da un tempo che non sa quantificare che è pronto a
dare la vita per il suo fratellino. No, Fay lo affronta perché vuole che l’uomo
con l’emblema del pipistrello, chiunque egli sia, gli prometta che esaudirà il
suo desiderio.
Ottenuta questa
certezza, spalancare le braccia e volare giù nell’aria gelida è questione di un
attimo: finalmente libero, sciolto dalle catene della maledizione, padrone di
scegliere il proprio destino, anche se solo nell’ultimo istante. In quei pochi
secondi in cui il suo corpicino attraversa il vuoto, la torre non gli sembra più
così alta, il vento così freddo e il cielo così metallico e distante.
E sulle sue
labbra stanche si disegna un sorriso mentre rivede per l’ultima volta il suo
adorato gemello farsi sempre più vicino.
Ma l’uomo della
notte è apparso anche a Yuui e anche a lui ha posto la stessa domanda: daresti
la vita per salvare tuo fratello?
Anche Yuui non
ha esitato a rispondere, ma al signore dei pipistrelli non servono due risposte
identiche, chiuse in un circolo d’amore senza fine perché nate da un affetto
disposto a tutto per salvare l’altro. Non gli servono risposte del genere e
forse anche un po’ lo disgustano. Il suo scopo è differente e, dei ruoli che il
suo progetto prevede per quei bambini, Fay si è già preso la parte migliore:
quella della vittima sacrificale. A Yuui quindi non resta che essere la pedina e
vivere tutta la vita che il gemello gli ha donato a costo della sua con la
tremenda e distorta consapevolezza di aver risposto nel modo sbagliato alla
domanda di quell’uomo, chiedendo di versare il sangue del fratello come pegno
della propria libertà.
Quando Fay è
precipitato leggero giù dalla torre, la neve ha attutito il colpo e asciugato il
sangue e Yuui si è subito stretto a quel corpo magro, identico al suo,
sentendosi per la prima volta assolutamente, irrimediabilmente solo. Ma quando
l’uomo vestito di scuro, manipolando crudele la sua mente e i suoi ricordi, lo
convince di essere stato, per il suo egoismo, la causa della morte del fratello,
il piccolo prova paura e vergogna: non si sente più nemmeno degno di abbracciare
il cadavere di Fay.
Troppo sconvolto
per rendersi conto di cosa stia davvero succedendo, Yuui si lascia accusare
inerme, si fa rovesciare addosso quella colpa, un peccato anche più grave che
essere nato gemello a Valeria e quindi portatore di sventura.
L’uomo dagli
occhi cattivi non lo blandisce con parole quasi confortanti come ha fatto con
l’altro bambino su nella torre. Con il bambino nella valle quell’uomo è
spietato, perché questo bambino sarà il suo strumento e perciò deve imparare a
temerlo e rispettarlo. E allora fa leva sul suo irrazionale senso di colpa, lo
ricatta facendogli intravvedere la possibilità di rendere al fratello la vita
che questi ha perso per causa sua.
Con la morte di
Fay, Yuui è sciolto dalle catene della maledizione di Valeria, ma quell’uomo lo
intrappola subito in altre più pesanti. Dovrà spendere tutta la propria vita
agli ordini del signore dei pipistrelli e rubare quella di chiunque diverrà più
forte di lui: solo così Fay potrà infine tornare a vivere.
Debole e
smarrito com’è, Yuui accetta, senza quasi nemmeno preoccuparsi del prezzo che
dovrà pagare, di ciò che dovrà fare, di quanto dovrà soffrire. Metà del suo
cuore è morta assieme a Fay, l’altra è stata frantumata dalla convinzione,
devastante e dolorosa, che sia sbagliato che lui sia ancora vivo.
È convinto di
essere una creatura spregevole, una sorta di vampiro che sopravvive sul sangue
di suo fratello, e come tale ritiene di non meritarsi nulla. Ha condiviso con
Fay il destino nefasto di nascere gemelli, ma entrambi riguardo ciò sapevano di
non avere alcuna colpa e per questo hanno affrontato assieme l’esilio, senza mai
arrendersi.
Ora però Yuui è
solo, solo e colpevole, perché la sua libertà è stata pagata a prezzo di sangue
ed è stato lui stesso a chiedere che quel tributo fosse versato. Per questo
decide di votare la sua inutile vita al fratello, perché egli possa riavere ciò
che gli è stato indebitamente sottratto. Ed è per ricordarsi di questo proposito
che, all’uomo che gli porge la mano per portarlo via dall’incubo, il bambino
dice di chiamarsi Fay.
Yuui non esiste
più, Yuui adesso porta il nome del fratello e, un giorno, quando il proprio
desiderio sarà esaudito, glielo restituirà e poi scomparirà per sempre, come non
è stato capace di fare ora.
La venuta di
quell’uomo gentile dagli occhi blu, fa finalmente muovere di nuovo le lancette
del tempo. Ma il piccolo che, stretto in un abbraccio affettuoso abbandona quel
mondo desolato, distrutto da una maledizione crudele, lascia in quella valle
tutto ciò che ha di più caro. Se ne va senza più niente, portando con sé solo un
desiderio che un giorno scoprirà irrealizzabile, ma per cui tuttavia non
smetterà mai di lottare.
Perché il
destino può essere cambiato se lo si desidera con tutte le proprie forze, ma ci
sono delle volte in cui nemmeno la determinazione di un bambino può nulla contro
l’inevitabile.
“Is
it a sin just to be born?
As
twins, all we ever did was to born together:
would people who have nothing to do with this die
just by the two of us existing?”(3)
“Empty handed, surrounded by a senseless scene,
With nothing of significance
Besides the shadow of a dream
You
want out, a bit broken,
Askin’ me time and time again
And
the answer's still the same”(4)
(1) Parole
dell’imperatore di Valeria, dal capitolo 155
“I gemelli sono
un cattivo presagio.
Tutti saranno
felici solo se i gemelli saranno vivi ma infelici.
Figli della
maledizione, sarete imprigionati in una valle
dove la magia non
ha effetto e il tempo scorre diversamente.
Uno sarà in cima
ad una torre, l’altro ai suoi piedi:
se non accettate
questa decisione, allora uccidetevi l’un l’altro”
(2) La canzone è
See the World di Gomez
“Giorno dopo
giorno, dove vorresti essere?
Sei ferito e
giochi una partita d’attesa.
Nella terra di
nessuno, non esistono colpevoli”
(3) Riflessioni
di Yuui, dal capitolo 157
“È una colpa il
solo fatto di essere nati?
Come gemelli,
tutto ciò che abbiamo fatto è stato nascere insieme:
anche le persone
che non c’entrano nulla con noi moriranno
semplicemente a
causa della nostra esistenza?”
(4) Di nuovo da
See the World
“A mani vuote,
circondato da uno sfondo senza senso,
in cui niente ha
importanza,
tranne l’ombra di
un sogno.
Massacrato, vuoi
disperatamente scappare
E continui a
chiedermi tempo
Ma la risposta è
sempre la stessa”
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