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Autore: kannuki    04/06/2005    12 recensioni
Eva è una dolcissima pazza scatenata che fa tremare le amiche con le sue continue trovate semi suicide! Fa la chimica e ha l’hobby dei veleni che prepara personalmente ‘dovessero mai servire.’
Eva ha un difetto solo: ha un odio patologico per gli uomini e qualsiasi cosa sia fornito di cromosoma Y che le provoca fortissime allergie! Ora che è arrivato il nuovo responsabile e capo in direttissima, Julian, ritratto del malumore e della scortesia, schiavista, misogino e arrivista, Eva ha un nuovo obiettivo nella vita: cercare di avvelenarlo prima di soccombere all'orticaria!
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Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Al mondo non esistono cose come amore, passione, attrazione, ecc. Essi sono processi mentali che si sviluppano all’interno del cervello e possono essere richiamati e diretti a proprio piacimento.’

 

Se tutto ciò è vero, Julian sta sperimentando cosa vuol dire il completo controllo mentale sui propri desideri.

Stronzate, pensa automaticamente pentendosi di quella battuta stupida rivolta alla Venere bionda semisdraiata su di lui che lo fissa sbalordita. 

L’uomo la osserva trasognato, chiedendosi da quale favola - o da quale sogno - è uscita quella meraviglia della natura. La rabbia che l’ha tirato giù dal letto, diminuisce ad ogni istante, ma più la guarda, più s’innervosisce: una sorta d’urgenza gli fa muovere gli occhi su e giù il suo viso per carpire ogni più piccolo particolare e per imprimersela bene nella mente.

 

Perso nella contemplazione, divenne particolarmente indulgente verso quella ragazza che l’aveva ‘steso’ violentemente e in tutti i sensi.

“Ti sei fatta male?” le chiese abbassando istintivamente la voce e sorridendole premuroso.

 

Eva spalancò la bocca e non emise alcun suono per qualche secondo. Poi la richiuse e fissò il suo nuovo capo che la scrutava con un’aria strana, studiandolo a sua volta. Appena passabile, troppo leccato per i miei gusti e troppo serio. Forse con una paralisi diffusa acquisterebbe fascino.  

“Come sarebbe a dire che solo licenziata, razza di arrapato senza equilibrio?!” sbottò senza muoversi di un centimetro dalla sua posizione che le stava facendo venire la psoriasi da contatto.

 

Julian avvampò di stupore e si riprese all’istante. Si spostò così rapidamente che la fece crollare a terra mentre il vecchio Johnson sospirava scuotendo leggermente la testa,

“Non scherzare mai sul mio cognome!” ruggì abbassandosi su di lei per metterla in difficoltà.

La ragazza si rimise in piedi e lo fissò con le mani sui fianchi. Julian la guardò stupendosi del fatto che non fosse ‘tascabile’ come aveva immaginato. È più alta di Suzie, decretò all’istante, interrogandosi sul perchè avesse messo in relazione le due ragazze.

Eva si allontanò di un passo suo malgrado, cominciando a grattarsi le braccia attraverso il camice “Non puoi licenziarmi tu e non per una semplice caduta! Ti faccio fare il culo dai sindacati!” esplose dimentica delle buone maniere e continuando a grattarsi sempre più agitata. Come mai aveva una reazione così violenta?

Ficcò la provetta nella tasca esterna del camice e si tirò su una manica…no, non aveva niente, neanche una bolla. Strano. Eppure sentiva del solletico insopportabile!

 

Johnson la guardò un po’ preoccupato “ma stai bene Eva?”

“No..” Sussurrò muovendo le spalle infastidita “reazione allergica, più forte del solito” borbottò raccogliendo i tabulati e facendo una smorfia per il ginocchio che le faceva male.

“Reazione allergica?”

La domanda stupita di Julian la mise sulla difensiva “si, allergia agli stronzi!” sibilò facendo affacciare un bel po’ di colleghi dalle stanze.

“Piano con le parole, sono sempre il tuo capo!” la rimproverò vedendola sempre più in crisi. “Soffri di allergia davvero? Forse è qualche tessuto che ho indosso..” Mormorò guardandosi la giacca che non indossava mai “o forse qualche prodotto che hanno usato nella lavanderia..” Borbottò fra se e se mentre la ragazza si allontanava un altro pò.

“No, sei tu” commentò in crisi acuta “stammi lontano, per favore” 

“Io?” domandò senza capire. Si voltò verso il vecchio che con la sua solita aria tranquilla, si mosse verso la ragazza che continuava grattarsi con le lacrime agli occhi “Eva torna al tuo lavoro, non è vero che sei stata licenziata” le disse dolcemente evitando di toccarla.

“Lo so da sola” rispose brusca. Piegò i tabulati in modo da non inciamparci più e gettò un’altra umida occhiataccia al nuovo responsabile che non ci stava capendo un’acca ma che risentiva un verme per averla fatta stare male.

 

Il vecchio lo condusse in silenzio verso l’ufficio e chiuse la porta con discrezione facendogli cenno di sedersi.

L’uomo lo guardò perplesso: c’era qualcosa che bolliva in pentola e lui voleva esserne al più presto informato. Voleva sapere tutto di quella Venere bionda che gli aveva urlato contro col suo nasino all’insù da impunita. Quindi si concentrò sul direttore e aspettò che gli rivelasse il misterioso segreto di quella ragazza.

“Eva ha un’allergia psicosomatica agli uomini” cominciò osservando la sua faccia. “Con alcuni di più e con altri di meno.”

Julian restò a guardarlo senza emettere una sola vocale “Non abbiamo mai capito come funziona ma certi...le danno l’orticaria” ridacchiò appena un po’ “e tu gliene dai parecchia!”

“Non ci posso credere…non è vero! Non mi è mai capitato di sentire una cosa del genere!” esclamò allibito. Un lieve risolino interno salì fino alle labbra e cominciò a sghignazzare senza ritegno e senza neanche provare a fermarsi. 

 

Il vecchio lo lasciò sfogare, scrutandolo senza alcun divertimento “è una cosa seria, invece! È un’ottima scienziata ma l’ho dovuta isolare dagli altri perché ogni tanto le prendeva un attacco di orticaria…certe volte si sentiva quasi male, povera creatura!”

 

Julian smorzò il sorriso tornando serio. Appoggiò gomiti sulla sedia e si protese verso di lui “e dove lavora?!”

“Nel laboratorio più isolato di tutti ed è a contatto solo col personale femminile.

 

Restò a guardarlo come se non ci credesse - ed, in effetti, era assurdo - e non disse una parola per almeno mezzo minuto. “Ho capito” mormorò sentendosi un po’ idiota a ridere di una cosa così seria. E ora?

Come faceva a vivere in quel modo? Anche il fare la spesa le provocava di sicuro qualche problema! E per uscire? Le amicizie? Possibile che fossero tutte donne? E il ragazzo? Come facevano a…

 

“Ah, inoltre ha un disprezzo patologico per gli uomini. Capisci da te che le due cose sono collegate”

 

Ecco, quello non lo metteva minimamente in dubbio! Tolto il problema del fidanzato.

 

Julian lo guardò ancora una volta sbigottito e non trovò le parole: era troppo assurdo! Una cosa era la sua misoginia finta o vera a seconda delle giornate e una cosa…quella aveva avuto una reazione allergica solo a parlarci, figurati se l’avesse toccata anche per sbaglio! Ma che fregatura! Si ritrovò a pensare un po’ immusonito.

 

“Non ti chiedo un trattamento di favore perché se Eva lo sapesse darebbe in escandescenza, ma almeno evita di apparirle all’improvviso nel laboratorio e di starle col fiato sul collo…in tutti i sensi!”

Julian annuì e restò in silenzio. Come responsabile e ricercatore, a lui toccavano tutte le grane: sorvegliare gli operatori, badare che le strutture fossero a norma di legge, vigilare sulla sicurezza personale di ognuno di loro. Come avrebbe fatto con quella ragazza? Metti caso ci fosse stato un incidente…

 

“E’ brava e capace, ha una memoria prodigiosa e un’ottima manualità. Farà carriera!”

 

L’uomo non si mosse e non parlò. Era distrutto dalla scoperta! Con tutte le racchie che ci sono al mondo proprio a quella meraviglia doveva capitare una disgrazia del genere? E lui come avrebbe fatto… non l’avrebbe neanche potuta invitare a prendersi un caffè insieme!

Si appoggiò ad un bracciolo pensieroso. Stava già pensando ad un’altra quando appena tre sere prima Suzie l’aveva lasciato? Beh, perché no? Forse aveva ragione lei quando diceva che fra loro non c’era più amore.

 

“Mi raccomando: evita di riderle in faccia alla presentazione” gli disse in fretta chiudendo i lembi e allacciando i bottoni bianchi del proprio camice.

 

***

 

“E’ quello la! Per poco non sono dovuta correre all’ospedale!” sbraitò la ragazza indicando l’uomo serio e compunto che veniva presentato dal direttore Johnson ai suoi colleghi.

Eva mise il broncio stringendosi alla parete più lontana della stanza accerchiata da un gruppetto di colleghe, a mo di scudo protettivo.

Martina lo scrutò da capo a piedi e fece una smorfia “belloccio...ha un po’ troppo naso per i miei gusti ma nel complesso qualcosa di carino ce l’ha” decretò spiccia e per nulla interessata “è solo un altro rompipalle di passaggio che si prenderà un sacco di grane al posto nostro”

 

Eva lo fissava arrabbiata perché una reazione allergica in quel modo non l’aveva mai avuta.

Da piccola aveva cominciato a manifestarsi mentre giocava con gli altri ragazzini del cortile della scuola ma lo sfacelo vero e proprio era esploso durante la pubertà, quando a 16 anni Mattias l’aveva lasciata senza pietà a ravanare nel deserto dei Tartari della disperazione e lei si era ritrovata coperta di bolle dalla sera alla mattina senza una spiegazione.

Controlli, esami...nulla. Come sentiva qualcosa che odorava vagamente di maschio, il cervello cortocircuitava e il suo corpo impazziva!

Aveva dovuto dire addio anche al suo adorato cricetino, quando aveva scoperto che era un maschietto! Pensò imbronciata e con le lacrime agli occhi per il dispiacere di aver perso la bestiola. 

 

“Non è giusto” mormorò a bassa voce facendo voltare Martina verso di lei “cosa?”

“Niente” borbottò per nulla interessata alla presentazione di quell’essere che la stava fissando proprio in quel momento… con quella faccia da avvoltoio!

Senza riuscire a trattenersi, gli fece una linguaccia da vera donna matura e tornò ad appoggiarsi al muro con le braccia incrociate sul seno. 

Non poteva sbattere contro quel bel tipetto del bar che le portava la colazione la mattina?! Con quello la crisi allergica non mi sarebbe di certo venuta! Pensò sghignazzando e non rendendosi conto di sorridere apertamente.

“La cosa la fa sorridere, signorina Dent?”

Eva sussultò sentendosi interpellata e si drizzò immediatamente. ‘L’arrapato’ la fissava poco distante da lei con una faccia scura e impenetrabile “la diverte sapere che dobbiamo effettuare tagli al laboratorio e che non potremmo più permetterci spese folli? Quelle cuvette di quarzo che ha usato nel suo esperimento stamattina, costano parecchie centinaia di euro, lo sa?” la incalzò ammutolendola.

Perché se la prendeva con lei?!

“Useremo quelle di vetro o di plastica” ribadì allontanandosi di poco “mi stia lontano, mi fa venire l’orticaria!” sibilò a bassa voce per non farsi udire dagli altri.

 

MacHorney aveva usato quella scusa per studiarla da vicino: era parecchio carina con quei capelli biondi mesciati e gli occhi scuri…e aveva un bel nasino all’insù alla ‘scansatevi tutti che passo io’! Pensò ritraendosi di qualche centimetro.

Eva lo scrutava sulla difensiva: non era carino, era stronzo punto e basta!

 

“Julian per favore….”

La voce esausta del vecchio Johnson li distrasse entrambi. Eva restò a fissarlo incattivita e sulla difensiva e lui la scrutò da capo a piedi osservandola mentre cominciava a grattarsi “ti tengo d’occhio” sibilò guardandola. Poi di punto in bianco le fece l’occhiolino e un sorriso gli incurvò un angolo della bocca; voltò su se stesso e ricominciò a pontificare sulla necessità di risparmio.

 

Eva era rimasta stupita da un tale gesto e aveva smesso di grattarsi. Quello era una minaccia vagante! Avrebbe dovuto tapparsi in laboratorio e non farlo mai entrare, sarebbe bastato un vago residuo del suo odore a farla grattare per mesi e mesi!!

 

***

 

Suzie, lasciami parlare..

“Che altro devi inventarti per convincermi a tornare con te?”

 

Julian si grattò istericamente la nuca, in preda ad un attacco di bile: stava facendo la figura dell’idiota, cosa che non accettava minimamente. Appoggiò la schiena al divano e sbuffò dentro di se “non puoi lasciarmi dopo tre anni solo per il mio malumore mattiniero!” esclamò cercando di farla ragionare.

 

La donna raddrizzò la schiena sorridendo ironica “solo quello mattiniero? E tutto il resto? Jule, fattelo dire: sei insopportabile e nessuna donna vorrà mai avere a che fare con te, se non cambi questo tuo modo di fare” lo criticò aspramente osservando la sua espressione nervosa che non cambiava.

“Una volta ti andava bene il mio modo di fare” sibilò guardando risolutamente davanti a se.

La donna annuì “certo. Quando ero stupida e innamorata di te”

 

A quella frase Julian smise di respirare. Finalmente l’aveva detto “non potevi dirmelo chiaramente ed evitare questo patetico teatrino?”

Suzanne lo fissò senza riuscire a credere che non se ne fosse mai accorto “Jule, te l’ho fatto capire in tutti modi. Ma il tuo lavoro è sempre stato più importante di me.

“Non è vero!”

“Non voglio più discuterne con te” esclmaò la donna alzandosi in fretta “pensaci Jule. Non c’è più amore fra di noi…e sto cominciando a dubitare che ce ne sia mai stato” affermò a voce più bassa facendolo voltare dalla sua parte.

L’uomo la fissò negli occhi per qualche istante e dovette convenire con lei che era proprio finita.

Annuì alzandosi e accompagnandola alla porta “mi dispiace” borbottò con voce cupa ed evitando di guardarla.

Lei alzò le spalle e sorrise “con la prossima poverina che capiterà nelle tue grinfie, cerca di essere un pelino più umano e vagamente sensibile alle sue richieste” ridacchiò vedendolo incupirsi.

È solo orgoglio ferito il suo, pensò immediatamente stranita e seccata.

 

“Suzanne...prima di andartene..

 

La voce desolata di Julian le fece alzare gli occhi dalla borsetta in cui stava cercando le chiavi della macchina. Si era finalmente deciso a chiederle scusa e ad ammettere le sue colpe?

Con quella speranza nel cuore, restò immobile con un sorriso sulle labbra

 

“Mi sapresti dire dove diavolo è finita la macchinetta del caffè?!” le domandò con un tono di sincera curiosità nella voce.

 

Suzanne inspirò più volte per non mandarlo a quel paese e strinse le labbra, agguantando la maniglia della porta e chiudendosela davanti. Scese le scale interne dell’appartamento lanciandogli accidenti su accidenti per la sua freddezza mentre Julian fissava la porta chiusa con una certa perplessità…questo voleva dire che doveva cercarsela da solo?! 

 

  
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