Un
salve
grato e tutti quelli che hanno commentato e mi hanno fatto gli auguri
(grazie!)
Siete adorabili, e anche Al vi ringrazia *piazza Al che ringrazia*
@MyriamMalfoy: Grazie mille! ^^
Sì,
Zabini, non volendo è riuscito. Le conseguenze
inintenzionali! XD
La professoressa sotto polisucco? Chissà. Forse. Ma anche
no. Boh. XD
@MissyMary: Ahahaah,
grazie davvero per il
trasporto emotivo! XD Zabini… beh, vedremo prossimamente
cosa prova per
Pulcino. Chissà, chissà. *Dira
bastarda*essì, hanno battuto Re Minchione e
Teddybear, il che è tutto dire visto quanto è
lanciato il Re. XD se ti ho
addirittura risvegliato la vena romantica me ne felicito. :P So che
spesso è
impossibile, ma ehi, sanno essere convincenti quando ci si mettono,
‘sti due
bei fanciullini! James è molto spiritato, quindi
sì, direi che l’opzione
manicomio sarà presto reale, se non si sbriga! Ahaah, mi fa
troppo piacere che
apprezzi i casini causati dagli ormoni. Io mi diverto troppo! :P Grazie
per la
recensione e non preoccuparti le adoro quando sono così
lunghe! ;)
@Trixina: Piaciuti i
Fray? Io li adoro,
sono un gruppo PERFETTO per accompagnare certi capitoli. E fa piacere
averti
fatto scoprire questa canzone. Adoro quando qualcuno si appassiona ad
un gruppo
grazie a me *Dira si pavoneggia* Mike, beh, povero lui, ma ho grandi
progetti
per il bel Zabini. Bisogna vedere se Tommy sarà
d’accordo. *Dira sadica* Grazie
mille per i complimenti, e credo che ‘sto capitolo mi
farà definitivamente
assurgere a stronza ciclopica. Dimmi
tu, poi. ;)
@Lilin:
Ciao! Grazie mille
per gli auguri! ^^ Sì, beh, i silenzi di Tom sono sempre
pericolosi, anche
perché precedono sempre qualche casino. ;) Grazie per i
complimenti al Pulcino,
è Serpeverde ma è anche un Potter, quindi non
totalmente stronzo. Felice di
ispirarti ;) Ci sentiamo!
@Shiratori-chan: Mi unisco
anche io al comitato!
Grazie mille per i complimenti, mi fa piacere aver saputo gestire la
tensione
tra ‘sti due in modo credibile. ^^ Abbi fede, e poi
sì, Ron Weasley qui è
presente. :P
@MartyMcGonnagal:
Ciao! Quanto tempo! XD
Fa piacere rivederti in questi lidi! Grazie per i complimenti, fa
piacere come
una non-fan dello slash apprezza questa storia. Cerco di farla NON
SOLTANTO
slash anche per renderla il più simile alla
realtà tra adolescenti, che non
sono solo un branco di bei fanciulli che se la fanno tra di loro. XD
Grazie per
gli auguri!
@Ron1111: Ciao! Grazie
mille per i
complimenti e insomma, mi ha fatto davvero piacere che tu abbia notato
la
crescita psicologica di Albus, cosa che poi è quasi
importante quanto la
paranoia discendente di Tom. Appena ho un momento libero commento la
tua fic.
Abbiamo creato due bei Tom, io e te! XD
@Nyappy:
Ciao! Grazie per
gli
auguri e i complimenti! ^//^ Mi fai arrossire così. Fa
piacere avvicinare i
novizi al genere *_* (che poi è HP o lo slash? XD)
@Hel_Selbstmord: Heeeel! Ma
lo sai che ormai ci
manca solo da scambiarci il contatto msn? XD Io, che
Università faccio? Scienze
politiche e relazioni internazionali. Ebbene sì, sono una
probabile futura
funzionaria della Farnesina. XD (almeno oh, io ci spero). Era la mia
prima
scelta, la seconda invece era Lettere Moderne. ;) Fine OT, dai. Per il
resto,
cavolo, mi fa super-piacere vedere come hai apprezzato questo capitolo,
che ho
rimaneggiato milioni di volte, preoccupata che non fosse
all’altezza delle
vostre aspettative. Se non le ho deluse, ne sono felicissima! Mike
è stato
assunto a Santo protettore di questa fic. Come
ha
detto un’altra commentatrice. S. Zabini,
protettore delle bende e delle lenzuola di seta. XD Questo
capitolo avrà dello slash. ;) Potrei mai deludervi?
@altovoltaggio: La
fiaschetta ha confuso tutti
*Dira sghignazza* Bene, bene. Come si dice, niente è
ciò che sembra! Mi fa
piacere che tu abbia apprezzato la parte di confronto rispetto al
bacio, perché
in effetti era più importante quella. ;) Il bacio era solo
un corollario
maldestro! Tom farà del suo meglio, e Rose/Sy…
eh, ‘sti due. *sospiro
esasperato*
@Ombra: Ciao Ombra! Bentornata! XD
Mike è stato ormai santificato, ma non so quanto questo a
quel viziosetto
faccia piacere! :P Mi sa che si ribellerà… Dira?
Veramente l’ho preso da Oceano
Mare di Baricco, era la bambina-albergatrice del racconto,
però può darsi che
l’autore abbia ripreso proprio dalle Dire. Chissà.
A
me piaceva, quindi l’ho adottato! XD Grazie
mille per I complimenti e in bocca a lupo per lo
studio!
****
Capitolo
XXIII
I
never thought that I was so blind/ I can finally
see the truth/ It’s me for you
But can
you hear me say?/ Don’t throw me away
And
there’s no way out/ I gotta hold you somehow
(I Wanna,
The All American Rejects)
2 Ottobre
2022
Dormitori
Serpeverde. Domenica mattina.
Quella
mattina Albus si svegliò. Come al solito svegliarsi per lui
era un termine del
tutto relativo, visto che galleggiava nell’incoscienza prima
di rendersi conto
che, purtroppo, era mattina e già doveva esistere.
Appena ebbe preso coscienza di sé, cercò con lo
sguardo il letto di Tom.
Era
vuoto.
La
delusione lo investì come un tifone, mentre sentiva rabbia
e…
“Cosa
stai guardando?”
Al sobbalzò, voltandosi di scatto verso la voce. Di Tom.
Che
seduto sul ciglio del suo letto, lo guardava con un sorrisetto
divertito.
Che
gran…
“Sei
un
gran bastardo!” Gli uscì di getto, prima di
prendere un’aria imbarazzata.
“Cioè…”
“Non scusarti, è vero.”
Lanciò un’occhiata verso il suo, di letto,
già rifatto.
“È ancora presto…”
Osservò in tono leggero. Effettivamente, notò Al,
era ancora
in pigiama, ovvero un paio di pantaloni di una tuta e una maglietta di
un
gruppo musicale babbano. Joy
Division¹,
lesse.
Ascolta certa
roba…
“Loki
e…”
Tom rispose piuttosto prontamente, per la sua solita indolenza
mattutina. “Loki
non ha dormito qui. E Michel…” Stavolta
esitò. “Non lo so… quando mi sono
svegliato già non c’era.”
Al si tirò a sedere, con un sospiro. “Non
è per ieri, sai. Il giorno della
partita si sveglia sempre prestissimo. Va’ al campo,
controlla le condizioni
atmosferiche e roba del genere.”
Tom
annuì. Era strano vederlo con quel lieve sorrisetto
all’angolo della labbra.
Era da un
mese che non sorrideva,
quasi…
Si
trovò
ad arrossire, quando capì che Tom stava continuando
a fissarlo.
“Sai,
devi scusarti con lui…” Borbottò,
incerto. Tom fece una smorfia.
“Lo
so.” Rispose.
“Per alcune cose non mi sento minimamente in colpa. Ma per
altre, sì.”
“Quali cose?”
Tom scrollò le spalle. “Alcune.”
“Ma
perché avete litigato, poi?”
Assunse un’aria infastidita. In realtà Al sapeva
benissimo che era la sua
versione di sentirsi tremendamente imbarazzato. “Non avevi
detto che non me
l’avresti chiesto?”
“Beh. Ieri.” Obbiettò stiracchiandosi.
“Non ho dato assicurazioni per oggi.”
Tom per un attimo parve quasi divertito dal ragionamento, poi si
ricordò che lo
stava infinocchiando e sbuffò. “Non vorresti
parlare d’altro?” Gli suggerì.
Non che ci
voglia un genio per
capire il sottotesto. Ieri sera per poco non ci siamo fatti beccare da
Hagrid.
E non ho mai odiato tanto il fatto che la Sala Comune
fosse
piena, dopocena…
Abbiamo dei discorsi in sospeso…
Al
arrossì, ma scosse la testa. “Oggi io ci devo fare
una partita, con Mike. Lo
chiedo a lui?”
“Non vuoi che Serpeverde perda.”
“Veramente credo che se la prenderebbe con te.
Sarai sugli spalti, vero?”
Tom inspirò. Per un folle momento Al fu quasi certo di
vederlo arrossire.
“Io…
credevo… che lui…” Si
schiarì la voce.
Merlino, sta davvero arrossendo!
“Stai davvero
arrossendo?” Chiese
impietoso.
Tom
gli
lanciò un’occhiata linciante. “No. Mi
aveva dato ad intendere che volesse
provarci con te.”
Al batté le palpebre stupito. Poi represse una risata. Non
troppo bene.
“Non è divertente.”
Sibilò Tom di
rimando. “Non hai idea di quanto mi abbia fatto
infuriare.”
“Tecnicamente, si chiama gelosia.”
Ridacchiò. Era una mattinata perfetta.
È
qui ed è per giunta geloso di
Mike… E lo sta ammettendo. Apertamente.
“Tecnicamente,
Zabini è un idiota.” Rimbeccò. Gli
rubò un cuscino da sotto la schiena e si
dilettò a stritolarlo tra le mani.
“Due
che
si lanciano incantesimi in uno spogliatoio non sono esattamente
persone che definirei intelligenti…” Lo prese in
giro.
Tom fece un’altra smorfia, rimanendo in silenzio.
“Ehi.
Mike
non mi piace. È un buon amico, ma … tutto
lì. Anche perché…” Fece spallucce,
imbarazzato. “Non so neppure
io bene cosa mi piaccia. A parte te.”
Tom
annuì, pensieroso.
“Quest’estate… ho baciato una
ragazza.”
“Non è il genere di confidenza di cui vorrei
essere messo a parte, sai?”
Tom lo guardò allarmato, prima di capire che lo stava di nuovo prendendo in giro.
Al non
è un serpeverde? Branco di
imbecilli. Quello straccio ci prende ancora dannatamente bene. E con
una
lungimiranza spaventosa, peraltro.
“È
stato
come leccare un posacenere.” Affermò sincero,
facendolo scoppiare a ridere. Albus
aveva una delle risate più belle che avesse mai sentito. Un
sacco di gente
rideva in modo ridicolo, o imbarazzante. Al era come uno scoppio di
gioia.
“Beh,
dev’essere
stato piuttosto disgustoso…” Osservò,
lanciandogli un’occhiata valutativa.
“Lo
è
stato.” Assentì. “Volevo provare, ma non
mi è piaciuto. Con te sì.”
Al arrossì. “Beh, per me… insomma.
Prima volta e tutto il resto. Però… è
stato.
Wow.” Terminò
sentendosi un
imbecille. Tom sorrise, e togliendo un paio di cuscini di mezzo, gli si
sedette
accanto. Parve riflettere per lunghe manciate di secondi, prima di
chinarsi a
baciarlo.
Al
non ci
pensò due volte prima di rispondere. Anatomicamente sapeva
benissimo che le
labbra di un ragazzo non differivano in nulla da quelle di una ragazza.
Tutto
uguale.
Però
bacia così bene… E sa di
dentifricio.
Tom
poi
si scostò leggermente. “Tu cosa pensi che siamo,
adesso?” Chiese.
Il fatto che non gli avesse imposto un suo parere, lasciò Al
interdetto.
Stava
chiedendo un parere? Succedeva, ma era molto
raro.
“Non
lo
so.” Decise di essere sincero. “Ma non credo che i
migliori amici facciano
queste cose.”
E non credo che dovrei aver voglia di
infilarti le mani sotto la maglietta.
“Già.”
Confermò. Attese.
Da quando sei
così pigro a
ragionare, Tom?
Al
sospirò,
abbozzando un sorriso. “Siamo noi. No? Voglio dire, io ti ho
sempre trovato
fantastico. Non trovo nessuno fantastico come te. E ti trovo anche
piuttosto
bello.”
… per favore riprendi a ragionare
prima
che cominci a sparare cretinate peggiori.
Tom
fece
un sogghignetto. “Piuttosto
bello,
eh?”
“Senti, lo sai di esserlo. Quindi falla finita.”
Borbottò. “Sei praticamente il
sogno erotico di tutta la popolazione femminile dei sotterranei. E
suppongo, a
conti fatti, anche di qualche ragazzo.”
Tom
inarcò le sopracciglia. “Sogno
erotico…” Ripeté.
Questo
prima di afferrarlo e schiacciarlo trai cuscini, e baciarlo. Di nuovo.
Molto a
lungo stavolta. Quando si staccarono erano entrambi senza fiato e Tom
non
sembrava avere più voglia di prenderlo in giro.
“Non
è
come leccare un posacenere…” Sussurrò.
“No,
per
niente...” Gli assicurò, beandosi del peso di Tom
su di sé. Gli piaceva,
sentire quel contatto. Gli era sempre piaciuto il contatto umano, ma
quello con
Tom era speciale.
“Allora…
cosa siamo?” Ritorse la domanda. Tom lo guardò.
Visto
quello che gli stava succedendo non avrebbe neanche dovuto avvicinarsi
ad Albus.
Neanche da lontano. E si era ripromesso di non farlo. Ma poi, la sera
prima…
Era
successo, semplicemente. Come se un elastico, teso fino allo spasimo,
li avesse
fatti ritornare indietro e cozzare l’uno con
l’altro.
Non
aveva
più avuto cuore di allontanarsi. Al gli mancava. Voleva Al.
E il
ragazzo biondo non si era più fatto sentire. Il medaglione
era un pezzo di
metallo freddo.
Allora
aveva pensato che forse, dopotutto, magari
quel ragazzo aveva deciso che non voleva più
collaborare con lui. Aveva
pensato che quella storia agghiacciante di Voldemort fosse uno scherzo
crudele
di quel bastardo.
Dopotutto
Voldemort è stato
sconfitto otto anni prima che io nascessi. Non uno. Otto.
Forse
adesso doveva solo concentrarsi ad essere un ragazzo normale. Più o meno.
E lo
pensava ancora, mentre Albus lo guardava con quei suoi assurdi occhi
verdi. Era
quasi ridicolo come riuscissero sempre a brillare.
Anche nella penombra umida di un sotterraneo.
“Al…”
Mormorò. “Stiamo assieme.”
Disse, con
quel sottile tono di comando che gli aveva sempre dato un sacco di
problemi
nelle relazioni umane.
Non
con
Al. Che gli aveva sorriso radioso.
Si
baciarono. Non poteva credere che la bocca di un’altra
persona sulla sua
potesse dargli una sensazione così completa. Gli
sfiorò con le dita il bordo
della maglietta, e la pelle tiepida dei fianchi. Era morbido anche
lì. Lo sentì
respirare appena contro la sua guancia, quando si staccò dal
bacio. Lo sentì
trattenere il respiro mentre gli passava i polpastrelli sulla linea
delle
costole. Lo sentì ridere quando gli sfiorò lo
stomaco.
“Soffro
il solletico, lo sai…” Mugugnò. Tom
sentì un brivido piacevole all’inguine, e
si impose di darsi una calmata. Non era semplicemente il caso. Forse.
“Smetto?”
Indagò. Vide Al mordersi un labbro, e poi scuotere la testa.
Non
poté
impedirsi di sogghignare. Ovviamente gli piaceva. Doveva
piacergli, perché sarebbe piaciuto anche a lui.
E
c’era
una cosa che voleva fare da settimane…
Gli
sollevò la maglietta, con cautela. Non aveva la
più pallida idea di come
avrebbe reagito realmente Al. Nelle sue fantasie si limitava ad essere
un
cucciolo gemente, e sì, sapeva di non rendergli giustizia.
Ma sono
fantasie, appunto…
Al
era
platealmente imbarazzato però se ne stava zitto, e quindi
era un silenzio
assenso.
Lo
è.
Gli
fece
un sorrisetto prima di chinarsi e soffiargli delicatamente sullo
stomaco. Al
ridacchiò, divincolandosi leggermente.
“Niente
solletico, accidenti a te!” Sussurrò,
rilassandosi. Sgranò gli occhioni, Merlino
in quel momento aveva occhi grandi come un piattino, quando
passò la lingua
sulla stessa porzione di pelle.
“Tom…”
E
quello era un gemito, non
c’era alcun
dubbio. Lo sentì irrigidirsi, ma non cercò di
scappare. Non voleva scappare,
Thomas lo capì al volo. Tracciò con le dita il
bordo dell’ombelico, come aveva
fatto settimane prima, secoli prima, con un Al dormiente.
In molti
sensi…
Al
sbuffò,
non troppo convincente. “Sei un
pervertito…”
Tom
ghignò con piena cognizione di causa. “Senti chi
parla. Non dirmi che non ti
piace…”
“Io
non
ti ho leccato la pancia!” Ritorse.
“Non
hai
risposto alla mia domanda.” Per un attimo esitò.
“Non ti piace?”
Al si morse l’interno della guancia. Non piacergli? Si era
letteralmente
inghiottito una supplica. A continuare.
Lo
afferrò per i lembi di quella stupida maglietta, su cui tra
l’altro c’era
scritto ‘l’amore ci
farà a pezzi’ –
era così da Tom–
e lo tirò contro di
sé.
****
“È
tutto
pronto?”
“Sì, arriveranno proprio nel mezzo della partita.
Ho già pensato ad incantare
gli accessi principali al campo di Quidditch.”
“Eccellente. Il ragazzo?”
“Per il momento lo lascio tranquillo. Bisogna occuparsi di
una cosa per volta,
non è vero?”
“Smettila di scherzare, e renditi operativo.”
Il ragazzo aveva chiuso la comunicazione. Era terribile dover
comunicare
tramite cellulare in quel posto. Hogwarts distava almeno due miglia in
linea
d’aria, e la ricezione riusciva comunque ad essere orrenda.
Schiacciò
la sigaretta con il tacco dello stivale, prima di bersi un breve sorso
di
Ogden, dalla fiaschetta che portava sempre con sé.
Il whiskey
magico è qualcosa di
favoloso…
I
Naga si
stavano preparando nella radura accanto, e poteva sentire da
lì i loro
disgustosi sibili.
È
un miracolo che riescano a
parlare qualcosa di diverso dal serpentese…
Sbuffò,
guardando il cielo. La giornata si prospettava di una chiarezza
abbacinante.
Sogghignò.
Oh,
sì.
Sarebbe stata davvero divertente.
****
Ufficio del
professor Lupin.
Mattina.
L’acuto
fischio del bollitore strappò Ted Lupin dalla consultazione
di una pasticciata
pergamena di trenta centimetri sulla classificazione delle fate del
Galles.
Erano
da
poco le otto del mattino, e Ted non aveva chiuso occhio. Da due giorni.
Sospirò,
mentre si alzava e andava a versarsi una generosa dose di the agli
agrumi –
miscela mattutina – nella sua tazza preferita che mostrava
tre manine di
diversi colori e sotto con un traballante alfabeto: Albus, Lily
e…
Guardò
in
ponderato silenzio il Jemes che
gli
strappava sempre un sorriso.
Non
quella volta però, considerando che chi aveva commesso un
tenero ed infantile
errore di grammatica era attualmente un adolescente che…
Che ti ha
baciato... Ah, giusto. Non solo. Ti si è anche
dichiarato.
Aveva
trangugiato un sorso bollente di the, scottandosi.
Era
ufficiale: dall’alto dei suoi ventiquattro anni di vita non
sapeva come
comportarsi.
Si
fosse
trattato di un suo studente, uno qualunque, avrebbe saputo
immediatamente cosa
fare. Sorridere e dissuaderlo. Con
tono gentile e distaccato. Fine.
Ma
era
Jamie.
Si
buttò
sulla sedia della scrivania, trascinandosi dietro un paio di pergamene.
Non si
premurò di raccoglierle.
Era
certo
di non aver fatto nulla per alimentare la cotta.
Merlino, non
sapevo neanche gli
piacessero i ragazzi!
La
realtà
è che non sapeva granché di James. Non del James
attuale. Quei sei anni in
Francia erano bastati per fargli perdere ogni pretesa di conoscere i
meccanismi
che regolavano quella testa arruffata.
È
ridicolo. Non posso essere
terrorizzato dai sentimenti di un diciassettenne.
Per
farla
breve, non sapeva cosa fare. Come arginarlo. Perché doveva fare qualcosa.
Un
ticchettio
lo fece voltare verso la finestra. Vide un gufo becchettare
prepotentemente sul
vetro. Gli si gelò il sangue nelle vene. Era il gufo reale
di James.
Si
alzò e,
aprendo la finestra, il grosso volatile planò maestosamente
nella stanza,
appollaiandosi sulla scrivania. Stringeva una lettera nel becco.
La
prese,
e come in trance la aprì. Ovviamente era da parte di James,
la ceralacca era
colata tutta storta e c’era un grosso sbaffo di inchiostro a
lato.
Vieni alla
partita.
Voglio che tu venga.
E poi, una
domanda. Ma
tu, cosa provi per me?
J.
Teddy
deglutì, sentendosi la gola riarsa come una duna del Sahara.
La
domanda era come uno sparo nel silenzio più completo. In
quei due giorni non
aveva fatto altro che analizzare la cosa dal lato di James. Ovvero:
come
comportarsi di fronte ad un adolescente che ti giura amore.
E
ora,
quella domanda. Che non si era affatto
posto in quelle quarantotto ore.
Era
ovvio, cosa provasse. Affetto. Gli voleva un gran bene. Era parte di
una
famiglia che l’aveva sempre accolto con amore. Anche se non
era questo il
punto.
Si
trattava di identificare un sentimento, e dargli un nome.
Il punto
è… che… facendomi un
esame di coscienza…
Non
ci
riusciva.
Era
sbagliato, profondamente sbagliato. Ma il naufragio del rapporto con
Victoire,
le lettere di suo padre e poi… il fatto che i sentimenti di
James per lui erano comunque
importanti…
Rendevano
difficile dare una risposta precisa alla domanda ‘cosa provi
per me?’
James
non
era un fratello, non era un amico e non era una ragazza. Ma allora,
cos’era?
Era
un
maschio, un ragazzino, era figlio di Harry e per giunta pure un suo
studente.
E poi?
Due
rintocchi secchi contro la porta lo fecero completamente sobbalzare.
Rovesciò
the, il resto delle pergamene e fece volare via il gufo. Quando Harry
e, subito
dietro di lui, Ron entrarono lo trovarono in mezzo a chili di carta,
con the
sparso ovunque sulle scrivania.
…
Che figuraccia. Merlino
benedetto, almeno sono Harry e Ron. Se fosse stato un mio
studente… o un
genitore.
“Disturbiamo?”
Chiese premuroso il padrino: indossava il mantello regolamentare da
auror, e
quindi probabilmente era lì in veste ufficiale.
Naturale.
Partita di Quidditch.
Sorveglianza. Pattuglie auror. Giusto.
Morgana, non
ci sto con la testa…
“No…
Io…”
“Hai i capelli rosa, Teddy.” Ridacchiò
Ron. “Che c’è, ti abbiamo interrotto
mentre leggevi una lettera di Vic?”
“Come… cosa?” Sussurrò
sfiancato. Harry indicò pietosamente la sua mano. Si
rese conto di avere ancora la lettera di James in pugno. Se la
ficcò in tasca.
“Oh, no… è… da
parte… del preside.” Borbottò.
Harry
gli
lanciò un’occhiata inquisitoria, mentre Ron
sghignazzava ignaro.
Oh,
Morgana… fa che non sia
davvero un legimante come speculano su alcune biografie non
autorizzate. Ti
prego.
“Eravamo
venuti per ragguagliarti sulla partita di oggi.”
“La… partita?”
“Oggi
c’è
la prima partita della stagione.” Lo informò
pazientemente Ron. “Grifondoro
contro Serpeverde. Abbiamo dislocato due pattuglie auror attorno al
campo di
gioco, più noi due, che saremo sugli spalti. Sai,
considerando che i naga sono
ancora a piede libero…”
“… In quanto professore di Difesa dovrai essere
presente. Sei diplomato
all’Accademia, una mano in più è sempre
d’aiuto.” Gli spiegò Harry.
“Sì,
va
bene.” Confermò, cercando un po’ di
dignità. “Pensavo già di andarci,
comunque.”
“Ottimo.
Allora ci vediamo… dopo? Non scendi a colazione?”
“L’ho già fatta.” Disse,
lanciando uno sguardo sulla scrivania gocciolante. “La
rifaccio.” Rettificò, mentre Ron reprimeva una
risatina con un grugnito.
“Ci
vediamo alla partita, Teddy. Oggi è una splendida giornata
di sole…” Harry gli
diede una paterna pacca sulla spalla, che lo fece sentire un autentico
schifo,
e se ne andò con Ron, che si chiuse la porta alle spalle,
erompendo finalmente
in una risata.
Tirò
fuori la lettera, posandola sulla porzione di scrivania ancora
asciutta, mentre
si dava un’occhiata allo specchio appeso accanto agli
schedari.
Aveva
i
capelli rosa. Completamente rosa.
A
quel
punto si sentì legittimato ad emettere un lamento
sconfortato.
****
Campo di
Quidditch.
La
carica
di prefetto non era tutta rose e fiori. Anzi, spesso era una gigantesca
scocciatura.
Rose lo pensava con fervore, davanti al cancello del campo da
Quidditch, in
uniforme e con spilla bene in vista, momentanea hostess per gli ospiti
che
avrebbero assistito alla partita.
Con
lei
c’erano altri tre prefetti, uno per Casa. Non li conosceva,
quindi si stava
annoiando ad aspettare che qualche genitore facoltoso le chiedesse il
posto
assegnatogli.
Era
dalla
mattina, cioè da quando il professor Paciock
l’aveva istruita sui suoi compiti,
che pregava di non dover accompagnare nessuno di scomodo.
Che
di
persone scomode, per Rose Weasley, ce n’erano eccome.
Sospirò,
lanciando un’occhiata verso gli spalti, dove cominciavano ad
accomodarsi
studenti di tutte le case, con sciarpe colorate e striscioni.
Non
capirò mai il Quidditch…
Era
preoccupata. Non aveva sensazioni piacevoli per quella giornata.
Era
preoccupata per Hugo, in ansia da prestazione, per James, che da due
giorni si
aggirava per la torre di Grifondoro con sguardo spiritato, per Al, che
non
vedeva addirittura dalla mattina
prima… e poi era preoccupata per il suo ragazzo.
Si
sentì dare
una pacchetta sulla spalla e si trovò davanti Lily. Aveva le
guance rosse per
il freddo e la sciarpa rosso-oro drappeggiata per farla sembrare
l’innocenza in
persona. Sembrare, appunto.
“Ciao
cuginetta! Ti hanno messo ai lavori forzati,
vedo…” Cinguettò, affiancandolesi.
“Potrai vedere la partita?”
“Sì, anche se non è che la cosa mi
entusiasmi. Ma tu perché sei qui? Il
Quidditch non ti piace.”
“Ma i giocatori sì.” Scrollò
le spalle. “Malfoy in uniforme è intollerabilmente
sexy. E devo ammettere che anche Zabini ha un suo
perché.”
Rose
cercò di dissimulare il vago travaso di bile che
l’aveva colta, con un sorriso.
Già,
devo ricordarmelo.
L’idiota ha un fan-club.
“Proprio
non capisco cosa ci troviate in Malfoy. È
così… slavato.” Commentò.
Lily le
sorrise indulgente, facendole capire che no, non c’era
cascata.
“Sai,
quando è a cavallo di una scopa prende un’aria
così eroica…”
“Lily, perché
sei qui?”
“Per i giocatori, te l’ho detto!”
Sogghignò, e per un momento parve
un’imitazione perfetta del gatto del Chesire. “Tu
resti per vedere giocare
Scorpius? Cosa c’è tra di voi?” Chiese
con una brutalità da convenzione dei
diritto umani.
Rose
boccheggiò. “Assolutamente niente! Malfoy
è un cretino, un totale montato!”
“Rosie…”
“Sto dicendo sul serio!” Blaterò
agitata. “Neanche se fosse l’ultimo uomo del
pianeta lo prenderei in considerazione come essere senziente!”
“Rose…” Ripeté Lily, con
un’espressione tra lo sconforto e
l’ilarità. Stava
guardando oltre le sue spalle.
Oddio…
Rose
si
voltò a rallentatore, con un orribile presentimento nel
cuore.
Che
si
avverò quando si vide davanti, decisamente sdegnato, Draco
Malfoy.
Ho insultato
suo figlio davanti a
lui!
Aveva
avuto occasione di vedere Draco Malfoy poche volte in vita sua. Forse
era per i
capelli platino che gli davano un’espressione crudele, o era
il fatto che
avesse sempre quella smorfia di mirabolante disgusto stampata in
faccia, ma
l’aveva sempre messa un tantino a disagio. Soprattutto in
quel momento.
“Err…”
Emise, mentre alle sua spalle Lily, ne era certa, stava trattenendo le
risate.
“È
confortante sapere che gli Weasley hanno tramandato di padre in figlia
la loro
naturale predisposizione a fare figuracce…”
Commentò leggero.
Rose
arrossì
miseramente. “Signor Malfoy… sono mortificata. Non
intendevo…”
“Strano, avrei detto il contrario.” La
squadrò da capo a piedi, e Rose sentì
che la stava soppesando. E che la trovava insufficiente.
“La
accompagno al suo posto …” Bofonchiò,
lanciando uno sguardo a Lily che le sorrise
con aria vagamente materna.
Fantastico.
Faccio pena alla mia
cuginetta quattordicenne e il padre del mio ragazzo mi considera
più o meno uno
schiopodo. Può andare peggio di così?
“Rosie!
Ehi, eccoti qui!”
Dal
crinale stavano scendendo nientemeno che suo zio Harry e…
suo padre.
…
Come non detto.
Accanto
a
sé Malfoy Senior prese un’aria ancora
più irritata, come se gli fosse stato
scaricato a fianco un sacco di letame e non sapesse come liberarsene.
Appena
suo padre registrò la presenza dell’uomo assunse
la stessa espressione.
Meraviglioso…
Lanciò
uno sguardo disperato allo zio. Non si stupì di vederlo
visibilmente
imbarazzato.
“Malfoy…”
Sputò Ron. “Non posso dire che sia un piacere
rivederti.”
L’uomo storse la faccia, che a dire il vero aveva molti
più spigoli di quella
di Scorpius, in un sogghignetto di sufficienza. “Io invece
sono sorpreso.” Fece
una pausa significativa, in cui le orecchie di suo padre divennero
pericolosamente rosse. “È addirittura venuto il grande capo in
persona…”
“Finiscila Malfoy!” Sbottò Ron.
“Siamo qui anche per assicurare
l’incolumità di
tuo figlio!”
“Ne sono sollevato. Mi chiedevo quanto ci avreste
messo.”
“Draco…” Harry lo chiamò per
nome, e questo ebbe l’effetto di smontare un po’
l’uomo. Almeno fu questa l’impressione che ebbe
Rose. “So che sei preoccupato
per Scorpius, ma ti posso assicurare che stiamo facendo tutto il
possibile per
proteggere gli studenti.”
“Lo
spero.” Replicò aspro. “Degli
uomini-serpente si aggirano per i terreni di
Hogwarts da un mese, e voi ancora non siete venuti a capo di nulla. Non
sono
l’unico genitore preoccupato, Potter. Chiediti il
perché di quest’affluenza alla
partita…”
Harry si tolse gli occhiali, massaggiandosi la sella del naso. Con
un’occhiata
tacitò Ron, pronto a replicare. “Anche io sono qui
in veste di genitore
preoccupato, Draco. Ho tre figli che studiano qui
e…”
“Risparmiami l’empatia, Potter. Tu sei il capo
dell’ufficio auror, e mi
aspetto, come si aspettano tutti i genitori, che tu prenda quei
lucertoloni.
Fine della storia.”
Harry
non
si scompose. Sembrava che gli attacchi di Malfoy non avessero il potere
di
scalfirlo. Per un momento, Rose si trovò ad invidiare Lily.
Se non altro
non deve preoccuparsi
che suo padre affatturi il padre del suo ragazzo…
Si
sentì
incredibilmente meschina non appena lo ebbe pensato. Adorava suo padre.
Ma adoro
anche Scorpius…
“È
quello
che ho intenzione di fare, Draco.” Disse poi suo zio. E Rose
capì perché la gente
si fidava di lui; aveva qualcosa, nello sguardo, che ti faceva credere
che
tutto quello che diceva aveva un peso, un senso.
Draco
fece una smorfia. “Lo spero, Potter. Lo spero per la tua
carriera.”
Stavolta
Harry neanche ci provò a frenare Ron. “Malfoy, se
questa è una minaccia…”
“Signor
Malfoy, la accompagno al suo posto!” Si inserì
Lily, con un sorriso disarmante.
“La partita sta per cominciare, signore!”
Draco le lanciò un’occhiata e parve etichettarla
come ‘progenia Potter’. La
onorò quindi di una smorfia, ma annuì. Si
accomiatò con un leggero cenno della
testa, più per abitudine che per reale intenzione di
salutare. Soprattutto suo
padre, probabilmente.
Ron,
quando si fu allontanato, sbuffò. “Quel pallone
gonfiato… non perde occasione
per sputarci addosso. Lo faceva a scuola, e lo fa
adesso…”
“Cerca di portare pazienza …” Sorrise
Harry, ma sembrava piuttosto irritato. “È
un genitore ed è preoccupato per suo figlio. Certo, poi
c’è il fatto che è un
Malfoy, quindi è geneticamente insopportabile e pieno di
sé…”
Ron stirò un sorrisetto.
“Già.” Rivolse poi un sorriso affettuoso
alla figlia.
“Non è che t’ha detto qualcosa, eh
Rosie?”
“Oh, no. Per niente.” Replicò
prontamente. “È stato cortese invece.”
Nel trattarmi
come un idiota…
Ma
non
era il caso di gettare altra benzina sul fuoco.
“Malfoy…
non esiste nessuno che mi stia sull’anima come
lui.” Borbottò l’uomo,
riprendendo poi a sorridere. “Guardati… la mia
piccola Rosie. Assomigli tutta a
tua madre, tu…”
“Eh…” Sorrise appena. “Vi
accompagno ai vostri posti?” Suggerì.
Sui libri non
dicono mai che non è
affatto divertente essere Giulietta…
****
Ted
si
affrettò quando vide che la folla di studenti e genitori
stava acclamando
concitata per la prossima uscita delle due squadre. Si
arrampicò sugli spalti,
scusandosi per aver pestato una moltitudine di piedi e finalmente si
accomodò
accanto a Neville, che esibiva una logora sciarpa rosso-oro, con tanto
di
coccarda. Non vide la professoressa Prynn, e se ne stupì
brevemente.
Avrei detto
che una come lei sarebbe
stata entusiasta di seguire un evento del genere…
“Oh,
Teddy!
Sei arrivato appena in tempo, stanno per iniziare!”
Ted
sorrise nervosamente, scrutando verso la tribuna d’onore, in
una delle torri
più altre, dove riconobbe sia il padrino che Ron.
Non
era
riuscito a declinare. Un po’ perché sarebbe
sembrato sospetto: praticamente
giocava metà del clan Potter-Weasley. Un po’
perché…
Non sarebbe riuscito a non presenziare alla prima partita di James.
Una
parte
di sé sapeva che boicottare la cosa sarebbe stato un
messaggio giusto da dare a James.
Non doveva
sembrare che lo assecondasse.
Ma
c’è di più in ballo… Non
posso
non vederlo giocare. Semplicemente non posso.
“Tutto
bene Teddy?” Chiese premuroso Neville. Il buon professor
Paciock. Aveva sempre
avuto un buon rapporto con lui. Era una persona gentile, affidabile.
Molte
volte durante i suoi anni ad Hogwarts aveva fatto le veci del padrino,
consigliandolo e spronandolo a non scoraggiarsi per le piccole
difficoltà
scolastiche in cui si imbatteva ogni adolescente.
Per
un
momento fu tentato di dirgli la verità. Che no, non andava
affatto bene.
Di
fronte
al viso quieto e intelligente del suo vecchio professore
però rinunciò.
Che dovrei
dirgli? Non so come
gestire James? Devo saperlo fare. Devo, ma non ci riesco. Non posso
semplicemente prendere le distanze. Gli farei male, e non voglio.
“Ted?”
Lo
richiamò. “Sai che se c’è
qualcosa che non va, se hai qualche dubbio, puoi
parlarmene…”
Sorrise. “Sì, Neville… lo so. Grazie,
ma va tutto bene.”
Neville
lo guardò assorto. Chiaro come il sole che non gli credesse.
Fortunatamente un il
boato della folla li distrasse. Le due squadre entrarono sfrecciando
nell’arena, in sella alle loro scope. Un lampo rosso, subito
seguito da uno
verde gli balenò di fronte allo sguardo. Si alzò,
applaudendo insieme agli
altri.
I
giocatori si posizionarono, mentre la Bumb
saliva in sella alla sua scopa.
Sorrise
quando vide il piccolo Hugo. Era terrorizzato, ma tentò una
risata quando James
si chinò per dirgli qualcosa all’orecchio.
James…
Era
la
prima volta che lo vedeva in divisa da Quidditch, ed era chiaro fosse
orgoglioso di indossarla. Non aveva mai visto nessuno indossare la
casacca dei
Grifondoro in modo così…
Tronfio, in
effetti.
Sorrise
affettuosamente. E lo fece proprio nel momento in cui il ragazzo si
voltò nella
sua direzione: certo, poteva essersi semplicemente voltato verso gli
spalti, ma
Ted ebbe l’impressione che stesse guardando lui. Specie
quando gli soffiò un
bacio.
Distolse
velocemente lo sguardo.
“Abbiamo
la vittoria in pugno anche quest’anno.”
Commentò intanto Neville, ignaro.
“Malfoy è un ottimo capitano. Certo anche
Serpeverde è molto forte… Albus è un
cercatore straordinario. In effetti, spero che Hugo si tranquillizzi un
po’…”
“Ah… sì.” Cercò di
replicare in modo convincente. “James in che ruolo
gioca?”
“Cacciatore. Pensavo lo sapessi!”
Il fischio della Bumb fu quasi salvifico. La partita iniziò
e fu subito ressa.
Era rinomato che i Serpeverde non giocassero esattamente pulito. I due
battitori, dal fenotipo elefantiaco, impugnarono subito le mazze e
quasi
disarcionarono James. Ebbero però vita breve. I due gemelli
Scamandro presero prontamente
controllo dei bolidi, spedendo uno dei due a terra.
Si
sentì
un boato di gioia e Ted fu certo di vedere Harry esultare con le
braccia
alzate.
Rise,
imponendosi di godersi la partita.
Albus
dall’alto lanciò un’occhiata verso il
gioco, che infuriava parecchi metri più
sotto.
“E Sean Coote passa la pluffa a Mortisia
Robbins ed DIECI PUNTI per Grifondoro, gente!”
Commentava esaltato lo
speaker, Robert Jordan. Era un amico di suo fratello e rosso-oro
nell’anima.
Del tutto ovvio per chi parteggiasse.
E
purtroppo aveva ragione: Grifondoro stava vincendo per settanta a
trenta.
Per
quanto detestasse profondamente la boria con cui James e compari
sellavano le
scope, doveva ammettere che la squadra capitanata da Malfoy era una
cannonata.
Strinse
le labbra quando vide il fratello afferrare la pluffa al volo, per
tirarla
contro i loro anelli, centrando il più grande.
Lanciò
uno sguardo verso Hugo, che sorvolava il perimetro di gioco
febbrilmente.
Ancora venti
punti e comincerò a
cercare il boccino…
Non
poté
impedirsi un sogghignetto quando vide Zabini afferrare la mazza di uno
dei
battitori per spedire un bolide contro James, costringendolo ad una
virata
brusca che quasi lo disarcionò.
“E ora Daniels cerca di segnare, schiva un
bolide lanciato dai valorosi Scamandro e… Capitan Malfoy
para! Ci avete
provato, ragazzi!”
Al
sospirò deluso.
Improvvisamente
Hugo accelerò verso il lato opposto dello stadio. Vicino
agli anelli della sua
squadra intravide un balenio d’oro.
Maledizione!
Spinse al
massimo
la sua Firebolt e quando affiancò il cugino si
premurò di chiedergli
silenziosamente scusa prima di tirargli una violenta spallata. Hugo
perse quasi
l’equilibrio, e con esso anche il boccino.
“Ehi!”
Sbraitò furioso.
“Nessun
rancore, Hugo. È una questione di Quidditch!”
Sorrise prima virare per
controllare la situazione. Il boccino era sparito.
Perfetto.
Lanciò
uno sguardo di intesa con Michel: sapeva di dovergli delle scuse, anche
se non
era esattamente certo del motivo per cui doveva farlo.
Di certo
gliele deve Tom…
A
quel
punto non poté fare a meno di lanciare uno sguardo verso gli
spalti di
serpeverde. E non poté impedirsi di perdere attenzione per
il gioco quando vide
il cappotto dal taglio classico di Tom e la sua espressione annoiata.
Non aveva
neanche la sciarpa.
Ridacchiò
tra sé e sé prima di vedere, di
nuovo,
Hugo dirigersi come un pazzo verso l’alto.
L’ha
visto di nuovo!
Forse
non
doveva sottovalutare il cugino.
Considerando
ciò che lo speaker aveva appena annunciato, cioè
che Grifondoro era in
vantaggio, era il caso di mettere fine alla partita prima che il
divario fosse
incolmabile anche con la presa del boccino.
Hugo quando
sale di quota tende a
spaventarsi e cercare di rallentare…
Infatti
lo raggiunse, e vide come lui un barbaglio d’oro a poche
decine di metri da
loro.
Ma
vide
anche un’altra cosa.
Una
puntino verde, nell’insolito cielo terso. Un puntino verde
che si stava avvicinando,
diventando una sfera, sempre più grande e sempre
più in collisione con…
…
Loro.
“Hugo
spostati!” Urlò.
“Va’
al
diavolo! Non ci casco nei vostri trucchetti!”
Sbraitò il ragazzino, mentre teneva
gli occhi fissi sul boccino, testardo ed esaltato.
“Hugo,
guarda davanti a te! Spostati!”
Hugo
chiuse la mano attorno al boccino. “L’ho preso!
L’ho preso!” Gridò trionfante.
“HUGO!”
Finalmente il cugino alzò
lo sguardo.
“Oh,
miseriaccia…”
Mormorò.
La
collisione sarebbe avvenuta in pochi secondi. Al si impose di spegnere
il
cervello. Tirò un calcio alla scopa del cugino, spedendolo a
lato ma
piazzandosi così sulla traiettoria del globo infuocato. Con
la forza della
disperazione virò bruscamente di lato.
Sentì
la
scopa vibrare con violenza e improvvisamente tutto il mondo fu a testa
in giù.
“Oh,
Dio…” Sussurrò Neville, alzando lo
sguardo al cielo. “… Cos’è
quello?”
Un
globo
di fuoco verde si stava dirigendo a tutta velocità verso il
campo da Quidditch.
Per
un
folle momento, non fu l’unico a pensare che si trattava di un
meteorite.
Ted
mise
mano alla bacchetta, istintivamente.
E poi
esplose.
“Merda…”
Sussurrò quando vide qualcosa di enorme e verde nella sua
visuale. Una dannatissima palla di
fuoco.
Sentì
tutti i sensi tesi al massimo, e l’adrenalina invaderlo
quando il fragore
dell’esplosione fagocitò tutti i rumori attorno a
sé.
Quando
l’enorme nuvola di polvere lo investì
pensò solo a ripararsi.
“Advolo Celeriter…”
Lily
si
voltò verso Rose, confusa.
“Ti
pare
il momento di ripassare incantesimi?!”
Rose non rispose. Sfoderò la bacchetta.
“Siamo
in
grossi guai, Lily… Grossi, giganteschi, spaventosi, guai.”
Tom
si
era alzato in piedi di scatto quando aveva visto Al piazzarsi sulla
traiettoria
dell’enorme globo infuocato. Era riuscito a schivarlo, ma la
scopa aveva perso
assetto, facendolo precipitare a rotta di collo. Aveva estratto la
bacchetta,
in un inutile riflesso condizionato.
Da
quella
distanza non avrebbe certo potuto fare niente.
Poi quella cosa era precipitata, sollevando
una nuvola di polvere che aveva oscurato l’intero campo.
Socchiuse
gli occhi cercando di vedere, frenandosi dallo scendere. Se
l’avesse fatto si
sarebbe trovato in mezzo ad una partita di mosca cieca.
Il
medaglione scottò di colpo. Violentemente, lasciandolo quasi
senza fiato per il
dolore.
E
allora capì.
Capì prima di vedere.
Harry
sfoderò la bacchetta, e con lui Ron. Pochi spalti
più sotto, vide Malfoy fare
lo stesso, e con lui parecchi genitori. Non si stupì di
riconoscere tra di loro
vecchi compagni di scuola.
C’era
una
cosa che i sopravvissuti di una guerra sapevano riconoscere
all’istante, senza
dubbi di sorta, con assoluto e agghiacciante chiarore.
Il
pericolo.
“Harry…”
Sussurrò Ron, indicando davanti a sé.
Una
coda
serpentina frustava dalla foschia causata dalla collisione.
****
Note:
So che mi odiate. Ma ricordatevi che vi lovvo.
1-
Sì,
Thomas è un fan dei Joy Division. Non è difficile
immaginare questa tipologia
di personaggio appassionato alla new-wave inglese, come i The Cure o
Ian
Curtis. La maglietta è questa
ed io la amo.
|