‘Al mondo non esistono cose come amore,
passione, attrazione, ecc. Essi sono processi mentali che si sviluppano
all’interno del cervello e possono essere richiamati e diretti a proprio
piacimento.’
Se tutto ciò
è vero, Julian sta sperimentando cosa vuol dire il completo controllo mentale
sui propri desideri.
Stronzate,
pensa automaticamente pentendosi di quella battuta stupida rivolta alla Venere
bionda semisdraiata su di lui che lo fissa sbalordita.
L’uomo la osserva trasognato,
chiedendosi da quale favola - o da quale
sogno - è uscita quella meraviglia della natura. La rabbia che l’ha tirato
giù dal letto, diminuisce ad ogni istante, ma più la guarda, più s’innervosisce:
una sorta d’urgenza gli fa muovere gli occhi su e giù il suo viso per carpire
ogni più piccolo particolare e per imprimersela bene nella mente.
Perso nella contemplazione, divenne
particolarmente indulgente verso quella ragazza che l’aveva ‘steso’ violentemente e in tutti i sensi.
“Ti sei fatta male?” le chiese
abbassando istintivamente la voce e sorridendole premuroso.
Eva spalancò la bocca e non emise
alcun suono per qualche secondo. Poi la richiuse e
fissò il suo nuovo capo che la scrutava con un’aria strana, studiandolo a sua
volta. Appena passabile, troppo leccato
per i miei gusti e troppo serio. Forse con una
paralisi diffusa acquisterebbe fascino.
“Come sarebbe a dire che solo
licenziata, razza di arrapato senza equilibrio?!”
sbottò senza muoversi di un centimetro dalla sua posizione che le stava facendo
venire la psoriasi da contatto.
Julian avvampò di stupore e si riprese
all’istante. Si spostò così rapidamente che la fece crollare a terra mentre il
vecchio Johnson sospirava scuotendo leggermente la
testa,
“Non scherzare mai sul mio cognome!”
ruggì abbassandosi su di lei per metterla in difficoltà.
La ragazza si rimise in piedi e lo
fissò con le mani sui fianchi. Julian la guardò stupendosi del fatto che non fosse
‘tascabile’ come aveva immaginato. È più alta di Suzie, decretò all’istante, interrogandosi sul perchè
avesse messo in relazione le due ragazze.
Eva si allontanò di un passo suo
malgrado, cominciando a grattarsi le braccia attraverso il camice “Non
puoi licenziarmi tu e non per una semplice
caduta! Ti faccio fare il culo dai sindacati!” esplose
dimentica delle buone maniere e continuando a grattarsi sempre più agitata. Come
mai aveva una reazione così violenta?
Ficcò la provetta nella tasca esterna
del camice e si tirò su una manica…no, non aveva niente, neanche una bolla. Strano. Eppure
sentiva del solletico insopportabile!
Johnson la
guardò un po’ preoccupato “ma stai bene Eva?”
“No..” Sussurrò muovendo le spalle infastidita “reazione allergica, più forte del
solito” borbottò raccogliendo i tabulati e facendo una smorfia per il ginocchio
che le faceva male.
“Reazione allergica?”
La domanda stupita di Julian la mise sulla difensiva “si, allergia agli stronzi!” sibilò
facendo affacciare un bel po’ di colleghi dalle stanze.
“Piano con le parole, sono sempre il
tuo capo!” la rimproverò vedendola sempre più in crisi. “Soffri di allergia davvero? Forse è qualche tessuto che ho indosso..” Mormorò guardandosi la giacca che non indossava mai “o
forse qualche prodotto che hanno usato nella lavanderia..”
Borbottò fra se e se mentre la ragazza si allontanava un altro pò.
“No, sei tu” commentò in crisi acuta
“stammi lontano, per favore”
“Io?” domandò senza capire. Si voltò
verso il vecchio che con la sua solita aria tranquilla, si mosse verso la
ragazza che continuava grattarsi con le lacrime agli occhi “Eva torna al tuo
lavoro, non è vero che sei stata licenziata” le disse dolcemente evitando di
toccarla.
“Lo so da sola” rispose brusca. Piegò
i tabulati in modo da non inciamparci più e gettò un’altra umida occhiataccia
al nuovo responsabile che non ci stava capendo un’acca ma che risentiva un
verme per averla fatta stare male.
Il vecchio lo condusse in silenzio verso
l’ufficio e chiuse la porta con discrezione facendogli cenno di sedersi.
L’uomo lo guardò perplesso: c’era
qualcosa che bolliva in pentola e lui voleva esserne al più presto informato. Voleva
sapere tutto di quella Venere bionda che gli aveva urlato contro col suo nasino
all’insù da impunita. Quindi si concentrò sul
direttore e aspettò che gli rivelasse il misterioso segreto di quella ragazza.
“Eva ha un’allergia psicosomatica agli
uomini” cominciò osservando la sua faccia. “Con alcuni di più e con altri di
meno.”
Julian restò a guardarlo senza
emettere una sola vocale “Non abbiamo mai capito come funziona ma certi...le
danno l’orticaria” ridacchiò appena un po’ “e tu gliene dai
parecchia!”
“Non ci posso
credere…non è vero! Non mi è mai capitato di sentire
una cosa del genere!” esclamò allibito. Un lieve risolino interno salì
fino alle labbra e cominciò a sghignazzare senza ritegno e senza neanche
provare a fermarsi.
Il vecchio lo lasciò
sfogare, scrutandolo senza alcun divertimento “è una cosa seria, invece!
È un’ottima scienziata ma l’ho dovuta isolare dagli altri perché ogni tanto le
prendeva un attacco di orticaria…certe volte si
sentiva quasi male, povera creatura!”
Julian smorzò il sorriso tornando
serio. Appoggiò gomiti sulla sedia e si protese verso
di lui “e dove lavora?!”
“Nel laboratorio più isolato di tutti
ed è a contatto solo col personale femminile.”
Restò a guardarlo come se non ci credesse
- ed, in effetti, era assurdo - e non disse una parola per almeno mezzo minuto.
“Ho capito” mormorò sentendosi un po’ idiota a ridere di una cosa così seria. E ora?
Come faceva a vivere in quel modo? Anche il fare la spesa le provocava di sicuro qualche
problema! E per uscire? Le amicizie? Possibile che fossero tutte donne? E il ragazzo? Come facevano a…
“Ah, inoltre ha un disprezzo
patologico per gli uomini. Capisci da te che le due cose sono collegate”
Ecco, quello non lo metteva
minimamente in dubbio! Tolto il problema del fidanzato.
Julian lo guardò ancora una volta sbigottito e non trovò le parole: era troppo
assurdo! Una cosa era la sua misoginia finta o vera a seconda
delle giornate e una cosa…quella aveva avuto una reazione allergica solo
a parlarci, figurati se l’avesse toccata anche per sbaglio! Ma che fregatura! Si ritrovò a pensare
un po’ immusonito.
“Non ti chiedo un trattamento di
favore perché se Eva lo sapesse darebbe in
escandescenza, ma almeno evita di apparirle all’improvviso nel laboratorio e di
starle col fiato sul collo…in tutti i sensi!”
Julian annuì e restò in silenzio. Come
responsabile e ricercatore, a lui toccavano tutte le grane: sorvegliare gli
operatori, badare che le strutture fossero a norma di legge, vigilare sulla sicurezza
personale di ognuno di loro. Come avrebbe fatto con quella ragazza? Metti caso ci fosse stato un incidente…
“E’ brava e capace, ha una memoria
prodigiosa e un’ottima manualità. Farà carriera!”
L’uomo non si mosse e non parlò. Era
distrutto dalla scoperta! Con tutte le racchie che ci
sono al mondo proprio a quella meraviglia doveva capitare una disgrazia del
genere? E lui come avrebbe fatto… non l’avrebbe
neanche potuta invitare a prendersi un caffè insieme!
Si appoggiò ad un bracciolo pensieroso.
Stava già pensando ad un’altra quando appena tre sere prima Suzie
l’aveva lasciato? Beh, perché no? Forse aveva ragione lei quando diceva che fra
loro non c’era più amore.
“Mi raccomando: evita di riderle in
faccia alla presentazione” gli disse in fretta chiudendo i lembi e allacciando
i bottoni bianchi del proprio camice.
***
“E’ quello la! Per poco non sono dovuta correre all’ospedale!” sbraitò la ragazza
indicando l’uomo serio e compunto che veniva presentato dal direttore Johnson ai suoi colleghi.
Eva mise il broncio stringendosi alla
parete più lontana della stanza accerchiata da un gruppetto di colleghe, a mo
di scudo protettivo.
Martina lo scrutò da capo a piedi e
fece una smorfia “belloccio...ha un po’ troppo naso per i miei gusti ma nel complesso
qualcosa di carino ce l’ha” decretò spiccia e per
nulla interessata “è solo un altro rompipalle di passaggio che si prenderà un
sacco di grane al posto nostro”
Eva lo fissava arrabbiata perché una
reazione allergica in quel modo non l’aveva mai avuta.
Da piccola aveva cominciato a
manifestarsi mentre giocava con gli altri ragazzini del cortile della scuola ma
lo sfacelo vero e proprio era esploso durante la pubertà, quando a 16 anni Mattias l’aveva lasciata senza pietà a ravanare nel deserto
dei Tartari della disperazione e lei si era ritrovata coperta di bolle dalla
sera alla mattina senza una spiegazione.
Controlli, esami...nulla. Come sentiva
qualcosa che odorava vagamente di maschio, il cervello cortocircuitava e il suo
corpo impazziva!
Aveva dovuto dire addio anche al suo
adorato cricetino, quando aveva scoperto che era un
maschietto! Pensò imbronciata e con le lacrime agli occhi per il dispiacere di
aver perso la bestiola.
“Non è giusto” mormorò a bassa voce
facendo voltare Martina verso di lei “cosa?”
“Niente” borbottò per
nulla interessata alla presentazione di quell’essere che la stava
fissando proprio in quel momento… con
quella faccia da avvoltoio!
Senza riuscire a trattenersi, gli fece
una linguaccia da vera donna matura e tornò ad appoggiarsi al muro con le
braccia incrociate sul seno.
Non poteva sbattere contro quel bel
tipetto del bar che le portava la colazione la mattina?! Con quello la crisi allergica non mi sarebbe di certo venuta! Pensò
sghignazzando e non rendendosi conto di sorridere apertamente.
“La cosa la fa sorridere, signorina Dent?”
Eva sussultò sentendosi interpellata e
si drizzò immediatamente. ‘L’arrapato’ la fissava poco distante da lei con una
faccia scura e impenetrabile “la diverte sapere che dobbiamo effettuare
tagli al laboratorio e che non potremmo più permetterci spese folli? Quelle
cuvette di quarzo che ha usato nel suo esperimento stamattina, costano
parecchie centinaia di euro, lo sa?” la incalzò
ammutolendola.
Perché se la
prendeva con lei?!
“Useremo quelle di vetro o di
plastica” ribadì allontanandosi di poco “mi stia
lontano, mi fa venire l’orticaria!” sibilò a bassa voce per non farsi udire
dagli altri.
MacHorney
aveva usato quella scusa per studiarla da vicino: era parecchio carina con quei
capelli biondi mesciati e gli occhi scuri…e aveva un
bel nasino all’insù alla ‘scansatevi tutti che passo io’!
Pensò ritraendosi di qualche centimetro.
Eva lo scrutava sulla difensiva: non era carino, era stronzo punto e basta!
“Julian per favore….”
La voce esausta del vecchio Johnson li distrasse entrambi. Eva restò a fissarlo
incattivita e sulla difensiva e lui la scrutò da capo a piedi osservandola
mentre cominciava a grattarsi “ti tengo d’occhio” sibilò guardandola. Poi di
punto in bianco le fece l’occhiolino e un sorriso gli incurvò un angolo della
bocca; voltò su se stesso e ricominciò a pontificare sulla necessità di
risparmio.
Eva era rimasta stupita da un tale
gesto e aveva smesso di grattarsi. Quello era una minaccia vagante! Avrebbe
dovuto tapparsi in laboratorio e non farlo mai entrare, sarebbe bastato un vago
residuo del suo odore a farla grattare per mesi e mesi!!
***
“Suzie, lasciami parlare..”
“Che altro devi inventarti per
convincermi a tornare con te?”
Julian si grattò istericamente la nuca, in preda ad un
attacco di bile: stava facendo la figura dell’idiota, cosa che non accettava
minimamente. Appoggiò la schiena al divano e sbuffò dentro di se “non puoi
lasciarmi dopo tre anni solo per il mio malumore mattiniero!” esclamò cercando
di farla ragionare.
La donna raddrizzò la schiena sorridendo ironica “solo
quello mattiniero? E tutto il resto? Jule, fattelo dire: sei insopportabile e nessuna donna vorrà mai avere a che fare con te, se non cambi questo tuo modo
di fare” lo criticò aspramente osservando la sua espressione nervosa che non
cambiava.
“Una volta ti andava bene il mio modo di fare” sibilò
guardando risolutamente davanti a se.
La donna annuì “certo. Quando ero
stupida e innamorata di te”
A quella frase Julian smise di respirare. Finalmente
l’aveva detto “non potevi dirmelo chiaramente ed evitare questo patetico
teatrino?”
Suzanne lo fissò senza riuscire a credere che non se ne
fosse mai accorto “Jule, te l’ho fatto capire in
tutti modi. Ma il tuo lavoro è sempre stato più importante di me.”
“Non è vero!”
“Non voglio più discuterne con te” esclmaò la donna
alzandosi in fretta “pensaci Jule.
Non c’è più amore fra di noi…e sto cominciando a
dubitare che ce ne sia mai stato” affermò a voce più bassa facendolo voltare
dalla sua parte.
L’uomo la fissò negli occhi per qualche istante e dovette
convenire con lei che era proprio finita.
Annuì alzandosi e accompagnandola alla porta “mi dispiace”
borbottò con voce cupa ed evitando di guardarla.
Lei alzò le spalle e sorrise “con la prossima poverina che
capiterà nelle tue grinfie, cerca di essere un pelino più umano e vagamente
sensibile alle sue richieste” ridacchiò vedendolo incupirsi.
È solo orgoglio ferito il suo, pensò
immediatamente stranita e seccata.
“Suzanne...prima di andartene..”
La voce desolata di Julian le fece alzare gli occhi dalla
borsetta in cui stava cercando le chiavi della macchina. Si era finalmente
deciso a chiederle scusa e ad ammettere le sue colpe?
Con quella speranza nel cuore, restò immobile con un sorriso
sulle labbra
“Mi sapresti dire dove diavolo è finita la macchinetta del
caffè?!” le domandò con un tono di sincera curiosità nella voce.
Suzanne inspirò più volte per non mandarlo a quel paese e
strinse le labbra, agguantando la maniglia della porta e chiudendosela davanti.
Scese le scale interne dell’appartamento lanciandogli accidenti su accidenti
per la sua freddezza mentre Julian fissava la porta
chiusa con una certa perplessità…questo voleva dire che doveva cercarsela da
solo?!