Ormai
riesco
a scrivere solo capitoli super-farciti. Troppe cose, troppo poco tempo!
*con
tono da Bianconiglio* E siamo a quota 202! Gente,
vi lovvo con tanto
sentimento!
@Pnin: Avevi ragione!
Infatti ho subito
modificato il nome dei due amanti, non appena ho potuto. Thanks per la
dritta!
:D
@Ron1111: Hai
assolutamente ragione. Tommy-boy
vuole tutto, ma prima o poi dovrà scegliere. E lo
farà, oh, se lo farà!
Purtroppo Scorpius è il frutto dei miei viaggi mentali, ma
ammetto che ho
conosciuto un paio di ragazzi abbastanza sul genere, solo, di solito,
sono
fidanzatissimi, e non con te! XD Ted è un rincoglionito
cronico, ormai ce ne
siamo accorte tutte. È colpa dei geni Lupin, sostiene Tonks
qui. Era lei, del
resto, a reggere la baracca. XD
@Altovoltaggio: Thanks per i
complimenti ai costumi.
Io adoro i balli in maschera! Il personaggio del fantasma
dell’Opera era
perfetto per Tom. Potevo non usarlo? XD Loki è il nostro
uomo e poi, voglio
dire, non azzecca la maschera ‘l’uomo delle
maschere’! XD Mi spiace, ma Twilight
non riesco a strozzarlo. Ammetto che ci siano ottime fan-fic scritte
anche su
questo fandom, e l’idea in sé, è
geniale. Ma non sopporto come scrive la Meyer
>-< Ah, ho guardato la foto, secondo me come Al
è piuttosto perfetto!
Anche se io, spiacente, me lo immagino più dolciotto! XD
@SammyMalfoy: Ciao Sammy!
Essì, Scorpius, ormai, è
considerato l’uomo perfetto. :D Divertente, considerando che
è un Malfoy e
mediamente i Malfoy sono personcine odiose. E sì,
probabilmente l’harem di Sy
indagherà. Ma pensando al loro
‘sceltissimo’ quoziente intellettivo dubito
andranno molto lontano! Comunque sì, alla fine le rispettive
famiglie lo
scopriranno, e saranno fuochi d’artificio! Ted è
un rincoglionito, e James è un
adolescente. Vedrai che troveranno il loro punto d’accordo.
Mike, beh… lui se
la spassa, non crede che faccia il donzello tradito. Non è
nel suo stile. XD
@LyhyEllesmere: Ebbene
sì, Ted è un drogato di the,
per questo motivo è sempre così lento e
rincoglionito! XD Scherzo, in effetti
ha bisogno di una svegliata, ma le cose con calma, che tutto e subito
fa troppo
fyccina. Ed io odio le fyccine. ;) Ancora grazie per i commenti e
sì, la Prynn
sottovaluta un bel po’ il nostro TeddyBear, o lo
sopravvaluta, chissà. Ciao!
@Lilin: Te li regalerei,
sai Al e Sy però…
*Guarda Tom e Rose che la fissano minacciosi, bacchette alla mano. Rose
fa il
lento gesto di passarsi un dito sulla gola*… forse
è meglio di no, ecco. XD
Teddy ormai è arrivato ai minimi storici di gradimento. Lo
capisco, se lo
merita, ma via… cercate di capirlo. Come il padre, vuole
sempre fare la cosa
giusta e finisce inevitabilmente per fare quella sbagliata. Un genio.
Ma umano.
:P Sì, Teddy è un tributo a Remus, in un certo
senso. Non provare pietà per
Mike, lo offenderesti. ;D Vero che le fan-art sono grandiose? Io adoro
quella
ragazze, e sul suo sito ce ne sono di ancora più porcellose!
XD
@Trixina: Grazie! ^^
Sì, la Prynn deve compiere
il suo dovere, ma c’è anche da dire che una
ripassatina a TeddyBear non le
dispiacerebbe. È un po’ coglione, ma è
un bel figliuolo. :D Al è profondamente
autoironico, e anche tanto paziente con Tom. ma
c’è da dire che il bello e il
cattivo tempo, Tommy-Boy l’ha sempre fatto, da quando
boicottava le estati alla
tana in poi. Quindi diciamo che Al c’è abituato.
XD
@Hel_Selbstmord: Essì,
hai reso l’idea, come al
solito. La combo Prynn-gatta-Mike/Jamie l’ha steso, ma
continua a farsi gran
pippate mentali. Guarda, sul costume di Tom ci ho pensato parecchio
(per dire,
i livelli di demenza). Per un attimo volevo vestirlo come Il Corvo, ma
poi ho
pensato che quella tutina attillata non gli donava granchè.
Poi sono arrivata
ad Alisteir Crowley e alla fine a Erik. Erik è indubbiamente
meglio. xD Il
Triangolo no, non l’avevo… argh, scusa. Comunque.
Il triangolo… beh, il triangolo
c’è già, visto che Al ama Tom, Tom ama
Al e Michel ama Al. In realtà è un
triangolo un po’ scaleno, ma pazienza. Si vedrà
prossimamente. ;D È bello
riaverti qui! Ma tu di dove sei?
@Ombra: Ted è tonto.
Ancora non si era capito? XD
Mike non c’è problema, adora essere usato da uno
col corpo di Jamie. Mica
scemo! ;D Non mi sono scordata di dirvi cosa ha scoperto. Tom non ha
avuto
materialmente il tempo di guardarlo. E poi, come fai a fabbricarti un
alibi, se
non sei ad una festa con centinaia di invitati? ;) Tommy-boy pensa a
tutto. Doe
non preoccuparti, tornerà. Adesso.
*_*
****
Capitolo XXX
Perché
quando succede qualcosa ci
siete sempre di mezzo voi tre?
(Harry Potter
e il Principe Mezzosangue, J.K. Rowling)
‘
Londra, Notturn
Alley. Esterno notte.
“Harry,
amico, non per fare il guastafeste, ma avremo bisogno di un
piano.”
L’Auror Ron Weasley, con sedici anni di onorato servizio alle
spalle, guardava
il migliore amico, il fratello, il completamente pazzo Harry Potter che
senza
colpo ferire scivolava dentro Notturn Alley.
“Ce
lo
abbiamo.” Gli assicurò con un sorriso bonario.
L’aveva sviluppato a partire dai
trent’anni, ed era dannatamente inquietante. Assomigliava a
quello di Silente.
Ron
sospirò,
seguendolo. Erano in borghese. Il distintivo lo tenevano in tasca, e
non
appuntato al petto. Si sentiva incredibilmente esposto.
Notturn Alley era nato come un quartiere squallido e sinistro, e
probabilmente
ci sarebbe morto, stimò guardando disgustato un paio di
loschi individui che
non sembravano del tutto umani infrattarsi nell’ombra.
“Ricordami, perché siamo
qui?”
Harry sospirò. “Perché qui è
dove viveva Parva Duil…”
“Posticino ridente.” Borbottò trai
denti. “La sua paga non gli permetteva
qualcosa di meglio?”
“Mmh, direi di no.” Scrollò le spalle,
del tutto a suo agio. “Visto e
considerato che la visita ad Azkaban non ha dato i suoi frutti, forse
perquisendo la casa di Duil troveremo qualcosa.”
“Non è già stata perquisita dai nostri
ragazzi?”
“A Settembre, per la scomparsa. Non cercavano la cosa
giusta.” Si fermò di
fronte ad un vecchio palazzo, stranamente piuttosto ben tenuto, visto
il luogo.
La porta era nuova, e la cassetta delle lettere era verniciata di
fresco.
“Qui.” Disse semplicemente.
“Beh, pensavo peggio…”
“Notturn Alley non è un bel posto, ma non ci
vivono solo criminali e disperati.
È solo… L’East End¹ della
Londra Magica.” Sorrise Harry, dando un colpetto alla
porta con la bacchetta. Si aprì con un soffio ben oliato.
“Entriamo, avanti.”
“Non
voglio
fare la voce della tua coscienza, amico, non sono Herm, e non mi riesce
neanche
bene… Però non siamo autorizzati
a…”
“Sono il Capo dell’Ufficio Auror?”
“Sì?”
“Bene, allora eccola qua
l’autorizzazione.” Scrollò le spalle.
“Ascolta Ron.
Sto seguendo un’impressione. So che non è
regolare, so che stiamo infrangendo
le procedure. Ma se al Ministero vogliono insabbiare tutto…
beh, io non ci sto.
E non possiamo certo andare a piangere da Shacklebolt. Ha cose
più importanti
da fare che dare un permesso ad un Capo-ufficio. Coraggio, fidati di
me.”
“Come
se non
avessi fatto altro per tutta la vita…”
Brontolò l’uomo, aprendo la porta.
La casa
era
piccola: pensata, arredata e vissuta da un uomo solo.
“Mi
viene la
depressione solo a guardarci dentro.” Sbuffò Ron,
facendo qualche passo
incerto. Si guardò attorno. “Cosa stiamo cercando
esattamente?”
“Indizi.” Tagliò corto Harry, intascando
la bacchetta e sfregandosi le mani,
gelate dal clima impietoso che filtrava dalle pareti. “Parva
Duil aveva la
responsabilità di sei Naga. Qualcuno l’ha saputo,
e l’ha contattato. Aveva un
tenore di vita medio-basso, non navigava certo nei galeoni. E
l’unico modo per
assicurarsi i suoi servizi era il modo più antico ed
efficace del mondo. La
corruzione.”
“Quindi l’ha corrotto con una grossa somma di
denaro e poi… magari allo
scambio… si è preso i Naga e ha rapito anche
lui?” Ipotizzò Ron.
“Molto probabile. L’avrà messo sotto imperio
per impedirgli di scappare, e poi se n’è liberato
quando non gli è più servito.
Per evitare che ci accorgessimo della maledizione e la rimuovessimo
facendogli dire
la verità, è entrato ad Azkaban vestito da
parroco e lo ha ucciso.” Fece una
smorfia. “Denota organizzazione. Non siamo certo davanti ad
un sociopatico che
odia il potere costituito.”
“Va bene, ha senso.” Ammise Ron. “Ma
perché fare tutto questo? Voglio dire,
rapire dei Naga, sguinzagliarli. Poi ritirarli e poi mettere in scena
tutto il
teatrino della vendetta di Duil?”
Harry spostò un paio di tomi dalla biblioteca, esigua,
dell’uomo. Uno tra
questi risultava leggermente più scostato dagli altri. Lo
aprì. Era vuoto
all’interno, ma pieno di galeoni sonanti. “Ecco i
soldi.”
“L’ha pagato prima?”
“Per guadagnarsi la sua fiducia… probabilmente
questi sono solo una parte della
cifra pattuita.” Harry chiuse il libro, mettendolo sulla
tavola da pranzo.
“Credo… che fosse tutto un
diversivo.”
Ron lo guardò confuso. “Cioè?
“Creare il panico ad Hogwarts, istituire una caccia alle
bestie, mettere in
pericolo le vite degli studenti… Sembra tutto senza senso
alla luce di come
sono finite le cose… a meno che non fosse un diversivo. Fare
tanto chiasso per
coprire un’altra operazione.”
“E quale?”
“È
quello che
ho intenzione di scoprire.” Mormorò a denti
stretti Harry. “Duil è morto e i
morti, vecchio adagio, non parlano.”
“Già.”
Convenne Ron, certo che finalmente l’amico avrebbe capitolato
di fronte
all’evidenza. “E lui era l’unico
testimone.”
“Non l’unico.” Ribatté, con quello
sguardo. Quell’aria decisa, Grifondoro, Potter. Assolutamente
portatrice di
guai. Gliel’aveva vista la prima volta quando aveva deciso di
affrontare Fuffi.
Avrei dovuto
capire a cosa avrebbe
portato e darmela a gambe.
Oh, al diavolo.
Non l’avrei fatto per
niente al mondo.
Inspirò.
“Che
intendi dire?”
“Intendo dire che Duil non è l’unico ad
aver interagito con il suo assassino.”
Ron lo
squadrò confuso, prima di capire. “Oh,
no… Harry, no! Non pensarci neanche!”
Harry gli
fece un mezzo sorriso, colmo di comprensione. “Ron. Dobbiamo
farlo.”
Ron si sfregò le mani sul viso, scornato. “No. No,
no, no. Assolutamente.
Harry, sei il mio uomo, ti giuro, ma stavolta non…”
“Dobbiamo parlare con quei Naga.”
Ron emise un lamento sconfortato. “Sento che
invecchierò di dieci anni, finita
questa storia. Lo sento.”
Harry fece una breve risata, stringendogli una mano sulla spalla.
“Hai
già
un’idea di chi potrebbe essere?” Così
folle da imbarcarsi in questa indagine fuori dalla giurisdizione di Dio
e degli
uomini?
“Beh, ci serve un mago che sappia trattare con le
creature.” Non ci mise molto
a trovare il nome adatto, perché si illuminò come
un bambino il giorno di
Natale. “Domani andremo a casa Scamandro.”
****
Hogwarts, da
qualche parte nel
corridoio del piano terra. Dieci e mezzo di sera.
Albus
Severus
Potter non si era mai imboscato.
Timidezza
o
nessuna occasione, non aveva mai provato l’ebbrezza di essere
trascinato, o di
trascinare, in un corridoio vuoto qualcuno e baciarlo con la fretta e
l’urgenza
di chi ha paura di essere scoperto.
I baci
erano
qualcosa che lo faceva letteralmente impazzire, aveva scoperto. Adorava. Baciare. Tom.
Anche se,
ad
onor del vero, fino a due mesi prima non avrebbe mai pensato che si
sarebbe
imboscato con il suo migliore amico. Ora, attualmente, suo ragazzo.
Comunque
imboscarsi
era una cosa che proprio non riusciva a trovare eccitante.
E poi era
scomodo, pensò, mentre il muro umido del primo piano gli
faceva da materasso, e
faceva freddo. Preferiva stare sul proprio letto, rifletté,
mentre si lasciava comunque
sfuggire un sospiro deliziato, sentendo le labbra di Tom succhiargli la
sensibilissima porzione di pelle appena sotto l’orecchio.
Ma era scomodo. E lui odiava le cose scomode.
Passò
quindi
le dita trai capelli di Tom, sottili e foltissimi, così neri
da amalgamarsi con
la penombra del castello. “Tom, mi fa male la
schiena.” Disse, dispiaciuto.
Dopo un
breve
attimo di sconcerto, lo sentì sospirare.
“A
me il
collo.” Ammise, raddrizzandosi. “Non capisco come
James basi la sua attività
sessuale su posizioni verticali come questa.”
Al dovette trattenere una risata, per non rivelare la loro posizione.
“Abitudine, immagino. E poi è sempre stato un tipo
adattabile.” Esitò. Doveva
proprio dirlo, perché prima non gli era andata
giù. “A proposito di Jamie… Non
capisco perché hai detto a Ted dov’era…
Voglio dire. Volevi farlo beccare con
Mike?”
Tom fece una smorfia insofferente. “Lupin me l’ha
chiesto, io gli ho indicato
dove presumibilmente si erano
imboscati
quei due. Qual è il problema?”
“La punizione che probabilmente Mike e Jamie si
beccheranno?”
“E
allora?”
Al fece
una
smorfia, senza dire niente: non gli piaceva come Tom si stava
comportando ultimamente
con gli altri. Sembrava quasi che provasse divertimento a…
Ferire le
persone. Basta vedere come
risponde a Mike. E Mike gli piaceva.
“Hai
parlato
con Michel?”
“No.” Scrollò le spalle. “Ma
lo farò.”
“Non è vero.” Lo seccò,
mentre la musica dalla Sala Grande filtrava prepotente
attraverso le pareti. “Non è vero che gli
parlerai. Sembra che non ti importi
di far pace con lui!”
“Forse è così.”
Replicò monocorde. Era stanco di doversi preoccupare degli
umori altrui. Non era Lupin. Non gli importava niente della benevolenza
della
gente.
Ma ad
Albus
importava degli altri. Da sempre.
“Sai,
ti
dovrei dare un pugno per schiarirti il cervello!”
Sbottò infatti. “Ti stai
comportando come uno stronzo, più del solito. Falla
finita.”
Tom serrò le labbra in una linea sottile.
Ti comanda a
bacchetta… Ti dà ordini,
quando ha paura della sua stessa ombra.
Si
sentì
immediatamente uno schifo ad aver formulato quel pensiero.
Esitò, poi tirò un
profondo sospiro.
“Io…
non
credo di aver voglia di far pace con Michel.” Ammise alla
fine.
“Perché?”
“Perché lui ti vuole.”
Confessò di malavoglia, trattenendo la collera.
“Ti
vuole, per un suo capriccio o per aumentare la sua collezione di
Potter, non lo
so. Non mi interessa. Ma mi dà ai nervi.”
Al rifletté. Il suo primo impulso sarebbe stato sentirsi
insultato e difendere
la buonafede di Michel anche se, a dirla tutta, neppure lui la trovava
così buona.
Ma non
posso… Anche se non penso che
Mike ci proverebbe mai, non ha importanza. Lo crede lui.
“Anche
se
fosse così, non avrebbe la minima speranza.”
Spiegò pacato. Gli fece un mezzo
sorriso. Si alzò leggermente, maledicendo silenziosamente la
sua altezza, e gli
premette le labbra all’angolo della bocca. “Tom, io
sono tuo.” Gli sussurrò,
pianissimo.
Era un rischio. Era una frase pure un po’ scema. Insomma, era
un vero suicidio.
Tom era palesemente indispettito per il mezzo litigio, ed erano in un
posto dove
il rumore distorceva le parole.
Ma era un rischio
che dovevo correre…
Credo.
Sentì
Tom irrigidirsi
contro di lui. Poi gli afferrò un braccio, stringendo. “Davvero?”
Sussurrò.
Al
tirò un
profondo sospiro: sentiva l’alcool nel respiro
dell’altro, quindi evitò di
fargli notare che gli stava facendo male. “Certo.
È così.” Attestò.
“Da sempre.
Mi lasci il braccio adesso?”
Tom
abbassò
lo sguardo. “Sì…”
Inspirò, lasciando la presa, come se solo in quel momento si
fosse accorto di cosa stesse facendo. “Credo di aver bevuto
un po’ troppo.”
Stimò, assottigliando gli occhi, ed evitando di guardarlo.
“Scusa.”
“Chiunque
qua
dentro ha bevuto un po’ troppo. Merito di Loki, che adora gli
ubriachi.”
Scherzò. “Basta bere, okay?”
Tom
annuì. “…
La festa non è male. Vuoi tornare dentro?”
“Disse l’antisociale.”
“Non
sono
antisociale.” Brontolò. Qualsiasi brutto pensiero
o rush di cattivo umore, Al
era capace di annientarlo o stemperarlo con una battuta. Ed era suo.
Non era
sano.
A guardarlo da un punto di vista razionale sapeva di pensare cose
inquietanti.
Ma non
riconoscere che provava un’assuefazione così forte
sarebbe stato semplicemente
stupido.
Era
sempre
stato assuefatto da Albus: solo che prima era una cosa nascosta,
sottopelle,
qualcosa che viveva come lui respirava.
“Non
sono
antisociale, è che non sopporto le
persone¹.” Cantilenò Al, facendolo
sorridere.
“Direi
che mi
hai ritratto perfettamente.” Mormorò. Gli
lanciò un’occhiata. Con quella divisa
da Grifondoro e le labbra rosse sembrava assolutamente corruttibile.
“Vuoi
rientrare e cercare Rose?” Gli chiese, chinandosi a parlargli
a pochi centimetri
dalle labbra.
Al deglutì. Si riprese subito, probabilmente per evitare di
dargliela vinta
così facilmente. “Punto primo, Rosie non
vorrà essere cercata. È con Malfoy.
Punto secondo, non prendermi in giro. Punto terzo… sei un
pervertito.” Gli
tirò una lieve spinta, a cui l’altro si
sottopose docilmente.
Tom
sogghignò. “Quindi… suppongo che ce ne
andiamo?”
“Punto
quarto. Cosa stiamo aspettando?”
****
Corridoio Secondo
Piano. Undici circa.
Ted non
si
era mai sentito così stanco, furioso e ridicolo.
In fondo mi sono comportato in modo
corretto. Ho beccato due studenti in atteggiamenti non consoni e li ho
puniti
sottraendo loro dei punti. Tutto perfettamente regolare.
Era
quello
che provava a non essere regolare;
non
riusciva a togliersi dalla testa quella scena. James che baciava e
accarezzava
quel ragazzo, la schiena nuda di James che…
Aprì
la porta
della propria aula, camminando attraverso i banchi vuoti.
L’unico
atteggiamento da adottare, a quel punto, era l’indifferenza.
Era la cosa
migliore, per entrambi.
Quando sei
ridicolo…
Socchiuse gli
occhi,
inspirando.
Sei furioso. Non
hai sopportato di
vederlo con un altro ragazzo. Ti ha spergiurato amore e poi, come ogni
bravo
adolescente, è andato a divertirsi con un suo coetaneo.
Si morse
un
labbro.
Se non fosse
così, però? Hai visto la
sua faccia?
Era
confuso.
Devo parlarne a
qualcuno, o impazzirò.
E continuerò a fare del male a Jamie.
Aprì
la porta
del proprio ufficio, con un sospiro. Tirò fuori la
bacchetta, pronto ad
accendere le candele.
“Expelliarmus.”
La bacchetta volò via lontano. Ci fu un lieve deelay nella
sua percezione. Sapeva che qualcuno
l’aveva disarmato,
ma non riusciva a capire chi e dove
fosse.
Lo
capì una
frazione di secondo dopo ma, come gli avevano insegnato anni prima
all’Accademia,
l’incertezza gli fu fatale.
Sentì
ogni
singolo muscolo irrigidirsi e crollò bocconi contro la
scrivania, rovesciando
una pila di compiti che era riuscito faticosamente ad impilare quella
mattina.
Era stato affatturato.
Si
sentì afferrare
per i capelli, e l’aggressore gli
parlò addosso. “Ho come l’impressione
che avrebbe dovuto accendere subito
la luce, professore.” Sussurrò la
voce. Era quella di un ragazzo. “Le persone si possono
nascondere, nell’ombra.”
Ted
cercò di
liberarsi dall’incantesimo, ma senza bacchetta poteva solo
affidarsi agli
incantesimi non-verbali. Cercò di concentrarsi e spezzare
l’incantesimo. Era un
incantesimo semplice, poteva…
Smise di
respirare.
Sentì
come se
i polmoni fossero schiacciati da una pressa invisibile.
Cercò di aprire la
bocca, ma i denti sembravano incollati tra di loro.
Pensò
nebulosamente che quello non era un petrificus
totalus comune.
Pensò
nebulosamente che stava soffocando.
Sentiva
l’alito del ragazzo addosso, e ebbe paura.
Non era
un
adolescente ubriaco, pizzicato a rubare nella stanza
dell’insegnante, quello.
Sapeva ciò che stava facendo. Era perfettamente conscio del
fatto che lo stava
uccidendo.
“Gli
studenti
saranno devastati. Il loro professore preferito…”
Il ragazzo continuava a
parlargli all’orecchio, con gentilezza terrificante.
“Cerchi di capire, mi è
stato detto di non lasciare testimoni. Come preferisce morire,
professore?
Infarto? No, troppo giovane. Oh, ci sono. Ubriaco, si è
seduto un attimo alla
scrivania e si è addormentato. Una candela,
ahimè, si è rovesciata, dando fuoco
alla stanza. Bruciato vivo, che fine tremenda.”
Sentì
la
pressione del corpo del ragazzo allentarsi. Si era alzato in piedi, e
stava
cercando qualcosa.
Gli
entrò
nella visuale, brevemente. Era magro, alto e con i capelli neri.
Sembrò
sorridergli.
“Buonanotte
professore.”
Tutto
divenne
buio e perse i sensi.
****
James si
accese una sigaretta, passando verso la porta di ingresso e infilandosi
dentro
il giardino.
Dalla
Sala
Grande si udivano scoppi e risate e urla moderatamente spaventate:
qualche
coglione aveva scaricato sul pavimento un intero arsenale di Tiri Vispi
Weasley. Una scherzo grossolano. Da dilettanti.
Se sono stati Lys
e Lor li disconosco
come discepoli.
Si
riabbottonò
distrattamente il gilet che completava il costume da vampiro. Un paio
di
ragazze gli lanciarono occhiate che pregavano perché si
fermasse. Tirò dritto.
Se ne
fotteva
di quella festa. Se ne fotteva di tutti.
Aveva
mollato
Zabini a riverstirsi, senza una parola. Non che ce ne fossero mai state
tra di
loro.
A dirla tutta
sembrava più contento
lui di liberarsi di me, che viceversa.
Raggiungendo
il giardino si trovò di fronte ad una fontana in pietra, che
era quasi sicuro
non ci fosse mai stata, e si sedette su una panchina, in mezzo a
cespugli di
rose che non avrebbero dovuto fiorire in quel periodo.
La professoressa
Prynn…
trasfigurazione.
Improvvisamente
desiderò bruciare quel giardino lezioso, fatto per coppiette
che si volevano
appartare.
Sentì
un gran
trambusto alle sue spalle. Una risata e poi un
‘Gesù Cristo, Malfoy!’
Sospirò,
quando vide Scorpius accomodarsi alla sua destra. Rose si sedette alla
sua
sinistra, guardandolo male. “Ciao angioletti
custodi.” Emise piatto, soffiando
una voluta di fumo verso il cielo stellato. “Ho interrotto il
vostro rituale di
accoppiamento?”
“La tua aria depressa mi ammoscia.”
Confermò Scorpius, la cui cotta di maglia si
era persa da qualche parte trai cespugli.
“Siete
entrambi disgustosi.” Decretò Rose, togliendosi
qualche rametto dai capelli
arruffati.
“Di
cosa ti
lamenti? Non sto denunciando la vostra piccola tresca. Considerati
fortunata.”
Replicò assente. Era così disperato che quasi gli
faceva piacere averli attorno.
Sto proprio
grattando il fondo del
barile…
“Allora,
che
è successo Potter?” Chiese Malfoy. “Il
piano?”
“A puttane.” Masticò lentamente.
Lanciò un’occhiata a Rose, che li fissò
confusa, ma avida di informazioni. “Perché non vai
a farti un giro, Rosie?”
“Perché invece non sparisci, così posso
stare con il mio ragazzo?” Ribatté, sarcastica.
“Non
mi va.
Prestamelo.”
“Muori.”
“Su, su! Nel mio cuore c’è posto per
entrambi.” Assicurò Scorpius, compiaciuto.
“Rosie. È una cosa tra maschi virili. Saresti
così deliziosa da lasciarci
cinque minuti per conferire?”
“Un giorno ti sveglierai solo, nel tuo letto freddo, nel tuo
gigantesco maniero
e capirai che hai sprecato la vita dietro un egocentrico, ridicolo,
James
Potter.” Sibilò, alzandosi in piedi di scatto e
reggendosi la gonna con
insospettata femminilità. Li squadrò.
“Maschi.” Sillabò, prima di marciare via.
Scorpius
la
guardò, assorto. Si tolse un petalo di rosa dai capelli.
“Sai Poo… Credo che
potrei amarla.”
“Condoglianze.” Borbottò funereo. Ci
pensò su. “Dici sul serio?”
Scorpius sorrise, senza rispondere. “Allora… Che
è successo con Lupin?”
“Quando
precisamente? Quando ballava con la Prynn ancorata addosso come una
gatta in
calore o quando ha beccato me ed un amichetto che ci davamo da fare nei
corridoi?”
Scorpius fece una smorfia. “Così male?”
James scrollò la cenere della sigaretta con tanta forza da
spezzarla a metà. La
gettò via, frustrato. “Non ho speranze. Non ho mai
avuto speranze. Non
sono che un moccioso e lui non è che un
pensionato etero del cazzo. E ah, abbiamo venti punti in
meno.”
Scorpius inspirò. Sembrò riflettere molto
velocemente. Poi si alzò in piedi.
“Non va bene tutta questa negatività.
Battiamoci.”
James, ancora seduto, inarcò le sopracciglia.
“Che?”
“Picchiamoci. Affrontiamoci. Pugniamo. Trovalo tu il
sostantivo che ti piace.
Sei troppo passivo, persino per essere un mezzo-finocchio. Ti serve una
scarica
di adrenalina. Apri tu le danze?”
“… Sei uscito fuori di testa definitivamente
Malfoy? Mi stai chiedendo di fare a botte?”
Scorpius si scrocchiò una spalla. “Immagino si
possa riassumere così.
Vocabolario povero, eh?”
James
serrò
le labbra, già inferocito. “Non fare lo
stronzo… non attacco briga senza
motivo.”
“Davvero?
Allora mi sono fatto tua sorella.”
James sentì un interruttore spegnersi nel cervello. Un bel
problema, considerò
la sua coscienza, mentre placcava Scorpius e lo gettava nel roseto.
Il
bastardo
Malfoy picchiava forte. A quanto sembrava non aveva ereditato i pugni
da
femminuccia del padre. Glielo fece notare. Quello replicò
con una testata al
plesso solare.
Continuarono
a picchiarsi finché una cascata di acqua gelida non li
investì violentemente.
Si
congelarono,
nel senso autentico della parola.
Scorpius
sputacchiò acqua. “Brutale zucchettina…
ma efficace, devo ammetterlo.”
“Cosa
cavolo stavate facendo?”
Ruggì imperiosa
Rose, con la bacchetta puntata verso la fontana. “Vi lascio
soli cinque minuti
e vi fate a pezzi?”
“In gergo maschile si chiama comunicare
costruttivamente.” Spiegò Scorpius.
“Meglio, Potter?”
James lo guardò: era zuppo, gelato e si sentiva furioso. Ma
sogghignò. “Sì.” Prese
la mano che l’altro gli offrì e si rimise in
piedi.
“Merlino…
Voi
due…” Alzò le mani al cielo, incredula.
“Avete dei grossi problemi
di comunicazione!”
Scorpius
sorrise dolcemente. “Probabile, pasticcino. Siamo
maschi.”
James si arruffò i capelli fradici. Poi fece un lento
sogghigno malvagio. “Se
ti sei fatto mia sorella però ti ammazzo sul serio,
Malfuretto.”
“Cosa?!”
Urlò Rose, voltandosi
inferocita, e
focalizzando il target
sotto lo sguardo deliziato del cugino.
Scorpius emise un pallido sorriso, pensando che forse suo padre non
aveva avuto
tutti i torti ad aver imprecato
Odino
quando aveva saputo dello Smistamento.
Coraggio,
cavalleria e avventatezza.
Sono catene che ti trascinano verso una sventurata fine…
“Era
solo per
farlo infuriare, non ho mai sfiorato la dolce Lilian!”
“Lily non è dolce, è
perversa.” Ringhiò Rose, afferrandolo per il
colletto. “E
tu…”
“Ed io sono completamente pazzo di te.” Disse
precipitoso. Avventatezza.
Brutta, orribile dote Grifondoro.
“Oh…”
… che però funziona, con
le Grifondoro.
James
emise
una smorfia assolutamente nauseata, allontanandosi.
Scorpius
inspirò appena, allentando delicatamente le dita di Rose dal
suo collo. “Rosie…
Era solo per far scattare Potter. Ne aveva bisogno.”
Rose serrò le labbra: Scorpius era perfetto. Era
dannatamente troppo perfetto e
troppo sbagliato assieme. Il suo cognome era sbagliato, la storia della
sua
famiglia era sbagliata, ma ogni singola cosa che faceva per lei, o per
James,
era la cosa giusta.
Ma come fa?
“Cosa
ne sai
tu, di cosa noi abbiamo
bisogno?”
Sbottò.
Scorpius perse il sorriso. Distolse lo sguardo verso il castello.
“È perché vi
osservo.” Mormorò.
“…
Scusa?”
“Osservo voi, la vostra famiglia.” Il tono era
basso. Parlava con calma
controllata, ma si rifiutava di guardarla. E Rose sapeva che era
perché si
sentiva in imbarazzo. “Voi siete… insomma, siete uniti. Siete
rumorosi,
vitali… siete divertenti.
Vi aiutate,
vi state vicini, avete i vostri codici segreti.
È… bello.”
Rose
realizzò
improvvisamente. Era tutto così ovvio. Le loro schermaglie,
le risse con suo
cugino, la competizione. “Tu in realtà…
hai sempre voluto essere amico di
James, vero?”
Scorpius scrollò le spalle, senza rispondere. Non che
servisse.
“Ed
io?”
Sussurrò Rose, sentendo un magone premere
all’altezza del petto, mentre una
paura, sottile, ma sempre presente usciva finalmente alla luce.
“Io sono solo
un mezzo per raggiungere James e gli altri?”
Scorpius la guardò, incredulo. Poi fece un mezzo sorriso,
scuotendo la testa.
“Che cervello che hai, Rose Weasley… Un mezzo,
tu?” Le prese il viso tra le
mani, quasi osservandola. “Proprio no.”
Rose
sentì il
cuore accelerare in modo imbarazzante. Pregò che fosse la
sola ad avvertirlo,
mentre tentava di sfondarle il petto. Pregò che non la
prendesse in giro. “No?”
Scorpius sorrise. “No.”
“Sì
ma… perché
ti piaccio?” Doveva sapere. “Insomma… so
di avere delle uscite imbarazzanti a
volte. Impreco. Non so truccarmi. Probabilmente ho un principio di
scoliosi
perché mi porto in giro chili di libri al giorno…
E poi…”
Scorpius, giustamente, le tappò la bocca con un bacio.
Si
staccarono, e Scorpius scrollò le spalle. “Ehi. Ho
sedici anni! Mi piaci da
morire e basta. Per la profondità spirituale rivolgiti a tuo
cugino laggiù.”
Indicò James, che si era acceso l’ennesima
sigaretta scontrosa
Rose sospirò. “Buffone.”
“E tu sei troppo seria.” Non avrebbe tirato fuori
altro, da quel bislacco
Malfoy.
“Un
giorno mi
spiegherai perché non sei mai triste?” Gli chiese
però.
Scorpius, dopo una breve esitazione, annuì.
“Sì.” Disse semplicemente. Le sorrise.
“A te sì.”
Rose ricambiò. Per il momento, decise, andava bene
così.
“Sai…
domani
comincerà a girare la voce di Malfoy e della sua dama
misteriosa.”
Scorpius sogghignò. “Ha funzionato la cosa della
maschera, eh?”
“Già… Ma ci saranno domande.”
Fece una smorfia. “Molte
domande.”
“A cui risponderò. Non preoccuparti, caramellina.
La nostra relazione è al
sicuro, nelle mie mani di esperto occlumante.”
“Ora sì che dormirò sonni
tranquilli.” Lanciò uno sguardo verso James.
“Raggiungiamolo. Non vuoi dirmi cos’ha?”
“Cose da maschi.”
Rose sospirò. “Ovvio…”
Lo
raggiunsero. James si stava accendendo forse la decima sigaretta della
serata. Guardava
cupo verso il castello, verso nessun punto in particolare.
“Sai, con questa
faccia stai rendendo giustizia alla tua aria
transilvana…” Tentò di consolarlo
Rose. “Stai bene?”
James
fece
una smorfia, senza rispondere, prima di far scattare gli occhi verso un
punto
preciso delle finestre del secondo piano. Quelle dell’ufficio
di Ted, considerò
pensierosa. Prima di accorgersi che la luce dell’ufficio era
accesa. Ed era
arancione. E barbagliava.
Da quando ha una
luce così forte nel
suo ufficio?
Poi vide
la faccia
di James. Il cugino era sempre stato un animaletto piuttosto intuitivo.
E in
quel momento aveva perso completamente colore.
“Fuoco…” Mormorò.
“Cos-…”
Rose
non fece in tempo a finire che il ragazzo gettò la
sigaretta, precipitandosi
dentro. “Jamie!”
Si
guardò con
Scorpius, che serrò la mascella. “Rose,
va’ ad avvertire i professori.” Disse,
con calma allarmante. “C’è un incendio
nelle stanze del Professor Lupin.”
Soggiunse, prima di corrergli dietro.
Rose li
guardò allontanarsi, sentendosi la testa vuota e confusa.
Questo prima di
capire.
Poi,
corse
anche lei.
****
“Potter!
Rallenta, per
Salazar, rallenta razza di
idiota o ti spedisco una fattura tarantallegra!”
Urlò Scorpius. James
testardamente finse di non ascoltarlo. Era fuoco, quello. Non poteva
sbagliarsi.
Una volta
aveva visto bruciare il granaio dei vicini, a casa dei nonni. Le fiamme
avevano
quel colore, quel modo di tremare. Non c’era nessuna candela
che fosse in grado
di fare tutta quella luce.
Si
sentì
afferrare per una spalle e si voltò, inferocito. “Mollami!”
Scorpius lo fissò brevemente negli occhi. “Tira
fuori la bacchetta, cazzone
avariato. Lo vuoi spegnere il fuoco o ci vuoi morire dentro?”
James, dopo un breve scambio di sguardi alla Sergio Leone,
tirò fuori la
bacchetta e insieme percorsero a rotta di collo le scale che in quel
momento,
forse empatiche, rinunciarono a lasciarli in balia dei loro
cambiamenti.
La porta
della classe di Difesa era chiusa, ma c’era odore di fumo.
“Merda!”
Sibilò Scorpius, tentando di aprire la porta.
“È bloccata!”
James lo
afferrò senza troppe cerimonie per la collottola,
scansandolo come se fosse un
gatto molesto.
Aveva in
faccia un’espressione tremenda.
Poi alzò
la bacchetta. “Reducto!”
La porta
venne letteralmente disintegrata. Scorpius, saggiamente, si
riparò la testa con
le mani. James neanche ci pensò, semplicemente si
infilò dentro la massa di
fumo filamentoso che filtrava dalla voragine di pietra e schegge di
legno. “Potter!”
Urlò Scorpius, inutilmente.
Papà ha ragione. Orribili
Grifondoro.
Orribili.
Si
lanciò
all’inseguimento dell’idiota, ricordandosi che,
dopotutto, se l’era cercata.
Se muoio insieme
a Potter papà mi farà
diseredare.
Salirono
la
stretta scala a chiocciola di pietra che portava all’ufficio
di Lupin, tossendo
e cercando di ripararsi naso e bocca con i lembi delle camicie.
“Redu…” James si
bloccò, guardando la
porta da cui spirava fumo orribile e denso. Là dietro
c’era Ted.
Niente magia.
Intascò
la
bacchetta e poi caricò la porta con una spallata che lo fece
urlare
interiormente di dolore. Sicuramente se l’era lussata. Non
gli importò.
Si
precipitò
dentro la stanza in fiamme. Ted era lì. Riverso a terra, in
una posa
innaturale.
Come
se…
“No!”
Urlò,
inginocchiandosi. “Ted! Teddy!”
Scorpius tossì, guardandosi attorno. “Potter!
Dobbiamo spegnere l’incendio
prima che vada a fuoco il Castello! Tira fuori la bacchetta,
dannazione!”
James si riscosse, obbedendo e dopo un paio di imperiosi aguamenti
le fiamme sembrarono ridursi a qualche debole focolare
umidiccio.
Scorpius aprì la finestra, lasciando circolare
l’aria fresca della sera, mentre
James si precipitò su Ted, che era riverso a terra, con il
volto nascosto tra
le braccia. Lo tirò su, scostandogli una ciocca
semi-bruciata di capelli. Era
pallido. Cereo. Non respirava.
“Teddy…
non
respira!” Sussurrò sentendo il panico strisciargli
lungo le vene. “Non
respira!”
Scorpius si voltò, guardando agghiacciato. “Il
fumo… il fumo gli ha fatto
perdere i sensi. Forse. Prova con un innerva!”
“C’ho già provato! Non
funziona!”
“Vado…
vado a
chiamare la Chips. Dove diavolo è Rose?”
Ringhiò Scorpius, sconvolto. Non
poteva morire. I professori non morivano. Gli adulti non potevano
morire. Non
ad Hogwarts.
James
lanciò
un’occhiata all’amico, poi si liberò
della bacchetta. Malfoy era nel panico.
Non muoveva un muscolo e li fissava. Rose non stava arrivando. Non
stava
arrivando nessuno. E Teddy non
respirava.
Devo fare
qualcosa. Io.
Si
chinò su
Teddy, mettendogli una mano sulla fronte e spingendo il viso
all’indietro. Gli
aprì la bocca e cercò di ricordare quello che
aveva imparato ad uno
stupidissimo corso di nuoto babbano.
Soffia aria nei
polmoni, comprimi la
cassa toracica. Maledizione, avevo otto anni!
Gli
strappò
la camicia dal petto. Stupidamente, pensò che avesse un
fisico perfetto anche bevendo
litri di the e mangiando solo cioccolata e pudding.
“Che… che stai facendo?”
Sussurrò Scorpius, confuso.
“Roba babbana.” Borbottò, pregando di
stare facendo la cosa giusta.
“I
babbani
sono dei barbari, uccidono i pazienti nei loro ospedali!”
“Sta’ zitto Malfoy, non mi serve un attacco di
razzismo purosangue proprio
adesso!” Ringhiò. Poi lo fece.
Compressione,
soffia aria nei polmoni,
compressione, soffia aria nei polmoni.
Le labbra
di
Ted erano fredde sulle sue e pregava, pregava, soltanto pregava.
Respira
Teddy… ti prego, stupido
idiota di un pensionato. Respira. Non lasciarci. Non lasciarmi.
Ti amo, stupido
coglione. Respira.
Poi Ted
tossì. Si irrigidì, tossì. Respirò.
“Merlino…”
Mormorò Scorpius, appoggiandosi ad uno scaffale
carbonizzato. “Merlino…”
Ripeté,
lentamente. “Ha funzionato.
È vivo.”
“Certo che è vivo.” Ringhiò
James, sentendo che stava per mettersi a piangere
senza ritegno.
Teddy si
voltò verso di loro, probabilmente sentendo le voci. Li
guardò, confuso e
sporco fuliggine. “Ragazzi…”
Esalò. Li guardò attentamente. “Siete
bagnati e fa
freddo.”
James fu indeciso se picchiarlo o scoppiare a piangere sul suo petto.
Scorpius invece
si mise a ridere, una risatina isterica, mentre si passava una mano
sulla
faccia.
“Professor
Lupin… lei è davvero un
brav’uomo.” Singhiozzò. James
pensò che qualcuno
avrebbe dovuto picchiarlo per farlo smettere di ridere in quel modo
imbecille.
Poi si
sentirono dei passi, delle voci, e arrivarono i professori.
Come in
una
specie di sogno acquoso, James si sentì tirare in piedi e
allontanare da Teddy.
Qualcuno gli mise un mantello sulle spalle, e in quel momento si
accorse di
avere freddo e di stare battendo i denti. Sentì anche, come
in fondo ad un
pozzo, il Preside che si complimentava con lui. Per cosa, poi?
Quando
tentarono di portarlo via però, sentì ogni
singola cellula del corpo
infiammarsi. “No!”
Urlò, sentendo la
voce rompersi sulla seconda lettera. “No! Fatemi
restare!”
Tutti lo fissarono in modo strano. Aveva detto qualcosa di strano?
“Preside…”
Fu
Teddy a parlare, con un filo di voce. Era tenuto in piedi dalle braccia
di Neville
e di Finch-Fletchley, il professore
di Aritmazia. “Fatelo
venire con me in infermeria. Per favore.”
Il tono era gentile, ma persino James si rese conto che non era una
richiesta.
Il
Preside
guardò Madama Chips. Quella annuì.
“Posto ce n’è. E credo che il signor
Potter
abbia una spalla lussata.”
“Ha divelto una porta con quella spalla.”
Assicurò Scorpius prontamente. “Senza
magia.”
James si
sentì arrossire, mentre Teddy lo fissava attento. Stupido
Malfoy. Ma si premurò
di fargli un sorriso, quando gli passò accanto.
****
Infermeria. Una
di notte.
Il primo
istinto di Ted, quando erano arrivati i professori, era stato di
raccontare
tutto.
Poi,
racimolando coerenza, aveva capito che la scuola non poteva permettersi
una
nuova ondata di panico. Poteva sembrare un atteggiamento incauto,
lesivo per la
sicurezza degli studenti, ma l’aggressore non aveva cercato
di aggredire uno
studente. Aveva aggredito lui perché era lì.
Stava cercando
qualcosa, ma cosa? Se
solo avessi visto cos’ha preso, prima di svenire…
Avrebbe voluto
tornare nel proprio ufficio, e fare un inventario.
Ma
sentiva i
polmoni bruciare e le ossa ridotte a schegge di cristallo.
Rimandò.
Si
lasciò
deporre sul letto e medicare dalla Chips, ringraziando silenziosamente
il tatto
dei propri colleghi, che preferirono lasciarlo alle cure
dell’infermiera che
coinvolgerlo in un interrogatorio.
Ted,
appena
fu lasciato solo con la Chips, guardò verso il letto in cui
James era stato
fatto sedere. Il ragazzo era pallido, con la camicia appiccicata al
torace e
fissava un punto imprecisato della stanza.
Indovinando il suo sguardo, la donna sbuffò. “Il
signor Potter sta benissimo.
Ha una contusione alla spalla, ma non è lussata.”
Esitò, poi scrollò le spalle.
“Ha bisogno di…” Gli lanciò
un’occhiata “Di smaltire.”
“Già…” Lasciò che
la donna finisse di medicarlo e li lasciasse soli, per
chiamarlo. “Jamie, vieni…”
James obbedì. Notò che stava facendo di tutto per
non guardarlo in faccia, e
aveva la mascella serrata.
“Credo
di
doverti ringraziare. Mi hai salvato la vita. Sei stato
fantastico.”
“Prego.”
“James,
davvero. Se non fossi arrivato tu non so se sarei qui adesso.”
“Lo so.”
Ci fu una pausa, molto lunga e silenziosa. Ted però stavolta
sapeva cosa dire.
James poteva essere cambiato, poteva star attraversando da una vena di sturm und drang adolescenziale. Ma era
sempre Jamie.
Quello
che
agiva in preda all’adrenalina e crollava poi. E se non c’era
nessuno a prenderlo, rischiava
di farsi piuttosto male.
Gli
passò le
dita trai capelli, facendogli alzare la testa. “Ehi.
È finita.”
James
serrò
le labbra in una linea, cercando di scostarsi. “Sto bene,
sto…”
“Lo so, vieni qui.” Lo costrinse a restare seduto,
e sopportò l’abbraccio
stritolante che ne conseguì. Gli abbracci di James erano
delle trappole
mortali, si scherzava in famiglia, ma Ted pensava che fossero piuttosto
teneri;
James si aggrappava alle persone.
Non
era qualche mancanza affettiva, tutt’altro.
Quello era il suo modo di dimostrare amore.
“Cristo.”
Sussultò, affondandogli il viso nella curva del collo.
“Cristo, sembravi morto.”
“Mi
dispiace,
Jamie…”
Lo sentì ridacchiare. “Cazzo, Teddy. Sei
l’unica persona al mondo che si scusa
per aver rischiato di morire.”
“Dici?” Sospirò.
“Forse…”
“Teddy…” Non sembrava avere nessuna
voglia di spostarsi, ma Ted non se ne
preoccupò poi molto. La realtà era che a
quell’attimo di tregua non avrebbe
rinunciato per niente al mondo. “Teddy, con
Zabini…”
Ted inspirò appena. “Ti ho fatto
arrabbiare.” James rimase in silenzio.
Probabilmente era stupito. “James, l’avevo capito.
Non so cosa ti abbia fatto
arrabbiare, ma… Non sei tanto bravo a fingere.
Giusto?”
Grugnì un assenso. “La Prynn. Ci ballavi e
io… Ti piace quella lì?”
“La professoressa
Prynn.” Lo corresse
in automatico. Si sentiva profondamente in imbarazzo, ma era appena
scampato da
una morte orribile, quindi non aveva troppo tempo per pensare alla cosa
didatticamente giusta da dire. “No, non mi piace. A dirla
tutta, credo che
assomigli a Vic.”
“E tu non vuoi un’altra Vic.” Ted non
riuscì a capire se fosse una domanda o un
ordine. Comunque, scosse la testa.
“Credo sarebbe un po’ patetico lasciare una ragazza
per mettersi con una sua
fotocopia…”
James ridacchiò di nuovo. Gli faceva il solletico con il
respiro, causandogli
lunghi e scomodi brividi lungo la schiena.
Molto sbagliato.
Estremamente sbagliato.
Al diavolo. Sono troppo stanco.
“Ascolta…”
Iniziò. Si sentiva la gola in fiamme e davvero, era stanco,
ma doveva
approfittare di quella tregua. Dovevano parlare.
James però si scostò immediatamente.
“No, ascolta tu. So tutto. Lasciami solo
starti vicino.”
Ted inspirò. “James…”
“Senti, mi fa schifo questa situazione. So che non puoi
cambiare per me.”
Deglutì. “Ma mi dispiace, neanche io posso
cambiare quello che provo per te.”
“Non te lo sto chiedendo.” Disse, immediatamente.
“Merlino, James, non mi sognerei
mai…”
James sbuffò. “Lo so. Ed è uno dei
motivi per cui sono innamorato di te.” Lo
guardò. E c’era una serietà
così matura nel suo sguardo che Ted pensò proprio
che trai due, il bambino in quel momento fosse lui. “Lascia
che io ti stia
vicino. Solo… come amico. Eh? Lo so che sei il mio
professore, ma tanto non ci
riesci a farlo, il professore, con me.”
Dovette convenire silenziosamente.
“Voglio
solo…
che torniamo come prima.” Mormorò James.
“Ci possiamo provare?”
Non era
quello che voleva veramente. Ma dopotutto, si disse, stargli vicino era
un
passo in più che guardarlo struggente da lontano, come un
eroe rincoglionito di
romanzi d’amore.
“Sì…”
Sorrise
Teddy. “Sì, possiamo.”
Sembrava
così
sereno e sollevato che James fu indeciso se tirargli un pugno o
baciarlo.
Decise di restarsene buono. Per il momento.
“Adesso
devi
dormire.” Gli ordinò. “Sarai un gran
figlio di lupo mannaro, ma non sei mica
invincibile. Sai.”
“E tu dovresti tornare alla Torre.”
“Sì, ma non lo farò.”
Decretò, sorridendogli furbescamente.
“Resterò qui.”
“Qui…? Intendi dire…” Lo vide
impallidire, ma tanto sapeva che avrebbe già
capitolato. Anche prima di aprire bocca. “Nel mio
letto?”
Sogghignò. “Ne vedi altri?”
“Jamie, non so se…”
“Tiro
le
tende, e sto qui finché non ti addormenti. Dai.”
Si alzò, tirandole e gli diede
un colpetto per farsi spazio, poi una gomitata vera e propria. Teddy,
vinto, si
spostò.
Dieci
minuti
dopo James gli dormiva sulla spalla.
Ted ridacchiò; era ovvio che sarebbe stato il primo a
crollare.
Dopo aver salvato
il mondo, è
caratteristica dei Potter crollare sulla prima superficie orizzontale.
Ma andava
bene così, si disse mentre appoggiava la guancia contro la
fronte tiepida di
James.
Solo
litigandoci si era accorto di quanto gli fosse mancato averlo trai
piedi.
Poi si
prese
una ciocca di capelli tra le dita.
Erano blu.
Sorrise.
****
Note:
Succede un po’ di tutto. :D La domanda è. Si sono
messi assieme?
No. Ma abbiate fiducia nel nostro Re
Minchione. Comincerà a minchioneggiare quanto prima.
Tom e Al?
Prossimamente scintille. Ad ognuno il suo. ;D
1.East End: zona di Londra famigerata per
essere povera e con alto tasso di criminalità.
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