All’alba, Kokitsune
era già fuori dal suo lettino: si era staccata la flebo, aveva preso la katana
dell’altro giorno (che era di Kaku, lei se l’era fatta prestare) e si era
arrampicata fino al tetto dell’ospedale. Non riusciva a non far niente, nemmeno
in convalescenza, e poi non le piacevano gli spazi chiusi.
Kokitsune: -Tecnica
Empirea…-
Mosse decisa la
katana contro l’orizzonte rischiarato dalle prime luci del mattino, la lama
scintillò d’oro. Era bello, sapere di essere da sola, sola con se stessa, in
pace. Si divertiva a dare un nome alle sue tecniche, che tuttavia si rivelavano
solo abili fendenti, o qualcosa di più… Disastroso.
Kokitsune: -…
ESTENSIONE!-
Quella mattina non
sembrava destinata a dar frutti, anzi: il collo le si allungò spropositatamente,
e non sembrava voler smettere, tanto che lei fu costretta a strisciare a terra
come un serpente.
Kokitsune: -Oh,
accidenti, queste cose capitano soltanto a me!-
Scivolò con la testa
fino al bordo del tetto e andò giù, spiando ogni tanto dentro le stanze. Stava
curiosando quando avvertì qualcosa di spiacevole. Si sporse appena un po’ in una
stanza, in modo da non farsi vedere, e vide Lucci al buio, da solo: dava le
spalle alla finestra e teneva in mano quella che doveva essere una foto. Vide
qualcosa scendergli dagli occhi e cadere sull’oggetto, una lacrima…
Dovette tuttavia
rinunciare allo ‘spionaggio’ per strisciare ancora più giù. Non sapeva
assolutamente controllare il suo Frutto del Diavolo, ed era proprio questa la
causa del problema. In poco tempo aveva già raggiunto la terra: strisciò ancora
fino a un albero, nascondendosi tra alcuni cespugli.
Kokitsune: -Oh,
magari mi scambiano per un tubo o qualcosa del genere…-
???: -Sì, un tubo
con il pelo-
Kokitsune: -Kalifa!
Che sorpresa… Che ci fai qui a quest’ora?-
Kalifa: -Questa
domanda dovrei fartela io! Sei in convalescenza!-
Kokitsune: -Sto
benissimo! Avevo solo deciso di… Kon kon…-
Kalifa: -Di
srotolarti tutta qua intorno, vero? Raccontala a un’altra-
Kokitsune: -Avanti,
riuscirò a tornare normale prima che qualcuno mi veda…-
Kalifa: -…O prima
che Lucci arrivi e ti stacchi la testa-
Kokitsune: -Oh! A
proposito di Lucci…-
Rizzò parte del
collo: arrivava alla fronte di Kalifa, ma all’improvviso sentì una certa
pressione sulla testa, che scomparve tra le fronde degli alberi. Se non avrebbe
smesso di allungarsi così tanto, l’avrebbero vista.
Kalifa: -Spera che
non ti abbiano vista o finirai su un tavolo per la vivisezione-
Kokitsune: -Come se
non…!-
Aveva qualcosa in
bocca, per la precisione, un nido con delle uova. Qualcosa le aprì la bocca, era
una rondine, e sembrava davvero spaventata. Ma chi non lo sarebbe, nelle fauci
di un’animale apparentemente feroce, e con i propri figli?
Rondine: -Aiuto,
aiuto! Un serpente, un serpente!-
Kokitsune: -Oh, ma
io non sono un serpente…-
Rondine: -Ahaha, no
eh? Scommetto anche che non mangi le uova, vero?-
Kokitsune: -Beh, io
veramente le uova le mangio ma…-
Rondine: -Ecco, lo
sapevo! SERPENTE! SERPENTEEEE…-
Kokitsune: -Oh, per
l’amor del cielo!-
Doveva pensare. Come
tornare normale? Si stava allenando quando aveva detto il nome di una tecnica e
le era successo il guaio. Aveva detto ‘estensione’… Forse dire l’opposto di
quella parola avrebbe aggiustato tutto?
Kokitsune:
-Empireo…-
Rondine: -Ma tu
guarda se devo impegnarmi a fare uova…-
Kokitsune:
-…RESTRIZIONE!-
Rondine: -… Se poi
devono essere mangiate da un serpente come lei… Ma cosa…?!-
Kokitsune si sentì
come se la stessero strattonando da dietro, il collo stava tornando normale. La
rondine prese appena in tempo il nido con le sue uova prima che la volpe
scomparisse più giù, Kalifa la guardò, sospirò e volse la testa a dove sapeva
esserci il resto della sua amica. Una volta ‘ricongiuntasi’ con il resto di sé,
vide Jyabura scuotere il capo, rassegnato. Lui l’aveva tirata fino a
lassù.
Kokitsune: -Blah,
sputerò penne per una settimana! E tu non potevi fare più piano? Mi brucia tutto
il collo per lo sfregamento-
Jyabura: -Se tu sei
così fessacchiotta non è colpa mia, ti ho solo aiutata ancora una volta. Stai
accumulando molti debiti-
Kokitsune: -Io non
ti ho chiesto di aiutarmi, e comunque come pensi che io possa
sdebitarmi?-
Jyabura: -Beh… Ci
sarebbero delle cose…-
Kokitsune: -Io ti
piaccio, vero?-
Disse brusca lei. Il
lupo rimase spiazzato da quella domanda, molto più simile a un’affermazione, che
gli morirono le parole in gola.
Kokitsune: -E
faresti qualunque cosa per me, vero?-
Aggiunse, senza
aspettare la risposta.
Jyabura: -Beh… Non
saprei… Certo che mi piaci, se intendi come ami…-
Kokitsune: -Allora
non ti devo un bel niente, dato che faresti qualunque cosa per me, e
gratuitamente-
Kokitsune sorrise e
gli mostrò la lingua, beffarda. Anche lui cercò di sorriderle, evidentemente
ancora sorpreso per prima, ma lei si era fatta improvvisamente seria e
preoccupata. Non aveva ancora fatto l’abitudine ai frequenti sbalzi di umore
della volpe.
Kokitsune: -Ti devo
parlare. Kalifa non mi darebbe ascolto… E penso che tu sia la persona migliore
in questo momento-
Jyabura: -Di cosa…
Di cosa vuoi parlarmi?-
Kokitsune: -Per me…
E’ una cosa molto importante…-
Jyabura: -Se lo è
per te, lo è anche per me, allora-
Kokitsune: -Da…
Davvero? Ne sei sicuro, kon kon?-
Jyabura: -Certo, mai
stato più sicuro-
Kokitsune: -Ecco…
Io… Kon kon…-
Jyabura: -…
Tu?-
La voce di lei era
quasi un sussurro.
Kokitsune: -… Io
sono preoccupata per Lucci-
In quello stesso
istante, il mondo crollò addosso a Jyabura.
Jyabura: -Hai… Hai
distrutto tutte le mie speranze con solo cinque parole…-
Kokitsune: -Scusa,
ma non so di che parli. Comunque, mentre ‘strisciavo’ lungo la parete, l’ho
visto da solo in una stanza al buio! Stava tenendo qualcosa e…
Piangeva-
Jyabura: -Lui.
Piangere. Una foto. Scoppierei a ridere ma ho paura che mi squarterebbe se lo
sapesse-
Kokitsune: -Sul
serio. C’è qualcosa che non va… Non penso sia cattivo, te lo ripeto!-
Jyabura: -Se hai
intenzione di andargli a ‘parlare’ di nuovo, sappi che te lo impedirò, con la
forza se necessario-
Kokitsune non
l’aveva mai visto così determinato, tanto che non riuscì a ribattere, ma in
compenso gli occhi le diventarono lucidi. Cominciò a singhiozzare, trattenendo
le lacrime.
Jyabura: -Hey! Non…
Non volevo farti piangere… Ma è per il tuo bene… Oh, ok, ma quando andrai da lui
ti accompagnerò io!-
Disse infine, prima
di andarsene, seccato, dalle scale che portavano all’interno dell’ospedale. La
volpe scoprì le zanne in un ghigno compiaciuto.
Kokitsune: -E poi
sarei io la fessacchiotta, ah! Basta fingere qualche scaramuccia per
commuoverlo-