Will/Ben
Titolo:
Personaggi: Ben Barnes, William Moseley (cosa posso farci,
li adoro in tutte le salse!)
Genere: Romantico, Malinconico, Comico
Rating: Arancione, perché sì, sono dei brutti
bambini cattivi che dicono e fanno tante brutte cosacce °ç°
Avvertimenti: Slash, Ragazzi Emo, Will e Ben in tuta
succinta *ç*
Perché sono taaaaaaaaaaaaaanto belli, perché sono
taaaaaaaaaaaaaaaaaanto emo, taaaaaaaaaaanto gai, e io li amo
*-*
Solita roba: Will e Ben non mi appartengono, sennò mi
arresterebbero per stupro e violenza carnale premeditata e ripetuta,
e tutti i personaggi a parte Skandar, Georgie e Katy Brown (muori,
zoccola biondastra che non sei altro, sei troppo brutta per essere
stata la compagna di quel tesoro di Will!) sono parto della mia mente
malata. Uffi.
.
Questa la dedico a te,bimba.
Non c'è un motivo; lo faccio semplicemente
perché mi va.
E perché ti voglio bene.
.
-Stop, stop, STOP!-
Ben sospirò, esasperato, lasciando cadere la pesante spada
lungo il fianco destro. Skandar, di fronte a lui, rovesciò gli
occhi al cielo, esasperato dall'ennesima interruzione di quel pazzo
sclerotico del regista.
Michelle. Quarantasei anni e tre mesi di pura arteriosclerosi
precoce, uno stipendio da imperatore romano, un megafono in mano e
una crociata da portare assolutamente a compimento: rendere la vita
di Benjamin Barnes un vero inferno.
-Cosa c'è adesso, Michelle?- sbottò infatti il
suddetto moro, irritato, rinfoderando con un gesto fluido la pesante
spada sul fianco e voltandosi, gli occhioni nerissimi venati di
qualcosa molto simile a rabbia a stento repressa.
Il già paonazzo francese rispose al suo sguardo con
un'occhiataccia di fuoco. Quel colorito violaceo non doveva essere
molto salutare, a pensarci bene; forse era colpa dei quattro
pacchetti di sigarette che in media quell'uomo completamente folle
fumava giornalmente, più simile ad una ciminiera che ad un
ometto alto un metro e una speranza più largo che lungo.
Forse. Oppure, era semplicemente molto, molto arrabbiato.
-Ben, ti vuoi decidere a metterci un pò d'impegno, in
questo fottuto duello!?!?-
-E per fortuna che i francesi dovrebbero essere fini e posati.-
borbottò Ben, sarcastico, facendosi sentire soltanto da
Skandar. Lo vide trattenere a stento una risata, mentre, esausto, si
appoggiava al parapetto della mastodontica nave costruita apposta per
il set di Narnia.
-Non pigliarmi per il culo, Barnes!-
STONK!
Stonk. Onomatopea solitamente usata per indicare oggetto
contundente violentemente scaraventato su di un piano orizzontale.
Nella fattispecie, un megafono.
Ben alzò lo sguardo, scettico.
-Sono stanco, Michelle.- borbottò, sperando di aver usato
un tono abbastanza convincente. Tanto valeva passare per un attore
viziato ed antipatico, pur di evitare la solita, pedante domanda che
quel regista pazzo gli poneva ad ogni errore. Ogni, sacrosantissimo
errore.
-Non dre balle, Barnes! E' la sesta volta che proviamo questo
maledetto duello, e ancora non riesci a farlo decentemente!- Ben
sospirò, chiudendo gli occhi, sopportando in silenzio le
gradevoli e musicali urla che il regista sclerotico del
terzo capitolo di Narnia gli stava sputando addosso. -Non avevi di
questi problemi con Moseley, o sbaglio!?-
Eccola. La stoccata finale.
Dolorosa, come al solito...troppo.
Skandar e Georgie gli rivolsero un'occhiata che lui ignorò
bellamente, alzando lo sguardo verso il cielo terso, limpido,
dell'Australia.
Quell'azzurro profondo, avvolgente, infinito, che gli ricordava
tanto due occhi dello stesso colore.
William.
Eh, già. Con William non aveva mai avuto di quei
problemi...Skandar era bravo, era un amico, un ottimo attore. Ma non
era Will.
La rabbia di Michelle scemò lentamente in un borbottio
confuso, dopo un aspro "dieci minuti di pausa!"
sputacchiato fra una sigaretta e l'altra. Sì, sarebbe
sicuramente morto per cancro ai polmoni entro i cinquanta.
Intorno a Ben si levò un brusìo confuso, mentre le
trenta e passa persone presenti sull'imponente nave
cominciavano a parlare, discutere, chiacchierare, sistemare. Ignorò
tutto e tutti, chiudendo gli occhi, e rivolgendo il volto verso il
parapetto a cui era appoggiato, le mani affusolate, da pianista, che
stringevano quasi convulsamente il legno ruvido.
-Non puoi torturarti così, Ben.- la voce di Skandar gli
giunse sorprendentemente vicina; non si era accorto della sua
vicinanza.
-Mi dispiace, Skan. Non mi riesce proprio, questa scena.- mormorò
il bruno, passandosi una mano fra i lunghi capelli scuri, morbidi,
segosi al tatto, raccolti in una severa acconciatura alla norvegese.
Distrattamente, l'altra mano ricadde sul fianco snello, avvolto dagli
alti pantaloni aderenti ai suoi fianchi snelli, sfiorando l'elsa
dorata della spada che portava in cintura.
La famosa spada di Peter...la spada di William.
Will.
Sospirò, quando gli occhi terribilmente conosciuti del
biondo fecero di nuovo capolino nella sua mente tormentata.
Non lo vedeva da...mesi, ormai. Un film dopo l'altro, un set dopo
l'altro; Dorian Gray, Locked In, ora Narnia, prossimamente in
Irlanda. Mai un attimo di respiro, mai un istante di pace per poter
pensare, per intrattenere un minimo di vita sociale che non voleva.
La sua vita sociale non era lì, in mezzo ai colleghi, alle
donne facili dei locali. Era a Hollywood, da...
Le uniche notizie che aveva di lui erano quelle che gli aveva
riferito Georgie; piccola, adorabile, furba Georgie. Il tira e molla
continuo con Katy Brown, quella brutta abitudine di bere troppo e a
sproposito, i soliti festini incasinati...anche da quando si era
trasferito in America, il biondo non sembrava essere cambiato.
Beh...nemmeno lui era poi cambiato molto, pensandoci.
Sempre stakanovista, sempre pungente e sarcastico, sempre in giro
per il mondo alla ricerca di fortuna. Era sempre lo stesso, magari un
pò più vissuto, ma sempre lo stesso Ben con tanta
voglia di mettersi alla prova che era approdato sul set di Prince
Caspian.
Eppure...eppure, per la prima volta nella sua vita, nella sua
carriera, aveva un problema. Un grosso, pesante problema, dagli occhi
azzurri e i capelli biondi.
William.
Essere di nuovo sul set di Narnia glielo riportava alla mente più
chiaro e nitido che mai. Tutti quei pomeriggi passati ad allenarsi, a
duellare, a finire a rotolarsi per terra come due bambini; tutti gli
scherzi, le battute, il sorriso sincero e raggiante del biondo dal
viso angelico...
-Non è colpa tua, Ben.- Skan gli diede una lieve pacca
sulla spalla, tentando - sapendo già di non riuscirvi - di
confortarlo un poco.
-Invece lo è, Skan!- sbottò, innervosito. -Io ho
rovinato tutto con lui, io non riesco a fare questo duello
come si deve, e perché? Perché in ogni istante, in ogni
secondo, mi torna in mente lui, ogni volta che impugno questa
maledetta spada mi ricordo che ad usarla era lui!- esplose,
lanciando un'occhiataccia alla povera spada innocente, macchiata
soltanto della colpa di essere appartenuta a Will.
Perché quella era la verità, per quanto fosse
scomoda e dolorosa, Ben lo sapeva bene.
Will gli mancava.
Era talmente vivo, nella sua mente, talmente presente, che quasi
poteva immaginare ciò che gli avrebbe detto, in quel tono
sarcastico e divertito tipico di lui, gli occhi blu intensi,
penetranti, luminosi come cangianti lame affilate capaci di
trafiggerlo.
-Avanti, Barnes, non fare il rammollito; dì la
verità, hai perso lo smalto per queste cose.-
Ora sentiva anche le voci; fantastico. Primo passo per diventare
un vecchio pazzo schizzato come Michelle.
-Beh, cos'hai? La vecchiaia t'ha portato alla sordità
precoce, Ben?-
...
Un momento.
Quella battutaccia non poteva averla partorita il suo inconscio
malato. Non arrivava a tanto, quell'unico neurone che aveva in testa.
Alzò lo sguardo, allibito, nello stesso momento in cui
Georgie, entusiasta, esplose in un esultante e gioioso: -WILL!-
.
-E tu, cosa ci fai qui!?-
Ahahah. L'espressione di Ben era assolutamente impagabile.
Will si strinse nelle spalle, le mani infilate in tasca, un
sorrisetto soddisfatto dipinto sul volto.
-Che accoglienza calorosa, Barnes. Guarda, se vuoi me ne
torno da dove sono venuto.- ghignò, in risposta
all'espressione allibita di Benjamin, spalancando le braccia
esattamente un istante prima che Georgie, sfrecciata ad una velocità
assurda giù dalla nave, gli si catapultasse letteralmente
addosso, mozzandogli il fiato. Ma il suo sguardo, anche mentre
rideva con la sua adorata piccolina, si soffermò per qualche
istante di troppo nei due pozzi color pece del moro, penetranti.
Vuoi scappare anche adesso, Ben?
-Nononono!- Ben sgranò gli occhi, preso sottogamba dalla
pessima battutaccia di Will. Affondò una mano fra i morbidi
capelli castani, arruffandoli e tentando di ritrovare un minimo di
decoro, cercando in tutti i modi di celare il sorriso che prepotente,
irresistibile, lottava per affiorare sul suo volto ruvido.
-Cioé...povera Georgie, le sei mancato tanto...- borbottò,
sentendo le guance andare a fuoco, sotto la barba. Benedetta barba.
William...
Non avrebbe dovuto permettere al suo cuore di accelerare nel
vederlo; non avrebbe dovuto guardarlo così, gli occhi
nerissimi più accesi e vivi che mai, non avrebbe dovuto bearsi
della figura statuaria del biondo. Per di più Will indossava
soltanto un paio di bermuda di jeans ed una una normalissima camicia
azzurra, due bottoni aperti che lasciavano intravedere quel collo
arcuato, dai muscoli tesi, morbidi, irresistibili... e il
foulard, un foulard sottile - fissa di William -, rosso; che non
faceva altro che accentuare la sensualità di quel punto
particolare del suo collo...
Non poteva negarlo; era assolutamente bellissimo.
-Ehi Barnes, so che sono divino, ma non incantarti a
guardarmi.- ma brutto...
-Will, la tua megalomania è seconda soltanto alla tua
vanagloria.- replicò il moro, pronto, con una fitta di
dolcezza dalle parti del cuore. Era un battibecco continuo, che
durava ormai da anni, quello sull'egocentrismo ormai onnipresente di
William...tutta scena, Ben lo sapeva benissimo. Alzò gli occhi
al cielo; quegli di carbone, caldi, vivi, quegli occhi lucenti come
stelle e profondi come buchi neri che non avevano mai abbandonato
Will. Mai, nemmeno per un istante. Se solo rammentava l'ultimo
istante in cui li aveva scorti...bagnati di pioggia, e forse non
solo, i capelli anneriti da quelle gocce crudeli che gliel'avevano
portato via in un istante di tempesta di una notte nera, nera come
quei due baratri in cui avrebbe voluto affogare.
Era impressionante, quanto Ben non fosse praticamente
cambiato...l'unica cosa diversa, erano quelle due gemme d'ebano.
Scure, più scure che mai. Angosciate, ma...felici.
-Will? William Moseley?- oh, no.
Ben impallidì visibilmente, all'accento francese ed
insidioso della voce appena risuonata inquietantemente alle sue
spalle.
Will sorrise, ignaro e strafottente come suo solito.
-In carne, ossa e perfezione.- rispose, inarcando appena un
sopracciglio, sogghignando all'alzata al cielo di sguardi di Georgie
e Skandar.
-Ma senti questo...- borbottò Ben, scuotendo appena la
testa, rassegnato ormai alla completa idiozia di quel ragazzo.
-Oh, pevfetto, un altro navcisista fine a sé
stesso.- Michelle lanciò un'occhiataccia al moro, che accennò
un sorrisetto poco convincente, imbarazzato. -Benissimo! Finalmente
di utile!- aggiunse l'istante più tardi il lunatico regista,
con uno sbalzo d'umore capace di far rabbrividire i tre attori del
cast.
Will aggrottò appena la fronte, senza capire.
-Eee...cioè?- mormorò, senza capire, ma Michelle si
era già voltato verso Benjamin, con un sogghigno sadico e
tremendamente trionfante sul viso.
-Tu.- abbaiò, facendo sussultare il povero Re
Caspian, ora più che mai simile ad un ragazzo atterrito.
-Io!?- replicò lui, la voce più simile ad un gemito
terrorizzato che ad altro.
-Sì, Bavnes. Tu. E lui.- Michelle indicò con
un dito grassoccio il sempre più disorientato biondo, che
alternativamente faceva saettare il suo sguardo dal regista al moro,
abbattuto. -Vedi di approfittare della sua presenza, Bavnes, e
di allenarti per fare quel duello come Dio comanda.- sogghignò,
prima di voltarsi e sputacchiare un -PER OGGI ABBIAMO FINITO,
SLOGGIATE DA QUA!- a tutto il resto del cast.
-...........cioé?- borbottò Will, allibito, restando
come gli altri tre a guardare il piccolo, grasso francese rimbalzare
da tutte le parti della nave, fumando come una locomotiva d'altri
tempi. Ma Ben scosse la testa, scendendo dalla nave con
un'espressione indecifrabile sul volto.
-Non c'è che dire, Will. Sei sempre molto sveglio.-
§
-Vuoi spiegarmi come mai non riesci a batterti contro Skan?-
Ben sospirò, rassegnato; Will sapeva essere
straordinariamente pedante, quando s'impegnava.
-Senti, tu dammi soltanto una mano e non fare domande idiote.-
sbottò, irritato, passandogli con eleganza la spada che
solitamente utilizzava Skandar. Will inarcò un sopracciglio,
scettico.
-Perché non posso usare la mia?- borbottò,
accigliato, indicando la splendida arma in mano all'altro.
-Perché non è più tua, Moseley.-
replicò Ben, piccato, voltandosi a fronteggiarlo. Era sera; il
set del "Viaggio del Veliero" era deserto...tranne loro,
tranne due ragazzi in tuta e maglietta, Ben in blu, Will in nero, una
sola luce al neon accesa e puntata sull'ampio ponte dove si trovavano
a battersi.
-Okay...dai, Ben, fammi vedere se ti ricordi ancora come si
tengono in mano, questi arnesi.- lo stuzzicò il biondo,
portandosi al centro dell'ampio pianale di legno, l'elsa d'argento
ben stretta nella mano destra; il corpo che si tendeva, pronto
all'attacco ed anche alla difesa, i muscoli che si contraevano,
pronti a scattare.
Ben sospirò, raggiungendolo con molta meno eccitazione,
sguainando la spada...la spada di Re Peter, la spada che aveva sempre
usato Will.
-Continuo a pensare che non sia una buona idea.- mormorò,
alzando la lama affilata nell'aria fragrante, le lame che si
sfioravano appena, illuminate dalla fredda ed impersonale luce del
neon.
-Ben...non avrai paura, vero?- lo stuzzicò
nuovamente William, con un lieve sorriso appena accusatorio capace di
farlo sentire istantaneamente, dannatamente in colpa.
Hai già avuto paura una volta, Ben...paura di te stesso,
paura di lui...
-Ti piacerebbe.- mormorò, gli occhi neri che si
assottigliavano. E repentinamente, sferrò un violento fendente
verso William, cogliendolo di sorpresa.
Il biondo balzò indietro, allarmato, parando la veemenza
del colpo per un soffio; le due lame si scontrarono, vibrando
rabbiosamente nell'aria calda e secca, a poco più di una
manciata di centimetri dalla gola scoperta del biondo.
-Però...niente male, Ben.- commentò, senza
scomporsi, una luce di sfida e di rabbia nelle iridi azzurre...prima
di partire, inesorabile, all'attacco.
Uno, due, tre. Tre colpi andati a segno, tre stoccate parate a
stento.
Infranse la debole guardia del moro con facilità, fin
troppa; lo colpì l'istante più tardi, con il piatto
della lama e nemmeno troppa forza, sul fianco esposto. -Non ti stai
impegnando, Barnes.- Will inarcò un sopracciglio, scrutandolo
in volto. Ben sembrava angosciato...combattuto; non aveva reagito, si
era limitato a parare senza nemmeno troppo impegno i suoi assalti
continui, ripetuti.
-Te l'ho detto che non è una buona idea.- borbottò
infatti, sospirando. -Non ci riesco.- non ci riesco ad
attaccarti, Will...non riesco a rispondere ai tuoi colpi. Non posso.
Me li merito.
-Non me ne frega un cazzo, Ben!- sbottò il biondo,
improvvisamente irritato dalla sua passività, dal suo orribile
atteggiamento. Gli occhioni blu mandavano lampi, lampi di repentina,
assoluta, rabbia. Non aveva mai sopportato quel suo
comportamento, quel suo stupido, stupido vittimismo, quel suo
subire, accettando ogni attacco, quando si sentiva in colpa.
-Reagisci, Ben! Devi batterti, comprendi?-
Ben alzò lo sguardo, sorpreso dalla veemenza del biondo. Ma
non riuscì a replicare, a rispondere, perché Will
repentino attaccò di nuovo, e ancora, ed un'altra volta, con
una violenza che nulla aveva a che fare con la situazione in cui si
trovavano.
Perché, Ben lo sapeva, ognuna di quelle stoccate date con
rabbia, ogni scintilla di odio e frustrazione negli occhi feriti di
William, erano una muta ma furibonda accusa al suo atteggiamento, a
ciò che li aveva, inesorabilmente, divisi.
-Perché, Ben?- sibilò il biondo, fra un fendente e
l'altro, il respiro corto e le guance arrossate, accese. -Perché
non ti riesce questo fottuto duello?- aggiunse, sferrando l'ennesimo
colpo, il clangore delle spade che risuonava nel silenzio intorno a
loro. Pareva già che lo sapesse...ma che volesse, pretendesse
di sentirglielo dire...
-Perché...- Ben esitò, balzando indietro, schivando
un altro colpo. -...era con te...che combattevo.- ansimò,
stravolto, teso, arruffato. -...mi ricorda...quei momenti.- aggiunse,
dopo un attimo, le iridi azzurre dell'altro che sgranavano. -...mi
mancano.- sull'ultimo, Ben
aggiunse quella sillaba a salvarlo in corner. Ma Will no, Will lo
sapeva...sapeva che non erano soltanto i duelli, quel tipo di duelli,
a mancargli.
-Non mi sembra ti dispiacesse
molto, lasciarmi.- replicò il biondo, e Ben strinse appena gli
occhi, sofferente. -Ora mi vieni a dire che ti manco?-
-Io non ti ho lasciato, Will.- mormorò,
voltando il capo per non guardarlo, i capelli scuri che velavano il
suo volto affilato.
-Ma te ne sei andato, Ben!-
improvvisamente, la voce di William si alzò di due ottave, ed
il rumore violento della spada scaraventata lontano riempì
l'aria. -Hai preferito il tuo lavoro, la tua carriera, a me, a
noi!- uno scatto nervoso,
violento, e senza ben sapere come i due ragazzi si ritrovarono a
terra, le dita di Will serrate intorno al bavero della maglietta di
Ben. -Sei scappato. Sei fuggito come un codardo.- sibilò, il
volto ad una manciata di millimetri da quello sorpreso, arrossato,
del moro. -...me la ricordo, quella notte. Te la ricordi, Ben?- la
voce del biondo si spezzò appena, così come i suoi
occhi.
Dolore.
C'era questo, in quegli occhi.
Puro, e semplice, dolore.
-Pioveva. Pioveva...eri tutto bagnato,
avevi scordato l'ombrello.-
-Devo andare via, Will.-
-Beh, non vedo il problema.-
-Davvero? Io lo vedo.-
-Non dirmi che hai paura di una storia a distanza.- acqua sugli
occhi increduli, divertiti, di chi non vuol capire, di Will.
-Non...non funzionano quasi mai.- occhi che si spezzano. Come
ora.
-E questo...Ben, cosa significa questo?-
-Tu hai...hai diritto di essere libero. Io ho...tanti pensieri.
Non...non hai bisogno di me. Io ti...io non ti merito, non io.- gli
occhi neri che si allontanavano da quelli che amavano, il volto
basso, colpevole, i passi che si allontanavano. Sotto la pioggia, la
figura alta e scura che piano se ne andava, sfuggiva via da lui, da
Will.
-Ma ti amo lo stesso.- un sussurro, un sussurro che Ben non
riuscì a sentire.
-Te ne sei andato così,
Ben. Senza spiegare niente.-
sibilò Will, gli occhi più scuri, più umidi,
densi di rabbia e dolore.
-Will...- Will lo strattonò di
botto, costringendolo a guardarlo.
-Perché.- sbottò, in un
tono che non ammetteva repliche.
-Perché ho paura,
coglione!- replicò improvvisamente Ben, voltandosi di scatto
verso di lui e liberandosi violentemente dalla sua stretta,
bloccandogli i polsi fra le dita affusolate. -Ho paura di quello che
mi hai fatto, Will!- continuò, le iridi più sottili,
più rabbiose, decise. Decise a smettere, di mentire. -Eri
sempre...gli amici, le amiche,
eri sempre circondato di gente!- mugolò, il dolore che si
faceva sentire sempre più forte nella sua voce, nel suo petto.
-Avevo paura...di non essere...importante.-
confessò, con un gemito soffocato dalle parti del cuore.
Lo sguardo duro di Will,
improvvisamente, si ammorbidì, sorpreso.
-Eri geloso, Ben?- gli chiese,
incredulo.
-Sì.- borbottò il moro,
arrossendo.
-E' per questo che sei andato via? Per
questo che hai accettato un ruolo dopo l'altro, per starmi lontano?-
continuò, sempre più allibito.
-Avevo...paura...di perderti.- Ben
distolse lo sguardo dagli occhi blu, sorpresi, di Will. Non era mai
riuscito a dirlo; né al biondo, né a Georgie...nemmeno
a sé stesso.
Ma William sorrise, la rabbia
scomparsa, scostando una ciocca di capelli castani dalla guancia di
Ben, sfiorandolo appena.
-Sei uno stupido, Benjamin.- ridacchiò,
prendendo il mento dell'altro fra indice e pollice, costringendolo a
guardarlo, le iridi a scontrarsi con le sue.
-Lo so.- borbottò il moro, la
voce bassa, nulla più di un borbottio confuso. E Will sorrise,
divertito, le dita che automaticamente andavano a posarsi sulla
guancia di Ben, sfiorandolo con delicatezza, con dolcezza. Sembrava
un bambino, in quel momento. Gli occhioni neri che brillavano nel
buio, accesi, vivi...infuocati...il suo respiro andava ad accarezzare
le sue labbra, il pollice percorreva lento la sua guancia. Gli era
mancata, la vicinanza col biondo, il tocco delle sue mani, il sapore
del suo fiato fresco...
Non meritava tanto. Forse era soltanto
un sogno.
No, doveva sapere. Doveva sapere se si
trattava soltanto dell'ennesimo ricordo, dell'ennesimo sogno crudele,
doveva...
E fu un gesto repentino, istintivo, il
trovarsi improvviso delle loro labbra.
Le labbra di Will erano
soffici...morbide come le ricordava.
Non poté trattenersi dal
passarvi la lingua, alla ricerca di quel vago sapore di vaniglia che
sapeva appartenere a quei due carnosi boccioli rossi, deliziosi,
perfetti.
Will sembrava titubante...come se...lo
stesse per allontanare, come se fosse lui, ora, a fuggire...
A quel pensiero repentino, immensamente
doloroso, Ben fece per separarsi dall'altro, qualcosa che
dolorosamente s'incrinava nel suo petto.
D'altronde, cos'altro puoi aspettarti, Ben? Te lo meriti.
Ma Will...
Di scatto le mani di Will salirono fra
i suoi capelli, bloccandolo, impedendogli di scappare ancora, di
fuggire ancora. Le sue labbra si mossero repentinamente, decise,
forti, schiudendo ed andando ad allacciarsi decise a quelle di Ben.
La morbidezza della sua lingua, del suo
bacio, il sapore caldo e familiare della sua bocca...Will sentì
che non avrebbe più potuto vivere senza quel sapore forte,
quel gusto intenso che assaporava sulle sue labbra in quello stesso
istante. Non gli avrebbe più permesso di lasciarlo, di
allontanarsi, di ucciderlo lentamente con ognuno di quei baci sempre
capaci di strapparlo dal mondo, di trascinarlo via con sé in
mare aperto.
Will rabbrividì, quando la punta
delle dita di Ben sfiorarono la sua schiena scolpita, sotto la
T-Shirt. Un tocco appena accennato, ma più che sufficiente per
farlo affondare con più forza fra le sue labbra affusolate,
calde, deliziose, i petti premuti l'uno sull'altro, le gambe che
sfregavano fra loro, s'intrecciavano, il desiderio pulsante ed
improvviso in entrambi.
Si separarono soltanto quando
l'ossigeno, birbante, venne a mancare.
-Mi sei mancato.- mormorò il
biondo, sorridendo appena, le guance rosse d'imbarazzo e desiderio,
il volto che avvampava e le labbra tumide, sature di bacio. Il
respiro di Ben lo confondeva, gli faceva desiderare di affondare
ancora nella sua bocca, nel suo corpo, nella sua anima. E di
restarvi, così come Ben, ormai, viveva in lui.
E Ben...Ben sorrise. Un sorriso
bello, accecante, finalmente felice.
Gli accarezzò la fronte,
scostando con dolcezza una ciocca di capelli di grano dalla guancia
morbida e glabra dell'altro.
-Anche tu. E tanto, Will.- rispose,
piano, muovendosi appena sotto il corpo muscoloso dell'altro,
accomodandovisi meglio, il bacino snello che premeva su quello
asciutto di Will. -Puoi perdonarmi? Io...- Will premette due dita
sulle sue labbra, zittendolo con un sorriso caldo, vero, i serici
capelli biondi che delicati scendevano a contornare il suo volto
d'angelo.
-Tu...sei uno scemo.- gli occhioni di
Ben lo guardavano, ironici e brillanti come quelli di un cucciolo
spaurito. E stavolta, non gli avrebbe impedito di ascoltarlo.
-Ma ti amo lo stesso.-
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