Julian continuava a grattarsi la nuca mentre spulciava il
protocollo di lavoro che gli avevano fornito la
mattina stessa. Ma perché devo prendermi sempre io ste rogne? Pensò prendendola con il responsabile
tecnico che aveva dato forfait quando c’era la controllare la messa a punto
degli impianti.
Lui era un ricercatore, non aveva tempo di star a guardare
se le cappe funzionassero o meno! Finchè facevano WOOM andava tutto bene!
Chinò la testa con un mugolio. Non era riuscito a prendersi
il suo benedetto caffè neanche quella mattina e il malumore lo divorava. Aveva
ragione Suzanne: se c’era stato qualcosa fra loro, era finito molto tempo prima. Stavano insieme per comodità, due tasche
erano meglio di una per pagare le bollette e non era male tornare a casa da
qualcuno che ti accoglieva con un sorriso rassicurante.
Cioè…Suzie
faceva così, lui si limitava a darle il benvenuto con un mugolio che di umano
aveva ben poco.
Una volta non era così bestia, ma proprio non aveva tempo
per farsi uscire un sorriso come voleva lei, figurarsi andare in vacanza o fare un weekend romantico! S’incupì
ancora di più e sbuffò stressato.
Se non si fosse dato una calmata,
avrebbe divorato un’altra volta la segretaria di Mick.
Già immaginava quella befana che sparlava alle sue spalle, scherzando
ferocemente sul suo cognome.
Una luce d’insoddisfazione si accese negli occhi scuri e
pericolosamente accigliati.
Una volta era l’anima della festa, sempre allegro e pronto
allo scherzo...poi ‘cresci e prenditi le tue responsabilità’!
Pensò scocciato gettando da una parte i protocolli. Un lavoro che non ti dava
niente, Suzie che lo mollava, controllare tutti i
laboratori …e Afrodite scesa sulla Terra che si faceva venire la pelle a
chiazze quando lo vedeva!
Andiamo
proprio bene, pensò cercando di appoggiarsi allo schienale e
ricordandosi di essersi arrampicato su uno sgabello. Recuperò l’equilibrio e
sbattè un piede a terra. Andiamo a
mazzolare i sottoposti e a farci odiare anche qui.
***
“Che sta facendo quell’avvoltoio?”
“Per adesso è chino su dei protocolli di lavoro”
Martina si spostò all’indietro per non farsi vedere e fissò
Eva che cominciava a grattarsi. “Sei patologica, lo sai?
Dovremmo studiare te invece degli anticorpi”
“Ridi, ridi” sussurrò la ragazza allontanandosi in tutta
fretta “solo a vederlo da lontano, comincio a grattarmi come una pazza! Non
voglio neanche pensare a quando dovrò mostrargli i miei risultati. Come farò a spiegargli lo svolgimento del lavoro a tre metri di
distanza?” Borbottò rinchiudendosi nel suo antro.
“E quel bastardo ieri mi ha fatto
rimozionare la macchina! Con tutto lo spazio che c’era, proprio con la mia
doveva prendersela?!”esclamò esterrefatta all’amica.
“Forse perchè parcheggi nel posto dei dirigenti” le disse
divertita.
“A quello serve una piazza d’armi
per parcheggiare! La prossima volta gliela faccio
appendere al muro come si fa con le biciclette!” ribattè senza ascoltarla.
Sbadigliò tirandosi indietro i capelli e allungandosi sulle
punte dei piedi mentre Martina la osservava sorridendo “hai fatto nottata a
Risiko”
Lei annuì con un sorriso di soddisfazione “si! E ho vinto!” esclamò mostrandogli il segno della vittoria.
“E quando mai non vinci tu?” le
domandò trafficando fra i becker e i porta provette. “Ti hanno già dato il tuo
nuovo incarico?”
Eva scosse la testa e aprì l’armadietto in cui era rinchiusa
la vetreria fragile “no…non mi toccherà
mica andare da quell’essere? Oddio! Guarda, mi
sta già uscendo una nuova bolla!” singhiozzò mostrando
la mano su cui compariva una macchiolina rossa appena percettibile,
probabilmente una puntura di zanzara.
L’amica fece un ghigno di derisione “secondo me, esageri e aggravi il problema da sola. Ti ha minacciato di
licenziamento perché era incavolato. La sai benissimo che non ne ha il potere!”
esclamò stanca della sua finta patologia.
“Ma può mettermi note di demerito e
screditarmi agli occhi del Direttore!”esplose arrabbiata perché nessuno, a suo
avviso, la capiva.
Certo, che ne sapevano loro di cosa volesse dire stare
continuamente attenta a non farsi neanche sfiorare da un essere maschile che
sia stato animale o vegetale? Finora ci avevano creduto alla
balla del suo odio per gli uomini, aveva recitato bene la parte. Per
quanto tempo ancora sarebbe riuscita ad andare avanti in quel modo?
È vero che li considera tutti, chi più chi meno, una mandria
d’ignoranti gnu arrapati…però quel
ragazzo del bar è proprio carino e mi piacerebbe
conoscerlo meglio!
Ignorò quel pensiero mesto, sbattè un paio
d’armadietti infastidita e continuò a rovistare negli sportelli del
bancone pur di fare qualcosa.
“Ho capito, stamattina ti girano.
Me ne vado” annunciò con aria comica, conoscendo i
suoi malumori che esplodevano improvvisi e passavano immediatamente.
Eva non la filò e restò con lo sguardo perso nel vuoto, seduta sullo sgabello, infilando le mani sotto i
capelli, attorno al collo e inspirò più volte sentendosi terribilmente triste.
Era brutto stare perennemente da soli la dentro ed era
brutto dover sempre isolarsi dagli altri a causa della sua malattia.
Psicosomatica un
cavolo, pensò giocherellando con un pennarello da acetato. Scribacchiò un
foglio osservando il grosso tratto nero che lasciava sulla carta e sospirò
un’altra volta, le sopracciglia scure strette e un magone
tremendo dentro.
Sobbalzò quando sentì un bussare deciso alla porta e tutti i
pori si strinsero immediatamente.
L’allarme suonava impazzito nella testa e avanzò come un
condannato al patibolo verso la porta.
Aprì e si spostò di un passo. Quell’avvoltoio era arrivato
anche da lei! “Quale tremenda disgrazia la porta nella parte più buia ed oscura
dell’edificio?” gli domandò ironicamente cominciando a grattarsi.
Julian la fissò da capo a piedi e prese mentalmente appunti
“quel camice va chiuso, quei capelli legati e la sua bocca sigillata” ordinò
lasciandola di sasso. “Questa porta deve rimanere aperta e quella finestra
chiusa” continuò appuntando note di demerito una dopo l’altra “l’aerazione è
insufficiente, non può lavorare in questo modo” esordì piazzandosi all’interno
della stanza e cominciando a controllare ogni cosa mentre in silenzio e
particolarmente discosta da lui, Eva lo osservava
spadroneggiare nella sua tana personale. Picchiettò il piede
seccata e lo guardò curiosare ovunque con stizza crescente. Se mi tocca i vetrini nuovi, lo uccido con
quelli!
La cappa a flusso laminare era aperta perché aveva
dimenticato di chiuderla la sera prima, troppo stanca e sconvolta dalla
reazione che aveva avuto… e ovviamente fu la prima cosa che quell’aguzzino notò!
“La stava usando?” le domandò ironicamente poiché era spenta
e non c’era nulla al suo interno.
“Secondo lei la stavo usando? E’
sveglio come una faina incinta!” ridacchiò vedendolo
sorridere nello stesso modo con cui le aveva detto che era stata licenziata.
Con un gesto veloce la accese e un rumore basso e sibilante
si propagò nel silenzio. Accese anche la lampada UV per sterilizzare il piano
di lavoro e la guardò nuovamente. “Simpatica come un gatto nero attaccato alle
palle” commentò molto poco signorilmente studiandola
da capo a piedi.
Eva ebbe un altro attacco di orticaria
“la SARS è meno fastidiosa di lei!”
“C’è qualcosa che mi urla nella testa di ficcarla al più
presto nel forno della saletta al piano superiore…sa, quello grande e
grosso...come la strega di Hansel e Gretel” le disse si rimando
rinunciando a circuirla come al suo solito. Tanto era inavvicinabile! Puta caso
avesse risposto ai suoi messaggi subliminali e non, non avrebbe
potuto sfiorarla neanche con un dito! A questo punto valeva la pena di
prenderla un po’ in giro.
La ragazza ridacchiò, lanciatissima “ecco un altro
produttore sano di battute imbecilli! Ne ha ancora per molto o posso tornare a
trafficare con i miei veleni?” gli domandò continuando
a grattarsi e divertendosela un mondo ad infierire contro quel tipo che le era
stato antipatico fin dalla prima occhiata.
“Il fatto che lavori qua dentro da sola, non è motivo
sufficiente per fare come ti pare!” decretò restando discosto
da lei “le norme di sicurezza non sai neanche cosa siano e quel camice è
indecente: ti suggerisco vivamente di trovarne uno all’altezza di questo nome”
borbottò ancora più di cattivo umore di prima.
“Mi dia del lei” sibilò stupita da tutta quella confidenza.
“E questo camice lo porto da quando ero una matricola
all’università, non si tocca! Ogni singola macchia è stata sudata e calcolata
al millimetro!”
Julian era arrivato la dentro con
l’idea di impicciarsi del suo lavoro e per conoscerla un pò, ma non aveva
trovato nulla d’interessante, a parte un gran disordine e quella ragazza che si
stava agitando sempre di più. Eva aggrottò la fronte visibilmente scocciata e
stufa di grattarsi. “Si tolga quell’espressione da tubero dalla faccia. Mai visto una donna in preda ad un attacco isterico di prutite acuta?”
Lui fece qualche passo indietro e si appoggiò al muro “è
così grave?” domandò sinceramente interessato.
Eva annuì in silenzio e si allontanò ancora di più “rida e
dovranno riverniciare i muri: il sangue è difficile da togliere!” sibilò
vedendolo sul punto di ridere.
Lui alzò una mano scusandosi silenziosamente, sorridendo
dentro di se alla battuta: aveva una lingua lunga formidabile! Quella gli
avrebbe dato filo da torcere anche da addormentata. La
sentì mugolare qualcosa a bassa voce e attizzò le orecchie
incuriosito.
“No, non sarebbe così grave”
“Sta dicendo che è colpa mia?” le domandò vagamente
risentito.
La ragazza lo fissò inclinando appena la testa “è finita l’ispezione? L’ora d’aria è
scaduta da un mezzo, mein Fuhrer” sibilò a denti stretti senza nessuna
voglia di rispondere.
Julian la guardò fisso per qualche istante con immagini di
morti raccapriccianti che gli balenavano dietro gli occhi.
“No, non è finita” rispose allungandole i fogli che aveva in
mano. “Il suo nuovo incarico. Poiché è una procedura particolarmente lunga e complicata,
ho scelto lei perché dicono che sia particolarmente
dotata…a farsi i capelli certamente, avrebbe un futuro da sciampista”
affermò con una nota di derisione nella voce che le fece rizzare la folta
chioma dalla rabbia “temo dovrà sopportare la mia affascinante presenza.”
Un nodo scorsoio particolarmente affilato si strinse attorno
al collo della ragazza che impallidì. “Cos’è uno scherzo? Temo sia impossibile”
affermò cominciando già a grattarsi “come vede mi è impossibile tollerare la
sua sgradevole
e sottolineo ‘sgradevole’, presenza
anche a cinque metri di distanza!”
“Si prenda un antistaminico!” ridacchiò uscendo dalla stanza
con un sorrisetto maligno che sparì subito sentendosi apostrofare da uno ‘stronzo’ sibilato a voce abbastanza alta perché lo sentisse
solo lui. Fattucchiera linguacciuta e
impertinente!
*°*°*°**°*°*°*
L’antro del piccolo chimico: spiegazioni…e poi capirete perché gli
scienziati so tutti strani!
Il Direttore del
Dipartimento (Mick Johnson):
è il capoccia che tutela e gestisce il laboratorio.
Julian è il Responsabile
(può essere sia un ricercatore o far parte del personale tecnico o
amministrativo) che coordina e sovrintende i danni e i rischi alla salute; si
coordina direttamente col Direttore ed è tenuto a formare ed informare gli operatori(
Eva, Martina e tutti gli altri) sulle corrette procedure da adottare e li
sorveglia (lo scassapalle di turno che si prende
tutte le grane = definizione perfetta!)
Eva, come operatrice è obbligata a tenere un certo contegno
nel laboratorio, nei riguardi dei colleghi e delle strutture ( i banconi, la
vetreria e tutto il resto). Deve avvertire il Responsabile degli eventuali mal
funzionamenti e limitare i danni nelle proprie possibilità.
Il fatto che sia in ‘disordine’, che lasci cappe scoperte, è motivo di sano
cazziatone (eh..non vi fate un’idea di ciò che capita
nei lab)
I locali devono essere aerati e la temperatura mantenuta
costante fra i 17 e i 24 gradi a seconda della
stagione.
Non devi mangiare o fumare nel lab per non contaminare
l’ambiente (in teoria e in pratica i camici dovrebbero essere lasciati dentro
il lab…la gente fa parecchio come gli pare e poi ci si stupisce se parte una
contaminazione da Sars nel mondo!)
Strumenti di lavoro:
Lo spettrofotometro è una macchina fichissima (perennemente scassata, qui da me) che analizza
lo spettro della luce, utile per testare lo spettro d’assorbimento di un
campione in esame (in biologia le cellule assumono varie lunghezze d’onda). Ha
un display rosso che da immediatamente il risultato (comodissimo. Prendi carta
e penna e scrivi!).
Le cuvette sono dei parallelepipedi di
1*1 centimetro in cui si pone la sostanza in esame. Sono di
vetro, plastica e quarzo e non vi fate un’idea di quanto costino queste
ultime!! Fino a mille euro!
Se te se ne rompe una, accendi un
mutuo che fai prima.
Il’ bianco’ è una
sostanza che contiene tutti i colori e serve a tarare la macchina e ad
azzerarla dalla precedente misurazione.
I protocolli di lavoro sono i fogli che mandano le ditte che
riforniscono i dipartimenti di materiali (organici, non gli strumenti) e
contengono sopra tutte le istruzioni, la descrizione della sostanza in esame,
come comportarsi in caso di inquinamento, di
ingestione, inalazione etc.
I ROT sono dei bidoni rivestiti di plastica gialla speciale in
cui vanno gettate le sostante fortemente inquinanti,
vetrini usati, provette, pipette (delle lunghe cannucce sottili di plastica o
vetro), i guanti usati etc… ogni tot di tempo
arrivano gli addetti allo smaltimenti dei tessuti tossici e se li portano via
(chissà dove li buttano)
Sta roba inquinante non va gettata
nel lavandino! Regola d’oro e prima cosa che impari (a parte quella di metterti
i guanti)
I bunsen sono
delle fiamme ossidriche da tavolo 8fantastiche, fanno sta fiammona di 20 cm a dir poco) che mantengono l’ambiente
sterile nell’immediata prossimità…l’unico problema è che devi stare attento a
non bruciartici i capelli (succede, succede) o a
squagliarci la roba che hai in mano.
La cappa a flusso laminare, è un’invenzione fichissima
per il ricircolo dell’aria e l’aspirazione dei fumi ‘velenosi’
delle sostanze. Ha una lampada UV incorporata che è un potente germicida che sterilizza il piano di lavoro (se ci metti le
mani sotto, ti ustioni)
Va sempre chiusa per evitare contaminazioni (cosa che Eva
non ha fatto, da batterle le dita con la riga, come si faceva alle medie) e fa
un rumoraccio infernale. È diversa dalla cappa chimica che aspira l’aria
verso l’alto e basta ( ha anche i filtri che vanno cambiati spesso)
Ora, questo Dipartimento in cui lavorano i nostri eroi è
grande e ricco: ha molte sale e frigoriferi come se piovessero. Nella realtà
della vita (triste realtà)…averceli!!!
Che altro? Ah, Il ricercatore si
sceglie chi gli pare per portare avanti gli
esperimenti, ma in teoria prende il più bravo (e quello che lecca meglio).
La storia delle cappe che ‘se fanno WOOM va tutto bene’, non me la sono inventata! Testuali parole di quel
gran fico di ricercatore del terzo piano trapiantato
dalla lontana Islanda….bellissimo! Un dio Thor in carne ed ossa!
Ultima cosa: per arrivare al grado di ricercatore ci vuole
bravura e impegno e in genere (se ti dice bene, sei intelligente, il prof ti
prende a ben volere oppure papà ha i soldi per farti fare carriera , l’ho sottolineato abbastanza?) prima dei 35-40 anni (da
noi in Italia) non ci riesci ad importi ‘sul mercato’..quindi
mettetegli l’età che volete a Julian, io sta responsabilità non me la prendo
che quello è nervoso, la donna l’ha lasciato, deve pagare le bollette ed Eva
gli farà vedere i sorci verdi!
Ciaooo