Chiudo gli occhi e stringo la presa sulla vita di Robert avvertendo
strani brividi caldi sulla schiena. Se penso che sono su una moto,
sulla sua moto, avvinghiata a lui con il casco che mi rovina
l’acconciatura. No, non è vero … non me
ne sbatte niente, ma sognavo da una vita di fare l’ochetta.
Sorrido mentre avverto la schiena possente del mio ragazzo tendersi non
appena affrontiamo una curva a tutta velocità. Avrei voglia
di gridare, di urlare per l’adrenalina che mi corre in corpo.
So che può sembrare sciocco ma mi emoziona andare in moto,
mi fa sentire libera, mi fa venire voglia di andare più
veloce. Ma al tempo stesso … mi rendo conto che sarebbe
sciocco rischiare la vita per pochi attimi.
Mi stringo con più forza e sorrido se possibile di
più promettendomi di fare un giro uno di questi giorni senza
casco, solo per sentire che effetto fa il vento tra i capelli. Mi sento
volare mentre il cuore mi balza in gola all’ennesima curva.
Solo quando sento che la moto rallenta inizio a rendermi conto
dell’odore di mare che mi investe improvvisamente mentre la
salsedine impregna l’aria. Avverto tutto fermarsi sotto di me
e con un mezzo sospiro, tra il sollevato e il triste mi libero dalla
morsa del casco mettendomi a testa in giù e scuotendo i
capelli sperando con una risatina che esca fuori la criniera da leone
così da farla vedere a Robert. Quando mi rialzo avverto i
capelli ricadere lenti attorno al viso e con un mezzo sorriso attendo
che Robert si volti verso di me. Lo fa dopo pochi istanti e il mio
sorriso si spegne immediatamente in corrispondenza al suo che si apre
come un taglio lento e gustato sul suo viso.
Mi accorgo improvvisamente, con l’aumentare delle mie
palpitazioni che è dannatamente bello. Il sole sembra
concentrato su di lui mentre tiene il casco sotto al braccio premuto
contro il corpo e con gli occhiali da sole che ha appena inforcato
sembra un divo del cinema. Il corpo possente e quella barbetta che mi
fa venire voglia di saltargli addosso. Scuoto la testa riprendendomi e
sento i capelli che mi si schiaffano in viso con prepotenza e mi
domando se sono un decimo attraente come è lui in questo
momento.
Poi però mi ricordo della criniera e mi maledico. Abbasso lo
sguardo e mi imbroncio stranita: cosa mi prende? Avverto il rumore di
passi, ma sono troppo concentrata a mandarmi a cagare che mi accorgo
della sua mano tra i miei capelli solo quando mi strattona con un
po’ di forza facendomi concentrare sui suoi occhi che, grazie
al sole che lo colpisce da dietro, nonostante gli occhiali da sole,
riesco benissimo a vedere. Mi fissa intensamente, con un sorriso a un
miliardo di denti.
Io ricambio incerta, dubbiosa per la prima volta del mio aspetto fisico
in quel momento. Così quando lui mi bacia sulla fronte e
piega le ginocchia iniziando a slacciare i bagagli dalla moto io mi
fiondo con lo sguardo oltre la sua testa verso lo specchietto.
Fisso i miei occhi nocciola leggermente lucidi e mi maledico.
Fisso le mie guance arrossate per l’emozione e mi
stramaledico.
Fisso i miei capelli mossi e scomposti e mi megamaledico.
Fisso le labbra screpolate dal caldo e mi ultramaledico.
Sento tossicchiare e mi riprendo abbassando lo sguardo. Notò
che Robert mi sta fissando divertito dal basso mentre mi porge un
borsone. Io sbuffo facendo l’indifferente e afferrati gli
occhiali da sole dalla mia borsetta li indosso cercando di coprire i
miei occhi lucidi e le guance arrossate, visto che i miei occhiali sono
più grossi del mio viso tra poco (per quanto mi sono costati
ho dovuto fare da schiava a mia madre per un anno intero. Che giorni di
sofferenza che erano quelli.).
Mi do una sistemata alla maglia lisciandola con le mani e completamente
indifferente a Robert che ridacchiando continua ostinato a porgermi il
borsone mi ravvivo i capelli con una mano decidendo tra me e me di
cambiare colore non appena torno da queste vacanze.
Poi dopo che mi sono data una sistemata rivolgo uno sguardo a Robert e
vedendolo con cipiglio severo e una falsa espressione scocciata dipinta
sul viso, sorridendo perfida afferro il borsone e tentenno leggermente
per poi issarmelo in spalla e voltandomi finalmente verso il paesaggio.
-Sei forzuta eh?-
Ignoro la frecciatina stronza e poco delicata di Robert che si carica
un nuovo borsone in spalla perché sono troppo presa a
godermi con espressione sconvolta quella distesa di … roba
giallognola che riconosco essere sabbia. Poi una lunga e rumorosa linea
azzurra costellata di piccole striscette bianche che scompaiono e
riappaiono sempre in posti diversi. Mi mordo indecorosamente un labbro
per l’emozione. Non sono mai stata al mare negli ultimi
dodici anni. L’ultima volta avevo solo cinque anni e ricordo
a malapena le corse in giro per il bagnasciuga completamente nuda, con
la patatina al vento, grazie alla mia amata mammina.
Robert pare riprendersi dall’eccesso di stronzaggine che
l’ha colto da quando mi ha dato il borsone e sento il suo
sguardo su di me.
Provò un brivido e sento gli occhi lucidi per altri motivi:
è bellissimo.
Il mare è bellissimo, Robert è bellissimo, questo
posto è bellissimo, il periodo è bellissimo,
quello che sento è bellissimo, il vento è
bellissimo.
Mi riprendo da questo momento
“la-ragazza-di-città-che-ama-tutto-e-si-commuove-per-ogni-capperata-solo-perché-lei-non-ha-mai-visto-nulla-di-simile”
decisamente patetico e spingo gli occhiali più su chinandomi
e afferrando il borsone che mi era semi-scivolato dalle mani e stava
per finire a terra. Si lo ammetto, sto cercando di riacquistare un
po’ di dignità davanti a Robert che mi ha vista in
un momento di estrema … debolezza.
Inizio a camminare spedita verso il cancello di legno bianco di una
carinissima villetta che ammiro da dietro gli occhiali essere la casa
dove passerò le vacanze estive con una strana agitazione
mista gioia che mi scombussola le membra. Sento però
all’improvviso la mano calda di Robert avvolgermi il polso e
mi blocco senza voltarmi. Solo quando con una leggera pressione mi
libera dal peso del borsone mi volto leggermente confusa e lo vedo
gettare a terra entrambi i borsoni con un gesto secco della mano.
Inarco un sopracciglio posandomi le mani sui fianchi e battendo un
piede a terra protestando con un neutrale e divertito.
-C’è roba fragile lì dent …-
Ma non termino che subito le sue mani afferrano entrambi i miei polsi e
con uno strattone mi attira a se facendomi avvampare mentre le
palpitazioni aumentano di botto, tanto che inizio a temere un infarto,
o forse un ictus … che poi misà che è
la stessa cosa …
Mi guarda negli occhi così intensamente che questa volta ne
sono sicura: vuole baciarmi. Immerge una mano tra i miei capelli e con
l’altra mi priva degli occhiali, giusto da farmi rendere
conto che lui se li è già tirati su in testa.
Rabbrividisco e sorrido, lui ricambia il sorriso e in breve ritrovo le
mie labbra a pochi millimetri dalle sue. Sento il suo respiro caldo e
come poche e rare altre volte le sue morbide e calde labbra si posano
sulle mie mentre le mie mani si poggiano sulle sue spalle spingendo
più vicini i visi. Dischiudo tremante le labbra quando e il
suo respiro mi penetra in gola scivolando lento e invadendomi il corpo
…
-Scusate? Scusate ma la moto qui è vostra?-
Il contatto si interrompe prima che qualsiasi altra cosa possa accadere
e mi sento vuota, privata da ogni respiro. Ci era mancato
così poco questa volta. Sento la presa di Robert farsi
irritata su di me mentre il suo collo muscoloso è teso e il
suo viso girato verso colui che ha parlato.
Un anziano vecchietto ci guarda brandendo un bastone con uno strano
sorrisetto furbetto. Robert si placa: non può picchiare un
vecchietto. Tantomeno se con un espressione così simpatica e
dolce.
Eppure io non lo imito, non mi avvicino, perché con la
delusione che ho in corpo sarei in grado di disintegrare anche una
roccia. Afferro il borsone a terra e mentre sento la voce di Robert e
quella del vecchietto alle mie spalle infilo le chiavi, che mi ha
consegnato prima di partire Robert, nella toppa e spalanco la porta
rapidamente scagliando al suolo il borsone e con passi veloci perlustro
casa, senza gustarmi i particolari, senza vedere realmente quello che
ho davanti. Apro l’ultima porta dopo aver sceso una rampa di
ripide scale di legno e mi ritrovo in cantina dove
c’è un mobile coperto da un telo impolverato.
Sospetto cosa può essere e ne ho bisogno.
Prendo il telo con entrambe le mani e lo tiro via alzando un polverone
che mi fa lacrimare gli occhi già pieni di lacrime ma questa
volta le lacrime dopo le prime due dovute alla polvere iniziano a
scendere più rapide e per altri motivi. Per colmare la
delusione. Sotto i miei occhi il bianco di una vecchia lavatrice si
riflette sotto la luce che entra dalla finestra interrata. Sorrido
rassicurata, sentendomi un po’ a casa e afferro la mia
maglietta accartocciandola e buttandola dentro la lavatrice. Mentre lo
faccio sorrido: mi hanno sempre detto che non sono normale. E sono
sicura che hanno ragione. Alzo lo sguardo verso i detersivi, ne prendo
uno dove vedo disegnati tanti capi colorati e ne verso uno nello
sportelletto apposito. Richiudo e premo un pulsante dopo aver
controllato che la spina è collegata. Non appena parte il
lavaggio soddisfatta con un balzo mi siedo sopra alla lavatrice con
indosso solo jeans e reggiseno e incrocio le gambe chiudendo gli occhi
che hanno smesso di piangere.
Ora mi sento a casa e mi rendo conto di aver pianto per una cretinata.
Sento i passi di Robert al piano superiore e sorrido.
La mia vacanza inizia un viaggio in moto, un bacio mancato, un
sorridente vecchietto e una lavatrice vecchia in funzione.
Continua…
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