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Autore: San e Rachel    12/01/2010    1 recensioni
Alcune persone cercano di vivere la vita senza peccato, per poter raggiungere la perfezione, per assaporare l'eternità e, alla fine di tutto, ritrovarsi in un posto migliore. Ma se la tua intera vita fosse già una dannazione eterna? Se non potessi cambiare le cose e fossi costretto ad un perpetuo tormento, vivendo sulla terra un inferno perenne?
Una guerra aperta da secoli, un nuovo nemico comune che mina le fondamenta di entrambe le razze, due gemelle che si troveranno a dover fare i conti con sentimenti proibiti ed un ragazzo che detiene la chiave della risoluzione della vicenda... ma saprà utilizzarla? Scontri, sangue, passioni, creature e leggende, perché questa canzone, intrisa di amore e morte, continui ad echeggiare per l'eternità.
«La guardò con terrore, gli occhi ora rossi di lei lo guardavano spietati, intanto che si passava la lingua sulle labbra e sui denti, due canini bianchissimi ed affilati spuntavano minacciosi, mentre la sua espressione indicava che stava già pregustando il banchetto: fu così che, probabilmente per la prima volta nella storia proprio sotto agli occhi di un cacciatore, un vampiro si era rivelato in ogni sua forma negativa.»
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
A Song Of Eternal Creatures
Capitolo 3


Tutto sommato non era malaccio fingersi ferita. Erano giunti alle terme, poteva essere servita e riverita e l'ambiente conciliava un certo rilassamento. Zoppicava di qua e di là con finta espressione di dolore, con Hagumi al suo fianco che, nonostante fosse impensierita dalla sparizione di Shin, si concedeva di tanto in tanto qualche risatina nell'osservare la sorella che si faceva coccolare un po' da tutti. Quando Akira seppe che Himiko aveva avuto un incidente, si fece indicare da chi l'aveva già incontrata dove potesse trovarla. Qualcuno gli disse che era semplicemente a zonzo con la rosetta, ma quando incontrò Len, questa seppe dirgli con precisione che si trovavano nella saletta comune ed erano sedute su un divanetto ad assistere ad una focosa sfida di ping pong tra Misa e Shiki. Era risaputo l'odio tra i due, quindi Akira si recò ben volentieri da Himiko anche per assistere allo scontro secolare.

«Minamoto, come stai?» le chiese una volta giunto, avvicinandosi al divanetto su cui le due sedevano indossando solo dei sottili yukata estivi, quello di Himiko era di un bel rosso con disegnate elegantissime farfalle nere, quello di Hagumi invece era rosa e la fantasia floreale la faceva sembrare un bocciolo lei stessa. Le due si voltarono, rispondendo in contemporanea «Bene!», ma Hagumi rise di se stessa vedendo poi Akira «Ma immagino chiedessi di Himiko.» si voltò verso Misa «Posso unirmi a te, contro Shiki? Ti sta schiacciando!» disse alzandosi dal divanetto, per lasciare i due a chiacchierare con calma. Saltellò verso il tavolo, nel farlo sbatté anche con l'anca contro lo spigolo di questo, ululando di dolore; Shiki borbottò qualcosa sul suo solito essere imbranata, Misa rise e le si avvicinò per vedere se stesse bene; Himiko, dal canto suo, sorrise con tenerezza ai modi buffi della sorella, mentre Akira si sedeva al suo fianco e la guardava rapito «Siete molto affezionate, vero?» Himiko annuì, senza però scollare gli occhi di dosso ai tre che ormai più che giocare a ping pong, giocavano a "raccogli la pallina che Hagumi fa cadere". Si sentiva un po' in soggezione, imbarazzata dall'evento del pomeriggio precedente dopo il quale ancora non si erano parlati, così evitò accuratamente di incontrarne lo sguardo, o di sbilanciarsi troppo. «Non sembrate gemelle, chi non vi conosce e non sa quale legame profondo vi unisca, non lo indovinerebbe mai. Occhi diversi, capelli diversi, tu sei un po' più formosa, lei sembra avere ancora il fisico più acerbo, come se stesse ancora crescendo, tant'é che é anche un po' più bassa di te... di quanto? Un cinque-sei centimetri?» chiese curioso ed Himiko si trovò ad annuire di nuovo, stavolta però non poté fare a meno di voltarsi a guardarlo. Era stranamente vicino, un braccio appoggiato al bordo dello schienale del divanetto, una guancia posata sulla mano ed il corpo girato verso di lei, come se in quel momento solo a lei fosse interessato. Himiko si chiese se non avesse capito qualcosa, riguardo tutto quel parlare di vampiri: per quanto gemelle, crescevano diversamente a causa del sangue soprannaturale che scorreva in loro e se Himiko aveva quasi già raggiunto la sua forma finale e così sarebbe stata per l'eternità, Hagumi era rimasta indietro. La forza di volontà nei vampiri era tutto, tutto ciò che ne delineava alcune caratteristiche fisiche e anche comportamentali. Himiko era rossa perché così voleva essere, lo stesso Hagumi con i capelli rosa; Hagumi aveva gli occhi azzurri perché era così che le piacevano, mentre ad Himiko garbavano più verde smeraldo; Himiko non aveva problemi a diventare adulta, invece Hagumi faticava ad accettare ulteriori cambiamenti nel suo corpo, lei voleva rimanere così fino al raggiungimento dell'età del blocco e, se ci fosse riuscita, avrebbe assunto quelle sembianze per sempre. Hagumi non voleva crescere, era come un blocco psicologico che s’imponeva, per avere l'illusione che, se fosse rimasta bambina, Shin sarebbe stato sempre al suo fianco, senza abbandonarla mai, ed in quello stato mentale così infantile non si era mai resa conto probabilmente che ricambiava i suoi sentimenti... NON VOLEVA ricambiarli, Shin doveva essere il suo fratellone per sempre, perché era così che era felice. Cos'avrebbe comportato ora la dichiarazione di Shin nella psicologia contorta di Hagumi? Non sapeva di testimonianze riguardo riavvolgimenti della crescita nei vampiri, ma Hagumi aveva una forza di volontà così forte che avrebbe quasi potuto farlo, pur di tornare bambina, in modo che Shin non la vedesse donna, in modo che tornasse solo il suo amato fratellone. Non sapeva da cosa dipendesse questo rifiuto di Hagumi ad amare, d'altronde si rese conto che anche lei stessa era ben poco disposta verso certi sentimenti. A lei bastavano le scappatelle temporanee, le avventure di una notte, tutto ciò che contava, era che le cose a lei e a sua sorella andassero bene, dell'amore per ora non gliene poteva importare di meno. Il tocco gentile della mano di Akira sul suo volto la ripescò da questi intricati pensieri. Alzò di nuovo lo sguardo incontrando il suo e notò che il suo volto era ancora più vicino «Come mai ti sei zittita? Non ti faccio più domande, se ciò può turbarti!» lei scosse la testa. Non era turbata, solo che certe cose semplicemente non poteva dirgliele. Continuò ad accarezzarla e dopo qualche istante si alzò dal divanetto, porgendole poi una mano «Ti va di andare a farci un giro... soli?» il tono non era particolarmente malizioso ed il suo sguardo infinitamente dolce le disse che non ci sarebbe stato nulla di male. Afferrò la sua mano, si fece aiutare ad alzarsi e si allontanarono insieme, nello stesso momento in cui Natsu entrava nella stanza e lo vedeva andare via. Sbuffò, avvicinandosi al tavolino da ping-pong e prendendo una racchetta. Misa lo vide arrivare e mollò la partita, allontanandosi di cattivo umore, Natsu fece spallucce e occupò il suo posto al fianco della confettina, Shiki era troppo forte già anche da solo. «Ti do una mano. A proposito, stasera sembri un fiorellino, lo sai? Posso rimpicciolirti e portarti con me nel taschino, bambolina?» chiese scherzoso ed Hagumi rise, sapendo bene che fosse una semplice burla, Natsu era sempre così con lei, ma tra loro non c'era nulla, né mai ci sarebbe stato. Una pallina, però, arrivò dritta spedita sulla fronte del ragazzo, che si voltò verso Shiki infuriato «NON HAI DATO IL VIA!» si lamentò lui, ma Shiki lo guardò rassegnato alla sua eterna scemenza «Sì che l'ho dato, ma stavi facendo il cascamorto con la marshmallow ambulante, perciò non te ne sei accorto!». Natsu gonfiò le guance di rabbia, mentre strinse più forte la racchetta e fece partire il colpo, iniziando una partita all’ultima pallina con Shiki. Hagumi, dal canto suo, li guardava esterrefatta, dov’era finita la pallina? Quasi non riusciva a vederla dalla velocità con cui i due se la scambiavano. «Ehi non è giusto, se giocate così mi escludete totalmente!» si lamentò la rosetta, ma i due sembrarono non darle ascolto, al che lei sbuffò un poco e decise di mollarli lì, per dedicarsi a qualcosa di meglio. A partita finita i due ragazzi, entrambi sudati fradici per il pesante incontro, di cui Shiki era ovviamente vincitore, si guardarono l’un l’altro «Acc… da quanto tempo che non disputavamo una partita come si deve!» notò felicemente Shiki, Natsu sembrava un po’ meno felice del moretto. «Proporrei di visitare queste famose terme, che dici? Già che siamo qui, tanto vale cogliere l’occasione.» Shiki annuì, ma si voltò verso Hagumi che si era accoccolata su un divanetto ed aveva preso sonno. «Vabbè, ti raggiungo fra due minuti, l'escursione termica qui in montagna non é indifferente, se dormisse qui, domattina si sveglierebbe a pezzi.» spiegò indicando con un cenno del capo la confettina e Natsu sghignazzò appena. Hagumi era la sua principessina da difendere, ma tutto sommato, il cugino era troppo serio per pensare di fare qualcosa di sconcio una volta solo con lei, tanto valeva lasciargli quei due minuti di gloria per portarla in stanza a dormire. «A fra poco, allora... briccone!» fuggì via prima che Shiki potesse piantargli un pugno sul naso. Il moro si soffermò un momento ad osservare la confettina, incerto. «Chissà se ha la stessa natura del fratello, o è veramente solo un essere umano di mezzo ad una sfortunata situazione… » si ritrovò a domandarsi, abbassandosi poi sulla ragazza e sollevandola dolcemente, evitando di svegliarla, per poi accompagnarla nella sua camera. Qualche passo più avanti, però, Hagumi aprì pigramente gli occhi e osservò intorno un po’ confusa, poi guardò all'insù e notò il viso del moro poco più in alto del suo, capendo che la stava portando in braccio.
«Ehm... perché mi hai presa in braccio?» chiese infinitamente imbarazzata, mentre un alone rosso compariva sulle gote morbide e si estendeva fin dietro le orecchie. Tra l'altro notò senza problemi che la portava con tranquillità e senza il minimo sforzo, come se fosse una piuma; certamente il suo peso non era estremamente elevato, tuttavia quello sguardo completamente calmo le fece pensare che dovesse essere davvero molto forte. Se possibile, arrossì ancora di più.
«Ah, ti sei svegliata, vuoi scendere?» domandò lui, mentre la confettina scuoteva la testa in segno di diniego. Quale altra occasione avrebbe potuto farle provare ancora una sensazione così? Si sentiva la principessa di una favola! Lui allora annuì e continuò. «Non era il caso di continuare a dormire nella sala comune… ti saresti presa il raffreddore… ».
Lei sorrise pacata «Hai perfettamente ragione. E anch’io avevo ragione nel dire che hai anche un lato premuroso.».
«Tsk» fu la sua semplice risposta, infastidito da certi complimenti che per lui erano solo rotture di scatole.
Hagumi ridacchiò, ma non si arrese «Come mai nascondi questo tuo lato?».
Lui sbuffò, abbassando lo sguardo su di lei, i loro volti estremamente vicini data la situazione «E tu perché nascondevi la natura di tuo fratello?». Hagumi s’impietrì, ma lui rise e proseguì «Ognuno nasconde qualcosa per un motivo che non va detto, immagino.».
«Allora sai anche tu di essere premuroso.».
«Può essere... ».
La ragazza gonfiò le guance, infastidita. Accidenti, era impenetrabile, imperscrutabile e... anche antipatico, sì. Perché lei provava a conoscerlo, spinta da una curiosità implacabile, ma continuava a sbatterle contro un muro, non voleva proprio aprirsi.
«Shiki, come hai fatto a resistere alla trasformazione di Shin? Lui é davvero forte quando si trasforma, qualsiasi essere umano dovrebbe soccombere e... » lui, però, la fermò, appoggiandole un dito sulle labbra dopo averla posata a terra.
«Non è certo questo il momento di parlare di queste cose.» fece segno con la testa verso un gruppo di ragazze che stava arrivando loro incontro, chiacchierando allegramente. Aspettarono in silenzio che li superassero, poi Shiki riprese parola. «Ora pensa a dormire, è tardi.» Hagumi scosse la testa scocciata. Eh no, qualche spiegazione gliela doveva!
«Non cercare di far cadere la cosa così facilmente, penso che dopo quello che ho visto mi devi qualche spiegazione!» lui sbuffò, vagamente scocciato, abbassando lo sguardo fino ad incrociare quello della confettina.
«Facciamo così… » ebbe un’idea «Io ti dirò come ho fatto a resistere a tuo fratello, se tu mi dici come lui ci è finito in quelle condizioni.» poi sottolineò «La verità.».
Acc... l'aveva incastrata. D'altronde se non gliel'avesse detto, sarebbe poi sembrata una fuga per nascondere altro. Doveva inventarsi qualcosa e subito, perché poi... no, non avrebbe funzionato. Guardò il suo volto, scrutò attentamente in quei profondi occhi neri, che brillavano di arguzia ed intelligenza. Non poteva raggirarlo con scuse, tanto valeva dichiarare la verità, magari rimanendo sul vago. «Lui é... semplicemente così. Non c'é finito, non c'è molto da dire. È così... e basta... » lasciò cadere la frase, ma non distolse lo sguardo dal suo, non poteva mostrare debolezza.
«È così… » sembrò riflettere lui. «Ci è nato così, suppongo tu intenda… ciò significa che altri nella tua famiglia sono vampiri.» sbottò acido lui, lo sguardo ora tagliente. I suoi sospetti sembravano ora fondati. Lei però si affrettò a scuotere la testa. Accidenti, sembrava sapere più di quanto dovesse, non era cosa nota a tutti l’argomento vampiri, soprattutto le loro creazioni. I vampiri per nascita, infatti, erano ovviamente generati da altri due vampiri, nello stesso modo in cui un essere umano gravidava, con l’unica differenza che nel suo fior fiore dell’età la sua crescita si fermava, rendendolo un completo vampiro eterno. Nel caso di un vampiro trasformato in essere umano, invece, semplicemente il suo aspetto e la sua età si bloccavano nel momento in cui venivano morsi, acquistando un proprio potere particolare, tra cui una forza e una velocità degni di lode, anche se mai al livello di un vampiro per nascita.
Comunque a questo punto tanto valeva giocare in contropiede, subire l'interrogatorio standosene con le mani in mano le pareva una cosa ridicola.
«Ma sai, ciò che mi perplime invece é la tua profonda conoscenza di una razza della quale nessun essere umano é a conoscenza. C'è solo un'altra razza che conosce i vampiri e questi sono i cacciatori. O forse hai scoperto l'esistenza degli eterni solo per puro caso?».
«Solo i vampiri si definiscono eterni, i cacciatori li definiscono feccia, gli umani mostri... devo dedurre che tu quindi sia come tuo fratello.» e qui Hagumi si morse la lingua. Maledizione, ne sapeva una più del diavolo per incastrarla. «E tu, svicolando, mi fai dedurre di essere un cacciatore.». «Lo sono, ma non dovresti avere problemi a saperlo, se non fossi un vampiro, no?» lui sorrise trionfante. L'aveva beccata. E ora avrebbe potuto catturarla e presentarla al cospetto del consiglio degli anziani, avrebbero deciso poi loro cosa farne e... il flusso dei suoi pensieri s’interruppe quando lei arretrò di un passo ed iniziò a tremare, spaventata. Ma davvero avrebbe voluto fare questo alla piccola Minamoto?
«Non ti preoccupare, per ora non ti farò nulla… » si limitò a dire lui, guardandola con fierezza da tutta la sua altezza «Ti terrò d’occhio però, sappilo, alla prima mossa sbagliata sei morta, lo stesso vale per tuo fratello.». Hagumi deglutì sonoramente, mentre il moro le dava le spalle e si allontanava. Si accasciò a terra, il fiato corto, mentre gli occhi si riempivano di lacrime. E ora che sarebbe successo? 

***

Niente male l'idea di recarsi assieme alle terme comuni. Nessuno aveva il coraggio di farlo, gli uomini stavano con gli uomini, le donne con le donne, e loro avevano approfittato di quell’enorme sorgente completamente vuota, dove si misero a bollire a mollo e chiacchieravano tranquillamente, entrambi in costume, a scanso di equivoci.
La ragazza era di spalle, appoggiata con le braccia alle pietre che circondavano e delineavano la "piscina" di acqua bollente, la testa abbandonata su di esse, mentre discutevano sui prossimi concerti che avrebbero voluto vedere. Vide passare sotto il porticato tradizionale in legno Shiki con Hagumi dormiente tra le sue braccia e si chiese se fosse una cosa normale, prima di distrarsi nuovamente e voltarsi verso Akira.
«Ti annoio?» le domandò lui divertito, notando che la ragazza si era distratta dalla loro conversazione e non gli aveva risposto. Lei scosse la testa in segno di diniego, arrossendo un po’. Che figuraccia.
«No scusa, ho solo notato una cosa strana.» lui ridacchiò «Un vampiro che si aggirava furtivo, magari?». Himiko si schiaffò mentalmente la mano in viso, c’era proprio fissato.
«No, nessun vampiro.» rise anche lei, in fondo non poteva far altrimenti. Lui nuotò in direzione della rossa, prendendo ora la sua stessa posizione, giusto ad un paio di centimetri di distanza. Himiko si fermò un istante ad osservarlo, senza nessun dubbio era davvero un bel ragazzo e in costume da bagno, con il fisico che si ritrovava, era anche meglio. I capelli bagnati gli cadevano ribelli sulle spalle, quegli occhi di un freddo grigio, che quando la guardavano sembravano tanto caldi e passionali, le sembrava gli donassero un fascino ancora più ammaliante di quanto avesse mai notato.
Allungò una mano verso il suo viso ed Himiko ebbe la sicurezza che quella fosse una sua peculiarità, giacché non faceva altro che dispensare carezze. «Mhh... » non disse nulla, fu solo un mugolio sorpreso, frattanto che abbassava lo sguardo verso lo specchio dell'acqua, totalmente imbarazzata. «Ehi, che hai?» la guardò curioso lui, prima di sorridere «Guarda che non ti farei nulla di cui tu non fossi consenziente, credimi... » lei alzò una mano e gli fece segno di placarsi. Non era certo questo! Solo che era qualche giorno che non sapeva più che pesci prendere, un po' le era passata la voglia, il pensiero di Natsu e Misa, del ricordo che quella visione le aveva provocato, continuava a rimbombarle nella testa. Sospirò ripetutamente, inquieta, prima di rialzare lo sguardo sul suo viso ed avvicinarsi a lui. Le braccia scivolarono attorno al suo collo, mentre lui le cingeva la vita. Cosa c'era di male a spassarsela un po' con Akira? Tanto più che le piaceva anche abbastanza. Allungò un po’ il collo, per raggiungere le sue labbra ed incatenarle alle sue in un bacio decisamente appassionato, mentre una mano di Akira raggiungeva i suoi capelli trasportandola in una passione che mai avrebbe immaginato. La mano del moro poi scese, fino a dietro al suo collo, afferrando il nastrino nero del bikini leopardato, slacciandolo. Himiko sussultò un pochino, ma lui tornò a stringerle la vita, come a rassicurarla, continuando a trasportarla in quel bacio che sembrava infinito, tanto da levarle il respiro. Quando la mano di Akira, però, fece per slacciarglielo anche sul retro, sentirono un tonfo pesante che li costrinse a staccarsi e a voltarsi. Sotto un paio di spazzoloni per la pulizia della piscina ed in mezzo a qualche secchio d’acqua sporca rovesciata si trovava Natsu, sedere e schiena a terra, che ululava dal dolore, massaggiandosi la nuca.

Si rialzò imprecando contro tutti i santi del mondo e anche contro i secchi, gli scopettoni, l'acqua, le terme e i camping. Ne aveva avuto davvero già abbastanza di quella stramaledettissima gita. Akira, piuttosto contrariato, uscì dall'acqua dopo aver lasciato andare Himiko e si avvicinò al ragazzo, senza la minima intenzione di accertarsi come stesse, ma solo per dargli addosso. «Sei un rompiscatole! Questa é la seconda volta, sembra quasi tu lo faccia apposta!» Natsu lo guardò sorpreso, allora Akira non era fesso come dava a vedere, si era accorto che il pomeriggio precedente era stato lui che li aveva beccati, nei pressi del lago. Himiko però non fece caso alle parole del moro, troppo intenta a mettersi a mollo fin sopra il naso per nascondersi bene e cercare di riallacciare il bikini. Ma dov'era finito uno dei due laccetti? Accidenti.
«Mica è colpa mia se in ogni dove vi mettete a far sesso! Cercatevi una stanza, perdio!» si lamentò Natsu, seriamente contrariato, mentre osservava piuttosto irritato la rossa nell’intento di ritrovare il laccio del costume. Chissà perché quella scena lo stava mandando in escandescenza. Akira, che ora gli era addosso, lo spintonò, facendolo finire spalle al muro. «Non permetterti!» urlò adirato, spintonandolo una seconda volta «Non permetterti nemmeno di parlare riguardo questo, proprio tu poi!» Himiko accortasi della situazione uscì allora dall’acqua, ignorando il problema del bikini e tenendolo solo premuto con un braccio contro di sé, avvicinandosi ai due.
«Ehi calmi, calmi tregua!!!» azzardò lei «Non è successo niente infondo!» il biondo allora la guardò ribollente di rabbia.
«No, è vero, ma cosa sarebbe successo se non fossi arrivato io?» sbottò iracondo. Akira quasi rise, schernendolo «Ma scusa, a te che t'importa di cosa sarebbe accaduto?». Natsu boccheggiò un paio di volte, poi tacque. Già, cosa gliene importava, dopotutto? Borbottò qualcosa d’indecifrabile, prima di continuare alzando la voce e schiarendola «Ad ogni modo, sarebbe il caso che andassi a rivestirti Himiko, sei un po' nuda... » le fece notare, osservando non proprio contrariato il pezzo di sopra che, allentata la presa distrattamente da parte della ragazza, stava quasi scivolando giù. Lei s’infuriò, urlò qualcosa che suonava molto come "depravato!" e corse via, stizzita. Natsu si chiese come avesse fatto la sua caviglia a guarire così in fretta.

 
***

Si girò mille e mille più volte nel letto, svegliandosi spesso fradicia ed ansimante. La sua mente elaborava i più contorti pensieri, facendole fare i più brutti sogni della sua vita, al punto di riuscire ad immaginare perfino l’odore dei luoghi che la circondavano. E Shiki era sempre presente, la ossessionava, la inseguiva, la uccideva, in un cerchio infinito di eventi mentre Shin, nella sua follia, lo uccideva a sua volta. Le sembrò perfino di riuscire a sentire l’odore del sangue dolciastro del moro, nel momento in cui sognò che suo fratello gli portava via la vita. Curioso. Aprì faticosamente gli occhi al trillare della sveglia, mentre Len, da perfetta mattiniera qual era, era già vestita di tutto punto e si godeva la lettura di un libro dell’orrore.
«Ben svegliata, Hagu!» le sorrise radiosa 
«Notte movimentata eh? Stai meglio?» le domandò in tono scherzoso, per non darle a vedere la sua preoccupazione. Probabilmente Hagumi aveva rimosso tutto, ma puntualmente ogni ora era stata presa da una crisi. Urlava a squarciagola, chiamando ogni volta una persona diversa, agitandosi e rischiando di farsi del male.
La rosata fece spallucce, non sapeva cosa avrebbe potuto rispondere, perché effettivamente stava bene ed era stato un buon risveglio, ma qualcosa non la convinceva per niente, a partire dal punto che si sentiva stanchissima ed aveva odore di sangue e carne putrida sotto le narici. Si sentì nauseata, tant'è che corse verso il bagno, dove rimase chiusa a chiave per un'oretta. Len, preoccupata per le sue condizioni, pensò che l'unica cosa da fare fosse andare a cercare i fratelli. Il primo che incontrò fu Shin, appena uscita in corridoio, che stava facendo il primo giro di controllo giornaliero.
Lo mise al corrente degli strani movimenti della sorella quella notte e del fatto che fosse chiusa da un po' troppo in bagno. Lui disse che l'avrebbe seguita, seppur notò un po' titubante, ma lei lo mandò avanti per andare a cercare anche Himiko, che sicuramente avrebbe voluto essere messa al corrente di una cosa del genere…
Aprì la porta della stanza di Len ed Hagumi, entrando solamente con il viso. «Hagu?» provò a chiamare, ma nessuna risposta. Entrò allora completamente, dirigendosi verso il bagno e dando due colpi secchi alla porta. «Hagu?! Sei lì?». Ma dal bagno nessuna risposta. Si guardò intorno, ora totalmente in panico. «Ma che diav… HAGU!». In quel momento la cosa migliore gli sembrò prendere a spallate la porta, nel tentativo di aprirla.
Stava per sfondarla, ma lei lo precedette proprio dopo una sua rincorsa, spalancandola, e fu investita. Caddero assieme dentro al bagno, l'uno sull'altra: ci mancava solo questa!Rimase qualche istante a fissare il suo volto, rapito, prima di ricordarsi per quale motivo fosse andato a cercarla. «HAGU! Che hai? Che ti é preso? Sei così pallida e... » alzò lo sguardo verso il gabinetto, ma era pulito, probabilmente aveva già scaricato, l'odore di acidognolo e acre del rigurgito, però, era ancora lì. Si abbassò a guardarla, ma tutta la risposta che ebbe fu un semplice pigolato «Alzati... » si accorse così di starle ancora sdraiato sopra, i corpi pressati l'uno contro l'altro, poteva sentire tutto suo calore. Arrossì con violenza e si alzò di scatto, tornando in piedi. Razza d’idiota che non era altro!

«Scu-scusa… » balbettò, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi, lei però rifiutò l’offerta. «Sei forse pazzo? Cosa ci fai qui dopo il casino di ieri? Se ti vedesse Shiki, sarebbero guai.» disse fredda. Lui abbassò lo sguardo, ricordando gli eventi del giorno prima, quando accecato dalla gelosia, si era trasformato nel tentativo di uccidere il moro. Poi un filo di voce «Non potevo andarmene così, anche per contratto di lavoro… ».
L'espressione di Hagumi si sciolse subito dalla sorpresa e  rabbia iniziale, dovuta anche al malumore che si portava dietro dall'incubo che non ricordava d'aver fatto e dall'essere stata male. Sul volto dunque trovò spazio un flebile sorriso, Conosceva suo fratello, sapeva cosa potesse significare quel "non potevo andarmene così" «Dovevi prima chiarire con me, eh?» lui annuì, per nulla sorpreso. Lei sospirò e gli fece cenno di uscire dal bagno, che almeno si doveva dare una sistemata, dopo avrebbero parlato con calma. Lui acconsentì e tornò nella stanza. Si sentiva un po' a disagio da solo nella camera di due donne, ma era tutto molto ordinato e per fortuna non c'erano fuori cose imbarazzanti come biancheria intima o altro del genere. Individuò senza fatica il futon di Hagumi, dopotutto solo rosa poteva essere, e vi si sedette sopra, pensieroso. Neanche il tempo di calmarsi e rilassarsi, comunque, che Hagumi uscì ben rinfrescata, dopo aver lavato i denti, il viso ed aver raccolto i lunghi capelli rosa in una coda alta ed ondulata, avrebbe dovuto farsi lo shampoo, la mattina si era svegliata più sudata di un giocatore di basket a fine partita. Mentre fissava un paio di ultime ciocche sfuggenti sulla nuca con una pinzetta, lo vide seduto e si diresse anche lei sulla copertina rosa, per sedersi al suo fianco. «Come mai hai vomitato? Hai mangiato qualcosa di strano?» chiese solo per sicurezza, ma la risposta sapeva che sarebbe stata sicuramente negativa, perché la sorella non si era mai nutrita in quel modo. Mai una sola volta in tutta la sua vita di giovane vampira aveva bevuto sangue umano, quello che utilizzava per tenersi in forze era di animali che le procurava il suo macellaio di fiducia, un altro vampiro che aveva scelto la dieta "vegetariana" e non toccava un goccio di sangue umano da un paio di secoli. E il paio di secoli non era un modo di dire. «No, niente di ciò che pensi. Mi sono svegliata con una brutta sensazione, lo stomaco sottosopra, sudata come una capra e con il morale sotto le scarpe. Non so perché... » fece spallucce, appoggiando i palmi delle mani sul materasso, poco arretrate rispetto al punto in cui sedeva, in modo da tenersi comoda, la schiena leggermente curva all'indietro. Lui non si voltò a guardarla nemmeno una volta, teneva lo sguardo fisso dinnanzi a sé ed osservava ogni singola venatura del legno della porta, come se fosse realmente interessato. Hagumi lo guardò, invece, studiandolo attentamente in quegli imbarazzanti minuti di silenzio. Infine, tornò dritta, voltò il busto verso di lui mettendosi inginocchiata e, molto semplicemente, lo abbracciò. Tutto qui, niente di più, niente di meno. Allargò le braccia e cinse il suo collo, appoggiando la fronte contro il lato destro della sua testa castana, chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, per sentire il suo profumo. Si tranquillizzò con quel gesto, il profumo di Shin aveva sempre un potere calmante su di lei, le portava alla mente bei ricordi, la faceva sentire bene. «Resta per sempre mio fratello... ti prego... » si maledì quasi subito per averlo detto, sapeva di suonare infinitamente egoista, ma cosa poteva farci? Le mancava così tanto. Shin era rimasto piuttosto scosso, dal gesto prima e dall'affermazione poi. Lo sguardo sembrò svuotarsi e, vacuo, si bloccò sul pavimento, mentre un senso d’incredulità s’impadroniva della sua mente e del suo cuore. Come poteva fargli questo, come? Dopo che le aveva detto ciò che provava... non era giusto! Si sentiva frustrato e sminuito. Si sentiva preso in giro. Alzò le mani e le serrò con delicatezza attorno al braccio della ragazza che le cingeva la parte anteriore del collo, quindi con altrettanta gentilezza, eppure fermezza, lo spostò, liberandosi dalla sua presa. Fece per alzarsi, ma lei lo fermò per un lembo della maglia ed infine lui si voltò a guardarla: era così bella! Così dannatamente stupenda, avrebbe voluto stringerla forte, urlarle tutto il suo amore, fuggire con lei per un posto lontano, dove magari amarsi tra fratelli non era peccato. Esistevano luoghi del genere in quel maledetto mondo? Si curvò verso di lei, non poteva frenarsi. L'aveva fermato lei e lui sapeva che era da stupidi, ma lo prese come un via libera per fare ciò che da tempo immemore sognava di realizzare. Fu un bacio molto casto, in realtà. Niente travolgimento, niente grande passione. Semplicemente le prese il mento con una mano e lo avvicinò al proprio viso, appoggiando teneramente le sue labbra su quel piccolo bocciolo di rosa che erano le sue. Solo a fior di labbra, per sentire la consistenza, che risultò essere morbida da farlo impazzire e il sapore agrodolce. Ad un certo punto gli occhi di Hagumi si riempirono di lacrime, che scesero giù bagnando un po' ovunque, anche quel bacio. Lacrime salate, comunque, che gli comunicarono un semplice messaggio: quello a lei non faceva piacere, non poteva forzarla e doveva lasciarla andare. Così fece, si allontanò e le lasciò il mento, lei, però, aveva ancora la mano serrata su un lembo della sua maglia. Le lacrime che scendevano copiose e gli occhi azzurri fissi nei suoi ambrati, pieni d’incredulità. «Perché?» riuscì solo a domandargli in un sussurro, la voce tremante, mentre tutto il suo mondo sembrava frantumarsi. Ora ne era certa, dopo quel bacio, Shin non sarebbe mai più potuto essere solo suo fratello, tutto sarebbe cambiato. Per sempre e in quel caso per sempre era veramente riferito all’eternità.
«Perché ti amo niente di più banale e scontato avrebbe potuto dire, d'altronde era solo la semplice verità. «Ti amo da sempre, forse da quando sei nata. Avrò avuto sì e no cinque anni e già ti amavo. Sei la mia ossessione, Hagu!» disse piegandosi in avanti, le mani sulla testa a comprimere, non voleva impazzire di nuovo davanti a lei come il giorno precedente, era solo che ormai quel sentimento gli stava divorando l'anima, presto o tardi di lui sarebbe rimasto solo il mostro.


***

«Himiko!» urlò Len, il fiato corto per la corsa, mentre si avvicinava alla rossa che, comodamente seduta su una poltroncina della sala comune, si godeva la visione di un film, cullata dai primi caldi raggi di sole del mattino che filtravano dalle finestre che davano sul giardino, approfittando che tutti fossero ancora nelle proprie stanze. Himiko alzò lo sguardo dall’apparecchio, spegnendolo con il telecomando. «Che è successo ad Hagumi?» domandò alla moretta, ben conscia del fatto che con l’espressione che aveva, poteva solo essere successo qualcosa alla confettina. Proprio in quel momento, in effetti, una fitta parve spezzarle il cuore: era il cuore di Hagumi che andava in frantumi.
«Anche se non ne è conscia, ha passato tutta la notte agitata, si svegliava ogni ora urlando, come totalmente sopraffatta da incubi. Quando si è svegliata la mattina, si è sentita male, forse a causa della notte travagliata, e si è chiusa in bagno senza più uscirne. Ho incontrato Shin e l’ho mandato da lei, ho però ritenuto giusto informare anche te!» la rossa inchinò il capo in segno di ringraziamento «Non ti preoccupare, se ora Shin è con lei starà sicuramente bene… in parte… ».
Len ignorava cosa volesse intendere Himiko con quell’“in parte”, ma la rossa aveva potuto far due più due grazie alla sensazione che aveva provato e all’informazione riguardante Shin e aveva capito il momento in cui i due si dovevano essere trovati. Non era il caso di interromperli, anche se avrebbe voluto esser lì con loro per sostenerli entrambi.
Guardò poi Len che la osservava come per dire "allora le alzi le chiappe dal divanetto e vai da tua sorella?". Himiko si grattò la testa rossa, cercando un modo per tergiversare, ma effettivamente non ne esisteva uno. «Ahhm... sì, sì, giusto... andiamo... » disse vaga, alzandosi dal divanetto ed avviandosi pensierosa verso il corridoio, camminando come una lumaca. Oh, giusto, lei zoppicava! Iniziò così ad assumere un'andatura claudicante, almeno avrebbe guadagnato tempo.
Quasi come a volerla salvare da quella situazione, un acuto urlò riecheggiò per l’intero corridoio, attirando l’attenzione delle due, che con un solo cenno del capo s’intesero ed andarono a vedere. Il grido sembrava esser partito dall’esterno, raggiunsero quindi la fine del corridoio per aprire la porta che dava sul giardino, girarono l’angolo della pensione per poi notare una ragazza in preda al panico. Le mani che quasi strappavano i capelli corvini da quanto affondavano nervosamente fra questi, la figura tremante, mentre stava accovacciata proprio davanti al pontile del terrazzo tradizionale, uno strano fetore alleggiava nell’aria, che portò Himiko a coprirsi subito il viso, l’aria disgustata.
«Ehi, tutto bene?» domandò Len, avvicinandosi e poggiandole una mano sulla spalla. Non appena il suo sguardo si posò nel punto dove anche l’altra guardava, si portò le mani alla bocca, indietreggiando di un passo, la voce le morì in gola. Himiko, tuttavia, non raggiunse le due, anzi indietreggiò di qualche passo, mentre le sue narici sembravano bruciare per il forte odore di sangue che si era espanso nell’aria e i suoi occhi per un vago istante assunsero una tonalità rossiccia. «Cos'è, Minamoto, l'odore del sangue é troppo per te?» la voce di Shiki le raggelò la linfa vitale, mentre si accorse di aver sbattuto proprio contro di lui retrocedendo. Altra gente accorreva, nessuno faceva caso a loro e allo scambio di battute, poterono parlare in tranquillità. Lei non disse nulla, non osò rispondere, sapeva che qualsiasi cosa avrebbe detto l'avrebbe rigirata a suo favore «Più furba del confetto umano, non c'è che dire... » fece lui ironico, puntando poi lo sguardo sul capannello di persone attorno al cadavere. «Dov'è tuo fratello? Devo scambiare due parole con... quel MOSTRO... ».
«Non è affar che ti riguarda!» sbottò lei asciutta, il respiro che sembrava tornare normale, grazie alla folla di curiosi che faceva da barriera e copriva l’odore del cadavere. Lui alzò un sopracciglio con fare superiore. «Se ti dicessi che son convinto del contrario?» allora Hagumi non aveva rivelato nulla alla sorella, meglio così, sicuramente gli rendeva la cosa più semplice. Himiko puntava ora i piedi per terra, l’aria infuriata. «Stanne fuori! Non impicciarti di affari che non ti riguardano!».
Shiki la guardò gravemente, prima che un bagliore di trionfo gli attraversasse lo sguardo. «Sì, penso tu abbia ragione. Mi farò gli affari miei. Ah e... com'è che non hai negato che tuo fratello è un mostro?» ghignò appena, prima di voltarsi verso il corridoio di destra. Hiro Shibata era appoggiato affaticato ad un muro, una mano al petto a stringere i vestiti, il respiro affannoso. Dava loro la schiena e tenendosi in piedi solo grazie ad una spalla che appoggiava alla parete, cercava di andare via, arrancando. Cosa diamine stava accadendo in quel posto, quella mattina? «Che sia stato lui?» questo significava che anche Shibata-sensei era un vampiro? Dannazione, stavano spuntando fuori come funghi. Si voltò e si avviò a grandi falcate verso il professore di biologia, con Himiko che lo guardò allontanarsi confusa, per accorgersi in un secondo momento della figura ansante di Hiro. Non servì nemmeno partire per cercare di fermarlo, la testa rosa di Hagumi si era già messa sul suo percorso, seguita da uno Shin mogio che si portò accanto alla sorella rossa. «Non la vedo bene qui.» si limitò a dire Himiko, avviandosi verso i tre, Shin al seguito.
«Levati di mezzo Minamoto!» ma Hagumi continuava a bloccargli la strada, braccia aperte in segno di protezione verso Hiro. «Devo forse farti fuori per farti spostare?!» si limitò, però, ad avvicinarsi a lei e a strattonarla. La rosetta sembrava ora infuriarsi, mentre una strana aura pareva andare e venire dal suo corpo, gli occhi che lampeggiavano di due colori ben distinti. «Stai alla larga da lui!» Shiki titubò un attimo, indietreggiando di due passi. Sicuramente in quel momento era decisamente svantaggiato, erano ben quattro contro uno.
A quanto pare la fortuna volle essergli amica, notò Natsu affiancarsi a lui, confuso. «In che guaio ti sei cacciato, cugino?» chiese, non senza una risatina, guardando poi gli occhi lampeggianti dall'azzurro al rosso «Ah, si sta immedesimando in un semaforo, o è ciò che penso io?» Shiki non rispose. Il cervello lavorava freneticamente in cerca di una soluzione. Affrontare la Minamoto? Ma se giusto ieri sera aveva deciso che non voleva entrare in conflitto con lei? Shin si portò accanto alla sorella per darle man forte all'arrivo di Natsu, mentre Himiko, sconsolata, si avvicinò ad Hiro, per accertarsi delle sue condizioni. Si chiese se non fosse stato lui a provocare quella morte, ma scacciò subito l'idea di testa. Hiro stava male perché cercava di resistere all'odore del sangue, in quel momento, non per altro. Se se ne fosse cibato, non sarebbe stato così di certo. Sembrò però Natsu, stranamente, a riportare la tranquillità nel gruppo, notando che avevano attirato l’attenzione dei presenti. «Ragazzi, direi di allontanarci da qui, prima che qualcuno inizi a farsi strane domande… » indicò loro la folla di curiosi, che alternava lo sguardo fra la ragazza morta e loro «E poi il signore là dietro penso che non resisterà ancora a lungo in questo luogo.» Tutti assentirono, intanto che anche Hagumi sembrava placare un momento la sua ira, rimanendo comunque sulla difensiva.
Si voltò imbufalita e si avviò accanto alla sorella e ad Hiro, per il quale era preoccupata da morire. Cercò di fare capolino con il visetto nella sua visuale, come faceva sempre. «Hiiiro-chan! Sono io, guardami. Che bravo che sei, hai resistito così bene. Vieni con me, dai, dammi la mano!» con gentilezza gli prese una mano e lo condusse via, come faceva sempre, riempiendolo di attenzioni e gesti amorevoli. Himiko li guardò soddisfatta, Hiro si fidava ciecamente e si affidava completamente ad Hagumi, perciò avrebbe rimesso lei a posto le cose, raccogliendo come sempre i cocci che il povero insegnante si lasciava indietro. Lei dal canto suo si voltò verso i tre ragazzi e, afferrato il fratello per mano, fece una linguaccia agli altri due, allontanandosi con Shin, nella direzione dove la sorella ed Hiro erano spariti poco prima. 

***

Inutile dire che con l’avvenimento di quella mattinata, gli insegnanti avevano dato ufficialmente fine alla gita, di cui comunque nessuno sembrava averne più voglia, obbligando i ragazzi a far le valigie e a prepararsi per scendere a valle, dove i pullman già li attendevano per il rientro in città. Il luogo di ritrovo per la partenza, davanti all’entrata della pensione termale, era un perfetto mortuario, alcune ragazze più sensibili non riuscivano a trattenere le lacrime, altri pregavano per l’anima della ragazza, nella speranza che potesse trovare la pace in un altro mondo, e via discorrendo. Himiko stava seduta sul suo borsone, ovviamente leopardato, con accanto la sorella nella stessa posizione, entrambe perse nei loro pensieri. Shin e Hiro si erano riuniti al gruppo di professori, dopo che quest’ultimo sembrava tornato stabile, per non dare troppo nell’occhio circa la loro assenza. Shiki frattanto, appoggiato ad un albero nell’attesa del cugino, sigaretta alle labbra per scaricare la tensione, non levava gli occhi di dosso alle due, le uniche al momento nella sua visuale. Si soffermò a pensare all’enorme potere percepito provenire da entrambe, sicuramente neanche un centesimo di quello originale, nel misero frammento di tempo in cui la loro natura stava uscendo allo scoperto. Levò giusto lo sguardo dalle due per notare l’arrivo di Natsu, che zigzagava in mezzo agli studenti, cercando di evitare le piccole tombe costruite per l’anima della ragazza, imprecando incavolato nero, mentre cercava di tenere l’enorme e pesante borsone sulle spalle.
«Sei di una delicatezza disarmante, Natsu... » commentò Shiki atono, senza neanche voltarsi a guardarlo. Il biondo fece spallucce, facendo finta di non capire e si appollaiò accanto al cugino, voltandosi verso il punto che tanto interessava Shiki da non fargli distogliere lo sguardo nemmeno mezzo secondo. «Mi chiedo se sei più interessato al segreto che nascondono o al bel faccino della principessina in rosa. Ovviamente lo chiedo a me, e non a te, perché so che da te non riceverò alcuna risposta, se non un sonoro grugnito.
» il moro, infatti, grugnì, più che altro per dirgli di starsi un po' zitto.
«Fossi in te, eviterei certe battute, perlomeno io mi ero accorto che in loro qualcosa non andava, tu non hai proprio percepito nulla.». Natsu cercò il pacchetto di sigarette nella tasca del giubbotto di pelle, trovandolo solo dopo diversi attimi, estraendone una ed accendendosela. «Ehhh, quante storie, in fondo quella è la tua peculiarità, non la mia!” un tiro alla paglia, mentre rilassatamente poi buttava fuori il fumo.
Shiki sbuffò. «Lo spirito d'osservazione non è la mia peculiarità e lo sai bene.» Natsu fece spallucce: ma sì, non gliene importava niente. Il punto era che da quella distanza poté vedere chiaramente Hagumi scoppiare a piangere come una fontana, con un'espressione così addolorata da fare pena a chiunque, persino al cugino «Che tu sappia era amica della defunta?
» chiese il moro, dissimulando l'interesse guardando altrove. Natsu scosse il capo «Figurati, conosco Hagumi come conosco i miei calzini, e so per certo che non si erano mai neanche parlate... ». Shiki lo guardò un istante, meditando e sorvolando sul pessimo paragone della rosata con un calzino, quindi buttò a terra la sigaretta, la spense con un pestone e gli fece cenno di seguirlo. «Sei ancora il suo migliore amico, da quel che ne so, quindi sarebbe il caso che tu andassi a consolarla ed io ne approfitterò per parlare di nuovo con loro ed indagare. Vieni!». «Sei senza cuore!» rispose il biondo, fintamente scandalizzato, d'altronde era contento di poter andare a coccolarsi Hagumi ancora, quelle potevano essere le ultime volte, se avessero scoperto una natura in lei differente da quella umana, non sarebbero più potuti essere amici. E pensare che era la sua principessina da difendere. S’incamminarono verso le due, facendo sempre attenzione ad evitare le piccole tombe, e quando furono all’incirca ad un paio di metri da loro, Natsu prese a correre in direzione della confettina. «Hagu-chaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!!!» ululò letteralmente, mentre il suono della sua voce accompagnava la caduta che stava prendendo proprio arrivato all’altezza di Himiko, dimentico di guardare dove metteva i piedi. Cadde in avanti, atterrando letteralmente di faccia nelle casse delle provviste, specificamente in quella dei pomodori, mentre l’impatto con le altre fece volare tutto il loro contenuto nei dintorni, rischiando di colpire come meteore tutti i presenti. Fortuna che non sarebbero più servite per cena! Dopo un paio di minuti di silenzio, in cui tutti si erano fermati a guardare la scena dopo aver cercato di evitare verdure volanti, compresa Hagumi che aveva smesso di piangere nel giro di un secondo, il biondo non sembrava ancora accennare a volersi alzare. «Si sarà fatto male?» domandò Himiko alla sorella, la quale fece spallucce, non sapendo se iniziare a preoccuparsi fosse morto. Il ragazzo sembrò dare finalmente qualche segno di vita, mentre faceva leva sulle braccia nel tentativo d’alzarsi. Himiko, come del resto tutti i presenti, scoppiarono in una grassa risata; Natsu, che finalmente stava di nuovo in piedi, aveva il viso che grondava ormai passata di pomodoro tanto da sembrare questo vegetale formato umanoide. «TU!» urlò lui adirato, indicando la rossa. Lei smise immediatamente di ridere, indicando se stessa con aria interrogativa. «Io?» il ragazzo le si avvicinò, mentre con una mano si strofinava gli occhi che bruciavano dannatamente «E chi se no?! Sei stata tu a farmi lo sgambetto!». Gli occhi di Himiko uscirono letteralmente dalle orbite, mentre scattava in piedi. «Cosa?! Come avrei potuto farti lo sgambetto, se stavo qui?!». «Osi anche negare?!» ora lui l’era proprio di fronte, in pratica sarebbero stati faccia a faccia se la rossa non fosse stata un’abbondante quindici centimetri più bassa di lui «Non incolpare me se hai la grazia di un elefante e l’equilibrio di un ippopotamo!». «Perché gli ippopotami hanno problemi di equilibrio?!» Fu la domanda che si posero all’unisono Hagumi e Shiki, decisamente confusi. «No, hai ragione, non è colpa tua se hai le gambe di una giraffa!». «Questo dovrei prenderlo come un complimento?!». «E io chi dovrei incolpare per questo?» fece capolino il professore di letteratura, un vecchietto dall’aria sempre seria e notevolmente pacata, accentuata dagli occhialetti da vista, che ora stava sistemando diritti sul naso, mentre quello che sembrava tanto il residuo di uno dei famosi pomodori, ora colava disordinatamente dalla sua testa semi calva fino a cadere a goccioloni sulla pulitissima e perfettissima camicia bianca. Era troppo. Quella visione fu veramente troppo per i due che, smesso di litigare, avevano le guance gonfie e rosse, nel tentativo di trattenere una risata che però non riuscirono a soffocare, provocando l’ira del professore sul quale una venetta aveva iniziato a pulsare insistentemente sulla tempia.
«MINAMOTO! NAKAMOTO! SIETE IN PUNIZIONEEEEEEEEEEEEEEEE!
».

... continua...
  
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