Capitolo 3
A
Song Of Eternal Creatures
Capitolo
3
Tutto sommato non era malaccio fingersi ferita. Erano giunti alle
terme,
poteva essere servita e riverita e l'ambiente conciliava un certo
rilassamento.
Zoppicava di qua e di là con finta espressione di dolore,
con Hagumi al suo
fianco che, nonostante fosse impensierita dalla sparizione di Shin, si
concedeva di tanto in tanto qualche risatina nell'osservare la sorella
che si
faceva coccolare un po' da tutti. Quando Akira seppe che Himiko aveva
avuto un
incidente, si fece indicare da chi l'aveva già incontrata
dove potesse
trovarla. Qualcuno gli disse che era semplicemente a zonzo con la
rosetta, ma
quando incontrò Len, questa seppe dirgli con precisione che
si trovavano nella
saletta comune ed erano sedute su un divanetto ad assistere ad una
focosa sfida
di ping pong tra Misa e Shiki. Era risaputo l'odio tra i due, quindi
Akira si
recò ben volentieri da Himiko anche per assistere allo
scontro secolare.
«Minamoto,
come stai?» le chiese una volta giunto,
avvicinandosi al divanetto su cui le due sedevano indossando solo dei
sottili
yukata estivi, quello di Himiko era di un bel rosso con disegnate
elegantissime
farfalle nere, quello di Hagumi invece era rosa e la fantasia floreale
la
faceva sembrare un bocciolo lei stessa. Le due si voltarono,
rispondendo in
contemporanea «Bene!», ma Hagumi rise di se stessa
vedendo poi Akira «Ma
immagino chiedessi di Himiko.» si voltò verso Misa
«Posso unirmi a te, contro
Shiki? Ti sta schiacciando!» disse alzandosi dal divanetto,
per lasciare i due
a chiacchierare con calma. Saltellò verso il tavolo, nel
farlo sbatté anche con
l'anca contro lo spigolo di questo, ululando di dolore; Shiki
borbottò qualcosa
sul suo solito essere imbranata, Misa rise e le si avvicinò
per vedere se
stesse bene; Himiko, dal canto suo, sorrise con tenerezza ai modi buffi
della
sorella, mentre Akira si sedeva al suo fianco e la guardava rapito
«Siete molto
affezionate, vero?» Himiko annuì, senza
però scollare gli occhi di dosso ai tre
che ormai più che giocare a ping pong, giocavano a "raccogli
la pallina
che Hagumi fa cadere". Si sentiva un po' in soggezione, imbarazzata
dall'evento del pomeriggio precedente dopo il quale ancora non si erano
parlati, così evitò accuratamente di incontrarne
lo sguardo, o di sbilanciarsi
troppo. «Non sembrate gemelle, chi non vi conosce e non sa
quale legame
profondo vi unisca, non lo indovinerebbe mai. Occhi diversi, capelli
diversi,
tu sei un po' più formosa, lei sembra avere ancora il fisico
più acerbo, come
se stesse ancora crescendo, tant'é che é anche un
po' più bassa di te... di
quanto? Un cinque-sei centimetri?» chiese curioso ed Himiko
si trovò ad annuire
di nuovo, stavolta però non poté fare a meno di
voltarsi a guardarlo. Era
stranamente vicino, un braccio appoggiato al bordo dello schienale del
divanetto, una guancia posata sulla mano ed il corpo girato verso di
lei, come
se in quel momento solo a lei fosse interessato. Himiko si chiese se
non avesse
capito qualcosa, riguardo tutto quel parlare di vampiri: per quanto
gemelle,
crescevano diversamente a causa del sangue soprannaturale che scorreva
in loro
e se Himiko aveva quasi già raggiunto la sua forma finale e
così sarebbe stata
per l'eternità, Hagumi era rimasta indietro. La forza di
volontà nei vampiri
era tutto, tutto ciò che ne delineava alcune caratteristiche
fisiche e anche
comportamentali. Himiko era rossa perché così
voleva essere, lo stesso Hagumi
con i capelli rosa; Hagumi aveva gli occhi azzurri perché
era così che le
piacevano, mentre ad Himiko garbavano più verde smeraldo;
Himiko non aveva
problemi a diventare adulta, invece Hagumi faticava ad accettare
ulteriori
cambiamenti nel suo corpo, lei voleva rimanere così fino al
raggiungimento
dell'età del blocco e, se ci fosse riuscita, avrebbe assunto
quelle sembianze
per sempre. Hagumi non voleva crescere, era come un blocco psicologico
che
s’imponeva, per avere l'illusione che, se fosse rimasta
bambina, Shin sarebbe
stato sempre al suo fianco, senza abbandonarla mai, ed in quello stato
mentale
così infantile non si era mai resa conto probabilmente che
ricambiava i suoi
sentimenti... NON VOLEVA ricambiarli, Shin doveva essere il suo
fratellone per
sempre, perché era così che era felice.
Cos'avrebbe comportato ora la
dichiarazione di Shin nella psicologia contorta di Hagumi? Non sapeva
di
testimonianze riguardo riavvolgimenti della crescita nei vampiri, ma
Hagumi
aveva una forza di volontà così forte che avrebbe
quasi potuto farlo, pur di
tornare bambina, in modo che Shin non la vedesse donna, in modo che
tornasse
solo il suo amato fratellone. Non sapeva da cosa dipendesse questo
rifiuto di
Hagumi ad amare, d'altronde si rese conto che anche lei stessa era ben
poco
disposta verso certi sentimenti. A lei bastavano le scappatelle
temporanee, le
avventure di una notte, tutto ciò che contava, era che le
cose a lei e a sua
sorella andassero bene, dell'amore per ora non gliene poteva importare
di meno.
Il tocco gentile della mano di Akira sul suo volto la
ripescò da questi
intricati pensieri. Alzò di nuovo lo sguardo incontrando il
suo e notò che il
suo volto era ancora più vicino «Come mai ti sei
zittita? Non ti faccio più
domande, se ciò può turbarti!» lei
scosse la testa. Non era turbata, solo che
certe cose semplicemente non poteva dirgliele. Continuò ad
accarezzarla e dopo
qualche istante si alzò dal divanetto, porgendole poi una
mano «Ti va di andare
a farci un giro... soli?» il tono non era particolarmente
malizioso ed il suo
sguardo infinitamente dolce le disse che non ci sarebbe stato nulla di
male.
Afferrò la sua mano, si fece aiutare ad alzarsi e si
allontanarono insieme,
nello stesso momento in cui Natsu entrava nella stanza e lo vedeva
andare via.
Sbuffò, avvicinandosi al tavolino da ping-pong e prendendo
una racchetta. Misa
lo vide arrivare e mollò la partita, allontanandosi di
cattivo umore, Natsu
fece spallucce e occupò il suo posto al fianco della
confettina, Shiki era
troppo forte già anche da solo. «Ti do una mano. A
proposito, stasera sembri un
fiorellino, lo sai? Posso rimpicciolirti e portarti con me nel
taschino,
bambolina?» chiese scherzoso ed Hagumi rise, sapendo bene che
fosse una
semplice burla, Natsu era sempre così con lei, ma tra loro
non c'era nulla, né
mai ci sarebbe stato. Una pallina, però, arrivò
dritta spedita sulla fronte del
ragazzo, che si voltò verso Shiki infuriato «NON
HAI DATO IL VIA!» si lamentò
lui, ma Shiki lo guardò rassegnato alla sua eterna scemenza
«Sì che l'ho dato,
ma stavi facendo il cascamorto con la marshmallow ambulante,
perciò non te ne
sei accorto!». Natsu gonfiò le guance di rabbia,
mentre strinse più forte la
racchetta e fece partire il colpo, iniziando una partita
all’ultima pallina con
Shiki. Hagumi, dal canto suo, li guardava esterrefatta,
dov’era finita la
pallina? Quasi non riusciva a vederla dalla velocità con cui
i due se la scambiavano. «Ehi non è giusto, se
giocate così mi escludete totalmente!» si
lamentò la
rosetta, ma i due sembrarono non darle ascolto, al che lei
sbuffò un poco e
decise di mollarli lì, per dedicarsi a qualcosa di meglio. A
partita finita i
due ragazzi, entrambi sudati fradici per il pesante incontro, di cui
Shiki era
ovviamente vincitore, si guardarono l’un l’altro
«Acc… da quanto tempo che non
disputavamo una partita come si deve!» notò
felicemente Shiki, Natsu sembrava
un po’ meno felice del moretto. «Proporrei di
visitare queste famose terme, che
dici? Già che siamo qui, tanto vale cogliere
l’occasione.» Shiki
annuì, ma si voltò verso Hagumi che si era
accoccolata su un divanetto ed aveva preso sonno.
«Vabbè, ti raggiungo fra due
minuti, l'escursione termica qui in montagna non é
indifferente, se dormisse
qui, domattina si sveglierebbe a pezzi.» spiegò
indicando con un cenno del capo
la confettina e Natsu sghignazzò appena. Hagumi era la sua
principessina da
difendere, ma tutto sommato, il cugino era troppo serio per pensare di
fare
qualcosa di sconcio una volta solo con lei, tanto valeva lasciargli
quei due
minuti di gloria per portarla in stanza a dormire. «A fra
poco, allora...
briccone!» fuggì via prima che Shiki potesse
piantargli un pugno sul naso. Il
moro si soffermò un momento ad osservare la confettina,
incerto. «Chissà se ha
la stessa natura del fratello, o è veramente solo un essere
umano di mezzo ad
una sfortunata situazione… » si ritrovò
a domandarsi, abbassandosi poi sulla
ragazza e sollevandola dolcemente, evitando di svegliarla, per poi
accompagnarla nella sua camera. Qualche passo più avanti,
però, Hagumi aprì
pigramente gli occhi e osservò intorno un po’
confusa, poi guardò all'insù e
notò il viso del moro poco più in alto del suo,
capendo che la stava portando
in braccio.
«Ehm...
perché mi hai presa in
braccio?» chiese infinitamente imbarazzata, mentre un alone
rosso compariva
sulle gote morbide e si estendeva fin dietro le orecchie. Tra l'altro
notò
senza problemi che la portava con tranquillità e senza il
minimo sforzo, come
se fosse una piuma; certamente il suo peso non era estremamente
elevato,
tuttavia quello sguardo completamente calmo le fece pensare che dovesse
essere
davvero molto forte. Se possibile, arrossì ancora di
più.
«Ah,
ti sei svegliata, vuoi scendere?» domandò lui,
mentre la confettina
scuoteva la testa in segno di diniego. Quale altra occasione avrebbe
potuto
farle provare ancora una sensazione così? Si sentiva la
principessa di una
favola! Lui allora annuì e continuò.
«Non era il caso di continuare a dormire
nella sala comune… ti saresti presa il
raffreddore… ».
Lei
sorrise pacata «Hai
perfettamente ragione. E anch’io avevo ragione nel dire che
hai anche un lato
premuroso.».
«Tsk»
fu la sua semplice
risposta, infastidito da certi complimenti che per lui erano solo
rotture di
scatole.
Hagumi
ridacchiò, ma non si
arrese «Come mai nascondi questo tuo lato?».
Lui
sbuffò, abbassando lo
sguardo su di lei, i loro volti estremamente vicini data la situazione
«E tu
perché nascondevi la natura di tuo fratello?».
Hagumi s’impietrì, ma lui rise e
proseguì «Ognuno nasconde qualcosa per un motivo
che non va detto, immagino.».
«Allora
sai anche tu di essere
premuroso.».
«Può
essere... ».
La
ragazza gonfiò le guance,
infastidita. Accidenti, era impenetrabile, imperscrutabile e... anche
antipatico, sì. Perché lei provava a conoscerlo,
spinta da una curiosità
implacabile, ma continuava a sbatterle contro un muro, non voleva
proprio
aprirsi.
«Shiki,
come hai fatto a
resistere alla trasformazione di Shin? Lui é davvero forte
quando si trasforma,
qualsiasi essere umano dovrebbe soccombere e... » lui,
però, la fermò,
appoggiandole un dito sulle labbra dopo averla posata a terra.
«Non
è certo questo il momento
di parlare di queste cose.» fece segno con la testa verso un
gruppo di ragazze
che stava arrivando loro incontro, chiacchierando allegramente.
Aspettarono in
silenzio che li superassero, poi Shiki riprese parola. «Ora
pensa a dormire, è
tardi.» Hagumi scosse la testa scocciata. Eh no, qualche
spiegazione gliela
doveva!
«Non
cercare di far cadere la
cosa così facilmente, penso che dopo quello che ho visto mi
devi qualche
spiegazione!» lui sbuffò, vagamente scocciato,
abbassando lo sguardo fino ad
incrociare quello della confettina.
«Facciamo
così… » ebbe un’idea
«Io
ti dirò come ho fatto a resistere a tuo fratello, se tu mi
dici come lui ci è
finito in quelle condizioni.» poi sottolineò
«La verità.».
Acc...
l'aveva incastrata.
D'altronde se non gliel'avesse detto, sarebbe poi sembrata una fuga per
nascondere
altro. Doveva inventarsi qualcosa e subito, perché poi...
no, non avrebbe
funzionato. Guardò il suo volto, scrutò
attentamente in quei profondi occhi
neri, che brillavano di arguzia ed intelligenza. Non poteva raggirarlo
con
scuse, tanto valeva dichiarare la verità, magari rimanendo
sul vago. «Lui é...
semplicemente così. Non c'é finito, non
c'è molto da dire. È così... e
basta... » lasciò cadere la frase, ma non distolse
lo sguardo dal suo, non poteva
mostrare debolezza.
«È
così… » sembrò riflettere
lui. «Ci è nato così,
suppongo tu intenda… ciò significa che altri
nella tua famiglia sono vampiri.»
sbottò acido lui, lo sguardo ora tagliente. I suoi sospetti
sembravano ora
fondati. Lei però si affrettò a scuotere la
testa. Accidenti, sembrava sapere più
di quanto dovesse, non era cosa nota a tutti l’argomento
vampiri, soprattutto
le loro creazioni. I vampiri per nascita, infatti, erano ovviamente
generati da
altri due vampiri, nello stesso modo in cui un essere umano gravidava,
con
l’unica differenza che nel suo fior fiore
dell’età la sua crescita si fermava,
rendendolo un completo vampiro eterno. Nel caso di un vampiro
trasformato in
essere umano, invece, semplicemente il suo aspetto e la sua
età si bloccavano
nel momento in cui venivano morsi, acquistando un proprio potere
particolare,
tra cui una forza e una velocità degni di lode, anche se mai
al livello di un
vampiro per nascita.
Comunque
a questo punto tanto
valeva giocare in contropiede, subire l'interrogatorio standosene con
le mani
in mano le pareva una cosa ridicola.
«Ma
sai, ciò che mi perplime
invece é la tua profonda conoscenza di una razza della quale
nessun essere
umano é a conoscenza. C'è solo un'altra razza che
conosce i vampiri e questi
sono i cacciatori. O forse hai scoperto l'esistenza degli eterni solo
per puro
caso?».
«Solo
i vampiri si definiscono
eterni, i cacciatori li definiscono feccia, gli umani mostri... devo
dedurre
che tu quindi sia come tuo fratello.» e qui Hagumi si morse
la lingua.
Maledizione, ne sapeva una più del diavolo per incastrarla.
«E tu, svicolando,
mi fai dedurre di essere un cacciatore.». «Lo sono,
ma non dovresti avere
problemi a saperlo, se non fossi un vampiro, no?» lui sorrise
trionfante.
L'aveva beccata. E ora avrebbe potuto catturarla e presentarla al
cospetto del
consiglio degli anziani, avrebbero deciso poi loro cosa farne e... il
flusso
dei suoi pensieri s’interruppe quando lei arretrò
di un passo ed iniziò a
tremare, spaventata. Ma davvero avrebbe voluto fare questo alla piccola
Minamoto?
«Non
ti preoccupare, per ora non ti farò nulla…
» si limitò a dire lui,
guardandola con fierezza da tutta la sua altezza «Ti
terrò d’occhio però,
sappilo, alla prima mossa sbagliata sei morta, lo stesso vale per tuo
fratello.».
Hagumi deglutì sonoramente, mentre il moro le dava le spalle
e si allontanava.
Si accasciò a terra, il fiato corto, mentre gli occhi si
riempivano di lacrime.
E ora che sarebbe successo?
***
Niente
male l'idea di recarsi
assieme alle terme comuni. Nessuno aveva il coraggio di farlo, gli
uomini
stavano con gli uomini, le donne con le donne, e loro avevano
approfittato di
quell’enorme sorgente completamente vuota, dove si misero a
bollire a mollo e
chiacchieravano tranquillamente, entrambi in costume, a scanso di
equivoci.
La ragazza era di spalle,
appoggiata con le braccia alle pietre che circondavano e delineavano la
"piscina" di acqua bollente, la testa abbandonata su di esse, mentre
discutevano sui prossimi concerti che avrebbero voluto vedere. Vide
passare
sotto il porticato tradizionale in legno Shiki con Hagumi dormiente tra
le sue
braccia e si chiese se fosse una cosa normale, prima di distrarsi
nuovamente e
voltarsi verso Akira.
«Ti annoio?» le domandò lui divertito,
notando che la ragazza si era distratta dalla loro conversazione e non
gli
aveva risposto. Lei scosse la testa in segno di diniego, arrossendo un
po’. Che
figuraccia.
«No scusa, ho solo notato una cosa
strana.» lui ridacchiò «Un vampiro che
si aggirava furtivo, magari?». Himiko si
schiaffò mentalmente la mano in viso, c’era
proprio fissato.
«No, nessun vampiro.» rise anche lei, in
fondo non poteva far altrimenti. Lui nuotò in direzione
della rossa, prendendo
ora la sua stessa posizione, giusto ad un paio di centimetri di
distanza.
Himiko si fermò un istante ad osservarlo, senza nessun
dubbio era davvero un
bel ragazzo e in costume da bagno, con il fisico che si ritrovava, era
anche
meglio. I capelli bagnati gli cadevano ribelli sulle spalle, quegli
occhi di un
freddo grigio, che quando la guardavano sembravano tanto caldi e
passionali, le
sembrava gli donassero un fascino ancora più ammaliante di
quanto avesse mai
notato.
Allungò una mano verso il suo
viso ed Himiko ebbe la sicurezza che quella fosse una sua
peculiarità, giacché
non faceva altro che dispensare carezze. «Mhh... »
non disse nulla, fu solo un
mugolio sorpreso, frattanto che abbassava lo sguardo verso lo specchio
dell'acqua, totalmente imbarazzata. «Ehi, che hai?»
la guardò curioso lui,
prima di sorridere «Guarda che non ti farei nulla di cui tu
non fossi consenziente,
credimi... » lei alzò una mano e gli fece segno di
placarsi. Non era certo
questo! Solo che era qualche giorno che non sapeva più che
pesci prendere, un
po' le era passata la voglia, il pensiero di Natsu e Misa, del ricordo
che
quella visione le aveva provocato, continuava a rimbombarle nella
testa.
Sospirò ripetutamente, inquieta, prima di rialzare lo
sguardo sul suo viso ed
avvicinarsi a lui. Le braccia scivolarono attorno al suo collo, mentre
lui le
cingeva la vita. Cosa c'era di male a spassarsela un po' con Akira?
Tanto più
che le piaceva anche abbastanza. Allungò un po’ il
collo, per raggiungere le
sue labbra ed incatenarle alle sue in un bacio decisamente
appassionato, mentre
una mano di Akira raggiungeva i suoi capelli trasportandola in una
passione che
mai avrebbe immaginato. La mano del moro poi scese, fino a dietro al
suo collo,
afferrando il nastrino nero del bikini leopardato, slacciandolo. Himiko
sussultò un pochino, ma lui tornò a stringerle la
vita, come a rassicurarla,
continuando a trasportarla in quel bacio che sembrava infinito, tanto
da
levarle il respiro. Quando la mano di Akira, però, fece per
slacciarglielo
anche sul retro, sentirono un tonfo pesante che li costrinse a
staccarsi e a
voltarsi. Sotto un paio di spazzoloni per la pulizia della piscina ed
in mezzo
a qualche secchio d’acqua sporca rovesciata si trovava Natsu,
sedere e schiena
a terra, che ululava dal dolore, massaggiandosi la nuca.
Si rialzò imprecando contro
tutti i santi del mondo e anche contro i secchi, gli scopettoni,
l'acqua, le
terme e i camping. Ne aveva avuto davvero già abbastanza di
quella
stramaledettissima gita. Akira, piuttosto contrariato, uscì
dall'acqua dopo
aver lasciato andare Himiko e si avvicinò al ragazzo, senza
la minima
intenzione di accertarsi come stesse, ma solo per dargli addosso.
«Sei un
rompiscatole! Questa é la seconda volta, sembra quasi tu lo
faccia apposta!»
Natsu lo guardò sorpreso, allora Akira non era fesso come
dava a vedere, si era
accorto che il pomeriggio precedente era stato lui che li aveva
beccati, nei
pressi del lago. Himiko però non fece caso alle parole del
moro, troppo intenta
a mettersi a mollo fin sopra il naso per nascondersi bene e cercare di
riallacciare il bikini. Ma dov'era finito uno dei due laccetti?
Accidenti.
«Mica è colpa mia se in ogni
dove vi mettete a far sesso! Cercatevi una stanza, perdio!»
si lamentò Natsu,
seriamente contrariato, mentre osservava piuttosto irritato la rossa
nell’intento di ritrovare il laccio del costume.
Chissà perché quella scena lo
stava mandando in escandescenza. Akira, che ora gli era addosso, lo
spintonò,
facendolo finire spalle al muro. «Non permetterti!»
urlò adirato, spintonandolo
una seconda volta «Non permetterti nemmeno di parlare
riguardo questo, proprio
tu poi!» Himiko accortasi della situazione uscì
allora dall’acqua, ignorando il
problema del bikini e tenendolo solo premuto con un braccio contro di
sé,
avvicinandosi ai due.
«Ehi calmi, calmi tregua!!!» azzardò lei
«Non è successo niente infondo!» il
biondo allora la guardò
ribollente di rabbia.
«No, è vero, ma cosa sarebbe
successo se non fossi arrivato io?» sbottò
iracondo. Akira quasi rise,
schernendolo «Ma scusa, a te che t'importa di cosa sarebbe
accaduto?». Natsu
boccheggiò un paio di volte, poi tacque. Già,
cosa gliene importava, dopotutto?
Borbottò qualcosa d’indecifrabile, prima di
continuare alzando la voce e
schiarendola «Ad ogni modo, sarebbe il caso che andassi a
rivestirti Himiko,
sei un po' nuda... » le fece notare, osservando non proprio
contrariato il
pezzo di sopra che, allentata la presa distrattamente da parte della
ragazza,
stava quasi scivolando giù. Lei
s’infuriò, urlò qualcosa che suonava
molto come
"depravato!" e corse via, stizzita. Natsu si chiese come avesse fatto
la sua caviglia a guarire così in fretta.
***
Si
girò mille e mille più volte nel letto,
svegliandosi spesso fradicia
ed ansimante. La sua mente elaborava i più contorti
pensieri, facendole fare i
più brutti sogni della sua vita, al punto di riuscire ad
immaginare perfino
l’odore dei luoghi che la circondavano. E Shiki era sempre
presente, la
ossessionava, la inseguiva, la uccideva, in un cerchio infinito di
eventi
mentre Shin, nella sua follia, lo uccideva a sua volta. Le
sembrò perfino di
riuscire a sentire l’odore del sangue dolciastro del moro,
nel momento in cui
sognò che suo fratello gli portava via la vita. Curioso.
Aprì faticosamente gli
occhi al trillare della sveglia, mentre Len, da perfetta mattiniera
qual era,
era già vestita di tutto punto e si godeva la lettura di un
libro dell’orrore.
«Ben svegliata, Hagu!» le sorrise radiosa «Notte
movimentata eh? Stai
meglio?» le domandò in tono scherzoso, per non
darle a vedere la sua
preoccupazione. Probabilmente Hagumi aveva rimosso tutto, ma
puntualmente ogni
ora era stata presa da una crisi. Urlava a squarciagola, chiamando ogni
volta
una persona diversa, agitandosi e rischiando di farsi del male.
La rosata fece spallucce, non
sapeva cosa avrebbe potuto rispondere, perché effettivamente
stava bene ed era
stato un buon risveglio, ma qualcosa non la convinceva per niente, a
partire
dal punto che si sentiva stanchissima ed aveva odore di sangue e carne
putrida
sotto le narici. Si sentì nauseata, tant'è che
corse verso il bagno, dove
rimase chiusa a chiave per un'oretta. Len, preoccupata per le sue
condizioni,
pensò che l'unica cosa da fare fosse andare a cercare i
fratelli. Il primo che
incontrò fu Shin, appena uscita in corridoio, che stava
facendo il primo giro
di controllo giornaliero.
Lo mise al corrente degli
strani movimenti della sorella quella notte e del fatto che fosse
chiusa da un
po' troppo in bagno. Lui disse che l'avrebbe seguita, seppur
notò un po'
titubante, ma lei lo mandò avanti per andare a cercare anche
Himiko, che
sicuramente avrebbe voluto essere messa al corrente di una cosa del
genere…
Aprì la porta della stanza di Len ed Hagumi, entrando
solamente con il
viso. «Hagu?» provò a chiamare, ma
nessuna risposta. Entrò allora
completamente, dirigendosi verso il bagno e dando due colpi secchi alla
porta. «Hagu?!
Sei lì?». Ma dal bagno nessuna risposta. Si
guardò intorno, ora totalmente in
panico. «Ma che diav… HAGU!». In quel
momento la cosa migliore gli sembrò
prendere a spallate la porta, nel tentativo di aprirla.
Stava per sfondarla, ma lei lo
precedette proprio dopo una sua rincorsa, spalancandola, e fu
investita.
Caddero assieme dentro al bagno, l'uno sull'altra: ci mancava solo
questa!Rimase qualche istante a
fissare il suo volto, rapito, prima di ricordarsi per quale motivo
fosse andato
a cercarla. «HAGU! Che hai? Che ti é preso? Sei
così pallida e... » alzò lo
sguardo verso il gabinetto, ma era pulito, probabilmente aveva
già scaricato,
l'odore di acidognolo e acre del rigurgito, però, era ancora
lì. Si abbassò a
guardarla, ma tutta la risposta che ebbe fu un semplice pigolato
«Alzati... »
si accorse così di starle ancora sdraiato sopra, i corpi
pressati l'uno contro
l'altro, poteva sentire tutto suo calore. Arrossì con
violenza e si alzò di
scatto, tornando in piedi. Razza d’idiota che non era altro!
«Scu-scusa…
» balbettò, porgendole la
mano per aiutarla a rialzarsi, lei però rifiutò
l’offerta. «Sei forse pazzo?
Cosa ci fai qui dopo il casino di ieri? Se ti vedesse Shiki, sarebbero
guai.»
disse fredda. Lui abbassò lo sguardo, ricordando gli eventi
del giorno prima,
quando accecato dalla gelosia, si era trasformato nel tentativo di
uccidere il
moro. Poi un filo di voce «Non potevo andarmene
così, anche per contratto di
lavoro… ».
L'espressione di
Hagumi si sciolse subito dalla sorpresa e
rabbia iniziale, dovuta anche al malumore che si portava
dietro
dall'incubo che non ricordava d'aver fatto e dall'essere stata male.
Sul volto
dunque trovò spazio un flebile sorriso, Conosceva suo
fratello, sapeva cosa
potesse significare quel "non potevo andarmene così"
«Dovevi prima
chiarire con me, eh?» lui annuì, per nulla
sorpreso. Lei sospirò e gli fece
cenno di uscire dal bagno, che almeno si doveva dare una sistemata,
dopo
avrebbero parlato con calma. Lui acconsentì e
tornò nella stanza. Si sentiva un
po' a disagio da solo nella camera di due donne, ma era tutto molto
ordinato e
per fortuna non c'erano fuori cose imbarazzanti come biancheria intima
o altro
del genere. Individuò senza fatica il futon di Hagumi,
dopotutto solo rosa
poteva essere, e vi si sedette sopra, pensieroso. Neanche il tempo di
calmarsi
e rilassarsi, comunque, che Hagumi uscì ben rinfrescata,
dopo aver lavato i
denti, il viso ed aver raccolto i lunghi capelli rosa in una coda alta
ed
ondulata, avrebbe dovuto farsi lo shampoo, la mattina si era svegliata
più
sudata di un giocatore di basket a fine partita. Mentre fissava un paio
di
ultime ciocche sfuggenti sulla nuca con una pinzetta, lo vide seduto e
si
diresse anche lei sulla copertina rosa, per sedersi al suo fianco.
«Come mai hai
vomitato? Hai mangiato qualcosa di strano?» chiese solo per
sicurezza, ma la
risposta sapeva che sarebbe stata sicuramente negativa,
perché la sorella non
si era mai nutrita in quel modo. Mai una sola volta in tutta la sua
vita di
giovane vampira aveva bevuto sangue umano, quello che utilizzava per
tenersi in
forze era di animali che le procurava il suo macellaio di fiducia, un
altro
vampiro che aveva scelto la dieta "vegetariana" e non toccava un
goccio di sangue umano da un paio di secoli. E il paio di secoli non
era un
modo di dire. «No, niente di ciò che pensi. Mi
sono svegliata con una brutta
sensazione, lo stomaco sottosopra, sudata come una capra e con il
morale sotto
le scarpe. Non so perché... » fece spallucce,
appoggiando i palmi delle mani
sul materasso, poco arretrate rispetto al punto in cui sedeva, in modo
da
tenersi comoda, la schiena leggermente curva all'indietro. Lui non si
voltò a
guardarla nemmeno una volta, teneva lo sguardo fisso dinnanzi a
sé ed osservava
ogni singola venatura del legno della porta, come se fosse realmente
interessato. Hagumi lo guardò, invece, studiandolo
attentamente in quegli
imbarazzanti minuti di silenzio. Infine, tornò dritta,
voltò il busto verso di
lui mettendosi inginocchiata e, molto semplicemente, lo
abbracciò. Tutto qui,
niente di più, niente di meno. Allargò le braccia
e cinse il suo collo,
appoggiando la fronte contro il lato destro della sua testa castana,
chiuse gli
occhi ed inspirò profondamente, per sentire il suo profumo.
Si tranquillizzò
con quel gesto, il profumo di Shin aveva sempre un potere calmante su
di lei,
le portava alla mente bei ricordi, la faceva sentire bene.
«Resta per sempre
mio fratello... ti prego... » si maledì quasi
subito per averlo detto, sapeva
di suonare infinitamente egoista, ma cosa poteva farci? Le mancava
così tanto.
Shin era rimasto piuttosto scosso, dal gesto prima e dall'affermazione
poi. Lo
sguardo sembrò svuotarsi e, vacuo, si bloccò sul
pavimento, mentre un senso
d’incredulità s’impadroniva della sua
mente e del suo cuore. Come poteva fargli
questo, come? Dopo che le aveva detto ciò che provava... non
era giusto! Si
sentiva frustrato e sminuito. Si sentiva preso in giro. Alzò
le mani e le serrò
con delicatezza attorno al braccio della ragazza che le cingeva la
parte anteriore
del collo, quindi con altrettanta gentilezza, eppure fermezza, lo
spostò,
liberandosi dalla sua presa. Fece per alzarsi, ma lei lo
fermò per un lembo
della maglia ed infine lui si voltò a guardarla: era
così bella! Così
dannatamente stupenda, avrebbe voluto stringerla forte, urlarle tutto
il suo
amore, fuggire con lei per un posto lontano, dove magari amarsi tra
fratelli
non era peccato. Esistevano luoghi del genere in quel maledetto mondo?
Si curvò
verso di lei, non poteva frenarsi. L'aveva fermato lei e lui sapeva che
era da
stupidi, ma lo prese come un via libera per fare ciò che da
tempo immemore
sognava di realizzare. Fu un bacio molto casto, in realtà.
Niente
travolgimento, niente grande passione. Semplicemente le prese il mento
con una
mano e lo avvicinò al proprio viso, appoggiando teneramente
le sue labbra su
quel piccolo bocciolo di rosa che erano le sue. Solo a fior di labbra,
per
sentire la consistenza, che risultò essere morbida da farlo
impazzire e il
sapore agrodolce. Ad un certo punto gli occhi di Hagumi si riempirono
di
lacrime, che scesero giù bagnando un po' ovunque, anche quel
bacio. Lacrime
salate, comunque, che gli comunicarono un semplice messaggio: quello a
lei non
faceva piacere, non poteva forzarla e doveva lasciarla andare.
Così fece, si
allontanò e le lasciò il mento, lei,
però, aveva ancora la mano serrata su un
lembo della sua maglia. Le lacrime che scendevano copiose e gli occhi
azzurri
fissi nei suoi ambrati, pieni d’incredulità.
«Perché?» riuscì solo a
domandargli in un sussurro, la voce tremante, mentre tutto il suo mondo
sembrava frantumarsi. Ora ne era certa, dopo quel bacio, Shin non
sarebbe mai
più potuto essere solo suo fratello, tutto sarebbe cambiato.
Per sempre e in
quel caso per sempre era veramente riferito
all’eternità. «Perché ti amo.»
niente di più
banale e
scontato avrebbe potuto dire,
d'altronde era solo la
semplice verità. «Ti
amo da sempre,
forse da quando
sei
nata. Avrò
avuto sì e no cinque
anni e
già ti amavo.
Sei la
mia ossessione, Hagu!»
disse
piegandosi in
avanti, le
mani sulla testa a
comprimere, non
voleva impazzire
di nuovo davanti a lei come
il giorno
precedente, era solo
che ormai quel
sentimento gli stava divorando l'anima, presto o tardi
di lui sarebbe
rimasto solo
il mostro.
***
«Himiko!»
urlò
Len, il fiato corto per la corsa, mentre si avvicinava alla rossa che,
comodamente seduta su una poltroncina della sala comune, si godeva la
visione
di un film, cullata dai primi caldi raggi di sole del mattino che
filtravano
dalle finestre che davano sul giardino, approfittando che tutti fossero
ancora
nelle proprie stanze. Himiko alzò lo sguardo
dall’apparecchio, spegnendolo con
il telecomando. «Che è successo ad Hagumi?»
domandò alla moretta, ben conscia
del fatto che con l’espressione che aveva, poteva solo essere
successo qualcosa
alla confettina. Proprio in quel momento, in effetti, una fitta parve
spezzarle
il cuore: era il cuore di Hagumi che andava in frantumi.
«Anche
se non ne è conscia, ha passato tutta la notte agitata, si
svegliava ogni
ora urlando, come totalmente sopraffatta da incubi. Quando si
è svegliata la
mattina, si è sentita male, forse a causa della notte
travagliata, e si è
chiusa in bagno senza più uscirne. Ho incontrato Shin e
l’ho mandato da lei, ho
però ritenuto giusto informare anche te!»
la rossa inchinò il capo in segno di
ringraziamento «Non ti preoccupare, se ora Shin è
con lei starà sicuramente
bene… in parte… ».
Len
ignorava cosa volesse intendere Himiko con
quell’“in parte”, ma la rossa
aveva potuto far due più due grazie alla sensazione che
aveva provato e
all’informazione riguardante Shin e aveva capito il momento
in cui i due si
dovevano essere trovati. Non era il caso di interromperli, anche se
avrebbe
voluto esser lì con loro per sostenerli entrambi.
Guardò
poi Len che la osservava come per dire "allora le alzi le chiappe dal
divanetto e vai da tua sorella?". Himiko si grattò la testa
rossa,
cercando un modo per tergiversare, ma effettivamente non ne esisteva
uno. «Ahhm...
sì, sì, giusto... andiamo... » disse
vaga, alzandosi dal divanetto ed
avviandosi pensierosa verso il corridoio, camminando come una lumaca.
Oh,
giusto, lei zoppicava! Iniziò così ad assumere
un'andatura claudicante, almeno
avrebbe guadagnato tempo.
Quasi
come a
volerla salvare da quella situazione, un acuto urlò
riecheggiò per l’intero
corridoio, attirando l’attenzione delle due, che con un solo
cenno del capo
s’intesero ed andarono a vedere. Il grido sembrava esser
partito dall’esterno,
raggiunsero quindi la fine del corridoio per aprire la porta che dava
sul
giardino, girarono l’angolo della pensione per poi notare una
ragazza in preda
al panico. Le mani che quasi strappavano i capelli corvini da quanto
affondavano nervosamente fra questi, la figura tremante, mentre stava
accovacciata proprio davanti al pontile del terrazzo tradizionale, uno
strano
fetore alleggiava nell’aria, che portò Himiko a
coprirsi subito il viso, l’aria
disgustata.
«Ehi,
tutto bene?»
domandò Len, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla
spalla. Non appena il suo sguardo si posò nel punto dove
anche l’altra
guardava, si portò le mani alla bocca, indietreggiando di un
passo, la voce le
morì in gola. Himiko, tuttavia, non raggiunse le due, anzi
indietreggiò di
qualche passo, mentre le sue narici sembravano bruciare per il forte
odore di
sangue che si era espanso nell’aria e i suoi occhi per un
vago istante
assunsero una tonalità rossiccia. «Cos'è,
Minamoto,
l'odore del sangue é troppo per te?»
la voce di Shiki le raggelò la linfa
vitale, mentre si accorse di aver sbattuto proprio contro di lui
retrocedendo.
Altra gente accorreva, nessuno faceva caso a loro e allo scambio di
battute,
poterono parlare in tranquillità. Lei non disse nulla, non
osò rispondere,
sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto l'avrebbe rigirata a suo favore
«Più
furba del confetto umano, non c'è che dire... »
fece lui ironico, puntando poi
lo sguardo sul capannello di persone attorno al cadavere.
«Dov'è tuo fratello?
Devo scambiare due parole con... quel MOSTRO... ».
«Non
è affar che ti riguarda!»
sbottò
lei asciutta, il respiro che sembrava tornare normale, grazie alla
folla di
curiosi che faceva da barriera e copriva l’odore del
cadavere. Lui alzò un
sopracciglio con fare superiore. «Se ti dicessi che son
convinto del contrario?»
allora Hagumi non aveva rivelato nulla alla sorella, meglio
così, sicuramente
gli rendeva la cosa più semplice. Himiko puntava ora i piedi
per terra, l’aria
infuriata. «Stanne fuori! Non impicciarti di affari che non
ti riguardano!».
Shiki
la guardò gravemente, prima che un bagliore di trionfo gli
attraversasse lo
sguardo. «Sì, penso tu abbia ragione. Mi
farò gli affari miei. Ah e... com'è
che non hai negato che tuo fratello è un mostro?»
ghignò appena, prima di
voltarsi verso il corridoio di destra. Hiro Shibata era appoggiato
affaticato
ad un muro, una mano al petto a stringere i vestiti, il respiro
affannoso. Dava
loro la schiena e tenendosi in piedi solo grazie ad una spalla che
appoggiava
alla parete, cercava di andare via, arrancando. Cosa diamine stava
accadendo in
quel posto, quella mattina? «Che sia stato lui?»
questo significava che anche
Shibata-sensei era un vampiro? Dannazione, stavano spuntando fuori come
funghi.
Si voltò e si avviò a grandi falcate verso il
professore di biologia, con
Himiko che lo guardò allontanarsi confusa, per accorgersi in
un secondo momento
della figura ansante di Hiro. Non servì nemmeno partire per
cercare di
fermarlo, la testa rosa di Hagumi si era già messa sul suo
percorso, seguita da
uno Shin mogio che si portò accanto alla sorella rossa.
«Non la vedo bene qui.»
si limitò a dire Himiko, avviandosi verso i tre, Shin al
seguito.
«Levati
di mezzo Minamoto!»
ma Hagumi continuava a bloccargli la strada, braccia aperte
in segno di protezione verso Hiro. «Devo forse farti fuori
per farti spostare?!»
si limitò, però, ad avvicinarsi a lei e a
strattonarla. La rosetta sembrava ora
infuriarsi, mentre una strana aura pareva andare e venire dal suo
corpo, gli
occhi che lampeggiavano di due colori ben distinti. «Stai
alla larga da lui!»
Shiki titubò un attimo, indietreggiando di due passi.
Sicuramente in quel
momento era decisamente svantaggiato, erano ben quattro contro uno.
A
quanto pare la fortuna volle essergli amica, notò Natsu
affiancarsi a lui,
confuso. «In che guaio ti sei cacciato, cugino?»
chiese, non senza una
risatina, guardando poi gli occhi lampeggianti dall'azzurro al rosso
«Ah, si
sta immedesimando in un semaforo, o è ciò che
penso io?»
Shiki non rispose. Il
cervello lavorava freneticamente in cerca di una soluzione. Affrontare
la
Minamoto? Ma se giusto ieri sera aveva deciso che non voleva entrare in
conflitto con lei? Shin si portò accanto alla sorella per
darle man forte
all'arrivo di Natsu, mentre Himiko, sconsolata, si avvicinò
ad Hiro, per
accertarsi delle sue condizioni. Si chiese se non fosse stato lui a
provocare
quella morte, ma scacciò subito l'idea di testa. Hiro stava
male perché cercava
di resistere all'odore del sangue, in quel momento, non per altro. Se
se ne
fosse cibato, non sarebbe stato così di certo.
Sembrò però Natsu, stranamente,
a riportare la tranquillità nel gruppo, notando che avevano
attirato
l’attenzione dei presenti. «Ragazzi, direi di
allontanarci da qui, prima che
qualcuno inizi a farsi strane domande… »
indicò loro la folla di curiosi, che
alternava lo sguardo fra la ragazza morta e loro «E poi il
signore là dietro
penso che non resisterà ancora a lungo in questo luogo.»
Tutti assentirono,
intanto che anche Hagumi sembrava placare un momento la sua ira,
rimanendo
comunque sulla difensiva.
Si
voltò imbufalita e si avviò accanto alla sorella
e ad Hiro, per il quale era
preoccupata da morire. Cercò di fare capolino con il visetto
nella sua visuale,
come faceva sempre. «Hiiiro-chan! Sono io, guardami. Che
bravo che sei, hai
resistito così bene. Vieni con me, dai, dammi la mano!»
con gentilezza gli
prese una mano e lo condusse via, come faceva sempre, riempiendolo di
attenzioni e gesti amorevoli. Himiko li guardò soddisfatta,
Hiro si fidava
ciecamente e si affidava completamente ad Hagumi, perciò
avrebbe rimesso lei a
posto le cose, raccogliendo come sempre i cocci che il povero
insegnante si
lasciava indietro. Lei dal canto suo si voltò verso i tre
ragazzi e, afferrato
il fratello per mano, fece una linguaccia agli altri due,
allontanandosi con
Shin, nella direzione dove la sorella ed Hiro erano spariti poco prima.
***
Inutile
dire che con l’avvenimento di
quella mattinata, gli insegnanti avevano dato ufficialmente fine alla
gita, di
cui comunque nessuno sembrava averne più voglia, obbligando
i ragazzi a far le valigie
e a prepararsi per scendere a valle, dove i pullman già li
attendevano per il
rientro in città. Il luogo di ritrovo per la partenza,
davanti all’entrata
della pensione termale, era un perfetto mortuario, alcune ragazze
più sensibili
non riuscivano a trattenere le lacrime, altri pregavano per
l’anima della
ragazza, nella speranza che potesse trovare la pace in un altro mondo,
e via
discorrendo. Himiko stava seduta sul suo borsone, ovviamente
leopardato, con
accanto la sorella nella stessa posizione, entrambe perse nei loro
pensieri.
Shin e Hiro si erano riuniti al gruppo di professori, dopo che
quest’ultimo
sembrava tornato stabile, per non dare troppo nell’occhio
circa la loro
assenza. Shiki frattanto, appoggiato ad un albero nell’attesa
del cugino, sigaretta
alle labbra per scaricare la tensione, non levava gli occhi di dosso
alle due,
le uniche al momento nella sua visuale. Si soffermò a
pensare all’enorme potere
percepito provenire da entrambe, sicuramente neanche un centesimo di
quello
originale, nel misero frammento di tempo in cui la loro natura stava
uscendo
allo scoperto. Levò giusto lo sguardo dalle due per notare
l’arrivo di Natsu,
che zigzagava in mezzo agli studenti, cercando di evitare le piccole
tombe
costruite per l’anima della ragazza, imprecando incavolato
nero, mentre cercava
di tenere l’enorme e pesante borsone sulle spalle.
«Sei
di una delicatezza disarmante, Natsu... » commentò
Shiki atono, senza neanche
voltarsi a guardarlo. Il biondo fece spallucce, facendo finta di non
capire e si
appollaiò accanto al cugino, voltandosi verso il punto che
tanto interessava
Shiki da non fargli distogliere lo sguardo nemmeno mezzo secondo.
«Mi chiedo se
sei più interessato al segreto che nascondono o al bel
faccino della
principessina in rosa. Ovviamente lo chiedo a me, e non a te,
perché so che da
te non riceverò alcuna risposta, se non un sonoro grugnito.»
il moro, infatti,
grugnì, più che altro per dirgli di starsi un po'
zitto.
«Fossi in te, eviterei certe battute,
perlomeno io mi ero accorto che in loro qualcosa non andava, tu non hai
proprio
percepito nulla.». Natsu cercò il pacchetto di
sigarette nella tasca del
giubbotto di pelle, trovandolo solo dopo diversi attimi, estraendone
una ed
accendendosela. «Ehhh, quante storie, in fondo quella
è la tua peculiarità, non
la mia!” un tiro alla paglia, mentre rilassatamente poi
buttava fuori il fumo.
Shiki
sbuffò. «Lo spirito d'osservazione non
è la mia peculiarità e lo sai bene.»
Natsu fece spallucce: ma sì, non gliene importava niente. Il
punto era che da
quella distanza poté vedere chiaramente Hagumi scoppiare a
piangere come una
fontana, con un'espressione così addolorata da fare pena a
chiunque, persino al
cugino «Che tu sappia era amica della defunta?»
chiese il moro, dissimulando
l'interesse guardando altrove. Natsu scosse il capo
«Figurati, conosco Hagumi
come conosco i miei calzini, e so per certo che non si erano mai
neanche
parlate... ». Shiki lo guardò un istante,
meditando e sorvolando sul pessimo
paragone della rosata con un calzino, quindi buttò a terra
la sigaretta, la
spense con un pestone e gli fece cenno di seguirlo. «Sei
ancora il suo migliore
amico, da quel che ne so, quindi sarebbe il caso che tu andassi a
consolarla ed
io ne approfitterò per parlare di nuovo con loro ed
indagare. Vieni!».
«Sei
senza cuore!»
rispose il biondo, fintamente scandalizzato, d'altronde era
contento di poter andare a coccolarsi Hagumi ancora, quelle potevano
essere le
ultime volte, se avessero scoperto una natura in lei differente da
quella
umana, non sarebbero più potuti essere amici. E pensare che
era la sua
principessina da difendere. S’incamminarono verso le due,
facendo sempre
attenzione ad evitare le piccole tombe, e quando furono
all’incirca ad un paio
di metri da loro, Natsu prese a correre in direzione della confettina.
«Hagu-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!»
ululò letteralmente, mentre il suono della sua voce
accompagnava la caduta che
stava prendendo proprio arrivato all’altezza di Himiko,
dimentico di guardare
dove metteva i piedi. Cadde in avanti, atterrando letteralmente di
faccia nelle
casse delle provviste, specificamente in quella dei pomodori, mentre
l’impatto
con le altre fece volare tutto il loro contenuto nei dintorni,
rischiando di
colpire come meteore tutti i presenti. Fortuna che non sarebbero
più servite
per cena! Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui tutti si erano
fermati a
guardare la scena dopo aver cercato di evitare verdure volanti,
compresa Hagumi
che aveva smesso di piangere nel giro di un secondo, il biondo non
sembrava ancora
accennare a volersi alzare. «Si sarà fatto male?»
domandò Himiko alla sorella,
la quale fece spallucce, non sapendo se iniziare a preoccuparsi fosse
morto. Il
ragazzo sembrò dare finalmente qualche segno di vita, mentre
faceva leva sulle
braccia nel tentativo d’alzarsi. Himiko, come del resto tutti
i presenti,
scoppiarono in una grassa risata; Natsu, che finalmente stava di nuovo
in
piedi, aveva il viso che grondava ormai passata di pomodoro tanto da
sembrare
questo vegetale formato umanoide. «TU!»
urlò lui adirato, indicando la rossa.
Lei smise immediatamente di ridere, indicando se stessa con aria
interrogativa. «Io?»
il ragazzo le si avvicinò, mentre con una mano si strofinava
gli occhi
che bruciavano dannatamente «E chi se no?! Sei stata tu a
farmi lo sgambetto!». Gli occhi di
Himiko uscirono letteralmente dalle orbite, mentre scattava in
piedi. «Cosa?! Come avrei potuto farti lo sgambetto, se stavo
qui?!».
«Osi anche
negare?!»
ora lui l’era proprio di fronte, in pratica sarebbero stati
faccia a
faccia se la rossa non fosse stata un’abbondante quindici
centimetri più bassa
di lui «Non incolpare me se hai la grazia di un elefante e
l’equilibrio di un
ippopotamo!».
«Perché gli ippopotami hanno problemi di
equilibrio?!»
Fu la
domanda che si posero all’unisono Hagumi e Shiki, decisamente
confusi. «No, hai
ragione, non è colpa tua se hai le gambe di una giraffa!».
«Questo
dovrei
prenderlo come un complimento?!». «E
io chi dovrei incolpare per questo?»
fece
capolino il professore di letteratura, un vecchietto
dall’aria sempre seria e
notevolmente pacata, accentuata dagli occhialetti da vista, che ora
stava
sistemando diritti sul naso, mentre quello che sembrava tanto il
residuo di uno
dei famosi pomodori, ora colava disordinatamente dalla sua testa semi
calva
fino a cadere a goccioloni sulla pulitissima e perfettissima camicia
bianca.
Era troppo. Quella visione fu veramente troppo per i due che, smesso di
litigare, avevano le guance gonfie e rosse, nel tentativo di trattenere
una
risata che però non riuscirono a soffocare, provocando
l’ira del professore sul
quale una venetta aveva iniziato a pulsare insistentemente sulla tempia.
«MINAMOTO! NAKAMOTO! SIETE IN PUNIZIONEEEEEEEEEEEEEEEE!».
...
continua...
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