Per
farmi
perdonare l’assenza berlinese, un capitolo bello farcito.
Al, Thomas, Michel. La triade eye-candy. Enjoy. ;)
Ringrazio
TOTALMENTE chi continua a seguirmi e mi recensisce.
Siete la mia forza
(*Dira usa un tono strappalacrime con tanto di violini*)
Apparte
questo (*espressione paracula mode on*) chi mi segue o mi
‘preferisce’ batte un
colpettino?
@MissMary: Avevi
indovinato, ebbene sì! Beh,
certo Tom è intelligente, ma devi ammettere che noi siamo a
conoscenza di più
informazioni di un sedicenne dentro
la storia. ;) E’ questa la mia politica: voi sapete, loro no.
XD Purtroppo in
questo capitolo non ci saranno Teddy e Jamie, ma ti prometto che ti
piacerà
comunque. Tempo di rivelazioni! La prof e Mister X stanno diventando
dei veri e
propri nemici. XD Mi piace! Grazie per le tue recensioni!
@Altovoltaggio: Sono
riuscita addittura a
convertirti un po’ allo slash! Evviva! In realtà
cerco di fare lo slash in modo
che sembri il più possibile attinente alla
realtà. Mi fa piacere che tu ti sia
innamorata dei nostri due puccini. Dopotutto Tom/Al è la
classica dicotomia
bello&tenebroso/puccinoadorabile. Impossibile
resistergli! XD
@Pietro90:
Chi si rivede! XD Ciao Pietro! Spero che
Catilina non ti abbia dato troppi grattacapi, a me ha dato
nausea e capogiri. ;P Ti prego, non mandarmi più eserciti di
Naga, sono
ESTREMAMENTE difficili da convincere a sloggiarsi da casa. XD E tu, che
mi dici
di Oblivion? A quando un
aggiornamento? Grazie per continuare a seguirmi, e per la recensione!
@Trixina: Ammetto che
tra me e Voldemort è
una bella sfida, ma spero con questo capitolone di essermi fatta
ampiamente
perdonare. Rose/Sy sono esilaranti. Mi diverto sempre tantissimo a
scrivere di
quei due. Poi i nomignoli sono la parte più divertente (e
vedrai prossimamente,
come si divertirà Sy).
@Ombra: Ebbene
sì, Rose è una Weasley coi
fiocchi. Del resto si dice sempre che la figlia femmina prenda dal
padre. E
infatti, dietro il cervello operativo, ci sta una Ron in gonnella! XD
Tom è un
coglione, perdonalo. ;P Per quanto riguarda il pooovero James dovrai
aspettare
il prossimo capitolo, ma non verrai delusa!
@Hel_
Selbstmord: Grazie per i
complimenti sulla
Rose/Sy! Avevo paura di averla fatta troppo affrettata (sì,
se non fosse per
voi la tirerei ANCORA più per le lunghe) ma se è
piaciuta, forse allora gli
sforzi ne sono valsi la pena. Se ti ho corrotta sulla via rosata dello
slash mi
riterrò personalmente soddisfatta. XD E non preoccuparti per
la lunghezza delle
tue recensioni. LE ADORO.
@Nyappy:
Grazie mille! Addirittura magnetici! Sei grande! Continua a seguirmi!
Ci
saranno altri siparietti Lily/Hugo. ;)
****
Capitolo
XVII
Blurring and stirring the truth and the lies
So
I don't know what's real and what's not
Always
confusing the thoughts in my head
So
I can't trust myself anymore
(Evanescente,
Going Under)
Quando
Tom riprese conoscenza si rese immediatamente conto che qualcosa non
andava.
Un
vento
gelido gli schiaffeggiava il viso, e si trovava...
In strada.
Si alzò a sedere, mentre lentamente gli occhi si abituavano
alla penombra.
Da
lontano una luce gli permise di individuare dove si trovasse.
In un vicolo. All’aperto.
Si alzò in piedi, appoggiandosi al muro.
Dove diavolo mi trovo?
Dalla pietra grigia, l’asfalto scadente, era chiaro
si trovasse lontano da
qualsiasi moderno centro abitato.
Di
sicuro, non si trovava ad Hogwarts.
Doveva
fare il punto della situazione.
Aveva
aperto il medaglione. Ed era stato letteralmente catapultato
lì.
Dovunque sia qui.
Era
una
passaporta. Chiaro come il sole: aprendo il medaglione doveva averla
attivata.
Sicuramente
era magia avanzata. E lui ci era finito in mezzo.
Si
guardò
attorno.
Se non altro,
dallo stile delle
case, credo di essere ancora in Inghilterra.
Inspirò
lentamente.
Ragiona. Sei
stato portato qui con
magia avanzata, ma pur sempre magia. E hai ancora la bacchetta.
Avrebbe
dovuto davvero ringraziare Harry, per ricordargli continuamente che la
bacchetta non era altro che il prolungamento naturale del braccio di un
mago.
Una
folata di vento gelido, che ghiacciava le ossa, lo fece rabbrividire.
Aveva
solo il maglione. Niente mantello.
Certo non
credevo che aprire quel
dannato medaglione avrebbe portato a questo.
…
Il medaglione…
Si
frugò nelle
tasche dei pantaloni, senza trovarlo. Si tastò il petto.
Era
sparito.
“Lumos.”
Perlustrò attentamente la
pavimentazione del vicolo, a lungo.
È
sparito.
E se
è una passaporta, è l’unica
cosa che può riportarmi ad Hogwarts.
…
Era.
Si
impose
di non farsi prendere dal panico, ma non poté impedirsi un
lungo brivido gelido
che gli attanagliò la nuca.
Niente
panico. Cerca di capire
dove sei. Esci da questo vicolo, orientati.
Il paesaggio
che
gli si aprì non appena affacciatosi fu quanto di
più desolante potesse
aspettarsi.
Era
atterrato in quello che sembrava, a conti fatti, un triste e sperduto
villaggio
dell’entroterra inglese.
Ottery St.
Catchpole in confronto
è una metropoli…
Era
poco
più che una manciata di casupole in muratura, rese grigie
dalle intemperie e
dal clima.
Non
riusciva neppure a capire che ora fosse. Una spessa e densa coltre di
nubi
oscurava il sole.
Mosse
qualche passo per la via principale, deserta.
Si
guardò
attorno. La città era immersa in un silenzio innaturale.
Innaturale perché non
poteva essere che, al massimo, poco prima di cena.
Una
città fantasma?
Eppure le
insegne
dei negozi sembravano relativamente nuove, le vetrine ben tenute.
Semplicemente,
mancavano le persone.
Senza
rendersene conto, si trovò a impugnare la bacchetta.
Percorse
la via principale senza trovare anima viva. Non c’era una
sola finestra
illuminata.
Poi,
la
vide. Difficile non notarla, dato che gli si stagliò
davanti. In cima ad una
ripida collina, a poche centinaia di metri dalla fine del villaggio,
c’era una
villa.
Due
piani, con il tetto di ardesia, mangiato da erbacce e quella che un
tempo
doveva essere stata edera rigogliosa, ora piuttosto un agglomerato
vegetale
semi-morente .
Lì,
una
sola luce, era accesa.
L’intero
paese era al buio, deserto, ma in quella villa doveva esserci qualcuno.
Qualcuno
che voleva segnalargli la sua presenza? Forse.
Comunque
qualcuno. Qualcuno a cui fare delle
domande, da cui farsi aiutare.
Strinse
la bacchetta in pugno.
Non so
smaterializzarmi. Ho perso
la passaporta. E nessuno sa che sono qui.
Non
aveva
altra scelta. Doveva raggiungere quella casa.
Lasciò
la
strada lastricata di pietra umida del villaggio, per affondare le
scarpe nella
fanghiglia del sentiero che si snodava lungo la collina.
Il
freddo
era umido, pungente, e Thomas ringraziò la sua resistenza
alle basse
temperature. Arrivò al cancello della villa.
Provò a spingerlo. Cedette senza
opporre resistenza.
Mi stanno
aspettando?
La
cosa
lo spaventava, ma al tempo stesso lo…
Deglutì.
Lo
eccitava.
C’era
qualcosa che gli contraeva le viscere, facendogli desiderare sapere
cosa stesse
succedendo.
Che
ormai
era ovvio che tutto quello, i naga, il medaglione, la sciarada, fossero
parte
di uno stesso piano. Che fosse stato tutto organizzato dalla stessa
mano.
Inspiro una boccata d’aria gelida mentre raggiungeva il
portone, in pesante
quercia. La luce al primo piano della villetta era rimasta accesa,
senza
vacillare, per tutto il tempo.
Esitò.
E se fosse una trappola? Dopotutto non
posso essere certo che non lo sia.
Quel naga
voleva uccidermi. Come
posso essere certo che chi è qua dentro non voglia fare lo
stesso?
Non
lo
sapeva, ovviamente.
Ma del resto,
ho scelta? Non so
dove mi trovo, e non ho modo per mettermi in contatto con nessuno,
neppure zio
Harry.
Eppure
c’era una parte di sé che sapeva, in modo
irrazionale ma sicuro, che non gli sarebbe
stato fatto del male.
Fece
per
bussare al portone ma la porta si aprì, cedendo come aveva
fatto il cancello.
Entrò
in
un ingresso buio. L’odore di muffa e umidità non
era poi molto dissimile da
quello all’esterno, ma almeno la casa era riscaldata.
La luce
è al primo piano. Devo
salire al primo piano.
Strinse
saldamente la bacchetta in pugno, salendo le scale che scricchiolavano
sotto il
suo peso. Era una vecchia casa appartenuta probabilmente
all’unica famiglia
ricca della zona.
Proprietari
terrieri…
Erano
pensieri inutili, ma lo aiutavano a non cedere alla paura.
Arrivato
al primo piano vide la luce filtrare da una stanza. La porta a due
ante, in
mogano, la identificava presumibilmente come una sala da pranzo.
Non
c’è niente di cui aver paura.
Sei armato.
Inspirò
e
afferrò la maniglia della porta, aprendola di scatto.
La luce improvvisa lo abbacinò. Distolse lo sguardo
brevemente, ma con i sensi
tesi per non lasciarsi cogliere di sorpresa.
Per
schiantarmi devi prima
pronunciare l’incantesimo. Chiunque tu sia.
“Benvenuto
Tom.”
Disse invece la voce. Thomas alzò lo sguardo, e
sentì il sangue fermarglisi
nelle vene, quando riconobbe chi gli stava davanti.
Sarebbe
bastato uno specchio, del resto.
Era
di
fronte a se stesso.
****
Spogliatoi Di
Quidditch.
Tardo pomeriggio.
“Io
lo
uccido.” Stimò con incredibile lucidità
mentale Albus Severus Potter, mentre si
disfaceva della divisa da Quidditch, reduce da un lungo e lurido
allenamento.
Michel
Zabini
si limitò ad inarcare le sopracciglia, mentre si abbottonava
la camicia pulita,
fresco di doccia.
“Fammi indovinare…” Iniziò.
Fu fermato dall’aria mortifera dell’altro ragazzo.
“Evita il sarcasmo.” Sbottò Al.
“Io e lui
siamo di ronda assieme stasera, ed è da poco dopo
pranzo che non lo vedo.”
“Cercasi
Tom Dursley disperatamente…” Chiosò con
un sogghignetto Michel. “Comunque, io
non so dove sia.”
“Bene.
Grazie mille.” Si scollò dal palato, prima di
liberarsi degli ultimi indumenti
e infilarsi sotto il benefico getto delle docce.
Michel lo guardò andare via.
“Nervosetto…” Commentò.
“Prima mi ha quasi disarcionato, quando ho tentato di
prendere il boccino prima
di lui.” Lo informò il sostituto-cercatore, un
ragazzo del terzo anno con un
grave problema di acne. “È pazzo quello
lì.”
“Oh,
no
Lawson. Sono solo tensioni sessuali irrisolte. Non lo trovi
delizioso?” Sorrise
il moro, beandosi dello sguardo agghiacciato dell’altro.
“Ti consiglio di non
entrare nelle docce, adesso. Sai,
devo calmarlo…” Soffiò lentamente,
facendolo impallidire del tutto.
Trovo
Albus
che si insaponava furiosamente i capelli.
“Al,
i
capelli si lavano gentilmente, non si strappano.
Rischi di diventare pelato, e questo mi affliggerebbe
moltissimo…”
Al gli scoccò un’occhiataccia. “A te non
hanno mai detto che a volte farsi gli
affari propri è cosa buona e giusta?”
Michel
scosse la testa, con un sorriso lieve.
“L’hanno fatto, ma non ha mai funzionato.”
“Ci avrei scommesso…”
Commentò acido.
Al,
così ingenuo e trasparente…
Adesso si
accorgerà di essere
stato troppo brusco, e si scuserà.
“Mike.
Non è aria, mi dispiace.” Disse infatti, uscendo
dalla doccia e avvolgendosi un
asciugamano attorno alla vita. “Davvero.”
“Lo so. Ma credo che tu abbia bisogno di parlare.”
Lo informò pacatamente.
“Lo sai,
è Tom.”
“Si è allontanato.” Annuì
Michel. “Ha qualcosa per la mente…”
“Già. Ma cosa? Maledizione, non lo dice! Ed
io…”
“Ti fa stare male.”
“Esatto!” Si sedette su una delle panche, vinto.
“A lezione è assente ed è
più
scorbutico del solito. E sembra che ce l’abbia con
me… ma non so perché!”
Michel emise un lungo sospiro. Era uno Zabini, e si era sempre
considerato super partes. I suoi
interessi, prima di
tutto.
Ma
c’era
qualcosa in Albus che lo spingeva ad essere…. altruista.
Gene Potter.
Suo padre è riuscito
a convincere il mondo magico a ribellarsi a Voldemort.
Chissà
che non sia contagioso,
tirare fuori il meglio dalle persone.
E farle
sentire in colpa, se vanno
a letto con suo fratello maggiore…
“Al,
siamo serpeverde.” Gli mise una mano sulla spalla. La
sentì contratta.
“Attestiamo un torto fattoci, senza divulgarlo al diretto
interessato.”
“Oh,
giusto. Portiamo rancore in silenzio…”
Ironizzò. Poi gli lanciò una lunga occhiata
valutativa. “Che intendi dire veramente,
Michel? Fai l’amico, per una
volta.”
Michel rifletté. Giocare era divertente, ma forse, in quel
caso, doveva
semplicemente dare la sua versione dei fatti.
“Vuoi
la
verità su te e Thomas?”
Al si corrucciò.
La
verità? Di che diavolo…?
“Sono
tutto orecchi.”
Il
ragazzo sospirò. “Tom ti evita perché
si è scoperto attratto da te.”
Silenzio.
Al emise una risatina strozzata.
“Finiscila. Ti ho chiesto la verità.”
“Ed io te l’ho data, Albus.”
C’era qualcosa di profondamente ironico in tutto
quello. Sia nella faccia sconvolta dell’amico, sia nel fatto
che fosse lui a
metterlo a parte dell’intera faccenda.
Lui,
che
a dirla tutta, invidiava Dursley per avere un simile fiore da far
sbocciare tra
le mani, e che se lo lasciava sfuggire per ridicole fisime mentali.
Al
boccheggiò. Sentiva le orecchie arroventarsi, e il cuore in
gola.
Panico.
Zabini
poteva essere un ridanciano figlio di buona donna, ma quando parlava
sul serio…
…
Era un
oracolo.
“Chi…
come… lo sai?” Sussurrò.
Michel scosse la testa. “Thomas non è mai stato
interessato alle ragazze. Non
ne ha mai guardata una. Ma guarda te.”
“Tom
è
gay?”
“Molto probabilmente.” Confermò Michel
impietoso. Lì ci voleva polso.
E anche un
pizzico di crudeltà. E
in questo, permettetemi, sono un maestro.
Al
inspirò.
Avrebbe
dovuto andarsene, non credergli, infuriarsi ma… si fidava.
Non era un bugiardo
come Loki. Dissimulava la verità, ma la diceva. Sempre.
“Ne
sei
sicuro?” Chiese a bassa voce. Gli spogliatoi erano vuoti, ma
un certo grado di
riserbo in ambienti comuni era sempre dovuto.
“No.
Ovviamente non ne ho la certezza. Ma certe cose si sentono.”
“Perché
non me l’hai mai detto?”
“Mi avresti creduto?” Michel scosse la testa.
“No, non l’avresti fatto. Ma
adesso? Mi pare ovvio che Thomas abbia un problema verso di te. Non so
se sia
l’unico, ma è il principale.”
Al
esitò
appena, poi lo disse. O meglio, lo chiese.
“Ed io?”
Michel inarcò le sopracciglia. “Tu cosa?”
“Io… cosa sono?” Aggrottò le
sopracciglia. “Hai detto di avere un sesto
senso nel capire l’orientamento
altrui. Bene. Il mio?”
“Se non lo sai tu…”
“No, non lo so.” Ammise. “Sono confuso,
non ci sto capendo niente.”
Zabini sospirò, lanciando uno sguardo all’aria
speranzosa dell’amico. Giocare
con la sua confusione sarebbe stato fin troppo facile.
Con Re Potter
posso farlo. Ma non
con te, Al.
… È grave, dottore?
“C’è
una
sola domanda da fare in questo caso. Cosa
ti piace?” Fermò il giovane Potter prima che
potesse rispondere. “Lo sai da
solo.”
“Io non…”
“Al, lo sai. Fidati.” Gli sorrise. “Devi
solo darti tempo. Non posso dirtelo
io. Potrei fuorviarti… Anche se non sai quanto mi
piacerebbe.” Scherzò,
arruffandogli i capelli umidi. Al sbuffò, aggiustandoseli
senza molto successo.
Poi
però
sorrise. “Grazie Mike. Sei un amico.”
Sospirò,
sorridendogli di rimando.
“Non
c’è
di che.”
È
decisamente grave dottore.
****
Un
altro
se stesso.
Di
tutto
ciò che si aspettava….
L’altro sé gli
sorrise apertamente.
Niente a che vedere con la sua espressione. Questo lo spinse a
recuperare
controllo.
“Chi diavolo sei?”
“Di sicuro non te.” Rise quello, facendogli cenno
di sedersi sulla sedia di
fronte a lui. “Avanti, siediti.”
“No.” Tom gli puntò addosso la
bacchetta. “Chi sei?”
“Ha importanza? O meglio, è questo che ti
interessa davvero?” Scosse la testa.
“Sai, non credo.”
Lo
guardò
attentamente: sì, non c’era dubbio che si
somigliassero. Ma l’espressione degli
occhi, il modo in cui si esprimeva… erano diversi.
Si
è camuffato. Polisucco?
“Non
sai
cosa mi interessa.” Ribatté continuando a tenerlo
sotto tiro. “Perché sono
qui?”
L’altro sé sorrise allegro. “Ah! Questa
è una buona domanda finalmente.”
Tom
corrugò
le sopracciglia. Si stava forse prendendo gioco di lui?
“Hai
intenzione di rispondermi?”
“Dipende.
Sono qui proprio per darti delle risposte. Però dobbiamo
metterci a nostro
agio, non credi?” Fece un cenno verso il camino, in cui
scoppiettavano ceppi
ardenti. “C’è il fuoco acceso. Ho fatto
fare del the. Ne vuoi?”
Tom serrò le labbra. La presa sul manico della sua bacchetta
stava diventando
dolorosa.
Era
stanco, confuso, infreddolito. Voleva delle risposte. Voleva tornare ad
Hogwarts.
Voleva
sapere chi diavolo fosse quel tipo, e cosa volesse da lui.
Voglio.
Voglio, ma non posso
avere.
L’altro
sé sospirò. “Non andiamo da nessuna
parte così, vero? Vuoi che prenda un
aspetto che ti metta meno a disagio? Era solo uno scherzo,
sai.”
“Uno… scherzo?”
“Non penserai che sia davvero
questo il
mio aspetto?” Rise. “Via, Thomas, ti facevo
più intelligente di così!”
“Non
costringermi a mostrarti fino a che punto posso esserlo.”
Sibilò di rimando.
L’altro ghignò leggermente. La somiglianza lo rese
nervoso.
Sono
così inquietante quando
sorrido?
“Vuoi
attaccarmi?
Non so quanto ti convenga. Avanti, ragazzo mio. Usa il cervello. Siamo
soli, ma
potremo non esserlo. E tu sei un ragazzo.”
“Tu non lo sei?” Interloquì
immediatamente.
Vuoi giocare?
Non sai quanto posso
essere bravo.
L’altro
sé prese un’espressione sorpresa, prima di ridere.
Sembrava divertito.
“Oh, molto acuto Tom, molto acuto.”
“Thomas.”
Replicò. Si guardò attorno:
la stanza era spoglia. Il camino acceso, le due poltrone, un tavolino
con un
servizio da the di poco valore. Nient’altro.
Non
è una casa abitata questa. È
stata sistemata provvisoriamente.
L’altro
ragazzo, se tale era, scrollò le spalle. “Thomas.
Come vuoi. Non sono qui per
litigare, sono qui per parlare. Non ti sono nemico, credimi.”
“Allora inizia col mostrarmi il tuo vero aspetto.”
Commentò, premurandosi di
tenere sempre la bacchetta di fronte a sé. Mosse un solo
passo verso la
poltrona. L’altro non reagì, aspettando che
finisse di parlare. “Non ti
aspetterai che ti creda, mentre indossi la mia
faccia…”
“Touchè.” Ammise.
“Va bene, basta
scherzare.”
Fu un
attimo. Fu come se una colata di magia pura fuoriuscisse dai pori della
pelle
dell’altro. Si tramutò in un ragazzo biondo,
dall’aria florida e profondi occhi
blu.
Indossava
ancora la divisa dei serpeverde, ma la riempiva completamente, tendendo
il
maglione in più punti. Era presumibilmente più
alto e in carne di lui.
Tom
non
commentò, limitandosi a fare una smorfia. “Non
penserai che ti creda un mio
coetaneo…”
“Perché no? Ti faccio forse pensare il
contrario?”
“Nessun ragazzo della mia età chiama un altro ragazzo mio.”
Il
biondo
batté le palpebre, salvo ridere. “Sei in gamba,
Thomas. La tua fama non viene
smentita dai fatti.”
“Chi sei?”
“Non lo vedi? Uno studente.” Motteggiò.
“Avanti, avanti. Tu vuoi chiedermi
altro. Ed io non posso rispondere a tutto. Panta
rei, come dicevano i greci. Il tempo scorre. Cosa
succederebbe se si
accorgessero della tua scomparsa da Hogwarts?”
Tom
gli
lanciò un’occhiata. “Sei tu ad aver
organizzato tutto questo?”
“Cosa, precisamente?” Fece un gesto vago.
“Metti via quella bacchetta,
coraggio. Non voglio farti del male.”
“Cosa ti fa credere che io non voglia farne a te?”
Rimbeccò, sentendosi
scrutare attentamente.
Quel tipo aveva una postura rilassata, l’aria amichevole. Ma
c’era qualcosa di
complessivamente… storto,
nella sua
faccia. Non avrebbe saputo dire cosa. Ma c’era.
Non
è la polisucco. La polisucco
termina i suoi effetti indipendentemente dalla volontà di
chi la assume. Un
metamorfomago? Può essere. Ma ho visto trasformare Ted. E lo
fa in modo
diverso.
“Ti
stai
chiedendo cosa sia, vero?” Allargò le braccia.
“Un mago. Al momento, con le
risposte che ti servono. Vuoi deciderti a farmi le tue
domande?”
Tom serrò le labbra. Poi rinfoderò la bacchetta,
sotto il sorriso dell’altro.
“Sei stato tu a portarmi qui?” Chiese.
“No, naturalmente. È stato il
medaglione.”
“Era una passaporta.”
L’altro annuì. “Proprio così.
Aprendola sei stato portato qui.”
“Qui dove?”
“Little Hangleton.”
Il breve botta e risposta lo lasciò più confuso
di prima. Si sentiva così… stanco.
Si
impose
di non lasciarsi vincere dal freddo e dal disagio.
“I Naga… li hai liberati tu ad Hogwarts?”
“Dovevano trovarti e sanno essere molto convincenti, non
è vero?”
“Uno di loro mi ha quasi ammazzato.”
Sibilò sentendo la collera montare, al
ricordo del terrore, della rabbia
e
delle ferite che ancora gli dolevano.
Il
ragazzo sbuffò. “Andiamo. Non mi sembra sia
successo. Anzi, sei stato tu ad
uccidere lui.”
“È stato Grop.” Ribatté
monocorde: almeno, così era stato accertato.
Certo…
tu però l’hai fatto urlare
di dolore, di un dolore tale che ti ha mollato e si è fatto
ammazzare come una
bambola di pezza dal gigante.
“Più
o
meno…” Concesse il ragazzo misterioso.
Tirò fuori dalla tasca dell’uniforme un
pacchetto di sigarette babbane. Le riconobbe come Lucky Strike.
“In realtà il
naga serviva solo per sapere se eri speciale.”
“Speciale?” Fece una smorfia. “In che
senso, speciale?”
“Non dirmi che tutti i tuoi amici hanno quel piccolo
problemino…” Sorrise l’altro.
Tom si sfiorò lo stomaco, inspirando.
“Come…”
“Te lo chiedi sempre, vero? Continuamente direi.
Perché sei nato così, per
quale motivo. Perché c’è un motivo. Un
motivo per cui sei stato rapito da
bambino, per cui non hai l’ombelico. Ovvio,
c’è un motivo per tutto. Anche per
te.”
Tom
si
sentì le labbra secche. Il cuore gli martellava nel petto,
forte, così forte
che quasi lo assordava.
“Tu…
sai come
sono nato?”
“È il motivo per cui sono qui.”
“Ed hai organizzato… l’attacco dei Naga,
il medaglione, la sciarada…”
“Tutto per farti arrivare qui, a parlare con me.”
Confermò. “Andiamo, Thomas.
Se ti avessi avvicinato dal nulla, non saresti forse corso a chiamare i
grandi? Zio Harry Potter?”
Assottigliò
gli occhi. “L’avresti fatto… ed entrambi
avremmo perso. Tu, le tue risposte…
io…” Non finì, limitandosi ad
appoggiarsi di nuovo allo schienale. “Conosci il
gioco Scale e Serpenti?”
Il giovane Dursley si irrigidì: di nuovo quegli scherzi?
Parole fuorvianti per
confonderlo ancora di più? “Cosa c’entra
con me? Con quello di cui stiamo
parlando adesso?”
“C’entra.
Per ogni cosa bisogna andare per gradi. Per caselle.
E alla fine, si arriverà alla soluzione finale.”
“Di
che
diavolo stai parlando? Non è un gioco questo!”
È
pazzo, cosa crede, di essere in
un gioco a premi?
L’altro
non rispose, limitandosi ad accendersi la sigaretta, che fino a quel
momento
gli era rimasta tra le dita. Trasse una lunga boccata di fumo.
“Fin’ora abbiamo
giocato assieme a Scale e Serpenti. Per gradi, sei arrivato fin qui. E
adesso…
hai di fronte a te una scala o un
serpente.” Infilò ancora le mani in
tasca, e fece ondeggiare davanti a lui
il medaglione. “Questa è la scala.” Poi
indicò con un cenno la porta dietro di
lui. “L’uscita, anche se ti sembrerà un
controsenso, è un serpente.”
Tom
si
voltò, prima di fissarlo nuovamente. “Sei
pazzo.” Affermò con livore. “Cosa
vuoi da me?”
“Per caselle,
Thomas.” Lo ammonì
serio. “Adesso sei tu, a
volere
qualcosa da me. Ed io ti metto di
fronte ad una scelta. Scegliendo il medaglione, continueremo la nostra
chiacchierata la prossima volta. Lo indosserai, e quando si
scalderà, saprai
che sono disponibile a fare due chiacchiere con te.”
“Se decido invece di andarmene?”
Il
ragazzo si strinse nelle spalle. “Varcata quella porta sarai
obliviato, e
verrai riportato ad Hogwarts sano e salvo. Non ricorderai nulla, e
trascorrerai
la vita nell’ignoranza.”
“Ovviamente immagino che questo sia un gioco
tra me e te…”
Il ragazzo sorrise. “Vedo che hai capito il punto
fondamentale.”
Tom
abbassò lo sguardo sul medaglione.
“Non mi fido di te.” Disse secco, piantandogli gli
occhi nei suoi. “Dammi una
prova che sai qualcosa del mio passato. Niente giochi. Una prova vera.”
L’altro
tirò una boccata dalla sua sigaretta.
Parve meditabondo.
“Chi
ti
ha rapito credeva tu fossi la reincarnazione di Tom Riddle.”
Tom deglutì lentamente.
“E chi diavolo
è, Tom Riddle?”
A parte la soluzione della Sciarada.
“Beh,
teoricamente il legittimo proprietario di questa casa.”
Tom
serrò
furiosamente le labbra, fino a sentirsele bruciare. Sentiva di nuovo
quel
fuoco, quel fuoco divampargli nel petto. La stessa rabbia che aveva
provato
durante l’attacco del naga.
“Che
significa? Questa non è una prova!”
“Scala
o
Serpente, Thomas?” Replicò senza lasciarsi
impressionare dalla bacchetta nuovamente
puntata su di lui. “Tic tac. Il tempo scorre, o alla prossima
puntata, o a mai
più. Devi scegliere.”
Doveva
scegliere.
C’era
quella parte di lui che gli stava urlando di scappare, di andarsene, di
avvertire Harry e di chiudere con quella storia sospetta e con quel
ragazzo
inquietante.
Ma come posso
avvertirlo se verrò
obliviato?
Il
ragazzo biondo si alzò, facendogli dondolare davanti il
medaglione.
“Verità o oblio?” Chiese. “E
non pensare di fregarmi accettando e poi correndo
da zio Harry a spifferare tutto. Lo saprei. E sparirei. Con tutte le
tue
domande irrisolte.” Inclinò leggermente la testa
di lato, quasi curioso.
“Quanta esitazione… Tom, mi deludi. Un prefetto
serpeverde, il brillante Thomas
Dursley dovrebbe sapere cosa vuole.”
“Sta’ zitto.” Sibilò. Chiuse
gli occhi, e sentì la sua
mano scattare ad afferrare il medaglione. Li riaprì per
vedere
l’espressione trionfante dell’altro.
Lo
disgustò.
“Allora
alla prossima volta. Ah, e se posso darti un piccolo compito per
casa… ti
consiglierei di documentarti su Riddle.”
Tom non rispose. Voleva andarsene, al più presto.
Aprì il medaglione, e
stavolta sentì il familiare strappo allo stomaco della
smaterializzazione.
L’ultima
cosa che vide furono gli occhi blu del ragazzo, che lo fissavano
ridenti.
****
Poco fuori
l’entrata della Sala
Comune Serpeverde.
Ora di cena.
Al si
chiuse la porta di camera alle spalle, controllando con un gesto veloce
di
avere la spilla appuntata sul maglione e la bacchetta in tasca. Michel
e Loki
l’avevano preceduto a tavola, il primo in compagnia della
squadra di Quidditch,
il secondo con loschi figuri in odore di contrabbando di liquori.
Aveva
aspettato fino all’ora di cena che Tom tornasse. E non
l’aveva fatto.
Dove diavolo
sei finito?
Quasi
l’avesse sentito, l’interpellato svoltò
l’angolo. E si trovarono di fronte.
“Tom!”
Thomas sussultò. Parve sorpreso di trovarlo lì. A
dirla tutta, parve quasi
spaventato.
“Dove eri finito?” Gli chiese preoccupato.
“In
biblioteca, a studiare. Ho perso la cognizione del
tempo…” Mormorò,
aggiustandosi in spalla la tracolla piena di libri.
Al serrò le labbra: mentiva.
Tom
aveva
i capelli arruffati per l’umidità, e le guance
pallide leggermente
congestionate dal freddo. Senza contare le scarpe. Gli bastò
un’occhiata, anche
nella penombra, per vedere che erano sporche di fango.
Non
è da lui. Non è da lui farsi
cogliere con le mani nel sacco.
“Non
dire
stronzate… eri fuori!” Sbottò.
“Tom, che diavolo sta succedendo?”
L’altro fece una smorfia. “Ho solo fatto una
passeggiata attorno al lago. Non
mi risulta sia ancora scattato il coprifuoco, giusto?”
Al
sentì
la rabbia salire come una vampata. Stavolta non riuscì a
controllarla.
Basta bugie,
basta!
Lo
afferrò per il
maglione, approfittando dell’effetto sorpresa per sbatterlo
contro il muro. Thomas
infatti non oppose resistenza, guardandolo attonito.
“Smettila! Perché fai così?!”
Sentiva le lacrime pungergli l’angolo degli
occhi, ma si sforzò di non lasciarsi prendere dalla solita
emotività. “Siamo
amici, no? Amici. Che cazzo ti sta
succedendo? Non sembri più tu!”
Sentì lo sguardo blu di Tom su di lui. In quel momento,
percepì, anche se solo
per un attimo, di averlo finalmente scosso.
“Al…
scusa.” Gli disse. “Ho solo bisogno di stare da
solo. Non ti sto mentendo.”
“Tom…”
Thomas
sentì
improvvisamente la fronte dell’amico sfiorargli il collo.
Era
una
supplica. Albus gli si era appoggiato addosso, respirandogli contro il
collo.
Appiccicoso… -
Pensò nebulosamente,
mentre costringeva le mani a restare ferme al proprio posto,
abbandonate lungo
i fianchi. Era così che un amico maschio
si sarebbe comportato.
“Ho
ancora bisogno del mio migliore amico.” Gli
sussurrò. La frase ebbe la forza di
colpirlo come un pugno.
C’è
una quantità di emozioni che
un essere umano può sopportare, al giorno?
Se
c’era, lui
l’aveva ampiamente oltrepassata. Le braccia si rifiutarono di
obbedirgli,
stringendo Albus. Era incredibile come profumasse sempre di cioccolato
e di
inchiostro, come fosse pieno di spigoli, eppure morbido.
Perdonami,
Al. Sono troppo avanti
in questa storia, per poterti coinvolgere.
Quindi
perdonami, per le bugie che
continuerò a dirti.
“Io
sono sempre
qui. Non me ne vado.” Lo rassicurò.
Sentì la presa di Al allentarsi, sulla
stoffa del maglione. “Non me ne vado…”
Ripeté, quasi a volerlo, al contrario, trattenere.
Avrebbe
voluto fare ben altro, che dargli un abbraccio e qualche parola gentile.
Avrebbe
voluto dirgli tutto, avrebbe voluto stringerlo, fino a fargli male. E
baciarlo,
fino a rubargli il respiro.
Merlino, non
sono normale.
Ma
poteva
fingere di esserlo.
Al
annuì.
Si staccò, e Tom si violentò per non reagire.
“Scusa… mi spiace per lo sfogo.
Io…” Cominciò a balbettare.
Il solito
Al…
“Non
fa niente.
Ho sbagliato io.” Lo precedette, stupendosi del tono pacato
che riuscì a
simulare. “Vado a cambiarmi, sto congelando.”
“Ti aspetto qui?”
“No, va avanti. Mi faccio anche una doccia.” Gli
fece un cenno, allontanandosi.
“Ci vediamo a tavola.”
Il medaglione, al petto, pesava come un macigno.
Al,
voltato
l’angolo, si fermò per riprendere fiato. Non era
facile pensare e respirare,
talvolta.
Inspirò.
Michel
aveva ragione. La sua risposta l’aveva già.
Era
così
semplice da sembrare ridicola.
Non
c’era
nessuna ragazza che gli facesse battere il cuore, perché
c’era già qualcuno a
farlo.
Non mi
sentirei così male per
nessun altro.
Solo per Tom.
****
Note:
1 – Snake & Ladders:
Scale&Serpenti. Popolare
gioco da tavolo inglese, molto simile come regole al gioco
dell’oca. Se si
finisce in una casella con una scala, si può accedere al
livello successivo,
con il serpente, invece, si retrocede. Per chi vuole informazioni
qui
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