“Ma sei pazzo? Lo sai che ha
l’allergia agli uomini”
“Ma quale allergia! E poi conducevo un esperimento e avevo bisogno di prove
concrete e in loco”
Julian alzò le spalle noncurante,
mentre Martina sventolava la povera Eva e cercava di farla rinvenire. Johnson era il ritratto della furia divina “esperimenti su
di lei? Ma cosa ti sei messo in testa?!”
Stronzo, pensò la
ragazza lanciandogli un’occhiataccia e tornando ad occuparsi della sua amica
che non si decideva a riprendersi “non sarebbe meglio portarla all’ospedale?”
domandò in tono preoccupato al direttore che continuava ad urlare contro
MacHorney che si tappava metaforicamente le orecchie e sorrideva come un matto.
“Quante storie che
fate! Non ha niente. L’ho toccata e non ha avuto nessuna reazione allergica. È
un fatto mentale.” Riprese sbuffando divertito e scostando la ragazza dal corpo
esanime della povera Eva che stava per avere un brusco
risveglio.
Prese la mira e con uno schiaffetto ben calibrato, la fece
tornare in se all’improvviso. Scattò in piedi come una molla, urtò contro
Julian e finì nuovamente a sedere “quand’è che la
finirai con queste storie finte e sconclusionate? Cos'è, mancanza di attenzione?” le domandò con un sorrisetto sulle labbra
che la fece quasi urlare. Eva avrebbe urlato volentieri se quel terribile odore
di… maschio!
Urgh! non
l'avesse resa incapace di esprimersi correttamente.
Biascicò qualche parola e cercò nuovamente di scappare “non
posso stare qui… non sto bene” mormorò alla sua amica che era china su di lei e
le accarezzava i capelli per farla calmare.
“Bella trovata! Adesso è peggio di prima!”
Esclamò Martina al suo annoiatissimo capo.
“Come mai non si gratta, allora?“ le domandò con un
sorrisetto divertito.
“Perché sto troppo male per farlo, deficiente”
biascicò la ragazza con voce debole e la testa che le scoppiava. Cercò di
alzarsi in piedi ma ricadde subito a sedere. Tachicardia, sudore, pulsioni accelerate, pensò tastandosi il polso
e sventolandosi con il foglietto di carta da aveva
preso dalle mani dell’amica.
“Ce l’hai fatta a darmi del tu” mormorò
abbassandosi su di lei e sventolandola a sua volta “se magari ci togliessi le
parolacce in mezzo, sarebbe ancora meglio” affermò facendole alzare gli occhi
bruscamente.
Julian si guardò attorno e vide che erano - decisamente - in troppi in quel laboratorio “giuro che
rimedierò ai miei errori e le chiederò scusa da bravo ragazzo! Adesso
lasciatemi solo con lei! Grazieee!” cantilenò come uno
sciocco spingendoli fuori.
Le sorrise simpaticamente ed Eva sentì la centralina
elettrica del cervello che cortocircuitava.
Restò immobile evitando anche di respirare e torse il collo
all’indietro “Sta attento, avvoltoio! Sono un’esperta
nel preparare veleni! Se un giorno ritroveranno il tuo
cadavere con la bava alla bocca, sapranno subito a chi dare la colpa!”
“Mi stai minacciando?” le domandò trattenendo le risate.
Eva lo fissò negli occhi, sempre più avvelenata e dimentica del prurito che aumentava ad ogni istante “è
guerra! Non te l’ho ancora fatta pagare per avermi rimozionato la macchina!”
“Ah, era tuo quello scassone
colorato?”
“Scassone?!”
Lo squadrò con sdegno ed ebbe tanto l’impressione che la
stesse prendendo sì in giro, ma non con cattiveria. Bensì con una sorta di affettuosa scherzosità… che la
faceva grattare ancora di più! “Bene!” dichiarò alzandosi e spingendosi verso
di lui che dapprima restò stupito e poi sorrise quasi…contento? È contento del fatto che sto per avvelenarlo? Si domandò
senza capire che gli frullasse in testa. Scosse un
attimo i capelli, inondandolo di profumo e arricciò il naso soprappensiero. Strano tipo!
“Sei avvisato: occhio a quello che metterai in bocca o a
quello che annuserai! Non saprai mai dove e quando io colpirò!”
sibilò alzando un dito e ringhiando quasi.
Julian la guardò sempre sorridendo e alzò le sopracciglia
velocemente “mhhh….sembri
quasi pericolosa!” scherzò rimediandosi un’occhiataccia “te l’ha mai detto
nessuno che sei bellissima quando sei arrabbiata?”
Eva restò a bocca aperta “cosa?!”
“Mi correggo: sei bellissima sempre
ma quando ti arrabbi mi fai venire voglia…” tacque cercando il termine giusto e
quando si accorse che era rimasta impalata e con il dito alzato vi diede un
morsetto veloce sopra spostandolo da un lato. “Ecco, più o meno così.”
La ragazza lo guardava stentando a mettere due parole una
dietro l’altra perché era troppo stupita e incredula delle libertà che si stava
prendendo quel tipo.
Ma restò ancora più sconcertata
quando si avvicinò con un sorriso simpatico e le sussurrò all’orecchio “e non
solo lì, ovviamente”
Eva avvampò e aprì la bocca per articolare qualche vocale e
consonante insieme, in quella che comunemente veniva
definita ‘parola offensiva’e lui ne approfittò per baciarla.
I muscoli del braccio non la sostennero più e lasciò
ricadere la mano col dito contratto. Continuò a non crederci mentre la baciava
teneramente: era congelata e troppo meravigliata per accorgersi che non aveva
neanche un po’ del solito prurito.
Julian la lasciò andare dopo qualche lunghissimo secondo e
le accarezzò lentamente una guancia fredda. “Non è che
mi svieni di nuovo, no?” le domandò con tono dolce e morbido.
La ragazza scosse la testa una sola volta, un gesto lento e
scattoso “mi hai…”
“Baciato? Si, e quando mi ricapitava” affermò con la solita
faccia di bronzo vedendola incupirsi e tremare di rabbia.
“..dopo dieci anni…il primo che mi
bacia…è un avvoltoio come te!!!” esplose d’un tratto con le lacrime agli
occhi “te la faccio pagare, MacHorney! Hai firmato la tua condanna a morte!” urlò aprendo la porta
e uscendo dalla stanza come una furia mitologica.
Quanto se la prende, pensò per un attimo guardandola allontanarsi.
Sorrise come uno scemo enormemente soddisfatto di essere riuscito ad assaggiare
quelle labbra divine e proibite all’universo maschile e solo dopo molto tempo
ripensò alle sue parole…dieci anni?!
***
Eva tremava d’indignazione e
sembrava un cane idrofobo; sorpassò le colleghe che la guardarono
esterrefatte, sbattè un paio di volte la porta del
proprio laboratorio, tanto per fare baccano, e crollò sullo sgabello, dando un
calcio al bancone che fece un rumore sordo e risuonò nella stanza vuota.
Lo avveleno! Con
qualsiasi cosa mi venga a tiro, anche
con le caramelle del distributore!! Pensava continuando a tormentarsi i
capelli che aveva sciolto e infilandoci le mani dentro. Lo frantumo tutto, quel porco arrapato! Come si è permesso…
Eva restò a fissare il lavandino con il bidoncino bianco
semi trasparente di acqua sterilizzata sopra. Quel
coso l’aveva baciata…e lei non era neanche svenuta o collassata o
trapassata nell’aldilà!
Si guardò il braccio con la fronte contratta e le ciglia
inumidite...non aveva niente. Sbottonò la camicetta e
osservò le spalle e il decolleté...nulla. Neanche la più piccola reazione. Che stesse guarendo? Si domandò con la speranza nel cuore di
condurre una vita normale, sebbene sapesse benissimo dentro di se che la colpa
era soltanto sua.
Appoggiò i gomiti sul bancone e tornò a ficcare le mani nei
capelli, ripensando alla faccenda…l’avrebbe avvelenato, quello si… prese il
labbro inferiore fra i denti e sentì un piccolo brivido di piacere che scendeva
ovunque nel suo corpo…arrossì e cercò di non pensarci, ma la mente umana, si sa, fa brutti scherzi e quando t’imponi di non pensare ad
una cosa, eccola che torna e ritorna e ti obbliga a pensarci, come la lingua
che, implacabile, batte sempre sul dente cariato.
Dopo dieci anni, qualcuno l’aveva baciata. Non importa che fosse stato quell’avvoltoio a farlo: qualcuno l’aveva
baciata e lei non era entrata in ‘coma pruritico.’
Si rilassò per qualche breve secondo e sospirò a fondo,
stringendo la radice dei capelli fra le dita. Se fosse
stata un po’ più presente a se stessa, forse sarebbe riuscita a cogliere
qualche altro piccolo particolare di quel bacio.
Qualcosa da ricordare e immaginare in solitudine.
Qualcosa a cui aggrapparsi quando avesse
avuto bisogno di un conforto maggiore di quello che le davano i genitori o le
amiche.
Dopo Mattias non aveva più baciato
nessuno, le era stato fisicamente impossibile avvicinarsi ad un ragazzo, anche
se per molto tempo non ne aveva avuto la benché minima
intenzione, a causa del dolore che le aveva procurato quel disgraziato fedifrago
traditore e dispensatore di belle parole!
Ma il tempo passa, passa veloce o
lento, secondo il nostro stato d’animo. Passa e porta via i ricordi. Aveva
portato via il ricordo di Mattias e le aveva lasciato dentro un gran vuoto. Dieci anni senza contatto fisico o intimo possono anche mandarti al
manicomio, pensò alzando le sopracciglia. Lei
aveva bisogno di ‘sentire’ qualcuno, di toccarlo e
farsi toccare a sua volta.
Sto diventando una
mezza arrapata come quel tipo! Pensò facendo una smorfia diretta a se
stessa.
Eva sapeva dentro di se che non ci sarebbe più stato un tale
contatto intimo fra lei e ‘quella persona’...o
qualunque altra persona.
Come si sbagliava….