13
Erano
diverse ore che Winston e Lisa frugavano tra i fogli di Simum. Al
commissariato li avevano avvertiti della morte dell'ispettore e
avevano messo a loro disposizione tutto il materiale che questi aveva
raccolto sul caso. L'ispettore aveva lasciato tutto in disordine: non
aveva ancora archiviato nulla e si fecero l'idea che quel tipo amasse
lavorare tenendo tutto a mente, senza segnarsi nulla, se non
l'indispensabile. L'intero caso era riassunto in pochi fascicoli, in
cui erano riportate deposizioni o documenti notarili, informazioni
sui viaggi di Kurtag, la sua condizione economica, i suoi trascorsi
giovanili... nulla che potesse illuminarli su quanto era avvenuto la
sera che era stato ucciso, né sulla pietra che Nadia aveva con
sé.
«Non
troveremo niente, qui» lamentò Winston, passandosi le
mani nei capelli e sbuffando sonoramente. «L'unico che avrebbe
potuto dirci qualcosa era Simum stesso. Ma è morto e si è
portato i suoi segreti nella tomba.
«Forse
se continuiamo a cercare...» fece Lisa, frugando dentro uno
scatolone che le era stato portato da poco da un agente in divisa.
«No,»
replicò secco lui «è tutto inutile. Dovremmo
cercare le informazioni in un altro modo. Forse...
«Scusate,
cercavo l'ispettore Peter Simum».
Winston
si volse a guardare la persona che si era appena affacciata alla
porta. Era una donna sui quarant'anni, sottile e curva, i lisci
capelli screziati di grigio abbandonati sulle spalle senza molta
cura, ad incorniciare un viso non brutto, ma lievemente allungato e
incavato.
«Chi
lo cerca?» le domandò Winston, stringendo gli occhi.
«Sono
la professoressa Call, insegno lettere antiche al King's College. Ero
collega di Andrés Kurtag. Ho terminato la traduzione del
testo, come mi era stato chiesto».
«É
stato l'ispettore a darglielo?» chiese lui, alzandosi e
fissando il volume che la donna stringeva tra le mani. Lei prese a
guardarlo con sospetto.
«No,
me lo ha dato un uomo del commissariato».
Winston
si avvicinò, tendendo le mani. «Lo dia pure a me, sono
l'assistente dell'ispettore».
«Simum
non c'è?» domandò la donna, stringendo al petto
il volume. Winston represse un moto di stizza.
«No,
al momento è fuori. Ma me ne occuperò io».
La
donna sospirò, ma alla fine parve convincersi.
«Va
bene, che mi importa» disse, alzando le spalle. «Dovevo
riferire alcune cose all'ispettore, ma...»
«Dica
pure a me» fece Winston, con un sorriso. Lei strinse le labbra,
poco convinta.
«Il
testo è una raccolta di dati riguardanti una civiltà
antica, di cui non conosco molto, a dir la verità»
riferì. «Ma non credo che la cosa le interessi... Ho
riportato tutto in un fascicolo a parte, ecco sì, proprio
quello. Forse potreste chiedere delucidazioni al professor Bennet, è
uno specialista in antichità, insegna archeologia, lui e
Kurtag erano molto amici, sa...»
Winston
alzò le mani a frenare la donna. Lei si fermò a
guardarlo, stupita.
«Professoressa,
Call» fece lui, conciliante «non è che potrebbe
esporci brevemente quanto ha scoperto? Gliene saremmo davvero grati».
Lei
drizzò il busto, irrigidendosi. Si sistemò gli occhiali
sul naso appuntito e aprì il volume.
«Kurtag
fa spesso riferimento a un nome...» disse seccamente, mentre
scorreva le pagine a cercare il punto che le interessava. «Ecco:
i Viracochas. Sono tutte note di Andrés su iscrizioni
precolombiane da lui trovate, riguardanti questa popolazione...
almeno fino a un certo punto. Poi, tutto cambia.
Winston
e Lisa la fissarono incuriositi».
«In
che senso?» domandarono praticamente insieme. La donna li
fissò, inarcando le sopracciglia.
«Ecco,
a un certo punto il testo comincia a concentrarsi su alcune leggende
legate a questa popolazione, e a qualcosa che Kurtag continuava a
chiamare le
Quattro Arche».
Winston
socchiuse gli occhi. «Continui» fece.
«Le
note proseguono incentrandosi su quella che penso sia una figura
mitologica, ma non saprei dirle... sa, non sono un'esperta...
comunque Kurtag la definisce "la
Regina"
e ne parla come di un personaggio realmente esistito. Stando a quanto
scritto qui, dovrebbe essere colei che ha il potere di risollevare le
arche, decretando la fine dell'umanità. Dice proprio così,
risollevare. È strano, non trova anche lei?»
«Nient'altro?»
domandò Winston, teso. «Nessun riferimento a una pietra,
o qualcosa del genere?»
«No»
rispose lei, sporgendo in fuori il labbro. «Tutte le pagine
sono dedicate alla figura della Regina, a parte una pagina dove
compaiono alcune annotazioni riguardanti la signorina Ra Arwol, ma è
roba di poco conto. Alcune notizie su di lei e la sua storia... sa,
era un'amica di Kurtag» fece la donna, con un certo tono
sarcastico. «Non capisco cosa ci vedesse, in quella ragazza.
Era praticamente fissato per lei. Quando veniva a trovarlo, non c'era
più per nessuno. Comunque...» riprese, ostentando una
certa ritrosia «quella contenuta qui mi pare una delle tante
leggende millenaristiche, di quelle che si trovano un po' in tutte le
culture, sparse in giro per il mondo... è strano che un uomo
come Andrés Kurtag perdesse tempo dietro a simili sciocchezze,
ma in fondo, chi sono io per giudicare?» fece, strizzando il
volto secco in una smorfia significativa. «Oh, dimenticavo»
riprese. «Le ultime pagine sono strappate. Non ho potuto
leggere oltre questo punto».
Winston
prese il volume dalle mani della donna e lo sfogliò. La grafia
elegante di Kurtag prese a scorrergli davanti agli occhi, in una
serie infinita di segni e parole indecifrabili.
«Di
che parlavano le note, appena prima delle pagine strappate?»
domandò, alzando distrattamente gli occhi sulla donna. Lei si
passò una mano sul viso.
«Ecco,
non ricordo bene, ma ho scritto tutto nel fascicolo che ho allegato.
Comunque...» disse, facendosi meditabonda «ricordo che
compariva spesso un nome, il nome di una città che Kurtag
riteneva fondamentale, perché credeva avesse un qualche legame
con questa fantomatica Regina».
«Si
ricorda qual era il nome della città?» fece Winston,
speranzoso.
«Credo
fosse... Tarsi, o una cosa del genere...»
«Tartesso,
forse?» intervenne Lisa. La donna si illuminò in volto.
«Esatto!
Proprio quella» fece. «Ma lei come fa a saperlo?»
«Già»
disse Winston, fissando la ragazza intensamente. «Come fa a
saperlo?»
«Pensate
di avere ancora bisogno di me?» domandò la donna.
«Perché in caso contrario...»
«Vada
pure, professoressa Call» la congedò Winston con un
sorriso. «Lei ci è stata davvero di grande aiuto».
La
donna si allontanò con un sorriso incerto, incamminandosi
lungo il corridoio e mantenendosi rasente al muro, come un'ombra. Non
appena fu sparita alla vista, Winston chiuse la porta, voltandosi ad
affrontare Lisa. Lei lo fissava tormentandosi le mani, sul volto
un'espressione ansiosa.
«Come
faceva a sapere quel nome?» domandò lui, deciso.
«Me
lo disse Nadia» rispose lei, sollevando gli occhi. Sembrava
davvero preoccupata. «È il nome della città in
cui è nata».
«Cosa?»
Winston
abbassò lo sguardo sul libro, che teneva ancora tra le mani.
Quindi lo girò e lo mise sotto il braccio, restando per un
attimo a fissare nel vuoto.
«Si
ricorda il nome della persona che la sua amica voleva contattare?»
fece lui, all'improvviso. «Doveva trattarsi di un amico di
Kurtag, non è così?»
Lisa
si mise a pensare, corrugando le sopracciglia. «Sì,»
disse alla fine, dopo un attimo di riflessione. «So che era con
lui quando è stata trovata la pietra...»
«E
saprebbe dirmi il suo nome? Nadia non gliel'ha detto, forse?»
Lisa
si strinse nelle spalle. «Penso... Garland...no! Garrett.
Hanson Garrett. Ecco, ora ricordo!»
Winston
sorrise, stringendo delicatamente la spalla di Lisa.
«Conosce
un luogo sicuro in cui andare?» le chiese. Lei annuì.
«Bene.
Ecco il mio biglietto da visita. C'è il mio recapito
telefonico. Appena si sarà sistemata, mi chiami».
«Lei
dove va?» domandò lei, ansiosa.
«Devo
recarmi in un posto, e stavolta non posso portarla con me. Ma lei mi
chiami appena può. Se non mi trova, lasci un messaggio. Verrò
a riprenderla appena mi sarà possibile».
Lisa
annuì. Abbassò gli occhi giusto il tempo necessario a
guardare il biglietto da visita. Quando li rialzò, Winston era
già sparito.
***
Winston
percorse il corridoio a passi veloci. Sentiva le suole di cuoio
scivolare a contatto con il marmo roseo del pavimento, mentre l'eco
dei suoi passi rimbombava tutto intorno a lui. Arrivato davanti alla
grande porta di quercia, bussò energicamente. La solita voce
roca e conosciuta scivolò oltre la porta, invitandolo ad
entrare.
Trovò
il Reggente che lo attendeva come al solito, seduto alla sua pesante
scrivania e avvolto nel fumo del suo sigaro. Quando Winston entrò,
l'uomo sollevò lentamente gli occhi dai fogli che teneva
davanti; quindi si raddrizzò, riducendo gli occhi a due
fessure.
«Churchill»
esclamò, sorpreso. «Già di ritorno? Cosa
succede?»
«Il
Ministro della Difesa è morto» disse Winston, portandosi
davanti alla scrivania e scattando sull'attenti. «Si è
suicidato».
L'uomo
sbiancò. «Come?»
«Era
un membro dell'Ordine. Si è ucciso prima che potessimo
interrogarlo. Ma non è tutto. Ho capito chi è il
traditore. Si tratta di Fisher. È lui l'uomo: ha passato tutte
le nostre informazioni all'Ordine, prima di sparire».
«Fisher?»
obiettò il Reggente. «Ma non può essere... Fisher
è...» l'uomo lanciò a Winston uno sguardo
indagatore. «È ancora vivo, non è così? Ed
è da qualche parte, con la pietra» concluse. Winston
annuì, in silenzio.
Il
Reggente si lasciò sprofondare nello scranno. Se ne stava a
bocca aperta, incapace di articolare anche il minimo suono.
«Santo
dio...» fece.
«Prima
di morire, il Ministro ha nominato "la
Regina".
Le dice qualcosa?»
Il
Reggente spostò gli occhi sul volto di Winston.
«Non
può essere» disse, incredulo. «Cosa ha detto,
esattamente?»
«Che
è qui, tra noi».
Il
Reggente restò a fissare avanti a sé con gli occhi
sbarrati. Quindi girò lo scranno e si alzò in piedi.
Sembrava reggersi a fatica, e dovette appoggiarsi alla scrivania per
sostenersi.
«È
qui» mormorò. «Lei è viva, ed è
qui...»
«Ho
trovato questo» disse Winston, mostrando il volume di appunti
di Kurtag, che teneva ancora sotto il braccio. Il Reggente non sembrò
nemmeno vederlo. «Contiene le ricerche di Kurtag riguardo a un
popolo chiamato Viracochas. Parla di qualcosa come le
Quattro Arche.
Ma nomina anche la Regina... sembra che il professore avesse capito
dove si trovava».
Il
Reggente si volse a guardarlo. Aveva il volto stravolto e Winston
temette quasi di vederlo dissolversi da un momento all'altro, tanto
si era fatto sottile e pallido.
«Dove?»
domandò semplicemente, ma con grande fatica.
«Tartesso»
fece Winston. Il
Reggente mosse gli occhi umidi, come a cercare qualcosa lì
intorno. «Tartesso» ripeté in un soffio.
«Tartesso...»
«Signore»
intervenne Winston. «Non so cosa questo voglia dire, ma credo
di sapere chi è la Regina».
Il
Reggente si riscosse come da un sogno. Prese a fissare Winston
incredulo.
«È
Nadia Ra Arwol».
«La
donna di Fisher?» esclamò il Reggente, perplesso. «E
sulla base di cosa è arrivato a questa conclusione?»
«È
nata a Tartesso» rispose Winston, accalorandosi. «Viaggia
con Fisher, ha con sé la pietra. Ecco perché l'Ordine
non si è ancora sbarazzato di lei, perché è lei
la Regina. Credo che Kurtag l'avesse capito e perciò avesse
cercato di occultare la sua scoperta. Ha strappato le pagine in cui
tutto questo emergeva con chiarezza, probabilmente perché
sperava di proteggere la ragazza. E poi ha nascosto la sua identità
anche a noi. Doveva volerle molto bene, per venir meno ai protocolli
del consiglio».
«L'ha
fatto perché sapeva cosa rischiava» fece il Reggente,
scuro in volto. «Tutto questo tempo passato a cercarla»
mormorò. «La credevamo morta anni fa... e invece era
qui, accanto a noi. Era qui e Kurtag lo sapeva, e ce l'ha tenuto
nascosto... a tutti...»
L'uomo
si passò una mano sulla fronte, emettendo un lungo lamento.
Winston, temendo che si sentisse male, gli corse accanto, a
sorreggerlo. Lo aiutò a sedere e gli versò un bicchiere
d'acqua, prendendolo dalla caraffa posata su un lussuoso vassoio
d'argento che il Reggente teneva su un mobiletto, poco lontano dalla
scrivania. L'uomo portò il bicchiere alla bocca con mano
tremante, e bevve avidamente. Quindi chiuse gli occhi, per riaprirli
solo dopo molto tempo.
«Se
quello che dice è vero,» fece lui, la voce più
ferma e decisa, ma con qualcosa di malato che ancora permaneva in
essa «la fine è vicina. Se non troviamo Nadia Ra Arwol
al più presto, l'umanità è destinata a
soccombere».
«Cosa
dovremmo fare?» domandò Winston. Il Reggente sollevò
gli occhi, piantandoli in quelli di lui.
«La
trovi» disse, con fermezza e con una caparbietà che non
lasciava spazio ad alcuna indecisione. «Al più presto
possibile. Quella donna è un pericolo per tutti. Deve essere
assolutamente eliminata».
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