Cap.
5: I Won’t Say I’m In Love
“Anata
o mamotte ikitai,
Tatoe nani ga okiyou tomo,
Boku no subete de anata o,
Mamori tsuzukete ikimasu….”
My
All – Ayumi Hamasaki
“Voglio
proteggerti,
Qualunque cosa
succeda,
Continuerò
a proteggerti,
Facendo tutto
ciò che è in mio potere”
-
Mela – disse Ryuk, tendendo la mano. Sayuri
scosse la testa, e scese in cucina per prendergliene una. Alla fine,
decise di prendere l’intero sacchetto, sicuramente quella
discussione le sarebbe costata molte mele. -
Allora – disse Sayuri, lanciando un frutto allo shinigami
– dimmi che cosa è successo. Era
piuttosto impaziente, voleva sapere esattamente cosa fosse accaduto. -
Lo shinigami di quel quaderno… è morto. Sai,
esiste un modo per uccidere anche gli shinigami! Sayuri
sgranò gli occhi. Dunque, non solo suo padre aveva ucciso
esseri umani, ma anche dei della morte. -
E quale sarebbe? – domandò la ragazza, lanciando a
Ryuk un’altra mela. -
Beh – disse lo Shinigami, sgranocchiando la mela –
Basta che questi si affezioni ad un umano, e che sia disposto a
sacrificarsi per salvargli la vita. E tu sai qual è il vero
compito di noi shinigami, vero? -
Sì, voi decidete chi deve morire e quando, giusto?
Ma… cosa c’entra con tutta questa situazione?
– domandò Sayuri. -
C’entra, eccome se c’entra – rispose
Ryuk. Sembrava divertito, e la cosa un po’ irritava Sayuri.
Come poteva ridere se la situazione era così seria? -
Vedi, noi abbiamo il compito di uccidere le persone usando i nostri
Death Note – continuò lo shinigami - ma se per
caso dovessimo compiere un’azione che, al contrario,
allungasse la vita di un umano… se dovessimo uccidere una
persona per proteggere la vita di
un’altra…. -
Ho capito. Morireste, giusto? -
Sì – disse Ryuk – Voglio dire,
è una cosa piuttosto stupida da farsi, cosa vuoi che valga
la vita di un umano…. -
Beh – rispose Sayuri, un po’ infastidita
– credo di avere una visione leggermente diversa
rispetto alla tua, in ogni caso… mio padre avrebbe fatto
innamorare uno shinigami di sé per poi mettersi in pericolo,
facendo in modo che lo shinigami uccidesse qualcun altro per salvarlo? Sayuri
sapeva che suo padre era un uomo sicuro di sé, ma dubitava
che lo sarebbe stato tanto da correre un tale rischio. Ma, forse, un
tempo le cose erano diverse, o magari era così tanto deciso
ad eliminare L da rischiare addirittura la propria vita…
perché lei lo aveva intuito, la scomparsa dello shinigami
mancante aveva sicuramente qualcosa a che fare con la morte di L. -
Guarda, se fosse stato per tuo padre, avrei anche capito,
ma… una come lei…. – disse Ryuk,
finendo di mangiare la mela che aveva in mano. -
Lei chi? – domandò Sayuri, sempre più
sgomenta. Suo padre aveva sicuramente messo in pericolo la vita di
questa persona, forse deliberatamente proprio per fare in modo che lo
shinigami uccidesse L…. Ryuk
tese nuovamente la mano davanti a lei, e la ragazza gli porse
un’altra mela. -
Lei… Misa Amane. L aveva minacciato di arrestarla,
accusandola di essere Kira, e Rem, quella stupida shinigami, si era
affezionata troppo a lei e pensava che fosse degna di un
sacrificio… ha ucciso L e il suo maggiordomo, poi
è diventata un mucchietto di cenere. A proposito…
mi sembra di non averti ancora spiegato chi sia L… ma credo
che tu lo conosca fin troppo bene, giusto? -
Non dirlo a mio padre, ok? – disse Sayuri, allarmata. Ryuk
fece spallucce. – Finché la cosa è
divertente…. Non
sapeva se potersi fidare, ma in ogni caso era troppo tardi per pentirsi
di essere finite in quella situazione, e comunque se suo padre
l’avesse scoperta, lei l’avrebbe saputo. Certo, quando sentirai un dolore
al petto, allora sì che sarà troppo tardi.
La sua coscienza non sembrava essere molto d’accordo con lei. -
Grazie – disse Sayuri, riponendo i quaderni per poi uscire
dallo studio. Si
preparò velocemente e si mise a letto. Era ancora
sconcertata da tutto quello che aveva scoperto. In meno di due giorni,
l’immagine che aveva di suo padre era stata completamente
stravolta. Non solo aveva ucciso delle persone, ma aveva permesso che
sua madre corresse un pericolo. Sayuri sapeva che sua madre aveva
sempre amato suo padre, probabilmente anche allora avrebbe accettato di
fare qualunque cosa per lui, anche essere accusata e condannata al suo
posto. In quel momento, si chiese che cosa li tenesse uniti,
perché fossero ancora assieme, ma anche, in fondo,
perché sua madre fosse ancora viva. Del resto, se era solo
una pedina, suo padre avrebbe fatto in fretta a
sbarazzarsene…. Sayuri
allontanò qual pensiero dalla mente, e si
concentrò piuttosto sulla dinamica dell’omicidio
di L. Dunque, l’intruso di cui L aveva parlato era la
shinigami, Rem. Era stata lei ad ucciderlo, materialmente, ma
c’era da dire che, se sua madre era una pedina nelle mani di
suo padre, anche Rem non avrebbe potuto far altro che seguirla. A
ben pensarci, se Rem si trovava nel mondo degli umani era
perché il suo Death Note apparteneva a qualcuno, e se era
così legata a sua madre, forse la proprietaria del quaderno
era lei…. Mia madre non è
un’assassina, e in ogni caso in questo momento non fa uso del
Death Note, pensò Sayuri. Cercò
di addormentarsi, ma era estremamente difficile. Anche quando prese
sonno, i suoi sogni furono costellati da immagini di suo padre e di sua
madre, e dall’immagine di una shinigami, dai lineamenti molto
simili a quelli di Ryuk ma più femminili, che scriveva
qualcosa su un quaderno e poi si trasformava in polvere. Quando
si svegliò, la mattina seguente, fu come se non avesse
dormito, e il fatto che questo fosse praticamente accaduto per due
giorni di seguito non contribuiva a migliorare la situazione. Certo,
avrebbe potuto usare il trucco per nascondere i segni più
evidenti, ma avrebbe minacciato di addormentarsi durante le ore di
scuola. Devo restare sveglia,
pensò Sayuri, mentre prendeva posto nell’aula, stasera devo raccontare tutto ad
L. Il
professore entrò nella classe. Sayuri ascoltò a
malapena il suo saluto agli alunni, dopodiché le fu
completamente impossibile prestargli ulteriormente attenzione. La
sua mente cominciò a vagare, e con essa la sua mano, che si
mise a scarabocchiare qualcosa sul quaderno sul quale, teoricamente,
avrebbe dovuto prendere appunti. Pensò
ad L, a come avrebbe reagito quando gli avrebbe detto tutto
ciò che aveva scoperto, se l’avrebbe ringraziata o
l’avrebbe fatta sentire una stupida dicendole che lui in
realtà c’era già arrivato, e non
c’era bisogno di rischiare così tanto;
pensò a come avrebbe potuto reagire lei nel vederlo, visto
il modo in cui erano cambiati i suoi sentimenti dopo quei sogni;
pensò a suo padre, a come si era rivolto a lei, e si chiese
se per caso lui avesse intuito cosa lei avesse in mente;
pensò a sua madre, usata senza alcuno scrupolo da suo padre,
e tuttavia incapace di odiarlo; pensò a quella povera
shinigami, anche lei vittima di suo padre…. -
Sayuri! Sayuri! Una
mano le scosse la spalla, e lei improvvisamente riprese contatto col
mondo. Si voltò, e vide Kaori che la scrutava preoccupata. -
Cosa è successo? – domandò Sayuri. -
E me lo chiedi? Hai poggiato un gomito sul banco e ti sei presa il
mento con la mano, mentre con l’altra scarabocchiavi, e fin
qui va bene, poi hai chiuso gli occhi… non potevo avvertirti
perché il professore stava spiegando, per fortuna non ti ha
scoperta… comunque, è finita l’ora e mi
sembrava giusto svegliarti…. Sayuri
si stropicciò gli occhi con le mani, e abbassò lo
sguardo sul quaderno. Per poco non sobbalzò. Tra
tutti gli scarabocchi che aveva fatto prima di addormentarsi spiccava
particolarmente una L scritta in corsivo, marcata come se ci avesse
passato su la penna più volte. Chiuse il quaderno di scatto,
non voleva che Kaori facesse domande. Per fortuna oggi non dobbiamo
restare a scuola anche di pomeriggio, pensò
Sayuri, sbadigliando. Passò
il resto della mattinata a fissare il vuoto, mentre la sua mente vagava
da tutt’altra parte rispetto a dove sarebbe dovuta essere. La
campanella di fine lezioni fu una benedizione per lei. Decise
che sarebbe andata a comprare altri dolci, poi avrebbe pranzato con L.
A casa sarebbe stata sola con Chika, e in ogni caso avrebbe dovuto
passare comunque il pomeriggio con lui. Inoltre, doveva comunicargli
tutte le informazioni in suo possesso, e doveva riuscire a capire quale
sarebbe stata la sua reazione nel vederlo, per chiarire quali fossero i
suoi sentimenti per lui. Quando
bussò alla porta della camera, cercò di non
mostrarsi troppo agitata. Il
ragazzo aprì, e lei prontamente disse: - Ciao… ti
dispiace se oggi pranzo con te? Devo parlarti di una cosa. Cercò
di non concentrarsi troppo sul volto di L: i suoi occhi erano troppo
profondi, e lei non era ancora abbastanza lucida da poter sostenere
tranquillamente il suo sguardo. -
Entra – disse L, occhieggiando la busta piena di dolci che
Sayuri aveva portato. -
Di cosa mi devi parlare? – domandò il ragazzo,
mentre Sayuri poggiava la busta e lo zaino sul divano. La
ragazza fece un bel respiro profondo. -
Ho scoperto chi è Kira, e come sei morto. L
cercò di mantenersi tranquillo, ma Sayuri sapeva che sotto
sotto stava fremendo per la curiosità. -
Dimmi tutto – disse L, il tono di voce perfettamente calmo. -
Beh, non so se tu ti fossi sbagliato, o se mi avessi
mentito… ma Kira… Kira è mio padre,
Light Yagami. L’ho sentito da lui, l’altra sera,
mentre stava utilizzando il Death Note nel suo studio. L
annuì, poi si voltò verso di lei, e la
guardò dritto negli occhi. -
Allora non mi sono mai sbagliato… ti ho mentito,
l’altro giorno. Perdonami. Come
si sarebbe dovuta comportare, lei? Cosa avrebbe fatto, normalmente? Ti
ha raccontato una bugia, Sayuri. Da un altro ragazzo non
l’avresti mai accettato, perché lui dovrebbe
essere un’eccezione? Normalmente,
avrebbe tirato un bello schiaffo all’incauto bugiardo, e non
si sarebbe mai più fatta vedere. Avanti,
dagli questo benedetto schiaffo e vattene. Così impara. Gli
occhi del ragazzo continuavano a fissarla, e lei si sentì
improvvisamente impotente. Non avrebbe mai potuto fargli del male,
nemmeno per fargli capire che aveva sbagliato a non raccontarle da
subito la verità. Non ne aveva il cuore. Aveva
sempre detto che quegli occhi erano belli e profondi, ma mai aveva
pensato che potessero avere una qualche influenza sulle sue azioni. Basta.
È tutta suggestione, devo assolutamente smetterla. Si
sedette sul divano, cercando di restare alla distanza massima da lui.
Forse evitando i contatti diretti tutta quella inquietudine le sarebbe
passata. Ti stai per caso rammollendo?
domandò la voce nella sua testa. -
Ti ho offesa? – domandò L. Sicuramente doveva
avere un’aria sconvolta. -
No, per quello no… è che… insomma, si
tratta di mio padre! Capisci? Mio padre è un assassino, ha
causato la morte di un sacco di persone, e poi… ha ucciso te! Sayuri
si bloccò. Sapeva di aver messo fin troppa enfasi in
quell’ultimo frammento di frase, come se la sola vita di L
fosse nettamente più importante di quella di milioni di
altre persone…. Sentì
il rumore della pelle del divano, e si voltò verso L. Il
ragazzo si era girato completamente verso di lei, e si stava
sbilanciando in avanti, il braccio proteso davanti a sé. Cos’ha intenzione di
fare? pensò Sayuri. Lentamente,
si stava avvicinando a lei. La sua mano era vicinissima…. Le
accarezzò il volto con l’indice. Il suo tocco era
delicatissimo, le aveva a malapena sfiorato la guancia, come se avesse
avuto paura di farle del male, tuttavia fu abbastanza per farla
arrossire. Si voltò dall’altra parte per non farsi
vedere. Non ti sta per niente dando una
mano, disse la vocina. -
Tutto bene? – domandò L. -
Oh… sì, sì, certo, tutto ok!
– disse Sayuri, cercando di ricomporsi e prendendo un
pacchetto di cioccolatini – Che ne dici di mangiare, mentre
ti racconto tutto il resto? L
annuì, e cominciarono a mangiare, mentre Sayuri raccontava
al ragazzo tutta la verità sulla sua morte. -
… e così, non solo mio padre ti ha ucciso, ma si
è anche servito di mia madre e di quella povera shinigami! L
non aveva fatto altro che annuire e mangiare durante tutto il racconto
di Sayuri. Prese la parola solo dopo che lei ebbe finito. -
Bene… ora tutto quadra, dunque… resta solo una
cosa da chiarire…. – disse. -
Che cosa? – domandò Sayuri. -
Tu. Che cosa hai intenzione di fare? Del resto, si tratta di tuo
padre…. -
Mi stai chiedendo se ho intenzione di schierarmi con te o con mio padre? -
Già. Si tratta di una situazione delicata, e se lo desideri
puoi andartene. Ti prometto che non verrai coinvolta ulteriormente in
questa faccenda. Sayuri
scosse la testa con energia. -
Scordatelo. Io… non approvo ciò che mio padre ha
fatto. Una volta Ryuk, lo shinigami del quaderno che ho trovato, mi ha
definita “amante della vita”, come potrei
apprezzare l’operato di un assassino? E poi… - si
bloccò un attimo, incerta se parlare o meno. Se avesse
continuato, avrebbe fatto capire ad L che forse provava qualcosa per
lui. C’è
per caso qualcosa di male? Anche se gli dimostri di tenerci a lui, non
è detto che ci sia necessariamente qualcosa di
più. -
… poi… ho deciso di non lasciarti da solo. Non
m’importa se non ti conosco, io farò di tutto per
aiutarti. Quello che stai facendo è giusto, e so che non ce
la potrai mai fare da solo. L
aprì la bocca per dire qualcosa, ma Sayuri lo interruppe. -
Non m’importa – continuò lei, abbozzando
un piccolo sorriso – se ci saranno dei pericoli da
affrontare. Mio padre, tanto, prima o poi scoprirà comunque
che sono stata nel suo ufficio, e in tal caso potrebbe uccidermi anche
se dovessi andarmene ora. Ormai… ormai ci sono. Non posso
più andarmene. L
la guardò, un po’ perplesso. -
Se è questo ciò che vuoi, va bene –
disse – Ma sappi che da questo momento non potrai
più ritirarti, soprattutto dopo avermi fornito queste
informazioni. Sarò io a non lasciarti andare, nel caso in
cui tu voglia tirarti indietro. Sayuri
annuì. Sapeva che non c’era il pericolo che
ciò accadesse. Il motivo per cui lei si trovava in quella
stanza in quel momento andava ben oltre il suo senso di giustizia. Si
ricordò improvvisamente del giorno in cui l’aveva
incontrato per la prima volta, del suo sguardo che vagava nel
vuoto… rivolse il suo sguardo verso di lui, e lo vide
fragile e senza difese: cosa ci sarebbe stato, durante un eventuale
scontro, tra lui e suo padre? Niente. L non aveva un’arma, e
sicuramente non sarebbe mai riuscito a possederne una, in quel momento. In
quel momento aveva solo lei, e sarebbe stata lei a proteggerlo. Mantenne
un fermo sorriso mentre prendeva una tavoletta di cioccolato dalla
busta della spesa e la apriva. Si sentiva incredibilmente stanca, ma
era contenta di essere riuscita a dire tutto ad L. Sbadigliò,
cercando inutilmente di non farsi vedere da L. Doveva restare sveglia,
aveva assolutamente bisogno di ripassare matematica per il compito e
inoltre sarebbe stato abbastanza imbarazzante addormentarsi
lì. -
Sei stanca? – disse il ragazzo. Sayuri si bloccò,
mentre prendeva il libro dallo zaino. -
Oh, no! E poi, non posso dormire, devo studiare matematica. Non
ne aveva voglia, e sicuramente non sarebbe stata concentrata a dovere,
ma senza dubbio il professore non avrebbe mai accettato una scusa come:
“Non ho studiato perché dovevo aiutare un mio
amico a salvare il mondo da un pericoloso criminale, che altri non
è che mio padre” . Inoltre, prendere un brutto
voto in una materia in cui aveva sempre preso almeno la sufficienza
avrebbe insospettito suo padre, che avrebbe pensato, e non a torto, che
si stesse dedicando a tutt’altro. Sicuramente
le sarebbe sembrato tutto più leggero se ci fosse stato
qualcuno ad aiutarla… e aveva già
un’idea su chi sarebbe potuto essere il fortunato. L
le rivolse uno sguardo interrogativo, mentre lei lo osservava, come per
scrutarlo. -
Un momento… tu… insomma, hai l’aria di
uno che è bravo in matematica…
insomma… potresti darmi una mano? Per favore! Ti stai per caso rincitrullendo?
domandò la voce nella sua testa. Sayuri
si chiese cosa stesse facendo di sbagliato. Beh, stai cercando di
convincerlo facendogli gli occhi dolci, rispose la voce. Sayuri
ridacchiò all’idea. Sicuramente L stava pensando
che fosse impazzita. Tanto con lui non attacca,
pensò Sayuri. L
alzò gli occhi al cielo. – Va bene –
disse. Sayuri
lo guardò, stupita, poi tirò fuori il libro dallo
zaino. L si avvicinò a lei, tanto che quasi Sayuri poteva
sentire il calore del suo corpo, erano praticamente spalla contro
spalla…. Non pensarci, disse
Sayuri a sé stessa. La
ragazza aprì il libro alla pagina da cui avrebbe dovuto
iniziare. -
Ecco qui… vedi, è difficilissimo! –
disse, poi fece per girare la pagina. Si
bloccò. Anche L, come lei, aveva avuto l’idea di
passare alla pagina successiva, e mentre entrambi compivano lo stesso
gesto, le loro dita si sfiorarono. Sayuri
rimase immobile per qualche secondo, come se fosse stata gelata, senza
nemmeno respirare. Il suo cuore mancò un battito. E smettila,
pensò Sayuri, rivolta al suo corpo che sembrava reagire in
modo completamente sballato rispetto alla sua mente. Il
ragazzo non sembrò particolarmente turbato da ciò
che era appena successo, e Sayuri pensò bene di lasciare a
lui il compito di girare le pagine. L
cominciò la sua spiegazione, e Sayuri si rese conto che, in
qualche modo, era più coinvolgente di quella fornita dal
professore. È
perché si tratta di lui, non per altro, giusto? Forse
era così, forse era per la sua voce calma, forse
perché cercava sempre di guardarla negli occhi…. No, quello contribuisce soltanto
a distrarmi. Era
comunque evidente quanto L fosse competente in materia. Sicuramente
doveva essere intelligentissimo, in ogni caso. Aveva sfidato suo padre
e, alla fine, era riuscito a scoprire il suo crimine, sicuramente
doveva avere un cervello fuori dal comune. Dopo
la spiegazione, fecero assieme qualche esercizio, e Sayuri si rese
conto di aver capito più o meno tutto. Alla fine,
però, era stanchissima. -
Pausa! – disse, stiracchiandosi dopo aver terminato
l’ennesimo esercizio. Si abbandonò sul divano,
mentre L (che era sempre vicinissimo a lei) prendeva una busta di
caramelle. -
Se vuoi, c’è anche il tè, ne ho portato
un thermos, è nella borsa – disse la ragazza. Non
aveva assolutamente voglia di alzarsi per prenderlo, stava troppo
comoda su quel divano, e in più era incredibilmente
stanca… fece appena in tempo a vedere L saltare
giù dal divano per andare a prendere il thermos nella
borsa…. Sognava.
Era in una foresta, di notte. Davanti a sé vedeva ben poco,
solo alberi e rami. Stava spostando tutto ciò che trovava
davanti a sé, tentando di andare avanti, pur senza avere un
luogo preciso in cui andare. Poi,
vide due occhi brillare nel buio, e cominciò a correre verso
di essi. Man mano che si avvicinava, la luce aumentava, come se il sole
stesse sorgendo… Sayuri fissava la terra sotto i suoi piedi
mentre correva, poi alzò lo sguardo davanti a
sé…. Era
lui. Quegli occhi erano di L. Continuò
a correre verso di lui, e quando lo raggiunse lo abbracciò,
buttandogli le braccia al collo… lo strinse forte a
sé, non voleva lasciarlo andare per nessun motivo al
mondo…. -
Ti voglio bene… - mormorò. Rimase
lì, abbracciata a lui, per un tempo che sembrò
simile ad un’eternità…. Dopo
un po’, aprì gli occhi. Mise a fuoco
ciò che aveva davanti a lei, e si ritrovò a
fissare il soffitto. Un
momento… mi sono addormentata sul divano, dovrei avere il
televisore davanti a me…. Si
trovava adagiata su qualcosa di morbido, che evidentemente non era il
divano. Si tirò su seduta, e mise meglio a fuoco tutta la
situazione: aveva dormito sdraiata sul letto della stanza, nonostante
quando si era addormentata non si trovasse lì. Si
guardò attorno, e vide L seduto dall’altra parte
del letto, un lecca lecca in una mano e una tazza di tè
nell’altra, lo sguardo rivolto verso di lei. Istintivamente,
la ragazza pensò al sogno che aveva fatto. Oh no,
pensò, imbarazzata. In
quel momento pensò anche che, se lei si trovava in quel
letto, era perché qualcuno doveva avercela trasportata di
peso, e quel qualcuno non poteva essere stato altri che L. La
cosa peggiore era che, pur non essendo sonnambula, aveva
l’odiosa abitudine di replicare nella realtà tutti
i gesti che faceva nei sogni e le parole che diceva, ovviamente sempre
nei momenti meno opportuni. Improvvisamente,
una serie di immagini si materializzò nella sua mente: L che
la prendeva in braccio e la adagiava sul letto, per poi sedersi accanto
a lei e, magari, accarezzarle i capelli come aveva fatto poche ore
prima con la sua guancia. Particolarmente quest’ultimo
pensiero fece accelerare i battiti del suo cuore. -
Oh, no! – disse Sayuri, stavolta a voce alta. Sicuramente
l’idea non ti è dispiaciuta, vero? No,
a ben pensarci non le sarebbe dispiaciuto, ma a turbarla in quel
momento non era tanto il fatto che lei apprezzasse da parte di L
attenzioni di quel tipo, quanto il fatto che una parte delle sue
immagini mentali avesse avuto un corrispettivo reale. La
cosa che un po’ la rassicurava era il fatto che, con ogni
probabilità, mimando l’atto di abbracciare il
ragazzo si era ritrovata a stringere il vuoto e non lui, ma…
e se avesse sentito le sue parole? Sciocchezze.
E poi, che c’entra, sarebbero potute benissimo essere rivolte
a qualcun altro. -
Tutto bene? – domandò il ragazzo. Sayuri
si voltò nuovamente verso di lui. Per qualche ragione, gli
occhi del ragazzo trovavano sempre il modo di incontrare i suoi. -
Io… sì, sì!
Però… insomma… tu… ecco, tu
hai…. Che
razza di idiota. Sayuri
poté quasi vedere la piccola creatura che albergava nella
sua mente portarsi una mano alla fronte e scuotere la testa. L
annuì. -
E… per caso… ho detto qualcosa mentre dormivo? -
Niente di intelligibile. -
E ho… fatto qualcosa di strano, mentre dormivo? -
No, niente. Hai dormito, e basta. -
Bene, allora! – disse Sayuri, esibendo un sorriso nervoso.
Lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete
della stanza, e si rese conto che era piuttosto tardi. -
Io – disse, stiracchiandosi – credo che sia ora di
tornare a casa. Ho dormito troppo qui, mi sa! Si
alzò dal letto, prese la borsa e il thermos, ormai vuoto
– ma quanto tempo aveva dormito? – e
uscì dalla camera. Non
appena chiuse dietro di sé il portone d’ingresso
dell’albergo una sferzata di vento gelido la colpì. Almeno così ti svegli,
disse la vocina nella sua testa, e Sayuri sospettò che non
si stesse riferendo soltanto al fatto che si era appena addormentata in
quella camera d’albergo.
*
L
le aveva mentito, di nuovo. Per meglio dire, aveva omesso una parte di
verità, probabilmente quella che Sayuri non avrebbe mai
voluto sentire, a giudicare dalle sue reazioni dopo il risveglio. Lui
sapeva che c’era qualcosa di strano in tutta quella faccenda,
e non tutto stava andando come sperava. Anzitutto,
non che ritenesse la ragazza stupida, ma non credeva che sarebbe
riuscita a scoprire la verità così in fretta. In
secondo luogo, tutto il comportamento della ragazza in quella giornata
era stato incredibilmente fuori dal comune. Lei non solo aveva
considerato di poco conto il fatto che le avesse mentito, ma aveva
scelto di restare accanto a lui, nonostante fossero coinvolti i suoi
parenti più stretti. Per
il resto del tempo, si era comportata in modo più o meno
normale, a parte quando lui le aveva accarezzato la guancia. Era
l’unico modo che aveva per cercare di rassicurarla, capiva
perfettamente che sapere di avere un padre assassino non doveva essere
entusiasmante, e in questo senso lui non era mai stato bravo con le
parole. Allo
stesso modo, capiva come mai la ragazza si fosse addormentata:
probabilmente non aveva dormito per tutta la notte. Quello che non
riusciva a spiegarsi completamente era ciò che accadde
mentre lei dormiva. Lui
quasi non se n’era accorto: era intento a sorseggiare la sua
tazza di tè e, giusto per mantenere la mente allenata, a
risolvere qualche problema preso dal libro di Sayuri. Soltanto dopo un
po’ si era voltato e aveva notato che la ragazza stava
dormendo. Aveva un respiro lento e silenzioso, e la sua espressione
mostrava tranquillità. Ad un tratto, però, il suo
volto si era contratto in una smorfia. Forse sta scomoda, seduta
così, aveva pensato. Si
era alzato, e l’aveva presa in braccio per portarla nella
camera da letto. I suoi gesti furono cauti e delicati. Cercò
di limitare al minimo il contatto fisico, sia perché non
voleva svegliarla, sia perché non aveva mai amato
particolarmente la vicinanza fisica alle persone, ed era sicuro che
nemmeno Sayuri in quel caso ne sarebbe stata troppo contenta. Mentre
la sollevava, però, la ragazza aveva reagito in modo strano,
circondandogli il collo con le braccia. L pensò di averla
svegliata, e che lei si fosse aggrappata a lui per paura di cadere. Gli
bastò guardarla per capire che non era così, e
che lei stava ancora dormendo. Sentì,
mentre la trasportava, che Sayuri stava stringendo ancora di
più il suo collo; o, meglio, lo stava abbracciando: il modo
in cui aveva poggiato la testa sul suo petto era inequivocabile. La
bocca della ragazza si era incurvata in un sorriso sereno, e le sue
labbra si erano schiuse per pronunciare qualcosa che L non aveva capito. Il
ragazzo non poté negare di aver provato una sensazione
strana. Non era mai stato così tanto vicino, fisicamente
parlando, ad un’altra persona. Non
sapeva come reagire, e sicuramente restare fermo con Sayuri aggrappata
a lui non sarebbe servito a niente. Si avviò velocemente
verso la camera da letto, e, con suo grande sollievo, la ragazza
mollò la presa non appena la adagiò sul letto. La
ragazza continuava a sorridere nel sonno, mentre lui si era seduto
accanto a lei sul letto, e la osservava. Del resto, non aveva
nient’altro da fare. Tutta
quella faccenda era andata un po’ oltre rispetto a quanto si
aspettasse. Aveva sperato che la ragazza lo aiutasse fino alla fine
senza sapere esattamente a chi lui stesse dando la caccia. Ovviamente,
l’avrebbe allontanata, o le avrebbe assicurato un posto
sicuro in cui stare non appena avesse scoperto un modo per trovarsi
faccia a faccia con Light Yagami ed incastrarlo. Sayuri avrebbe
scoperto tutto solo successivamente, e lui avrebbe solo dovuto
spiegarle come stavano le cose. La
situazione, invece, era ora completamente diversa. Non solo lei sapeva,
ma era comunque disposta ad aiutarlo. Conscia del pericolo che stava
rischiando, non si era tirata indietro. Oggettivamente, non si trattava
di un comportamento intelligente, ma L sapeva che vi erano varie
ragioni per cui una persona si poteva comportare in modo stupido. Si
chiese che cosa effettivamente legasse quella ragazza addormentata al
suo fianco a lui. Non
gli era mai capitato di sentire il bisogno di domandarsi una cosa del
genere, dato che non c’era mai stata una persona che gliene
avesse data la possibilità. Era sempre stato circondato da
persone che lo ammiravano o lo temevano, ma nessuno aveva mai tentato
di stabilire un rapporto più stretto. L’unica
persona con cui aveva mai avuto un rapporto che andava oltre il timore
o l’ammirazione era Watari, per lui quasi come un padre.
Stavolta, si trattava di un legame completamente diverso. L
non aveva mai potuto dire di essere realmente amico di qualcuno,
ma forse in quel caso si trattava di qualcosa di simile. Sapeva
di non essere il tipico ragazzo che ispira amicizia, e il fatto che
nonostante ciò Sayuri gli fosse vicina non gli dispiaceva,
gli dava quasi un’idea di normalità. Lui
non era né sarebbe mai stato simile ai ragazzi che,
sicuramente, lei frequentava; anche eliminata la minaccia di Kira non
avrebbe mai potuto vivere nel suo mondo: come spesso si era limitato a
fare, l’avrebbe osservato attraverso Sayuri, attraverso il
suo modo di comportarsi, attraverso i suoi racconti. L
non poté che meravigliarsi quando la ragazza, svegliandosi,
gli aveva chiesto cosa avesse detto durante il sonno, per poi andarsene
in fretta e furia. Semplicemente, non era da lei. Per
la prima volta in tutta la sua vita e in tutta la sua carriera di
investigatore, L non aveva la minima idea di cosa passasse per la testa
di una persona.
*
Sayuri
chiuse la porta di casa dietro di sé. Sperò,
invano, di poter chiudere fuori anche tutto ciò che sentiva
dentro, le avrebbe fatto proprio comodo. Comportandoti
così, non stai facendo altro che del male a te stessa,
Sayuri. Non
poteva essere, semplicemente. Lei non si era mai tirata indietro di
fronte ai sentimenti, ma in quel caso la situazione era così
assurda…. Lei
era soltanto una ragazzina, la sua vita aveva sempre girato attorno
alla scuola, alle amicizie, a tante cose frivole; ora, dopo aver
conosciuto L, era entrata in contatto con un mondo quasi opposto al
suo. Sapeva perfettamente che accettare quei sentimenti avrebbe
praticamente voluto dire abbandonare tutto ciò a cui era
abituata precedentemente, poiché si trattava di due aspetti
della sua vita che non si sarebbero mai potuti conciliare. Come
se la tua vita non fosse già abbastanza stravolta. Non…
non sarebbe dovuta andare così! Sayuri
aveva sempre avuto un’idea chiara di come sarebbe stato il
suo futuro: si sarebbe sposata con un bravo ragazzo che
l’amasse, che possibilmente non avesse problemi economici e
che fosse piaciuto anche ai suoi genitori e alle sue amiche. Insieme
avrebbero avuto una vita tranquilla, magari anche uno o due bambini, e
il loro mondo sarebbe stato pieno di amore e felicità. Il
tutto per combinare assieme i suoi sogni romantici e la raccomandazione
dei genitori di trovarsi un buon partito. Probabilmente lui sarebbe
stato un figlio di un collega di suo padre, e si sarebbe trovato
benissimo in casa sua. Sayuri
vide improvvisamente tutto quel sogno dissolversi, per lasciar posto
alla realtà: L, i suoi capelli neri spettinati, i suoi occhi
che la scrutavano, e che avevano quell’effetto
così strano su di lei…. Basta,
pensò. Da quando in qua
t’importa del giudizio di tuo padre? disse la
solita vocina. Era
vero, in fondo: aveva avuto storie con ragazzi che, sicuramente, a suo
padre non sarebbero piaciuti proprio per niente. Storielle da nulla,
ribatté la ragazza. Quella
era una situazione molto diversa. Per quanto un ragazzo avesse mai
potuto attirarla, non lo aveva mai fatto in quel modo e con quegli
effetti. Le sue amiche più timide avevano sempre invidiato
la spigliatezza con cui si rivolgeva ai ragazzi: sempre sicura di
sé, sempre allegra, mai imbarazzata. Quella parte di
sé, evidentemente, davanti ad L veniva mandata alle ortiche. Quello
che provava, in un certo senso, era più importante di quello
che aveva provato per qualsiasi altro ragazzo, semplicemente
perché ciò che la teneva legata ad L aveva una
natura più forte di una semplice e pura attrazione fisica. Non
puoi più farci niente. Ormai è destino. Sayuri
mise a tacere quella voce, pur sapendo che prima o poi avrebbe dovuto
affrontarla, ed entrò in cucina. Vide Chika, da sola, che
stava tirando fuori qualcosa, probabilmente un piatto precotto, dal
frigo. Non appena vide la ragazza, si inchinò. -
Scusa, non… non aspettavo nessuno per stasera. Preparo
subito qualcos’altro. -
Non importa, uno di quelli andrà benissimo. Basta metterli
nel microonde, giusto? – rispose Sayuri. Chika
annuì. -
E poi – continuò Sayuri – ceniamo
assieme. È così deprimente mangiare da sole! Si
sedettero a tavola. Non appena cominciarono a mangiare, Chika
domandò: - Allora… l’hai rivisto?
È cambiato qualcosa? Sayuri
annuì, per poi scuotere la testa. – Non
è cambiato assolutamente niente, anzi, le sensazioni sono,
in qualche modo… peggiorate. -
Non parlare così – disse Chika, sorridendo
– non è una cosa brutta, quello che ti sta
succedendo. Dovresti essere felice, lo sei sempre stata in momenti del
genere. -
Questo è il punto, Chika – rispose Sayuri
– non c’è mai stato un
“momento del genere”! Insomma, ho già
provato qualcosa per altri ragazzi, ma non è mai stato
nemmeno lontanamente simile a questo… e lui…
è completamente diverso da qualunque ragazzo abbia mai
conosciuto! -
Ed è qualcosa che ti dà fastidio? Sayuri
scosse la testa. – No, ma non è questo il punto.
Insomma, tu mi vedresti più con uno che sia simile a me,
magari uno dei miei amici… e lui non è
così. -
Non puoi scegliere di chi innamorarti, Sayuri – disse Chika.
Sembrava la copia vivente della sua coscienza. E, tuttavia, Sayuri
dovette riconoscere che aveva ragione. -
Non fare così – continuò Chika,
vedendola ancora pensierosa – probabilmente lui
avrà già capito cosa provi. Non cercare di
reprimere i tuoi sentimenti. È un errore terribile da
commettere. Non prendertela con te stessa per ciò che senti,
e vedrai che andrà tutto bene. Continuarono
a mangiare in silenzio, finché ad un tratto Sayuri disse: -
Chika, sei mai stata nella mia situazione? La
ragazza davanti a lei annuì. -
Chi era lui? Ogni
modo per parlare d’altro che di lei e L era buono. Chika
sorrise leggermente. – Sai, prima di venire qui a lavorare
frequentavo la scuola superiore, come te. C’era un ragazzo,
un mio compagno di classe. Ero innamorata di lui, ma ero troppo timida
e non avevo il coraggio di dichiararmi. Purtroppo, ho dovuto
abbandonare la scuola prima che mi decidessi a fare qualcosa. Non
l’ho più visto, dall’ultimo giorno in
cui l’ho incontrato a scuola. È per questo che
dico a te di non lasciarti sfuggire quest’occasione. Sayuri
sorrise debolmente. – Mi dispiace per quello che ti
è successo… grazie… grazie per il
consiglio, comunque. Finirono
di mangiare, e Sayuri aiutò Chika a mettere a posto, poi
salì in camera sua. Si
sedette sul letto, e respirò profondamente. Chika aveva
ragione, in fondo. Sayuri stessa riconosceva che era perfettamente
inutile crucciarsi per ciò che provava, dato che farlo non
avrebbe giovato né a lei, né al suo rapporto con
L. Gli
hai promesso di restare con lui. Le tue parole potrebbero essere
tranquillamente prese per una dichiarazione d’amore. Sayuri
non mise a tacere quella voce, per una volta. Sei
d’accordo, non è vero? La
ragazza sospirò. Una parte di lei voleva seguire il
consiglio di Chika, l’altra voleva continuare ad ignorare i
suoi sentimenti. A quale avrebbe dovuto dare ragione? Non
puoi evitare di provare ciò che provi. Cosa
avrebbe dovuto fare? Anche
se dovessi reprimere tutto, non smetteresti comunque di pensare a lui. Era
tutto vero. Cercare di nascondere tutto non avrebbe contribuito a farla
stare meglio. In più, continuava a pensare a lui e, dopo
tutto ciò che era successo quella sera, il pensiero le
faceva venire le farfalle nello stomaco. Sei
innamorata di lui, è inutile che tu dica di no. Sayuri
ci pensò un attimo. Sapeva di essere ad un solo passo
dall’ammetterlo, ormai. In fondo, non poteva esserci altra
spiegazione. Lui le aveva toccato una guancia, e il suo stomaco aveva
fatto le capriole, le loro dita si erano sfiorate, e il suo cuore aveva
perso un battito, era stata per un attimo tra le sue braccia, e
arrossiva al solo ripensarci. Smettila
di fare la stupida. Fai come hai sempre fatto, anche stavolta. Non
farti tutti questi problemi, ed entra nel mondo dei sogni. Già,
perché lei l’aveva sempre chiamato
così. Il
mondo dei sogni. Quando sei innamorata, e ti sembra
improvvisamente che tutto il resto del mondo scompaia, non hai occhi
che per lui e ti senti leggera come una nuvola…. Sarebbe
bello, vero? La
prospettiva la allettava, in fondo. Perché no, se dopotutto
le cose non erano destinate a cambiare? Si
alzò dal letto, si mise in pigiama e si mise sotto le
coperte. Era decisamente più tranquilla, come se in qualche
modo la sua mente si stesse sciogliendo, assieme al nodo allo stomaco
che ormai persisteva da due giorni. Il
suo cuore era pronto. A dire il vero, lo era sempre stato, e forse
proprio per questo aveva cominciato a comportarsi in modo
così strano. La
sua mente, almeno fino a quel momento, non aveva fatto altro che dirle
quanto quei comportamenti fossero irrazionali, ma quando mai un
sentimento del genere è stato pienamente razionale? E cosa
le importava se suo padre non fosse stato d’accordo? Non si
stava forse già mettendo contro di lui, e in modo
addirittura peggiore, decidendo di aiutare L? Chiuse
gli occhi, e si addormentò quasi subito. Fu una notte senza
sogni, ma tuttavia quando si svegliò Sayuri
scoprì di star sorridendo. Era da qualche giorno che non lo
faceva, non sicuramente in quel modo. Si sentiva la testa leggera, come
se durante la notte qualcuno gliel’avesse svuotata. Scoprì
di non aver dormito meglio durante tutta quella settimana, si sentiva
perfettamente sveglia. Nonostante ciò, però le
sembrava di vivere in un mondo parallelo, come se ciò che
aveva attorno non fosse reale. Benvenuta nel mondo dei sogni,
disse la vocina nella sua mente, stavolta stranamente benevola. O era
soltanto lei che vedeva tutto sotto una luce più positiva? Si
fece la doccia e si vestì, scegliendo accuratamente gli
abiti da infilare in borsa per cambiarsi: non avrebbe fatto in tempo a
tornare a casa, e doveva essere più carina possibile quando
sarebbe andata da L. Scelse l’abito rosso che aveva comprato
assieme a lui, un paio di collant a righe colorate e gli stivaletti
neri. Per sicurezza, mise nella borsa la matita per gli occhi,
l’ombretto e il lucidalabbra. Era una cosa che non aveva mai
fatto, ma quello era un momento speciale, e naturalmente farsi vedere
al meglio le avrebbe dato una mano. Non
appena entrò in cucina, vide un grande pacco sul tavolo. -
Che cos’è? – domandò a Chika,
che stava spolverando. -
L’ha portato il postino poco fa. Credo che siano i tuoi
cioccolati. Il
sorriso di Sayuri si allargò ulteriormente. Allora
credo proprio che tornerò un attimo a casa a prendere un
po’ del contenuto del pacco. L sarà contento. -
Sembri molto più serena rispetto a ieri sera…
oggi devi rivederlo? – disse Chika. Sayuri
sapeva perfettamente a chi si stava riferendo, e annuì. -
Buona fortuna, allora – disse la giovane domestica. -
Grazie – rispose Sayuri, uscendo di casa. Quando
arrivò a scuola vide Kaori che, nervosa, camminava avanti e
indietro per la classe. Sayuri non aveva dimenticato il compito di
matematica di quella mattina ma, forse perché L le aveva
praticamente fatto ripetizioni, forse perché si sentiva
completamente immune da qualsiasi sentimento negativo, non ci stava
dando particolarmente peso. -
Come fai ad essere così tranquilla! –
esclamò l’amica appena la vide. Sayuri
avrebbe voluto dirle tutto, ma aveva la strana sensazione che in quel
momento sarebbe stato come parlare al muro. Si limitò a
sorridere, e rispose: - Non lo so, a dire il vero…. Si
sedette, e aspettò l’arrivo del professore,
sorbendosi nel frattempo una Kaori preoccupatissima riguardo a quanto
poco avesse studiato matematica negli ultimi tempi. -
… poi, ecco, forse ieri avrei fatto meglio ad aprire un
po’ il libro invece di farmi la manicure! E lo shopping
avrebbe potuto attendere! Maledizione! La
ragazza si placò solo dopo l’arrivo del professore
in aula, per dirigersi con aria disperata al suo posto. Anche
mentre il docente distribuiva i fogli del compito, Sayuri mantenne
un’espressione perfettamente tranquilla, mentre Kaori aveva
tutta l’aria di star pregando il primo dio di passaggio
affinché le desse una mano. Sayuri
osservò la funzione davanti a sé, ed
improvvisamente sentì la voce di L che le spiegava tutto
risuonare nella mente: ora le bastava soltanto seguire passo passo le
istruzioni. Continuò a sorridere, mentre posava la punta
della penna sul foglio e cominciava a scrivere. Sicuramente i suoi
compagni avevano pensato che fosse impazzita, nessuno aveva mai sorriso
in quel modo durante un compito in classe, ma nessuno di loro avrebbe
mai potuto capire cosa stesse provando in quel momento: il solo sentir
risuonare nella sua mente la voce di L, il solo avere
l’impressione che quel suono fosse replicato nelle sue
orecchie la rendeva in qualche modo felice, come se lui fosse vicino a
lei in quel momento per aiutarla. -
Sayuri? Kaori
stava bisbigliando nella sua direzione, cercando di evitare di farsi
notare dal professore. -
Come cavolo faccio a trovare quel dannatissimo asintoto obliquo? La
risposta era abbastanza semplice, e Sayuri scrisse la formula su un
foglietto, che poi passò all’amica. -
Ti adoro! – sussurrò Kaori, facendo il gesto del
pollice in alto. Dopo
due ore, il professore ritirò tutti i fogli. Sayuri,
che per una volta era perfettamente sicura dell’esattezza del
suo compito, si abbandonò sul banco, la testa poggiata sulle
braccia conserte. -
Ancora quel sorrisetto sul volto? Guarda che così non mi fai
mica sentire meglio! – esclamò Kaori, che si era
piantata davanti al suo banco. -
Com’è andata? – domandò
Sayuri. -
Secondo te? Uno schifo… almeno sono riuscita a trovare
l’asintoto obliquo, però! E a te? -
Io? Tutto bene, almeno credo! Kaori
la guardò. – Tu non me la racconti
giusta…. -
Cosa te lo fa pensare? – disse Sayuri. Di solito parole del
genere l’avrebbero un po’ irritata, ma in quel
momento lei si sentiva troppo leggera perché qualcosa le
desse fastidio, e inoltre c’era ben poco da nascondere, a
dire il vero. -
Fammi indovinare… Ryuzaki è un genio in
matematica, e ti ha spiegato tutto per bene! Ho indovinato? Se
Kaori avesse usato il suo intuito per scopi più costruttivi,
probabilmente i suoi voti scolastici sarebbero stati molto
più alti. -
Sì… ed è anche un bravo insegnante,
sai? -
Davvero? Bene, se per caso vi mettete assieme potrebbe dare una mano
anche a me e alle altre! Sayuri
continuò a sorridere, forse in un modo che poteva essere
definito stupido. Certo, l’idea di stare con lui non le
dispiaceva, ma non era sicura che lui avrebbe accettato di spiegare
matematica anche alle sue amiche. -
Hmm – fece Kaori di fronte al silenzio dell’amica
– non mi hai detto di stare zitta né sei
rabbrividita all’idea di te assieme a Ryuzaki…
c’è forse sotto qualcosa? C’è
per caso qualcosa che non so? -
Più o meno – rispose Sayuri. -
Sei definitivamente innamorata di lui. Giusto? Sayuri
sospirò, e annuì. Non ci sarebbe stato nulla di
male nel svelarglielo, vero? Era la sua migliore amica, e le migliori
amiche hanno il diritto di sapere certe cose…. Kaori,
per tutta risposta, la abbracciò con energia, cogliendola di
sorpresa. -
Era ora! Finalmente te ne sei resa conto! Bisogna festeggiare! -
Ma io… non credo che…. -
Niente storie! Oggi, in mensa, una fetta di dolce in più per
tutte! -
Va bene… - disse Sayuri. Il
resto della giornata, fetta di dolce in più (anche se Sayuri
trovò spazio nel suo stomaco per una terza fetta) compresa,
passò così in fretta che Sayuri sembrò
non accorgersene. Tornò
a casa più in fretta che poté, e corse in camera
a cambiarsi. Poi si fiondò in cucina, e aprì la
scatola dei dolci. Dentro
c’erano un sacco di leccornie, prevalentemente al cioccolato:
oltre a due vasetti di crema da spalmare, vi era una scatola di
cioccolatini incartati in carta dorata, varie confezioni di quelli che
sembravano dei tronchetti ricoperti di cioccolato, due confezioni di
merendine dall’aria piuttosto invitante e, avvolte nella
carta in modo da non rompersi, delle uova di cioccolato. Sayuri
prese un po’ di tutto, e mentre si apprestava a chiudere la
borsa e la scatola, suo padre entrò in cucina. Sayuri quasi
sobbalzò. È
tuo padre. In teoria, non dovresti avere alcun motivo per spaventarti,
perciò stai calma. -
Ciao, papà – disse. -
Scusa se ti ho spaventata, non volevo. -
Ma no, figurati! Piuttosto, che ci fai in casa? -
A dire il vero, sono appena tornato. Il martedì pomeriggio
sono sempre libero, te ne sei scordata? -
Oh, scusa, è vero. Gli
occhi di Light Yagami scrutarono prima il volto di Sayuri, lanciarono
un’occhiata alla borsa della ragazza e, infine, si
soffermarono sulla scatola lì accanto. -
Cioccolato, giusto? – domandò. Sayuri
annuì. -
Hai gusto per i dolci. Mi ricordi qualcuno. Lo
sguardo di Light si fece improvvisamente gelido, e Sayuri
cominciò ad avere veramente paura. Infatti, entrambi
sapevano benissimo a chi suo padre si stesse riferendo. Mantieni
il controllo. È ciò che lui vuole, scoprire se
stai combinando qualcosa di losco. -
Oh, chi? – domandò la ragazza, fingendosi
entusiasta. -
Un mio vecchio amico – rispose l’uomo. -
E… che fine ha fatto? – continuò la
ragazza, che avrebbe cercato di troncare quella conversazione prima
possibile. Il
volto di Light si contrasse in una smorfia. – Morto,
purtroppo. Più di vent’anni fa. -
Oh… mi dispiace – disse Sayuri, cercando di
suonare più convincente possibile. -
Ora devo andare, comunque. Devo far assaggiare questi dolci a Kaori,
sicuramente ne sarà felicissima. Chiuse
in fretta la borsa, e corse fuori. L’aria fredda la
aiutò a liberarsi dalla tensione accumulata durante quella
discussione, e il pensiero di andare da L la fece tornare di buonumore.
Non vedeva l’ora di rivederlo.
Scusatemi per il ritardo T___T
purtroppo tra università e congiunzioni astrali varie il
tempo per scrivere si è ridotto drasticamente T___T un
grazie enorme a chi sta seguendo questa fanfic, la vostra pazienza
è incredibile! Spero comunque che questo capitolo vi sia
piaciuto!
|