Eccoci
arrivati alla seconda parte dell'episodio numero 5!
Devo
sadicamente confessare che sono lieto che questa parte della storia
impressioni, angosci e confonda, perchè è proprio il suo obiettivoXD
Ringrazio di cuore i coraggiosi e pazienti lettori che si sono spinti
fino a questo punto e do loro una dritta. Lo so, questa storia è molto
più bizzarra e complicata delle consuete storie che vengono postate in
questo sito (e comincio a pensare che non sia stata una grande idea
proporla...) tuttavia non pensate, lettori, di dover essere discepoli
di Freud per comprenderla. Come ho già detto in passato
nell'episodio numero 5 ed in quello numero 6 Ataru, Lamù, Shinobu e
Shutaro perderanno completamente il contatto con la realtà, affrontando
una serie situazioni irreali che sono la rappresentazione dei loro
dubbi e delle loro paure, perciò non perdete tempo a farvi domande
sull'assurdità delle situazioni, cercate piuttosto di carpirne il
significato.
Per Kitsune & Achille: le vostre ipotesi sono entrambe
assolutamente corrette e ne sono felice, lo scorso capitolo ha come
fine quello di mettere a nudo i problemi e le insicurezze di Shinobu di
essere (superforza a parte) una ragazza normale, praticamente mai al
centro dell'attenzione, sempre messa involontariamente in ombra da Lamù
e, di conseguenza, disperata di ricevere attenzioni, soprattutto da
Shutaro.
Per Kitsune: domanda legittima la tua e probabilmente di ovvia
risposta, ma una delle tematiche principali di "Torna da
me...Tesoruccio" è: nel regno della mente, potranno prevalere le
emozioni provenienti dal cuore?
Leggete,
leggete!
Episodio
5 (Parte Seconda): Io Non Sono Te Non Sei Me Sono
Sottotitolo:
(Relazioni, Seconda Parte: Il Problema di Perdere Se Stessi)
Interludio
al Diploma
"DIPLOMA
- il premio o l'accettazione di un grado accademico -
CERIMONIA DI CONSEGNA DEL DIPLOMA. Per alcuni...un inizio. Per
altri...una fine. Molti lo vedono come un traguardo; altri, come un
vero e proprio miracolo; e altri ancora, come un sogno che non potrà
MAI realizzarsi! FALLIMENTO! UMILIAZIONE! EVENTUALE POVERTA' E
AUTODISTRUZIONE! Si, tutte queste parole definiscono il diploma!"
esclamò Megane dal podio con esagerato entusiasmo ed eccitazione quella
domenica mattina, la luce del sole splendeva su di lui e veniva
riflessa brillante dai suoi occhiali mentre parlava per conto della
classe di diplomati del Liceo Tomobiki nelle veci di loro
rappresentante
di classe. Era raggiante di orgoglio, fiero di poter fare il suo
discorso davanti ad una moltitudine di abitanti di Tomobiki. Tuttavia,
la maggior parte del pubblico, compresi i diplomati alle sue spalle,
apparvero a disagio di fronte alla maniera con la quale Megane
aveva drammaticamente pronunciato ogni sillaba di ogni parola,
enfatizzando particolarmente le parole, "fallimento," "umiliazione," e
"autodistruzione" con un ruggito di miseria e inequivocabile
sofferenza. E ancora Megane continuò, non toccato dalla reazione del
suo pubblico.
"Tuttavia, per
quanto riguarda me stesso e i diplomati
seduti alle mie spalle, la parola 'diploma' acquisisce un nuovo
significato. Certo, per alcuni, potrà continuare a rimanere un
miracolo, e per coloro che non hanno passato gli esami, rimarrà il
fallimento definitivo, ma per noi il vero significato del diploma ora
è...PERSEVERANZA! Si, è la perseveranza che simbolizza il diploma! Noi
abbiamo dedicato la maggior parte della nostra giovinezza - delle
nostre giovani, patetiche vite - al tirannico sistema educativo,
schiavizzandoci giorno dopo giorno, opprimendoci con il pesante dovere
scolastico. Ma nonostante tutto, in qualche modo, siamo riusciti a
sopravvivere - si, a sopravvivere alla tirannica oppressione del Liceo
Tomobiki - una volta capaci, abbiamo spezzato le nostre catene e ora
dirigeremo le nostre vite verso un ugualmente oppressivo sistema
educativo che fingerà di darci più libertà. Del resto, una falsa
libertà è pur sempre meglio dell'assenza di libertà! E dopo i nostri
sforzi
universitari, ci muoveremo verso il mondo della corporazione
lavorativa,
dove continueremo a essere oppressi. Tuttavia, noi continueremo a
scalare verso la cima finchè non saremo vecchi uomini e vecchie donne,
quasi senili, e allora NOI, NOI STESSI, potremo diventare i tiranni!
Si! Un giorno, in un lontano futuro, noi, noi stessi, diventeremo i
bastardi affamati di soldi e potere di una società nella quale
l'umanità
effettivamente vive, attraverso noi! Però, i nostri stessi giorni di
tirannia non potrebbero esistere se non tramite la nostra stessa
oppressione. Ed è questo rende questo giorno così significativo! Siamo
sopravvissuti a questa oppressione, rappresentata dal
diploma, mentre coloro che hanno miseramente fallito
rimarranno
indubbiamente e definitivamente schiavi per tutta la vita. Ma allora
voglio porvi una domanda - PERCHE' siamo sopravvissuti? E io vi ripeto
- perseveranza! E' la PERSEVERANZA che incarna il diploma.
Perchè
se non avessimo lottato ostinatamente su per il sentiero del successo,
saremmo caduti in un orribile, violento fato di follia e cieca
schiavitù del tirannico sistema..."
"A Megane
viene sempre qualche
crisi isterica ogni tanto..." mormorò Ataru mentre Megane continuava
con il suo
discorso. Poi incrociò le braccia e si appoggiò allo schienale della
sedia.
"Beh, il suo
discorso è un po' deprimente," commentò Shinobu corrucciando le
sopracciglia, incrociando a disagio le braccia.
Ataru fece
spallucce mentre Lamù si sporse su di lui e sussurrò, "Ma questo è,
effettivamente, un giorno deprimente, no?"
Ataru sollevò
un sopracciglio. "E perchè mai?" chiese.
Abbassando
la testa e ponendosi le mani in grembo, Lamù rispose depressa,
"Beh,
questa sarà l'ultima volta che ci vedremo. Dopo di che-"
"Questo non
è vero," la interruppe Ataru con praticità. "Non ci perderemo di vista
più
di tanto. Voglio dire, io e te andremo nella stessa scuola, Lamù, e per
quanto riguarda gli altri...beh, la maggior parte di loro non lascerà
nemmeno il Giappone."
"Come fai a
essere così cinico, Tesoruccio?!" dichiarò Lamù in oltraggio.
"Cosa? Saremo
ancora tutti vicini," contestò Ataru, "Non è chissà quale tragedia."
"Non Shutaro,"
disse mogia Shinobu fissando il pavimento con occhi tristi. "Lui andrà
in una scuola in America..."
"Oh,
già, me ne ero quasi dimenticato..." disse Ataru aggrottando le
sopracciglia. Poi diede una scrollata di spalle e incrociò le mani
dietro la testa. "Oh, beh; è solo Mendo, comunque."
"PARASSITI!"
urlò Megane, tanto che Ataru, Lamù, Shinobu e l'intera classe di
diplomati quasi saltarono fuori dalle loro sedie. "Come parassiti noi
infestiamo questa terra, alla ricerca di un qualche tipo di SCOPO nella
nostra pietosa esistenza. E non ne abbiamo ancora trovato nessuno!
INTRAPPOLATI - INTRAPPOLATI in un infinito circolo di fato miserabile!
Correndo e correndo come penosi RATTI, per non riuscire mai a fuggire!
E perchè? Perchè dobbiamo soffrire così? Perchè non ci permettono di
scappare?" Megane sprofondò nel podio, singhiozzando su un braccio. Gli
altri lo fissavano, i loro volti distorti in orrore e confusione.
"Maledetti,
ecco! Maledetti tutti!" la rimbombante voce di Megane tornò a lui
mentre si raddrizzò sul podio. "Ma noi abbiamo persistito! E
presto NOI metteremo LORO in gabbia! Si, gabbie con delle ruote! E loro
correranno all'infinito in queste ruote schiavizzati dal sistema di
oppressione! E' QUESTA la vitale essenza del diploma!"
Sollevò le
mani al cielo aspettandosi un'esplosione di applausi.
Tuttavia,
tutto quello che seguì fu solo un lungo, scomodo silenzio. Megane
rimase pietrificato per un momento prima di sbattere le
palpebre,
abbassando le braccia, e schiarendosi la gola. "Ehm, si, beh...per
concludere, vorrei personalmente ringraziare qualcuno che, grazie alla
sua presenza, rende tutte le cose possibili! Senza di lei, io
sicuramente avrei fallito come avrebbe fallito tutto il resto del corpo
studenti, condannando noi stessi ad un'eternità di dolore e
umiliazione! Ma, grazie a Dio, lei è scesa nella nostra piccola,
insignificante cittadina per salvarci tutti dal nostro desolato
avvenire! Perciò grazie, Lamù, per averci risparmiato dal tormento e
dalla sofferenza! Tu sei la ragione del mio successo e del successo di
tutte le cose! E tu, Lamù, sei la ragione per la quale il diploma
esiste!" Ci fu uno scoppio di applausi e ovazioni mentre Lamù sorrise
con modestia.
Dopo
che l'applauso terminò, lo sguardo di Megane rimase posato su Lamù per
un lungo momento di nostalgia prima che decidesse di forzare se stesso
a voltarsi nuovamente verso il suo pubblico. "Ora," iniziò, "Anche se
siete già tutti CHIARAMENTE consci del vero
significato del
diploma - oppressione, schiavitù, tirannia, e più di tutto,
perseveranza per diventare quei tiranni che opprimono e schiavizzano -
vi presento lo studente incaricato a svolgere il discorso di commiato,
Shutaro Mendo, che TENTERA' di dire qualcosa di altrettanto profondo e
significativo che possa reggere il confronto con il mio elegante
discorso. Non siate troppo
duri con lui, tuttavia, se non sarà in grado di riuscire a descrivere
gli orrori del sistema educativo bene quanto me." Gesticolò in
direzione di Shutaro. "Mendo."
Ci fu un
tripudio di applausi mentre Shutaro si alzò con orgoglio, sorridendo
presuntuosamente, e avanzando deciso.
Ataru
sbuffò derisorio. "Grandioso..." brontolò sarcasticamente.
"Un'altra occasione che gli permetterà di darsi delle arie."
"Su, non puoi
dire che un po' non se lo sia meritato..." contestò Shinobu e
Ataru si limitò a sbuffare di nuovo.
Shutaro
diede a Megane uno sguardo di aperto disgusto e perplessità quando lo
incrociò e prese posto sul podio con un sorriso. "Famiglia, amici,
facoltà," iniziò con aria dignitosa mentre gli applausi
diminuirono. "Da parte dei diplomati alle mie spalle, vorrei
ringraziare tutti voi. Non solo per la partecipazione alla cerimonia di
questa mattina, ma per il supporto, la dedizione, e la forza che ci
avete conferito nel corso degli anni. Senza di questi, non saremmo mai
arrivati così lontano. Vorrei inoltre estendere il mio apprezzamento a
quei diplomati dietro di me che sono stati sia miei amici, che miei
compagni durante questo lungo cammino."
Ataru quasi
scoppiò a ridere forte. "Se non è il più grosso mucchio di stronzate
che abbia mai sentito!" esclamò.
"Beh...almeno
lo ha detto bene," rispose Shinobu, aggrottando le sopracciglia. Poi
sbirciò un po' in direzione di Shutaro e aggiunse, "E con un bel
sorriso, oltretutto."
Shutaro esibì
un altro sorriso bonario al pubblico.
"Questa parte delle nostra vita è giunta al termine," continuò. "Ma
questo non vuol dire che il nostro viaggio sia terminato. Anche se
saremo costretti a separarci per percorrere strade diverse, noi
proseguiremo fino a che avremo realizzato i nostri stessi destini.
Tuttavia, senza i ricordi degli amici che abbiamo incontrato o delle
preziose lezioni che abbiamo imparato, noi non avremmo mai-"
Il
Caso di Shutaro Mendo (Il Progetto Shutaro Mendo)
E'
buio! ho paura!" urlò istericamente Shutaro agitando follemente la sua
katana a destra e a manca mentre correva nelle tenebre. "Ho paura del
buio! Ho paura del buio! Ho paura del - uh?" Si bloccò all'improvviso,
per notare che si trovava di fronte ad uno specchio, e vide il
suo riflesso, con katana brandita sopra la testa e tutto il resto.
Abbassò allora la katana e la reinfoderò. Poi, con un
sorriso, esaminò orgogliosamente la sua immagine riflessa nello
specchio. "Non male," commentò compiaciuto.
Voltando
lievemente la testa di lato per avere una buona visuale del suo
profilo, scorse un altro specchio con la coda dell'occhio. Curioso, si
voltò completamente per scoprire, infatti, che si trattava di un intero
corridoio di specchi. "Che strano..." Riportò poi lo sguardo sul primo
specchio.
Tuttavia, con
sua avversa sorpresa, scoprì che il suo riflesso non era più lì. "Ma
che..." domandò fissando lo specchio e
ponendoci sopra entrambe le mani.
Continuando a
non vedersi
riflesso, strinse gli occhi e passò davanti agli altri specchi del
corridoio. Ma nessuno conteneva il suo riflesso. Dopo aver percorso un
buon tratto di corridoio e guardato in dozzine di specchi, Shutaro si
fermò. Guardò alle sue spalle da dove era venuto per poi riportare lo
sguardo verso dove era diretto. Entrambe le vie gli sembravano senza
fine. E Shutaro corrugò la fronte in confusione e perplessità.
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Shutaro
corse dentro la stanza per trovare riparo dalla pioggia, scrollando le
braccia per cercare di asciugarle più velocemente. Poi si guardò
attorno e scorse un gruppo di persone - molte delle quali di sua
conoscenza - vestite di nero mentre una bara circondata di
fiori era posta in
fondo alla stanza. "Mmmh...dev'essere una veglia," decise Shutaro e,
con imbarazzo, abbassò lo sguardo al suo inadeguato vestito bianco.
Tuttavia, si
avvicinò comunque e presto scorse Lamù e Ataru seduti in seconda fila.
"Moroboshi,"
disse, poi fece un sorriso alla bella Oni e la salutò, "Lamù." Lei
rispose al sorriso meglio che potè mentre Ataru non si degnò nemmeno di
alzare
lo sguardo.
"Ehi, Mendo,"
disse Ataru. "Sei in ritardo."
"Non sapevo
che ci fosse una veglia," rispose, prendendo posto di fianco ad Ataru.
Ataru fece una
risatina tagliente. "Come facevi a NON saperlo?"
"Stai
zitto, Moroboshi," rombò Shutaro lanciandogli un'occhiataccia furiosa.
Poi, dopo un momento, domandò, "Per chi è la veglia?"
Ataru
allora scoppiò a ridere e Lamù lo guardò con un'aria di rimprovero.
"Tesoruccio! Non essere così crudele!" Lamù guardò compassionevolmente
Shutaro e gli disse "Mi dispiace, Shutaro. Mi dispiace tantissimo."
"Beh,
io dico-che liberazione!-" dichiarò Ataru. "Non vedo davvero l'ora che
questa veglia sia finita! Poi sarà finalmente reso ufficiale!"
"Tesoruccio!
E' una cosa orribile da dire!" lo sgridò Lamù e poi disse a
Shutaro, "Sono sicura che Tesoruccio non parla sul serio, ma tu sai
com'è fatto...anche se, devo dire che sono contenta che sia capitato a
qualcun altro e non a Tesoruccio...cioè...onestamente, ora che ci
penso, credo che io stessa avrei scelto quella persona come prima ad
andarsene di tutti noi, considerando, insomma..."
"Insomma,
cosa?" chiese Shutaro.
Ma
Lamù semplicemente abbassò lo sguardo sulle proprie ginocchia,
un'espressione colpevole negli occhi. "Faresti meglio ad andare a
rendere l'ultimo omaggio, Shutaro, prima che sia troppo tardi..."
"Già;
probabilmente sarai l'unico a farlo, in ogni caso!" aggiunse beffardo
Ataru iniziando a ridere a squarciagola, tutto il resto degli ospiti
della veglia si unì a lui.
Shutaro
corrugò le sopracciglia,
sentendosi improvvisamente davvero a disagio mentre gli altri ospiti
continuavano a ridere crudelmente. Si alzò comunque in piedi, e si
incamminò lentamente e con cautela verso la bara per rendere il suo
ultimo omaggio come Lamù gli aveva suggerito. Ma vi era Shinobu davanti
alla bara, come se stesse di proposito cercando di sbarrargli la
strada. Lei aveva le braccia incrociate e lo fissava con
bruciante odio; era uno sguardo che Shutaro non le aveva mai visto
rivolgergli prima, e rimase sorpreso di vederlo ora. "Shinobu?" chiese
" Cosa-"
"Non
aspettarti che io provi compassione per te," lo
interruppe bieca Shinobu deridendolo con disprezzo. "Non mi sei mai
piaciuto; non sei mai piaciuto a nessuno - eccetto che a te stesso,
ovviamente. Del resto che ti aspettavi? Sono stata io a buttarti di
sotto, in fondo. Non che non te lo sia meritato."
"Buttarmi di
sotto?" domandò in confusione mentre Shinobu si scostò di
lato
per permettergli di vedere. Gli occhi di Shutaro si spalancarono e
la sua bocca si aprì per parlare, ma nessun suono ne uscì. La risata
degli altri
ormai gli bruciava nelle orecchie e lui desiderò disperatamente che
finisse, non trovando però la forza di coprirsi le orecchie. Al
contrario, digrignò i denti e serrò i pugni , insicuro se arrabbiato
con se stesso o con tutti gli altri intorno a lui. Lanciò un'occhiata
di disprezzo alla bara dove vide se stesso giacere, così sereno, e
bello - e morto.
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"Shinobu!
Shinobu, ti prego, apri la porta," chiamò Shutaro, battendo il pugno
contro la porta.
"Un
giorno?!" giunse la feroce voce di Shinobu dall'altro lato della porta
e Shutaro si fece piccolo. "Come hai potuto dire - un giorno-?!"
"Beh, io...io
non intendevo nel senso che hai capito, Shinobu!" rispose
disperatamente Shutaro. "Quello che intendevo era-"
Improvvisamente,
Shinobu spalancò la porta e pretese furiosamente, "Dillo, allora!"
Shutaro
si imperplessì nervosamente notando la rabbia negli occhi di lei ,aveva
una vena gonfia sulla tempia sinistra. "Dire cosa?" chiese con
esitazione.
"Dì che mi
ami!"
"Ecco...uh...io..."
balbettò Shutaro
arrossendo, e Shinobu emise un urlo, sbattendogli nuovamente la porta
in faccia. "Shinobu!" la supplicò.
"Idiota!"
sbraitò Shinobu mentre l'espressione di Shutaro si fece disperata.
"Per favore,
Shinobu, lo stavo per dire," insistè Shutaro. " E' solo che non mi hai
dato abbastanza tempo per-"
"Non
dovresti aver bisogno di tempo!" lo interruppe lei "Dovrebbe essere
automatico!" Shutaro la sentì emettere un lungo gemito prima che la
ragazza
scoppiasse in singhiozzi.
"Shinobu..."
disse piano Shutaro, poi
pose la mano sulla maniglia, girandola lentamente e aprendo
la porta. "Shinobu..." La vide, giaceva sul letto piangendosi sulle
braccia e distolse lo sguardo da lei, colpa e vergogna lo aggredirono
pungendogli gli occhi e la gola. La mano gli cadde dalla maniglia e
ciondolò immobile lungo il suo fianco, i singhiozzi di Shinobu
furono l'unico suono che i due condivisero.
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"Tu ami
Moroboshi, non è vero Lamù?" domandò Shutaro mentre lui e
Lamù camminavano lungo la strada affollata e soleggiata.
Lamù
annuì vigorosamente leccando il suo gelato. "Oh, certo! Io
amo Tesoruccio!" rispose la ragazza con un sorriso gioioso. "Lo amerò
sempre!"
"Sempre?"
chiese lui, annuendo. " Capisco..."
"Perchè me lo
chiedi?"
"Per
nessuna ragione in particolare," rispose Shutaro guardando altrove.
"Dove altro vorresti andare, Lamù, durante il nostro appuntamento?"
"Mmh..."
ponderò Lamù per un momento per poi sorridere e suggerire, "Beh,
Tesoruccio ed io a volte andiamo al parco. O in spiaggia! Oh, e lo
scorso fine settimana siamo andati a vedere un bel film insieme.
Tesoruccio sosteneva che era noioso, ma io l'ho trovato davvero
romantico. Ma Tesoruccio è fatto così, sai com'è. O forse potremmo
andare a pattinare insieme! Tesoruccio e io adoriamo andare a pattinare
insieme; ci divertiamo moltissimo e lui è così buffo quando cade. Non
si fa mai male sul serio, certo, perchè se così fosse impazzirei! Sei
mai andato a pattinare, Shutaro? Una volta
dovresti venirci con me - e Tesoruccio, ovviamente!"
"Già...e
Moroboshi..." disse Shutaro con voce spenta, aggrottando le
sopracciglia.
"O forse ci
potresti andare con Shinobu," offrì Lamù.
"Shinobu?"
domandò Shutaro alzando lo sguardo leggermente impaurito.
"Lei ti piace,
non è vero?"
"Si, certo che
mi piace Shinobu..."
"Oh,
guarda, è Tesoruccio!" esultò Lamù, cambiando discorso, agitando la
mano, scorgendo improvvisamente Ataru camminare tra la folla. Lei rise
felicemente e si voltò verso Shutaro con occhi luccicanti e un sorriso
allegro. "Che sorpresa! Beh, è stato divertente, Shutaro; grazie per il
gelato!" Gli fece un altro sorriso prima di volare via, lasciando
cadere il gelato per terra, e Shutaro emise un sospiro mentre la
osservò aggrapparsi al braccio di Ataru con un'espressione felice sul
viso, e sapeva che era tutto inutile, dopo tutto, e che avrebbe dovuto
saperlo invece di pensare che non lo fosse.
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Shutaro
si ritrovò circondato da bellissime donne, dozzine di femmine
abbigliate in abiti stravaganti e sontuose acconciature, tutte che
ridevano e che discutevano e che guardavano verso di lui, disperate di
ricevere anche solo uno sguardo dal ragazzo, e arrossendo
selvaggiamente ogni qual volta quest'ultimo lanciasse loro un sorriso.
"Oh, Shutaro, sei così meraviglioso!" disse una di loro amorevolmente.
"E così
bello!" aggiunse un'altra.
"E così
ricco!" si intromise un'altra ragazza, poi tutte loro risero
imbarazzate.
Shutaro
rise a sua volta, fingendo di apparire modesto, non
riuscendoci
per niente, e rispose, "Andiamo, ragazze, non sono COSI' perfetto..."
"Ma tu
lo sei, Shutaro!" protestò una quarta ragazza, scuotendo la testa in
orrore al solo pensiero che lui non lo fosse.
"Perfetto
sotto ogni aspetto!" squittì una quinta con enfasi e di nuovo tutte le
ragazze risero suadenti.
Shutaro
si passò una mano tra i capelli, con occhi brillanti e un sorriso
attraente. "Beh, se proprio ne siete così convinte..." Fece un'altra
risata e le tutte ragazze risero unendosi a lui. Quando la sua risata
lentamente si spense, i suoi occhi scorsero Shinobu camminare, passando
davanti al gruppo di ragazze e a lui, sorridendo serenamente
indossando una sobria gonna e una camicetta mentre guardava
avanti, non sembrando notare Shutaro o la folla di
belle donne. Shutaro battè gli occhi in sorpresa e poi si rivolse alle
ragazze, dicendo loro, "Scusatemi solo per un secondo..."
Ci
furono gemiti di protesta quando Shutaro si fece strada tra la folla
mentre le ragazze lo supplicavano di non andare, piangendo, "Resta,
Shutaro! Non andartene!"
Ma Shutaro le
ignorò cercando in qualche
modo di divincolarsi da loro, le loro mani gli artigliavano le braccia
tentando di trattenerlo. Finalmente liberatosi, vide Shinobu a pochi
metri di distanza che passeggiava con passo spedito. "Shinobu! la
chiamò iniziando a seguirla."Shinobu, aspetta!"
Shinobu si
fermò e si voltò verso di lui con curiosità, domandando, "Posso
aiutarti in qualche modo?"
"Volevo solo
chiederti scusa, Shinobu," iniziò Shutaro, "Per-"
"Aspetta, ci
siamo già visti da qualche parte, vero?" chiese lei con un sorriso
interrogativo puntandogli un dito contro. "La tua faccia mi è in
qualche modo familiare."
"Uh?" Shutaro
la fissò per un lungo
momento, sorpreso e senza parole. Poi, realizzando cosa aveva
appena detto la ragazza, la faccia gli si fece rossa per l'imbarazzo.
Facendo un
passo verso di lei, cercò finalmente di dire, "Shinobu, sono-"
"No,
aspetta! Lasciami indovinare!" lo interruppe con una risatina.
Portandosi un dito al mento, Shinobu disse, "Vediamo...lavori qui
vicino? No, non può essere...almeno, non penso. Vero?"
"No," rispose
Shutaro, seriamente confuso. "Voglio dire, io-"
"O
forse ti ho già visto nei pressi del parco!" ponderò con eccitazione
Shinobu, ignorandolo. "Mi ricordo di aver incontrato un ragazzo carino
al parco lo scorso weekend." Ma subito scosse la testa e aggrottò le
sopracciglia. "No, non penso fossi tu. Il ragazzo che ho incontrato
era molto più bello di te, senza offesa, ovviamente." E gli fece un
innocente sorrisetto.
"Più bello? Di
me?" domandò Shutaro con la voce colma di orrore al semplice pensiero.
"Sinceramente,
ora che ti guardo bene, tu non sei molto bello," commentò Shinobu
tranquillamente squadrandolo da capo a piedi portandosi nuovamente il
dito sul mento. "Insomma, non dico che tu sia INGUARDABILE..."
Shutaro
fremette di rabbia. "Cosa intendi per inguardabile?" esclamò
furiosamente.
"Beh,
non intendevo in senso CATTIVO," insistette Shinobu. "Non dovresti
prendertela così." E Shinobu fece una benevola risata rivolgendogli un
sorriso caloroso.
Ma Shutaro
scosse la testa. "Non è questo il
punto, comunque!" urlò lui, afferrandola per le spalle. "Come puoi non
riconoscermi?! Sono io! Shutaro!"
"Shutaro...?
Mmmh..." si chiese
Shinobu ad alta voce. "Mi ricorda qualcosa." Poi sorrise e disse, "Lo
so! Probabilmente ci siamo visti a scuola, vero? Lei sorrise
speranzosa, ma Shutaro corrugò la fronte in delusione. Anche Shinobu
assunse un'espressione leggermente delusa e poi chiese, "Neanche?"
"Beh...in un
certo senso è così..." mormorò lasciandole le spalle.
"Okay, allora
ci vediamo a scuola...uhm...come hai detto di chiamarti?" Gli domandò
la ragazza e Shutaro fece un sospiro.
"Shutaro,"
rispose lui cupo e Shinobu sorrise.
"Giusto!
Shutaro! Cercherò di ricordarmelo la prossima volta!" gli disse ridendo
per l'imbarazzo. "Bene, arrivederci, Shutaro," disse lei iniziando ad
allontanarsi, agitando una mano per salutarlo. "Forse potremmo, non lo
so, vederci in giro qualche volta."
"Arrivederci...Shinobu..."
le
rispose abbattuto Shutaro mentre la osservò andarsene senza
neanche voltarsi per vederlo rivolgerle un lieve saluto con la mano.
Non appena Shinobu scomparve dalla sua vista, Shutaro incrociò le
braccia e sbuffò accigliato, fissando seccato la strada, arrabbiato
con se stesso per essersi reso ridicolo in quel modo e con Shinobu per
averglielo fatto fare.
"Sai, Mendo,
penso che tu stia prendendo
tutta questa faccenda un po' troppo seriamente," parlò improvvisamente
una voce familiare e Shutaro alzò lo sguardo per vedere Ataru in piedi
a un paio di metri di distanza, appoggiato con la schiena al muro di
uno degli edifici. "Guarda che nessuno qui ti odia. Almeno, io non ti
odio; ho sempre pensato che fossi tu ad odiare me."
E Shutaro
grugnì e distolse lo sguardo da Ataru con disgusto, replicando
freddamente, "Questo perchè sei un idiota, Moroboshi."
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Shutaro
guardò verso il cielo, azzurro e brillante, i raggi del sole
splendevano come oro attraverso esso, per poi illuminare il resto della
vallata che lo circondava. Presto scorse Shinobu, inginocchiata davanti
ad una lapide insieme ad un uomo dai capelli rossi. Strinse gli occhi,
cercando di identificare meglio l'uomo, ma presto vi rinunciò. I
suoi occhi si posarono nuovamente su Shinobu e la lapide. "Immagino di
essere morto davvero, allora...mmh." disse facendo spallucce con
noncuranza. "Almeno Shinobu non mi odia più," aggiunse poi con un
sorriso.
Ma quel sorriso si spense poco dopo quando disse, "Tuttavia, vorrei non
averla fatta piangere...ho sempre odiato vedere una donna piangere..."
Subito
dopo riportò lo sguardo verso il cielo per vedere una sorridente
Shinobu fluttuare sopra di lui con bianche ali luccicanti d'oro,
come se fosse un angelo.Shutaro le fece un affascinante sorriso.
"Bene, se insisti, mia cara," disse, inchinandosi cortesemente,
"Suppongo allora di non avere altra scelta che rimanere qui con te.
Dopo tutto, sono un gentiluomo, e un gentiluomo non volta mai le spalle
ad una fanciulla, Shinobu, specialmente ad una fanciulla per la quale
provi grandi sentimenti, anche se ancora non sa di che tipo di
sentimenti si tratti."
E
poi cadde all'indietro, sull'erba della bellissima, solitaria vallata.
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