Eva era distrutta dalla novità! Quasi non
mangiava più e la mattina si alzava con una faccia da mortorio che faceva
preoccupare la madre.
“Beh? Sempre quella faccia da funerale! Ma che hai?” le domandò vedendola arrancare verso la cucina a gas
con un cipiglio funesto e i capelli sconvolti.
“Mrghh…” mugolò con gli occhi
stretti in una fessura, il pantalone del pigiama calato su un fianco e il top
da raddrizzare.
“Non ci voglio andare a lavoro”piagnucolò depressa,
crollando sulla sedia high tech della cucina e
appoggiando le braccia sul tavolo e il viso su di esse.
La donna la guardò stupita: e da quando in qua faceva i
capricci se quel laboratorio era tutta la sua vita? “Martina
ti ha fatto i dispetti?” la prese in giro mettendole davanti i biscotti che la
ragazza guardò appena “merendina” biascicò alla madre che sorrise divertita e
prese il pacchetto dalla credenza.
Eva resuscitò di poco mentre masticava svogliatamente il suo
Flauto al latte “quello mi odia…” singhiozzò depressa.
La madre si sedette al tavolo spostando la gran massa di
capelli biondi che le ricoprivano metà lato della faccia “chi è ‘quello’?”
“Il nuovo responsabile” borbottò bevendo un goccio di caffè
“ha minacciato di licenziarmi, mi ha fatto rimozionare la macchina e mi ha
cazziato, l’altro giorno”
“Ha fatto bene!”esclamò la donna facendola girare con i
lacrimoni agli occhi. “Perché?!” domandò con la voce gonfia
d’incredulità.
“Perché sei distratta e avrai
sicuramente fatto qualcosa di molto pericoloso!” l’apostrofò la madre
sorridendo internamente.
Eva la guardò con un cipiglio da impunita e scosse i
capelli, sua gloria e vanto che teneva con tanta cura “mi fa venire le bolle,
per poco non sono dovuta andare all’ospedale!” esclamò come se ciò bastasse a
farlo disprezzare.
“Sempre a chiacchierare…”
Eva si voltò appena all’ingresso del fratello e gli fece uno
sberleffo che voleva essere un saluto.
“Ma perché non te li leghi quei
capelli? Se ne trovo uno nel caffè…” la minacciò
stanchissimo per la serata passata con gli amici a gozzovigliare.
“Rosichi perché tu li stai perdendo” gli rispose con aria di
superiorità accarezzandoli.
“Ma perché non ve ne andate a
chiacchierare da un’altra parte, voi due?” sbottò il ragazzo fissandole a turno
“la mia camera è attaccata alla cucina e vi sento sempre ciarlare come oche”
sibilò di cattivissimo umore.
La madre alzò gli occhi al cielo “tua
sorella ha un problema serio a lavoro!”
Il ragazzo la soppesò con lo sguardo e le fece una smorfia
“ho sentito, come facevo a non sentirvi?!” domandò mentre Eva sbuffava
avvelenata “quanto rompi, Lance!!”
Il fratello le diede uno scappellotto sulla testa e si
rimediò un grugnito “ti fa venire le bolle, eh?”
“Da morire!” esclamò cercando comprensione almeno in lui,
uno dei pochi maschietti a cui riusciva a stare vicino senza sentirsi male.
“Quindi ti piace.. meno male, va. Volesse il cielo che ti ci fidanzi! Almeno ce la
togliamo di torno, sta scocciatrice chiacchierona” commentò
il ragazzo di tre anni più grande di lei con un’aria pacifica che fece
sorridere la madre.
“No, non mi piace!” urlò facendolo strozzare “è antipatico e orrendo e mi fa venire l’orticaria! Un giorno
di questi mi ricovereranno all’ospedale; quel bastardo mi ha cooptato a forza
in un esperimento! Come faccio a stargli vicino, me lo
spieghi tu?! Cretino!” urla a pieni polmoni svegliando anche il padre
che arriva ondeggiante in cucina. Eva lo sorpassa in tutta fretta, con le
lacrime agli occhi per le ingiustizie della vita e si dirige nel bagno
sbattendo la porta con forza.
Lance si appoggia allo schienale
della sedia con aria pacata e fa un sorrise ebete al padre che lo guarda con
aria riprovevole.
“La devi sempre prendere in giro” la rimprovera la madre
arrabbiata e impensierita.
Il ragazzo alza le spalle per nulla intenzionato a tornare
sui propri passi “tua figlia ha bisogno di uno psicologo: il suo è solo terrore
da relazione naufragata. Facci caso, quando le piace qualcuno si sente male. Ti
ricordi Phil? Phil le
piaceva e non riusciva a stargli vicino. Il panettiere giù all’angolo? Bolle su bolle ogni volta che andava a fare la spesa. È
bastato che quello se ne andasse e le è passata anche
l’orticaria” affermò sereno “quando a
Eva piace qualcuno, il suo corpo innesca un meccanismo di reazione autoprotettivo che la porta ad isolarsi dalla fonte
d’attrazione. Quel coglione di Mattias! Quanto mi
piacerebbe averlo fra le mani e strozzarlo.” Borbottò
a bassa voce stando ben attento a non farsi sentire dalla sorella.
“Meno male che farti studiare è servito a qualcosa, razza di
psicologo della mutua!” borbottò sottovoce il padre.
Lance sorvolò sulla battuta e
continuò a bere il suo caffè tranquillamente “Sono il novello Jung”
***
“Ti rendi conto di quello che mi ha osato dire quel
cretino?”
Rinchiusa nel suo antro della strega, Eva cerca un minimo di
comprensione nell’amica che non la sta minimamente ascoltando “ha detto che mi
piace! Come no?! Appena lo vedo mi parte il plafond!” Urlò
a bassa voce, tremendamente offesa. “Ma mi ascolti?”
“No” le rispose sinceramente cercando il bottone che aveva
perso. Gettò uno sguardo distratto all’amica e si rese conto che il suo camice
era così lindo da farle male agli occhi “Uau. L’hai
lavato”
Lei assentì sbuffando. Da quando era arrivato quel tipo, era
diventata una musona lamentosa!
Sedette sullo sgabello cercando di riprendersi e inspirò una
sola volta “non ce la posso fare a stargli vicino” confessò con voce poco
serena.
Martina la guardò strisciandole una mano sul braccio a mo di incoraggiamento.”Fa uno sforzo e immagina che sia una
donna”
“Non dovrebbe parlare” le rispose rassegnata.
“Beh, da quanto ho capito è la persona più silenziosa che sia mai entrata qua dentro. Nel suo laboratorio non si sente
volare una mosca”
Eva alzò le spalle velocemente “per forza, si tiene il fiato
per sbraitare contro di noi”
***
‘Cannon
ritiene che le malattie psicosomatiche siano dovute
allo stress, ossia a risposte emozionali troppo intense o troppo a lungo
mantenute che mettono in moto risposte fisiologiche o psicologiche il cui scopo
è quello di attenuare lo stress. Il comportamento messo in atto può essere di
"attacco" o di "fuga" secondo Cannon,
o di "adattamento" secondo Selye. Quando
gli sforzi del soggetto falliscono perché lo stress supera la capacità di
risposta, allora si è esposti ad una vulnerabilità nei confronti della malattia
dovuta ad un abbassamento delle difese dell'organismo’
Julian alzò le sopracciglia velocemente,
ipnotizzato dalle parole che ballavano sullo schermo.
‘Nemiah, al
contrario, partendo dalla constatazione che il paziente psicosomatico presenta un'incapacità di descrivere con precisione i propri
sintomi, un'incapacità ad individuare sensazioni affettive e distinguerle tra
loro, un'inadeguatezza tra esplosioni emozionali e corrispettivi stati
affettivi interni, rigidità, distacco e disarticolazione nella postura e nelle
mimica, ha ipotizzato che a causa di fattori genetici o di difetti dello
sviluppo esisterebbe una carenza di connessioni neuronali
tra le aree del sistema limbico, deputate alla
rielaborazione delle pulsioni e degli affetti, e le aree corticali, sede delle
rappresentazioni consce, dei sentimenti e delle fantasie. Ne consegue che le
stimolazioni delle pulsioni non vengono elaborate a
livello corticale, ma deviate sull'ipotalamo che genera stimolazioni troppo intense
e prolungate a carico del sistema vegetativo.’
Si grattò la nuca, appoggiando il mento sull’altra mano e
fece scorrere il mouse alla ricerca di qualcosa di più concreto.
‘La malattia si manifesta
a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio. Nel
prurito psicogeno la persona si gratta in
continuazione, senza causa precisa. Sono presenti tratti di
personalità rigidi con notevole
senso di pulizia e dell’ordine.’
Non è il suo caso...A-ah!
Eccolo qua! Pensò avvicinando di più la sedia al computer e aprendo la
finestra a tutto schermo
‘tali
sintomi hanno una durata di tempo limitato, cessano con il cessare
dell'elemento scatenante non
presuppongono una lesione d'organo. Al contrario, sono considerate vere e
proprie malattie psicosomatiche quelle alle quali classicamente si riconosce
una genesi psicologica (o quantomeno in buona parte) ed in cui si viene a
realizzare un vero e proprio stato di malattia d'organo con segni indiscutibili
di lesione.’
Julian restò un po’ soprappensiero: a parte cominciare a
grattarsi, quella ragazza non aveva mostrato eritemi o altro. Ma si poteva
sempre fare una prova! Pensò alzandosi in fretta e dirigendosi verso il
laboratorio in cui la ragazza si stava occupando della preparazione dei terreni
e delle soluzioni fisiologiche indispensabile per l’inizio del loro
esperimento.
Eva non lo sentì arrivare a causa delle cuffie che teneva
sulla testa e che la isolavano dai rumori esterni. Un’altra cosa che sarebbe
stata quanto meno sconsigliabile, in quel posto.
Julian entrò, la osservò per un attimo e aggirò il bancone
senza farsi vedere: ancora non l’aveva fiutato.
Il raggio d’azione del suo dopobarba era piuttosto limitato,
regalo di Suzie che portava solo perchè era troppo
pigro per andarselo a comprare un altro, ma fu lo
stesso avvertito da Eva che si bloccò e
alzò gli occhi dalle provette dopo averle posate con mani tremanti.
“Non le ho chiesto di non entrare
mai qua dentro?” esplose paralizzata dal prurito che sentiva spandersi in tutto
al corpo.
Quando si girò trovo il suo capo che la fissava con occhio
critico “bolle non ne vedo.” Commentò scostandole i
capelli dal collo e raggelandola. “Vieni con me” le ordinò prendendola per il
polso.
Eva restò paralizzata per qualche secondo e poi urlò “ma
come si permette?!” urlò cercando di divincolarsi e sentendosi sempre più male.
“Mi lasci! La denuncio ai sindacati per maltrattamenti!” urlò
mentre la trascinava nel proprio laboratorio.
Adesso svengo! Oppure vomito! Pensava sempre più agitata.
Julian le lanciò un’occhiata e alzò le spalle “continuo a
non vedere bolle o dermatiti. Non hai niente!” la sgridò
arrivando di fronte al computer “vediamo: respiro accelerato?
“Cosa?!” domandò senza capire che
diavolo volesse quello da lei,
“Tu rispondi!”
“Si” ansimò “che non si sente?” sbraitò
cercando di farsi lasciare. “Sto per sentirmi male!”
“Tremori?
“Si!”
“Tensione muscolare? Alla nuca?” continuò imperterrito
facendola sedere davanti a se e bloccandole ogni via di fuga.
“Certo! Non lo vedi che sono tesa?!” urlò
nuovamente ma con minor forza.
Julian si drizzò soddisfatto e la guardò: era rossa e
visibilmente scossa, tremava da capo a piedi ma non si grattava più. “Non hai
un cavolo!” ridacchiò sollevato puntandole un dito sulla fronte e spingendola
indietro.
Eva restò per un attimo ferma e poi si afflosciò sulla sedia
come una bambolina a cui hanno tagliato i fili.
“Beh?!” esclamò dandole una scossetta
leggera. Toh, è svenuta!