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Autore: Dira_    01/11/2009    13 recensioni
La guerra è ormai finita, Harry è un auror e sta per avere il suo secondo bambino.
Degli strani sogni e la misteriosa comparsa di un neonato decisamente particolare turbano la sua pace, tornando a scuotere la famiglia Potter sedici anni dopo, quando Tom, il bambino-che-è-stato-salvato, scoprirà che Hogwarts non solo nasconde misteri, venduti come leggende, ma anche il suo oscuro passato...
La nuova generazione dovrà affrontare misteri, intrighi, nuove amicizie e infine, l'amore.
“Essere amati ci protegge. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.”
Può davvero l’amore cambiare le carte che il destino ha messo in tavola?
[Next Generation]
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Per farmi perdonare l’assenza berlinese, un capitolo bello farcito.
Al, Thomas, Michel. La triade eye-candy. Enjoy. ;)
Ringrazio TOTALMENTE chi continua a seguirmi e mi recensisce. Siete la mia forza (*Dira usa un tono strappalacrime con tanto di violini*)
Apparte questo (*espressione paracula mode on*) chi mi segue o mi ‘preferisce’ batte un colpettino?
@MissMary: Avevi indovinato, ebbene sì! Beh, certo Tom è intelligente, ma devi ammettere che noi siamo a conoscenza di più informazioni di un sedicenne dentro la storia. ;) E’ questa la mia politica: voi sapete, loro no. XD Purtroppo in questo capitolo non ci saranno Teddy e Jamie, ma ti prometto che ti piacerà comunque. Tempo di rivelazioni! La prof e Mister X stanno diventando dei veri e propri nemici. XD Mi piace! Grazie per le tue recensioni!
@Altovoltaggio: Sono riuscita addittura a convertirti un po’ allo slash! Evviva! In realtà cerco di fare lo slash in modo che sembri il più possibile attinente alla realtà. Mi fa piacere che tu ti sia innamorata dei nostri due puccini. Dopotutto Tom/Al è la classica dicotomia bello&tenebroso/puccinoadorabile. Impossibile resistergli! XD
@Pietro90: Chi si rivede! XD Ciao Pietro! Spero che Catilina non ti abbia dato troppi grattacapi, a me ha dato nausea e capogiri. ;P Ti prego, non mandarmi più eserciti di Naga, sono ESTREMAMENTE difficili da convincere a sloggiarsi da casa. XD E tu, che mi dici di Oblivion? A quando un aggiornamento? Grazie per continuare a seguirmi, e per la recensione!
@Trixina: Ammetto che tra me e Voldemort è una bella sfida, ma spero con questo capitolone di essermi fatta ampiamente perdonare. Rose/Sy sono esilaranti. Mi diverto sempre tantissimo a scrivere di quei due. Poi i nomignoli sono la parte più divertente (e vedrai prossimamente, come si divertirà Sy).
@Ombra: Ebbene sì, Rose è una Weasley coi fiocchi. Del resto si dice sempre che la figlia femmina prenda dal padre. E infatti, dietro il cervello operativo, ci sta una Ron in gonnella! XD Tom è un coglione, perdonalo. ;P Per quanto riguarda il pooovero James dovrai aspettare il prossimo capitolo, ma non verrai delusa!
@Hel_ Selbstmord: Grazie per i complimenti sulla Rose/Sy! Avevo paura di averla fatta troppo affrettata (sì, se non fosse per voi la tirerei ANCORA più per le lunghe) ma se è piaciuta, forse allora gli sforzi ne sono valsi la pena. Se ti ho corrotta sulla via rosata dello slash mi riterrò personalmente soddisfatta. XD E non preoccuparti per la lunghezza delle tue recensioni. LE ADORO. 
@Nyappy: Grazie mille! Addirittura magnetici! Sei grande! Continua a seguirmi! Ci saranno altri siparietti Lily/Hugo. ;)
 
****
 
Capitolo XVII
 

 

Blurring and stirring the truth and the lies

So I don't know what's real and what's not
Always confusing the thoughts in my head
So I can't trust myself anymore
(Evanescente, Going Under)
 
Quando Tom riprese conoscenza si rese immediatamente conto che qualcosa non andava.
Un vento gelido gli schiaffeggiava il viso, e si trovava...
In strada.
Si alzò a sedere, mentre lentamente gli occhi si abituavano alla penombra.

Da lontano una luce gli permise di individuare dove si trovasse.
In un vicolo. All’aperto.
Si alzò in piedi, appoggiandosi al muro.
Dove diavolo mi trovo?
Dalla pietra grigia, l’asfalto scadente, era chiaro si trovasse lontano da qualsiasi moderno centro abitato.

Di sicuro, non si trovava ad Hogwarts.
Doveva fare il punto della situazione.
Aveva aperto il medaglione. Ed era stato letteralmente catapultato lì.
Dovunque sia qui.
Era una passaporta. Chiaro come il sole: aprendo il medaglione doveva averla attivata.
Sicuramente era magia avanzata. E lui ci era finito in mezzo.
Si guardò attorno.
Se non altro, dallo stile delle case, credo di essere ancora in Inghilterra.
Inspirò lentamente.
Ragiona. Sei stato portato qui con magia avanzata, ma pur sempre magia. E hai ancora la bacchetta.
Avrebbe dovuto davvero ringraziare Harry, per ricordargli continuamente che la bacchetta non era altro che il prolungamento naturale del braccio di un mago.
Una folata di vento gelido, che ghiacciava le ossa, lo fece rabbrividire.
Aveva solo il maglione. Niente mantello.
Certo non credevo che aprire quel dannato medaglione avrebbe portato a questo.
… Il medaglione…
Si frugò nelle tasche dei pantaloni, senza trovarlo. Si tastò il petto.
Era sparito.
Lumos.” Perlustrò attentamente la pavimentazione del vicolo, a lungo.

È sparito.
E se è una passaporta, è l’unica cosa che può riportarmi ad Hogwarts.
… Era.
Si impose di non farsi prendere dal panico, ma non poté impedirsi un lungo brivido gelido che gli attanagliò la nuca.
Niente panico. Cerca di capire dove sei. Esci da questo vicolo, orientati.
Il paesaggio che gli si aprì non appena affacciatosi fu quanto di più desolante potesse aspettarsi.
Era atterrato in quello che sembrava, a conti fatti, un triste e sperduto villaggio dell’entroterra inglese.  
Ottery St. Catchpole in confronto è una metropoli…
Era poco più che una manciata di casupole in muratura, rese grigie dalle intemperie e dal clima.
Non riusciva neppure a capire che ora fosse. Una spessa e densa coltre di nubi oscurava il sole.
Mosse qualche passo per la via principale, deserta.
Si guardò attorno. La città era immersa in un silenzio innaturale. Innaturale perché non poteva essere che, al massimo, poco prima di cena.
Una città fantasma?
Eppure le insegne dei negozi sembravano relativamente nuove, le vetrine ben tenute. Semplicemente, mancavano le persone.
Senza rendersene conto, si trovò a impugnare la bacchetta.
Percorse la via principale senza trovare anima viva. Non c’era una sola finestra illuminata.
Poi, la vide. Difficile non notarla, dato che gli si stagliò davanti. In cima ad una ripida collina, a poche centinaia di metri dalla fine del villaggio, c’era una villa.
Due piani, con il tetto di ardesia, mangiato da erbacce e quella che un tempo doveva essere stata edera rigogliosa, ora piuttosto un agglomerato vegetale semi-morente .
Lì, una sola luce, era accesa.
L’intero paese era al buio, deserto, ma in quella villa doveva esserci qualcuno.
Qualcuno che voleva segnalargli la sua presenza? Forse.
Comunque qualcuno. Qualcuno a cui fare delle domande, da cui farsi aiutare.
Strinse la bacchetta in pugno.
Non so smaterializzarmi. Ho perso la passaporta. E nessuno sa che sono qui.
Non aveva altra scelta. Doveva raggiungere quella casa.
Lasciò la strada lastricata di pietra umida del villaggio, per affondare le scarpe nella fanghiglia del sentiero che si snodava lungo la collina.
Il freddo era umido, pungente, e Thomas ringraziò la sua resistenza alle basse temperature. Arrivò al cancello della villa. Provò a spingerlo. Cedette senza opporre resistenza.
Mi stanno aspettando?
La cosa lo spaventava, ma al tempo stesso lo…
Deglutì.

Lo eccitava.
C’era qualcosa che gli contraeva le viscere, facendogli desiderare sapere cosa stesse succedendo.
Che ormai era ovvio che tutto quello, i naga, il medaglione, la sciarada, fossero parte di uno stesso piano. Che fosse stato tutto organizzato dalla stessa mano.
Inspiro una boccata d’aria gelida mentre raggiungeva il portone, in pesante quercia. La luce al primo piano della villetta era rimasta accesa, senza vacillare, per tutto il tempo.

Esitò.
E se fosse una trappola? Dopotutto non posso essere certo che non lo sia.

Quel naga voleva uccidermi. Come posso essere certo che chi è qua dentro non voglia fare lo stesso?
Non lo sapeva, ovviamente.
Ma del resto, ho scelta? Non so dove mi trovo, e non ho modo per mettermi in contatto con nessuno, neppure zio Harry.
Eppure c’era una parte di sé che sapeva, in modo irrazionale ma sicuro, che non gli sarebbe stato fatto del male.
Fece per bussare al portone ma la porta si aprì, cedendo come aveva fatto il cancello.
Entrò in un ingresso buio. L’odore di muffa e umidità non era poi molto dissimile da quello all’esterno, ma almeno la casa era riscaldata.
La luce è al primo piano. Devo salire al primo piano.
Strinse saldamente la bacchetta in pugno, salendo le scale che scricchiolavano sotto il suo peso. Era una vecchia casa appartenuta probabilmente all’unica famiglia ricca della zona.
Proprietari terrieri…
Erano pensieri inutili, ma lo aiutavano a non cedere alla paura.
Arrivato al primo piano vide la luce filtrare da una stanza. La porta a due ante, in mogano, la identificava presumibilmente come una sala da pranzo.
Non c’è niente di cui aver paura. Sei armato.
Inspirò e afferrò la maniglia della porta, aprendola di scatto.
La luce improvvisa lo abbacinò. Distolse lo sguardo brevemente, ma con i sensi tesi per non lasciarsi cogliere di sorpresa.

Per schiantarmi devi prima pronunciare l’incantesimo. Chiunque tu sia.
“Benvenuto Tom.”
Disse invece la voce. Thomas alzò lo sguardo, e sentì il sangue fermarglisi nelle vene, quando riconobbe chi gli stava davanti.

Sarebbe bastato uno specchio, del resto.
Era di fronte a se stesso.
 
****
 
Spogliatoi Di Quidditch.
Tardo pomeriggio.

 
“Io lo uccido.” Stimò con incredibile lucidità mentale Albus Severus Potter, mentre si disfaceva della divisa da Quidditch, reduce da un lungo e lurido allenamento.
Michel Zabini si limitò ad inarcare le sopracciglia, mentre si abbottonava la camicia pulita, fresco di doccia.
“Fammi indovinare…” Iniziò. Fu fermato dall’aria mortifera dell’altro ragazzo.
“Evita il sarcasmo.” Sbottò Al. “Io e lui siamo di ronda assieme stasera, ed è da poco dopo pranzo che non lo vedo.”  

“Cercasi Tom Dursley disperatamente…” Chiosò con un sogghignetto Michel. “Comunque, io non so dove sia.”
“Bene. Grazie mille.” Si scollò dal palato, prima di liberarsi degli ultimi indumenti e infilarsi sotto il benefico getto delle docce.
Michel lo guardò andare via. “Nervosetto…” Commentò.
“Prima mi ha quasi disarcionato, quando ho tentato di prendere il boccino prima di lui.” Lo informò il sostituto-cercatore, un ragazzo del terzo anno con un grave problema di acne. “È pazzo quello lì.”

“Oh, no Lawson. Sono solo tensioni sessuali irrisolte. Non lo trovi delizioso?” Sorrise il moro, beandosi dello sguardo agghiacciato dell’altro. “Ti consiglio di non entrare nelle docce, adesso. Sai, devo calmarlo…” Soffiò lentamente, facendolo impallidire del tutto.
Trovo Albus che si insaponava furiosamente i capelli.
“Al, i capelli si lavano gentilmente, non si strappano. Rischi di diventare pelato, e questo mi affliggerebbe moltissimo…”
Al gli scoccò un’occhiataccia. “A te non hanno mai detto che a volte farsi gli affari propri è cosa buona e giusta?”  

Michel scosse la testa, con un sorriso lieve.
“L’hanno fatto, ma non ha mai funzionato.”
“Ci avrei scommesso…” Commentò acido.

Al, così ingenuo e trasparente…
Adesso si accorgerà di essere stato troppo brusco, e si scuserà.
“Mike. Non è aria, mi dispiace.” Disse infatti, uscendo dalla doccia e avvolgendosi un asciugamano attorno alla vita. “Davvero.”
“Lo so. Ma credo che tu abbia bisogno di parlare.” Lo informò pacatamente.

 “Lo sai, è Tom.”
“Si è allontanato.” Annuì Michel. “Ha qualcosa per la mente…”
“Già. Ma cosa? Maledizione, non lo dice! Ed io…”
“Ti fa stare male.”
“Esatto!” Si sedette su una delle panche, vinto. “A lezione è assente ed è più scorbutico del solito. E sembra che ce l’abbia con me… ma non so perché!”
Michel emise un lungo sospiro. Era uno Zabini, e si era sempre considerato super partes. I suoi interessi, prima di tutto.

Ma c’era qualcosa in Albus che lo spingeva ad essere…. altruista.
Gene Potter. Suo padre è riuscito a convincere il mondo magico a ribellarsi a Voldemort.
Chissà che non sia contagioso, tirare fuori il meglio dalle persone.
E farle sentire in colpa, se vanno a letto con suo fratello maggiore…
“Al, siamo serpeverde.” Gli mise una mano sulla spalla. La sentì contratta. “Attestiamo un torto fattoci, senza divulgarlo al diretto interessato.”
“Oh, giusto. Portiamo rancore in silenzio…” Ironizzò. Poi gli lanciò una lunga occhiata valutativa. “Che intendi dire veramente, Michel? Fai l’amico, per una volta.”
Michel rifletté. Giocare era divertente, ma forse, in quel caso, doveva semplicemente dare la sua versione dei fatti.

“Vuoi la verità su te e Thomas?”
Al si corrucciò.

La verità? Di che diavolo…?
“Sono tutto orecchi.”
Il ragazzo sospirò. “Tom ti evita perché si è scoperto attratto da te.”
Silenzio.
Al emise una risatina strozzata.
“Finiscila. Ti ho chiesto la verità.”
“Ed io te l’ho data, Albus.” C’era qualcosa di profondamente ironico in tutto quello. Sia nella faccia sconvolta dell’amico, sia nel fatto che fosse lui a metterlo a parte dell’intera faccenda.

Lui, che a dirla tutta, invidiava Dursley per avere un simile fiore da far sbocciare tra le mani, e che se lo lasciava sfuggire per ridicole fisime mentali.
Al boccheggiò. Sentiva le orecchie arroventarsi, e il cuore in gola.
Panico.
Zabini poteva essere un ridanciano figlio di buona donna, ma quando parlava sul serio…
… Era un oracolo. 
“Chi… come… lo sai?” Sussurrò.
Michel scosse la testa. “Thomas non è mai stato interessato alle ragazze. Non ne ha mai guardata una. Ma guarda te.”

“Tom è gay?”
“Molto probabilmente.” Confermò Michel impietoso. Lì ci voleva polso.

E anche un pizzico di crudeltà. E in questo, permettetemi, sono un maestro.
Al inspirò.  
Avrebbe dovuto andarsene, non credergli, infuriarsi ma… si fidava. Non era un bugiardo come Loki. Dissimulava la verità, ma la diceva. Sempre.
“Ne sei sicuro?” Chiese a bassa voce. Gli spogliatoi erano vuoti, ma un certo grado di riserbo in ambienti comuni era sempre dovuto.
“No. Ovviamente non ne ho la certezza. Ma certe cose si sentono.”
“Perché non me l’hai mai detto?”
“Mi avresti creduto?” Michel scosse la testa. “No, non l’avresti fatto. Ma adesso? Mi pare ovvio che Thomas abbia un problema verso di te. Non so se sia l’unico, ma è il principale.”

Al esitò appena, poi lo disse. O meglio, lo chiese. “Ed io?”
Michel inarcò le sopracciglia. “Tu cosa?”
“Io… cosa sono?” Aggrottò le sopracciglia. “Hai detto di avere un sesto senso nel capire l’orientamento altrui. Bene. Il mio?”
“Se non lo sai tu…”
“No, non lo so.” Ammise. “Sono confuso, non ci sto capendo niente.”
Zabini sospirò, lanciando uno sguardo all’aria speranzosa dell’amico. Giocare con la sua confusione sarebbe stato fin troppo facile.

Con Re Potter posso farlo. Ma non con te, Al.
… È grave, dottore?

“C’è una sola domanda da fare in questo caso. Cosa ti piace?” Fermò il giovane Potter prima che potesse rispondere. “Lo sai da solo.”
“Io non…”
“Al, lo sai. Fidati.” Gli sorrise. “Devi solo darti tempo. Non posso dirtelo io. Potrei fuorviarti… Anche se non sai quanto mi piacerebbe.” Scherzò, arruffandogli i capelli umidi. Al sbuffò, aggiustandoseli senza molto successo.

Poi però sorrise. “Grazie Mike. Sei un amico.”
Sospirò, sorridendogli di rimando.
“Non c’è di che.”  
È decisamente grave dottore.
 
****
 
Un altro se stesso.
Di tutto ciò che si aspettava….
L’altro sé gli sorrise apertamente. Niente a che vedere con la sua espressione. Questo lo spinse a recuperare controllo.
“Chi diavolo sei?”
“Di sicuro non te.” Rise quello, facendogli cenno di sedersi sulla sedia di fronte a lui. “Avanti, siediti.”
“No.” Tom gli puntò addosso la bacchetta. “Chi sei?”
“Ha importanza? O meglio, è questo che ti interessa davvero?” Scosse la testa. “Sai, non credo.”

Lo guardò attentamente: sì, non c’era dubbio che si somigliassero. Ma l’espressione degli occhi, il modo in cui si esprimeva… erano diversi.
Si è camuffato. Polisucco?
“Non sai cosa mi interessa.” Ribatté continuando a tenerlo sotto tiro. “Perché sono qui?”
L’altro sé sorrise allegro. “Ah! Questa è una buona domanda finalmente.”

Tom corrugò le sopracciglia. Si stava forse prendendo gioco di lui?
“Hai intenzione di rispondermi?”
“Dipende. Sono qui proprio per darti delle risposte. Però dobbiamo metterci a nostro agio, non credi?” Fece un cenno verso il camino, in cui scoppiettavano ceppi ardenti. “C’è il fuoco acceso. Ho fatto fare del the. Ne vuoi?”
Tom serrò le labbra. La presa sul manico della sua bacchetta stava diventando dolorosa.

Era stanco, confuso, infreddolito. Voleva delle risposte. Voleva tornare ad Hogwarts.
Voleva sapere chi diavolo fosse quel tipo, e cosa volesse da lui.
Voglio. Voglio, ma non posso avere.
L’altro sé sospirò. “Non andiamo da nessuna parte così, vero? Vuoi che prenda un aspetto che ti metta meno a disagio? Era solo uno scherzo, sai.”
“Uno… scherzo?”
“Non penserai che sia davvero questo il mio aspetto?” Rise. “Via, Thomas, ti facevo più intelligente di così!”

“Non costringermi a mostrarti fino a che punto posso esserlo.” Sibilò di rimando.
L’altro ghignò leggermente. La somiglianza lo rese nervoso.

Sono così inquietante quando sorrido?
“Vuoi attaccarmi? Non so quanto ti convenga. Avanti, ragazzo mio. Usa il cervello. Siamo soli, ma potremo non esserlo. E tu sei un ragazzo.”
“Tu non lo sei?” Interloquì immediatamente.

Vuoi giocare? Non sai quanto posso essere bravo.
L’altro sé prese un’espressione sorpresa, prima di ridere. Sembrava divertito.
“Oh, molto acuto Tom, molto acuto.”
Thomas.” Replicò. Si guardò attorno: la stanza era spoglia. Il camino acceso, le due poltrone, un tavolino con un servizio da the di poco valore. Nient’altro.

Non è una casa abitata questa. È stata sistemata provvisoriamente.
L’altro ragazzo, se tale era, scrollò le spalle. “Thomas. Come vuoi. Non sono qui per litigare, sono qui per parlare. Non ti sono nemico, credimi.”
“Allora inizia col mostrarmi il tuo vero aspetto.” Commentò, premurandosi di tenere sempre la bacchetta di fronte a sé. Mosse un solo passo verso la poltrona. L’altro non reagì, aspettando che finisse di parlare. “Non ti aspetterai che ti creda, mentre indossi la mia faccia…”

Touchè.” Ammise. “Va bene, basta scherzare.”
Fu un attimo. Fu come se una colata di magia pura fuoriuscisse dai pori della pelle dell’altro. Si tramutò in un ragazzo biondo, dall’aria florida e profondi occhi blu.
Indossava ancora la divisa dei serpeverde, ma la riempiva completamente, tendendo il maglione in più punti. Era presumibilmente più alto e in carne di lui.
Tom non commentò, limitandosi a fare una smorfia. “Non penserai che ti creda un mio coetaneo…”
“Perché no? Ti faccio forse pensare il contrario?”
“Nessun ragazzo della mia età chiama un altro ragazzo mio.”

Il biondo batté le palpebre, salvo ridere. “Sei in gamba, Thomas. La tua fama non viene smentita dai fatti.”
“Chi sei?”
“Non lo vedi? Uno studente.” Motteggiò. “Avanti, avanti. Tu vuoi chiedermi altro. Ed io non posso rispondere a tutto. Panta rei, come dicevano i greci. Il tempo scorre. Cosa succederebbe se si accorgessero della tua scomparsa da Hogwarts?”

Tom gli lanciò un’occhiata. “Sei tu ad aver organizzato tutto questo?”
“Cosa, precisamente?” Fece un gesto vago. “Metti via quella bacchetta, coraggio. Non voglio farti del male.”
“Cosa ti fa credere che io non voglia farne a te?” Rimbeccò, sentendosi scrutare attentamente.
Quel tipo aveva una postura rilassata, l’aria amichevole. Ma c’era qualcosa di complessivamente… storto, nella sua faccia. Non avrebbe saputo dire cosa. Ma c’era.

Non è la polisucco. La polisucco termina i suoi effetti indipendentemente dalla volontà di chi la assume. Un metamorfomago? Può essere. Ma ho visto trasformare Ted. E lo fa in modo diverso.
“Ti stai chiedendo cosa sia, vero?” Allargò le braccia. “Un mago. Al momento, con le risposte che ti servono. Vuoi deciderti a farmi le tue domande?”
Tom serrò le labbra. Poi rinfoderò la bacchetta, sotto il sorriso dell’altro.
“Sei stato tu a portarmi qui?” Chiese.
“No, naturalmente. È stato il medaglione.”
“Era una passaporta.”   
L’altro annuì. “Proprio così. Aprendola sei stato portato qui.”
“Qui dove?”
“Little Hangleton.”
Il breve botta e risposta lo lasciò più confuso di prima. Si sentiva così… stanco.

Si impose di non lasciarsi vincere dal freddo e dal disagio.
“I Naga… li hai liberati tu ad Hogwarts?”
“Dovevano trovarti e sanno essere molto convincenti, non è vero?”
“Uno di loro mi ha quasi ammazzato.” Sibilò sentendo la collera montare, al ricordo del terrore, della rabbia  e delle ferite che ancora gli dolevano.

Il ragazzo sbuffò. “Andiamo. Non mi sembra sia successo. Anzi, sei stato tu ad uccidere lui.”
“È stato Grop.” Ribatté monocorde: almeno, così era stato accertato.

Certo… tu però l’hai fatto urlare di dolore, di un dolore tale che ti ha mollato e si è fatto ammazzare come una bambola di pezza dal gigante.
“Più o meno…” Concesse il ragazzo misterioso. Tirò fuori dalla tasca dell’uniforme un pacchetto di sigarette babbane. Le riconobbe come Lucky Strike. “In realtà il naga serviva solo per sapere se eri speciale.”
“Speciale?” Fece una smorfia. “In che senso, speciale?”
“Non dirmi che tutti i tuoi amici hanno quel piccolo problemino…” Sorrise l’altro.
Tom si sfiorò lo stomaco, inspirando. “Come…”
“Te lo chiedi sempre, vero? Continuamente direi. Perché sei nato così, per quale motivo. Perché c’è un motivo. Un motivo per cui sei stato rapito da bambino, per cui non hai l’ombelico. Ovvio, c’è un motivo per tutto. Anche per te.”

Tom si sentì le labbra secche. Il cuore gli martellava nel petto, forte, così forte che quasi lo assordava.
“Tu… sai come sono nato?”
“È il motivo per cui sono qui.”
“Ed hai organizzato… l’attacco dei Naga, il medaglione, la sciarada…”
“Tutto per farti arrivare qui, a parlare con me.” Confermò. “Andiamo, Thomas. Se ti avessi avvicinato dal nulla, non saresti forse corso a chiamare i grandi? Zio Harry Potter?” Assottigliò gli occhi. “L’avresti fatto… ed entrambi avremmo perso. Tu, le tue risposte… io…” Non finì, limitandosi ad appoggiarsi di nuovo allo schienale. “Conosci il gioco Scale e Serpenti?”
Il giovane Dursley si irrigidì: di nuovo quegli scherzi? Parole fuorvianti per confonderlo ancora di più? “Cosa c’entra con me? Con quello di cui stiamo parlando adesso?”

“C’entra. Per ogni cosa bisogna andare per gradi. Per caselle. E alla fine, si arriverà alla soluzione finale.”
“Di che diavolo stai parlando? Non è un gioco questo!”
È pazzo, cosa crede, di essere in un gioco a premi?
L’altro non rispose, limitandosi ad accendersi la sigaretta, che fino a quel momento gli era rimasta tra le dita. Trasse una lunga boccata di fumo. “Fin’ora abbiamo giocato assieme a Scale e Serpenti. Per gradi, sei arrivato fin qui. E adesso… hai di fronte a te una scala o un serpente.” Infilò ancora le mani in tasca, e fece ondeggiare davanti a lui il medaglione. “Questa è la scala.” Poi indicò con un cenno la porta dietro di lui. “L’uscita, anche se ti sembrerà un controsenso, è un serpente.”
Tom si voltò, prima di fissarlo nuovamente. “Sei pazzo.” Affermò con livore. “Cosa vuoi da me?”
Per caselle, Thomas.” Lo ammonì serio. “Adesso sei tu, a volere qualcosa da me. Ed io ti metto di fronte ad una scelta. Scegliendo il medaglione, continueremo la nostra chiacchierata la prossima volta. Lo indosserai, e quando si scalderà, saprai che sono disponibile a fare due chiacchiere con te.”
“Se decido invece di andarmene?”

Il ragazzo si strinse nelle spalle. “Varcata quella porta sarai obliviato, e verrai riportato ad Hogwarts sano e salvo. Non ricorderai nulla, e trascorrerai la vita nell’ignoranza.”
“Ovviamente immagino che questo sia un gioco tra me e te…”
Il ragazzo sorrise. “Vedo che hai capito il punto fondamentale.”  

Tom abbassò lo sguardo sul medaglione.
“Non mi fido di te.” Disse secco, piantandogli gli occhi nei suoi. “Dammi una prova che sai qualcosa del mio passato. Niente giochi. Una prova vera.”

 L’altro tirò una boccata dalla sua sigaretta. Parve meditabondo.
“Chi ti ha rapito credeva tu fossi la reincarnazione di Tom Riddle.”
Tom deglutì lentamente.

E chi diavolo è, Tom Riddle?”
A parte la soluzione della Sciarada.

“Beh, teoricamente il legittimo proprietario di questa casa.”
Tom serrò furiosamente le labbra, fino a sentirsele bruciare. Sentiva di nuovo quel fuoco, quel fuoco divampargli nel petto. La stessa rabbia che aveva provato durante l’attacco del naga.
“Che significa? Questa non è una prova!”
“Scala o Serpente, Thomas?” Replicò senza lasciarsi impressionare dalla bacchetta nuovamente puntata su di lui. “Tic tac. Il tempo scorre, o alla prossima puntata, o a mai più. Devi scegliere.”
Doveva scegliere.
C’era quella parte di lui che gli stava urlando di scappare, di andarsene, di avvertire Harry e di chiudere con quella storia sospetta e con quel ragazzo inquietante.
Ma come posso avvertirlo se verrò obliviato?
Il ragazzo biondo si alzò, facendogli dondolare davanti il medaglione.
“Verità o oblio?” Chiese. “E non pensare di fregarmi accettando e poi correndo da zio Harry a spifferare tutto. Lo saprei. E sparirei. Con tutte le tue domande irrisolte.” Inclinò leggermente la testa di lato, quasi curioso. “Quanta esitazione… Tom, mi deludi. Un prefetto serpeverde, il brillante Thomas Dursley dovrebbe sapere cosa vuole.”
“Sta’ zitto.” Sibilò. Chiuse gli occhi, e sentì la sua mano scattare ad afferrare il medaglione. Li riaprì per vedere l’espressione trionfante dell’altro.

Lo disgustò.
“Allora alla prossima volta. Ah, e se posso darti un piccolo compito per casa… ti consiglierei di documentarti su Riddle.”
Tom non rispose. Voleva andarsene, al più presto. Aprì il medaglione, e stavolta sentì il familiare strappo allo stomaco della smaterializzazione.

L’ultima cosa che vide furono gli occhi blu del ragazzo, che lo fissavano ridenti.
 
 
****
 
Poco fuori l’entrata della Sala Comune Serpeverde.
Ora di cena.
 
Al si chiuse la porta di camera alle spalle, controllando con un gesto veloce di avere la spilla appuntata sul maglione e la bacchetta in tasca. Michel e Loki l’avevano preceduto a tavola, il primo in compagnia della squadra di Quidditch, il secondo con loschi figuri in odore di contrabbando di liquori.
Aveva aspettato fino all’ora di cena che Tom tornasse. E non l’aveva fatto.
Dove diavolo sei finito?
Quasi l’avesse sentito, l’interpellato svoltò l’angolo. E si trovarono di fronte.
“Tom!”
Thomas sussultò. Parve sorpreso di trovarlo lì. A dirla tutta, parve quasi spaventato.
“Dove eri finito?” Gli chiese preoccupato.

“In biblioteca, a studiare. Ho perso la cognizione del tempo…” Mormorò, aggiustandosi in spalla la tracolla piena di libri.
Al serrò le labbra: mentiva.

Tom aveva i capelli arruffati per l’umidità, e le guance pallide leggermente congestionate dal freddo. Senza contare le scarpe. Gli bastò un’occhiata, anche nella penombra, per vedere che erano sporche di fango.
Non è da lui. Non è da lui farsi cogliere con le mani nel sacco.
“Non dire stronzate… eri fuori!” Sbottò. “Tom, che diavolo sta succedendo?”
L’altro fece una smorfia. “Ho solo fatto una passeggiata attorno al lago. Non mi risulta sia ancora scattato il coprifuoco, giusto?”

Al sentì la rabbia salire come una vampata. Stavolta non riuscì a controllarla.
Basta bugie, basta!
Lo afferrò per il maglione, approfittando dell’effetto sorpresa per sbatterlo contro il muro. Thomas infatti non oppose resistenza, guardandolo attonito.
“Smettila! Perché fai così?!” Sentiva le lacrime pungergli l’angolo degli occhi, ma si sforzò di non lasciarsi prendere dalla solita emotività. “Siamo amici, no? Amici. Che cazzo ti sta succedendo? Non sembri più tu!”
Sentì lo sguardo blu di Tom su di lui. In quel momento, percepì, anche se solo per un attimo, di averlo finalmente scosso.

“Al… scusa.” Gli disse. “Ho solo bisogno di stare da solo. Non ti sto mentendo.”
 
“Tom…”


Thomas sentì improvvisamente la fronte dell’amico sfiorargli il collo.
Era una supplica. Albus gli si era appoggiato addosso, respirandogli contro il collo.
Appiccicoso… - Pensò nebulosamente, mentre costringeva le mani a restare ferme al proprio posto, abbandonate lungo i fianchi. Era così che un amico maschio si sarebbe comportato.

“Ho ancora bisogno del mio migliore amico.” Gli sussurrò. La frase ebbe la forza di colpirlo come un pugno.
C’è una quantità di emozioni che un essere umano può sopportare, al giorno?
Se c’era, lui l’aveva ampiamente oltrepassata. Le braccia si rifiutarono di obbedirgli, stringendo Albus. Era incredibile come profumasse sempre di cioccolato e di inchiostro, come fosse pieno di spigoli, eppure morbido.
Perdonami, Al. Sono troppo avanti in questa storia, per poterti coinvolgere.
Quindi perdonami, per le bugie che continuerò a dirti.
“Io sono sempre qui. Non me ne vado.” Lo rassicurò. Sentì la presa di Al allentarsi, sulla stoffa del maglione. “Non me ne vado…” Ripeté, quasi a volerlo, al contrario, trattenere.  
Avrebbe voluto fare ben altro, che dargli un abbraccio e qualche parola gentile.
Avrebbe voluto dirgli tutto, avrebbe voluto stringerlo, fino a fargli male. E baciarlo, fino a rubargli il respiro.
Merlino, non sono normale.   
Ma poteva fingere di esserlo.
Al annuì. Si staccò, e Tom si violentò per non reagire.
“Scusa… mi spiace per lo sfogo. Io…” Cominciò a balbettare.

Il solito Al…
“Non fa niente. Ho sbagliato io.” Lo precedette, stupendosi del tono pacato che riuscì a simulare. “Vado a cambiarmi, sto congelando.”
“Ti aspetto qui?”
“No, va avanti. Mi faccio anche una doccia.” Gli fece un cenno, allontanandosi. “Ci vediamo a tavola.”
Il medaglione, al petto, pesava come un macigno.

 
Al, voltato l’angolo, si fermò per riprendere fiato. Non era facile pensare e respirare, talvolta.
Inspirò.

Michel aveva ragione. La sua risposta l’aveva già.
Era così semplice da sembrare ridicola.
Non c’era nessuna ragazza che gli facesse battere il cuore, perché c’era già qualcuno a farlo.
Non mi sentirei così male per nessun altro.
Solo per Tom.
 
****
 
Note:
1 – Snake & Ladders: Scale&Serpenti.
Popolare gioco da tavolo inglese, molto simile come regole al gioco dell’oca. Se si finisce in una casella con una scala, si può accedere al livello successivo, con il serpente, invece, si retrocede. Per chi vuole informazioni qui
  
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