Primo tentativo di fic su Nabari
Primo tentativo di fic
su Nabari. Non so da dove mi sia uscita, né perché io abbia deciso di scegliere
il punto di vista di Miharu, un personaggio che, pur piacendomi, non sento per
niente affine... ma è uscita così, praticamente da sola. Spero vi piaccia!
Le frasi in corsivo
sono battute prese dal manga, capitolo 39.
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“Yoite ha sul collo
una cicatrice dritta e profonda… sembra quasi… il taglio di una lama…”
L’hai vista per caso,
quella cicatrice. Lui non te ne aveva mai parlato, né tantomeno te l’aveva mai
mostrata nemmeno per sbaglio.
Hai dovuto rubare
quella vista al suo sonno in un letto d’ospedale, lì dove l’ha costretto il
deperimento del suo corpo martoriato dal Kira.
Hai rubato quella
vista, hai sfiorato quel segno indelebile sulla sua pelle. È qualcosa che solo
tu conosci, eppure non ti ha aiutato a penetrare nel mistero di Yoite: non sai
ancora niente di lui (come non ne sanno niente gli altri), se non che la sua
vita è ormai agli sgoccioli e lui ti ha chiesto di cancellarlo dal mondo. Anche
se in verità (e questo lo sai forse solo tu) lui vorrebbe vivere, vorrebbe che a
qualcuno importasse della sua esistenza.
Non sai ancora niente
di lui, ma sai che esaudirai il suo desiderio, per quanto questo ti faccia male:
perché, sebbene tu non te ne renda pienamente conto, lui per te è importante –
più importante di quanto chiunque sia mai stato.
Non che nella tua
vita qualcosa o qualcuno abbia poi avuto chissà quale grande importanza.
Certo, vuoi bene alla
nonna e alla memoria evanescente dei tuoi genitori, provi un vago affetto anche
per Thobari-sensei, per Kouichi e per Raimei, ma in realtà che loro ci siano o
meno, per te cambia poco.
L’indifferenza che da
sempre ti seda il cuore ti protegge dal dolore, ma ti rende anche impossibile
provare sentimenti profondi per altri esseri umani.
Con Yoite è diverso,
forse perché lui non è esattamente un essere umano. Questo non vuol dire che tu
lo consideri un mostro, né una semplice macchina per uccidere, come invece
sembrano fare tutti gli altri.
No, Yoite per te non
è un essere umano perché è molto di più: è una creatura fragile, fatta di dolore
e solitudine, tenuti insieme da una determinazione spaventosa e mossi dal
desiderio di scomparire per sempre, contrapposto a quello di vivere – un
desiderio questo appena nato, ma già così incredibilmente tenace.
E non è stata la
vista rubata di quella cicatrice a dirti tutto questo, erano cose che già
sapevi.
Quella cicatrice di
fatto non ti ha svelato nulla di Yoite, se non che sta lì da chissà quanto tempo
a segnare la pelle delicata del suo collo, ma non può rivelartene il motivo.
Quella cicatrice
piuttosto ti ha parlato di te e dei tuoi sentimenti, ti ha mostrato con
chiarezza che in realtà in te non c’è nulla di chiaro e di definito.
Perché non è vero che
l’indifferenza ti evita di soffrire: ti anestetizza soltanto, rendendoti immune
al dolore ma anche insensibile a ogni altro sentimento. Che però c’è e ti scava
dentro, scompaginando le tue certezze abitudinarie, rendendoti non più un
monolito compatto che avanza per inerzia trascinato dalla corrente, ma un
groviglio di emozioni confuse, una matassa inestricabile, avvolta strettamente
su se stessa, che tuttavia può essere sciolta in un attimo, solo trovandone il
bandolo giusto.
“Ho la sensazione che
spesso Yoite stia per scoppiare in lacrime. Ogniqualvolta la barriera eretta
dalla sua razionalità crolla, da dentro di lui si riversano all’esterno emozioni
nascoste”
All’inizio Yoite ti
sembrava così lontano, così diverso da te… tanto forte e determinato nel suo
desiderio di scomparire dalla faccia della terra, quanto tu lo eri nel
desiderare di non desiderare mai nulla e di non avere a che fare con nulla.
Volevate un po’ la stessa cosa, in fondo.
Le vostre sono sempre
state solitudini affini, esistenze che hanno sempre cercato di vivere senza
interazioni con il mondo, protette dietro il silenzio dei sentimenti soffocati o
mai nati, costretti sotto il giogo di profonde cicatrici fisiche e morali -
retaggi di un passato che ha lasciato in voi segni troppo intimi per poter
essere più che nascosti da un’apparente indifferenza.
Quando vi siete
incontrati e lui ti ha strappato col ricatto la promessa di utilizzare l’arte
segreta per cancellarlo dal mondo (ma era una costrizione solo apparente: tu in
realtà sei stato subito d’accordo, perché avresti voluto avere la sua stessa
forza, per poter realizzare su di te il medesimo desiderio), in quel momento,
quando ti ha portato nel suo rifugio in quel vagone abbandonato, non avresti mai
osato immaginare ciò che poi è successo.
Malgrado tutto, lui
non ti sembrava una minaccia: eri intimamente convinto che non lo fosse e, forte
di questa tua convinzione, hai abbandonato tutto per seguirlo, lasciandoti alle
spalle chi voleva tenerti lontano da lui per proteggerti e stava cercando di
liberarti di quello Shinrabansho di cui, fino a poco prima, nulla sapevi e nulla
ti importava e che all’improvviso si è fatto peso, condanna e intralcio.
Ora però, quella
«fata» che vive nel tuo cuore e ti tenta col miraggio dell’onniscienza, per te è
preziosa, perché è il mezzo per esaudire il suo desiderio.
Anche Yoite, come
Thobari-sensei e come tutti gli altri, ti si è avvicinato solo perché in te ha
preso dimora l’arte segreta. Chiunque sarebbe stato ferito da un atteggiamento
del genere, ma non tu: lo scudo dell’indifferenza ti ha protetto dal loro
interesse ipocrita, permettendoti di lasciartelo scivolare addosso senza esserne
toccato. Con lui però quella barriera non ha avuto effetto.
Non te ne sei reso
conto subito, tuttavia col passare del tempo davanti a lui hai abbassato sempre
di più le tue difese, avvicinandoti a lui tanto da finire con lo specchiarti in
tutto e per tutto in quei suoi occhi blu sempre così tristi, trovandoti a lui
completamente uguale e contrario insieme, diventando da lui inscindibile, come
ogni riflesso lo è dall’immagine che lo genera.
Anche tu erigi
barriere per contenere le tue emozioni, le soffochi sotto la coltre
dell’indifferenza e nemmeno più sai perché: forse perché così è più facile, meno
doloroso… ma con lui ti sei reso conto di non poterci riuscire.
Sei stato trascinato
a forza nel mondo di Nabari, ti è stato detto che ne saresti divenuto il re, che
questo era il tuo destino perché lo Shinrabansho aveva scelto te e che per
questo dovevi lottare. Ma tu quel destino non te lo vedevi davanti agli occhi,
non volevi che quella fosse la meta della tua strada – volevi solo fuggire,
tornare nel tuo anonimato e alla tua vita di sempre.
Poi Yoite ti ha
trovato. Anche lui ti ha trascinato a forza con sé, ti ha detto cosa dovevi fare
e che non avevi altra possibilità, perché lo Shinrabansho aveva scelto te e
quindi avresti dovuto imparare a dominarlo, volente o nolente. In fondo, anche
lui non ti diceva cose molto diverse da quelle di Thobari-sensei e dei ninja di
Banten, i tuoi sedicenti protettori. Da Yoite però non sei fuggito, perché la
strada che lui ti proponeva la sentivi inconsciamente già come tua.
Così hai iniziato a
camminare con lui, accanto a lui, tenendolo per mano e provando giorno dopo
giorno a sostenerlo e a farti sostenere da lui. Non capivi perché volesse così
disperatamente cancellare la propria esistenza dal mondo, ma gli avevi promesso
che l’avresti accontentato, perché lui era stato il primo a dare uno scopo alla
tua vita vuota.
Anche se all’inizio
quel ragazzo dagli occhi tristi e dalla volontà indomabile quasi nemmeno ti
considerava – perché in fondo per lui eri soltanto il mezzo per soddisfare il
proprio desiderio – non ti sei mai arreso e hai continuato a stargli a fianco,
con pazienza e dolcezza, senza nemmeno sapere perché ci tenessi così tanto a
farlo.
Poi pian piano i suoi
occhi si sono fatti meno tristi, soprattutto quando si posavano su di te, e la
sua volontà di scomparire nel nulla ha iniziato a vacillare, assieme al suo
fisico sempre più fragile. E per un attimo hai creduto di poter essere felice
con lui.
E più la sua vita
sfiorisce, più l’istinto di vivere gli lacera il cuore così come il Kira gli
consuma il corpo, più in te cresce la voglia di convincerlo a non morire.
Non sai se, imparando
a controllare lo Shinrabansho, potresti davvero salvarlo – ma sai che, se anche
potessi, non lo faresti contro la sua volontà. È quella cicatrice sul suo collo
che te lo impedisce.
“Le cicatrici non
sono forse frammenti di passato?”
C’è qualcosa dietro
quella cicatrice: di certo una sofferenza immensa, forse anche l’origine della
solitudine in cui lui ha sempre vissuto – quella solitudine tanto simile alla
tua che tu hai accettato e accolto, imparando poco per volta ad amare Yoite così
com’è, nella sua fragile e misteriosa totalità, senza pretendere nulla in
cambio.
Dietro quella
cicatrice c’è un passato che non conosci, che lui probabilmente non ti
racconterà mai e che tu non cercherai mai di conoscere, almeno fino a quando non
l’avrai cancellato dal mondo. E vuoi riuscirci prima che il Kira se lo porti
via: glielo devi, anche se il solo pensiero ti spezza il cuore.
Non importa quanta
fatica ti costerà imparare a dominare l’arte segreta, non importa se rischi di
venirne posseduto, o di perderne il controllo e fare del male a qualcuno. Non
importa nemmeno delle conseguenze che la cancellazione di un’esistenza potrebbe
avere su coloro che con questa esistenza sono venuti in contatto.
Non ti importa di
nulla, nemmeno del vuoto che ti resterà dentro quando lui non ci sarà più… o
almeno vorresti credere che sarà così. In realtà, sai perfettamente che
soffrirai più di quanto tu non abbia mai sofferto prima d’ora: perché Yoite
ormai è una parte di te e allontanando un’immagine dallo specchio, il suo
riflesso non può che svanire.
Ma non importa, non
deve importare… sarà così, anche se fa male.
“A mente fredda ti ho
fatto una promessa: ti ho promesso che ti avrei cancellato dal mondo. È da
stupidi esitare, la decisione è già stata presa… però non è giusto…”
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