Ok, uccidetemi pure. Me lo merito
proprio. Lo so che è una
vita che non continuo, e non potrò che chiedere
infinitamente scusa per questo.
Il fatto è che, quando il mio braccio è guarito,
era nel pieno delle vacanze
natalizie. E, ammettiamolo pure, la mia voglia di scrivere era pari a
0. Poi è
ricominciata la scuola. Ed oltre ad aver esaurito ogni mio frammento di
tempo
libero, ho perso l’ispirazione. Totalmente. Non sto
scherzando; sono rimasta
bloccata alle prime due righe del capitolo (cioè
“CAPITOLO 12” e
“Sulfus POV”) per due
mesi. Non sapevo proprio che scrivere. Presa dalla disperazione, ho
pensato di
scrivere un finale più corto possibile, in modo da finire la
storia lì senza
tanti casini. Ma l’ispirazione per questa ff era totalmente
esaurita. Non ci
speravo più nemmeno io, in un continuo! Almeno fino a
stasera. Infatti, eccomi
col nuovo capitolo – sempre che ci sia rimasto ancora
qualcuno a seguirmi -,
scritto di getto in un’oretta e mezzo. So che probabilmente
è orribile, datosi
che è tanto che non riprendo questa storia, ma ho voluto
provare lo stesso. E
comunque, ora le idee giuste per continuare le ho.
Quindi spero solo che leggiate e
commentiate il capitolo,
prometto che non farò passare così tanto tempo
fra un capitolo ed un altro, mai
più.
P.S.: In questo capitolo, cito il
personaggio di Vera. Vera
è la terrena di cui si era innamorato Malachia, quella per
cui era diventato un
Neutro. Di lei non si sa molto, a parte che è una ballerina
e che ha lasciato
Malachia dopo una breve ma intensa storia. Lei non l’ha mai
dimenticato, anche
dopo molti anni. Ora non mi metto a fare la solfa sul perché
l’abbia lasciato
che è storia lunga, ma lui non l’ha mai perdonata.
Era per questo che aveva
creato i riviventi, per vendicarsi di terreni, angeli e diavoli.
CAPITOLO 12
Sulfus POV
Passare una settimana fra Andrea, le
lezioni della Temptel,
e la mia stanza è indubbiamente deprimente.
Aggiungendo poi il fatto che sono un
diavolo e che la
pazienza non è il mio forte, ecco spiegato il mio umore nero.
… Ok, ok. Ammetto che forse
(e dico forse) vedere Raf sempre appiccicata al suo amichetto alato mi
da leggermente fastidio, ma non
è questo il
punto. Certo, ammetto che ho provato una certa frustrazione…dopotutto
è una settimana che non solo non mi parla,
ma fa in modo di non guardarmi nemmeno. Ma questo non significa che io
sia di
nuovo geloso, certo!
Primo perché mi sembrava
di aver deciso che lei è solo una
cotta, devo dimenticarla…e secondo perché
comunque non ho il diritto di essere
geloso.
Dopotutto, fra le braccia di
quell’imbranato, ce l’ho spinta
io.
E ora non ho il diritto neanche di
sentire dolore. Questo
senso…di soffocamento…non ho il diritto di
provarlo.
Sento qualcuno che bussa debolmente
alla porta, e vado ad
aprire.
Mi trovo davanti Raf, con lo sguardo
basso, che biascica un
“Posso entrare, per favore?” Rimango immobile per
una trentina di secondi, come
inebetito.
Ma neanche lei si muove. È
come se tutto l’ossigeno presente
nell’aria fosse sparito all’improvviso, e noi non
fossimo più in grado di
respirare, o come se il tempo si fosse fermato impedendoci di muoverci.
Ma so che non posso farmi trascinare
da quello che provo,
non ora. Non posso condannarla.
Mi sposto lentamente dalla porta,
permettendole di entrare.
E aspetto, in silenzio, che parli.
Il suo sguardo, basso, si sposta da
una parte all’altra
della mia stanza, come a voler esaminare il pavimento. Si tormenta le
mani,
nervosa, e le labbra le tremano come se sentisse freddo.
Stringo i pugni, cercando di
trattenermi.
Sembra così a
disagio…come se si trovasse in compagnia di un
mostro, di una bestia…come se provasse disgusto.
Mi fa male. Sento il sangue pulsarmi
nelle vene, a stento
riesco a mantenere regolare il mio respiro.
Calmati, calmati. Respira, e calmati.
“Senti, sbrigati per
favore. Dimmi quello che devi dirmi e vattene. Ho da fare”
Uno di questi giorni
devo comprarmi un rotolo di nastro adesivo e tapparmici la bocca.
Chissà,
magari funziona.
Lei trema ancor più di
prima. Stringe i pugni, come per
cercare di calmarsi…solo che…non sembra
sull’orlo di una crisi di pianto…più
che altro…
Si alza in piedi
all’improvviso, e mi punta un dito contro.
Alza lo sguardo su di me, per la prima volta da più di una
settimana. “Scusami
tanto, sai, se non sono come la tua amichetta di Zolfanello City! Stai
tranquillo, basta che superi lo stage e potrai tornare da lei,
contento?! Da
parte mia, non ti darò più fastidio!”
Rimango paralizzato, mentre lei esce
di corsa dalla mia
camera sbattendo la porta. Non l’avevo mai, e dico mai, vista
così infuriata. Credevo
che da un momento all’altro mi avrebbe staccato la testa a
morsi, o roba del
genere.
Mi butto a sedere sul letto, ancora
scosso, quando sento dei
passi dietro alla porta della stanza.
Mi alzo, e apro per vedere chi
è.
Raf sta girando in tondo davanti alla
porta, parlottando fra
sé e sé con lo sguardo basso. La vedo prendere un
respiro, girarsi, e alzare il
braccio come per bussare.
Mi vede, e rimane immobile con il
braccio sospeso a
mezz’aria. Non posso trattenere il piccolo sorriso che si
affaccia agli angoli
della mia bocca, che prontamente copro con una mano. Meglio non farla
innervosire di nuovo.
“Ehm…senti…Dì
agli altri di ritrovarci tutti sul tetto della
scuola. Stanotte. Alle 22.00. Andiamo a trovare Malachia.”
Annuisco in
silenzio, e lei gira i tacchi pronta a tornare nella sua stanza.
“Raf…?”
Si ferma, incerta, senza girarsi “Non
c’è…niente fra
me e Shion”
La vedo sussultare un attimo, prima
di parlare a voce bassa
“Non devi giustificarti con me. E comunque, non sono affari
che mi riguardano”
e riparte, di corsa stavolta.
Si, ok, lo so che non dovevo dirlo.
Così sembra che io stia
dando delle false speranze ad entrambi.
Ma non posso farci niente, mi dava
troppo fastidio il fatto
che pensasse che fossi innamorato di un’altra.
Però…però
lei sembrava gelosa. Davvero gelosa. Gelosa di me.
Sapevo che provava dei sentimenti
nei miei confronti. Solo che pensavo che ormai non ci fosse
più niente.
Era così concentrata sul
suo amichetto spennacchiato…
Aaaargh…le donne sono
davvero troppo complicate da
capire.
Specialmente se le donne in questione
sono stupidi
zuccherini alati, con lunghi capelli biondi e boccolosi. E vestite di
orribili
tonalità pastello. Tremendamente, irrimediabilmente
irritanti.
Ma bellissime.
Raf POV
Mi lascio scivolare lentamente contro
la parete liscia e
fredda della mia stanza, sperando inutilmente che le mie guance la
smettano di
avvampare.
Sono una stupida. Dovevo mandare
Uriè al posto mio. O Miki.
Già, sarebbe stata
sicuramente la scelta migliore. Ma io,
ovviamente, ho dovuto a tutti i costi intestardirmi e andare di
persona, solo
per fargli vedere che non mi interessa più assolutamente
niente di lui.
In effetti, come piano era perfetto.
E sottolineo, era.
Peccato solo che
ancor prima di cominciare a scendere la rampa di scale che conducono
alla sua
stanza, avevo già cambiato idea. Ah, e non dimentichiamo la
mia bellissima sfuriata. Altro che
disinteressamento, era una vera e propria scenata di gelosia. Per non
parlare
poi della gang comica fuori dalla sua porta.
Evvai. Dovrebbero assumermi in un
circo. Avrei un grande
futuro come comica.
Ok, fine del momento di pazzia pura,
e del mio masochismo
ironico. Basta autocommiserarsi. Soprattutto perché
né l’ironia né
l’autocommiserazione sono esattamente fra le prime virtù che un angelo dovrebbe
avere.
Qualcuno bussa alla porta della mia
stanza. È Gabi.
“Ehm…Raf? Tutto
bene?” Sorrido debolmente, e annuisco
stanca. “Ero solo venuto a dirti che era ora di
cena…non ti ho vista, e ho
pensato che ti fossi dimenticata…” E infatti, mi
ero proprio dimenticata. Cosa
che non ha fatto invece il mio stomaco, a giudicare dal lieve gorgoglio
che si
sente provenire da lì. Lieve poi, si fa per dire; dato che
assomigliava più al
ruggito di un troll di montagna.
Guardo Gabi. Lui mi guarda. E
scoppiamo a ridere.
Continuiamo finché non
cominciano a lacrimarci gli occhi,
poi scendiamo per mangiare. Mi sento leggera; incredibilmente,
inaspettatamente
leggera.
Sensazione che svanisce appena arrivo
nel grande salone da
pranzo, e mi ritrovo i suoi occhi
puntati addosso. A dire il vero, i nostri sguardi si sono incrociati
solo per
un breve attimo, durante il quale ho sentito il mio cuore smettere di
battere.
Ma la sensazione che i suoi occhi d’ambra continuino a
seguirmi, me la sento
dentro per tutta la durata della cena. Mentre mangio, mentre bevo.
Mentre rido
e scherzo con i miei amici. E combatto con tutta me stessa per
costringere i
miei occhi a non girarsi verso di lui. Non posso permettermi che fra noi ci sia magia.
Com’era quella mia
bellissima, furbissima frase? Quella che
farei meglio a tenere bene a mente? “Facciamo
come se non fosse mai successo” Oh, si: davvero una
bellissima frase. Che
sarebbe ancora più bella se, per una volta in vita mia che
penso qualcosa di
intelligente, tanto per cambiare decidessi anche di seguire questa mia
“magica”
illuminazione.
Decisamente sollevata, mi alzo da
tavola per tornare in
camera mia.
Ed è lì che
rimango chiusa, insieme a Miki, Uriè, Ang - Lì e
Gabi, per ripassare il nostro geniale
piano d’azione. Non che ci sia molto da tenere a mente, per
la verità. La
strategia consiste nel ritrovarsi tutti sul tetto, andare da Malachia,
convincerlo ad aiutarci e tornare a scuola. Niente di così
complicato, ma non
si sa mai. E almeno, stando insieme, cerchiamo di far passare un
po’ della
nostra ansia crescente.
Ok; è ora. Ci dirigiamo
verso il tetto, cercando di fare
meno rumore possibile. Naturalmente, i diavoli sono in ritardo. Mai
rispettare
un appuntamento, vero? Sospiro impercettibilmente, sperando solo che si
sbrighino.
Mi accorgo che Gabi sta confabulando
da solo, guardando
dall’estremità del tetto verso il basso. Mi
avvicino, e lo guardo curiosa.
“Gabi…? Che stai…?!”
Lui neanche mi sente, e continua a
parlare fra sé. Sembra
che stia recitando una preghiera, o roba del genere. Dopo due minuti di
immobilità totale persi a fissare il vuoto, lo vedo
guardarmi disperato: “Ah,
che triste ricordo…è qui che ho perso per sempre
il mio amato G
– Angel
4000!”
Ha un’espressione
così corrucciata che sembra davvero sul
punto di piangere, e un piccolo sorrisetto si affaccia spontaneo agli
angoli
delle mie labbra. “Ehi,
Raf! Ridi di me?! Bene, ora vedrai!”
Con un sorrisetto indecifrabile si
avventa su di me, e
comincia a farmi il solletico.
“No…fermo…così…non…respiro”
riesco ad articolare
fra le risate.
“Shhhhhhhhhhhhhhhh!!!
Volete farci scoprire?!” Miki, Uriè ed
Ang – Lì ci fissano allarmati, e io e Gabi ci
mettiamo subito in riga. Cerco di
sbieco il suo sguardo, ridendo ancora sommessamente, e trovo i suoi
grandi occhi
nocciola fissarmi complici.
“Puah…neanche
fossimo all’asilo!” la figura disgustata di
Kabalé emerge dal buio delle scale, seguita dagli altri
diavoli. “Capisco che ‘se
ci beccano siamo nei guai’ sia un
concetto difficile da capire per zuccherini come voi, ma almeno cercate
di non
infilare nei casini anche noi!”
Pur cercando con tutta me stessa di
impormi di non farlo, il
mio sguardo comincia subito a muoversi fra i ‘nuovi
arrivati’. E una volta
trovato il soggetto che cercava, rimane a fissarlo come incantato.
Noto subito che Sulfus tiene lo
sguardo basso, facendolo
vagare dai suoi piedi fino a quelli di Cabiria, appena accanto a lui. I
suoi
pugni sono stretti, serrati. Come se fosse davvero, davvero seccato.
Lo sento grugnire un
“Muoviamoci, andiamo” e cominciamo a volare
verso casa di Malachia.
Ovviamente i diavoli, già
noti per la loro grazia e finezza,
entrano in casa come in quei film dove si sfonda la porta a calci.
Magari la
dinamica dei fatti era un tantino differente, ma sicuramente simile.
Dopo mezz’ora
d’ispezione dell’intera casa, Cabiria fa
giustamente notare a tutti che “A meno che il nostro neutro
non si sia infilato
dentro un cassetto del comodino, non è qui. Se
l’è data a gambe, il codardo.”
Continuiamo comunque a cercare un
po’ dappertutto, sperando di
trovare un indizio, uno qualunque. Ma l’abitazione
è deserta, e anche
completamente vuota. Come se non ci fosse mai abitato nessuno. Alla
fine,
l’unica cosa da noi trovata è una foto, sotto al
cuscino del letto di Malachia.
Una piccola foto, raffigurante una giovane donna vestita da ballerina.
Vera.
Ovvio che è lei. Era diventato un terreno,
per lei! Aveva rinunciato
all’eternità…Malachia non
l’aveva dimenticata, mai.
Neanche dopo la fine della loro storia.
Sospiro, tenendo in mano la
fotografia. Lui, un diavolo, aveva
rinunciato alla vita
eterna. Per una donna. E lei, in quella foto…sembrava
così…così… felice…
Di colpo, l’illuminazione.
Vera! Ma certo, chi altri? Sono
sicura al 99% delle possibilità che lui sia andato a
trovarla. O, molto più
probabilmente, che sia andato in un posto in cui vederla senza
però essere
visto.
“Dobbiamo andare da
Vera.” Affermo convinta, di punto in
bianco.
“Ah, certo, mi pare giusto.
Piombiamo lì, tranquillamente, nel
bel mezzo della notte e le facciamo: ‘Ehi bella, hai mica
visto Malachia? Si,
proprio quello che hai scaricato secoli fa. Non per altro, sai, solo
che ha
creato un esercito di mostri che da un momento all’altro
distruggeranno il
mondo’.”
Ah ah. Davvero divertente,
Kabalé. Ma ci studi sopra la
notte, o ti viene naturale di essere così spiritosa?
Miki, che di pazienza ne ha poca,
interviene all’istante.
“Ti ricordo che non abbiamo più tempo! O troviamo
il modo di fermare quei…quei cosi
prima che capiscano come diventare
Rilucenti, o siamo morti. Morti! Vedi
un po’ se il concetto ti entra in zucca?!”
Dal silenzio totale improvvisamente
calato nella stanza,
deduco che tutti si siano convinti.
Vedo Sulfus sospirare, rilassandosi
per la prima volta da
questa notte. “Ok. Qual è il piano?”
Piano…? Non credo che ne
abbiamo uno.
“Non abbiamo troppe
opzioni, in verità. O andiamo da Vera,
in cerca di qualche indizio…” comincio a parlare
“o cerchiamo di rintracciare
direttamente i Riviventi prima che si trasformino.”
Ed è in momenti come
questo che, in genere, la situazione degenera.
Sento il pavimento della stanza
tremare sotto ai miei piedi.
Alzo lo sguardo, leggermente atterrita, e incontro gli sguardi
altrettanto
spaventati dei miei compagni. Il letto, davanti a noi, scricchiola
pesantemente
sotto al proprio peso. La lampada poggiata sul comodino cade a terra
rompendosi.
“Svelti,
tutti fuori!”
E ci lanciamo verso la finestra,
cercando di aprire le ante
bloccate. Ovvio; dato che siamo perseguitati dalla sfortuna.
Siamo tutti abbastanza intelligenti
da ricordarci che, con
la schermatura, dovesse caderci un muro in testa ci passerebbe
ugualmente
attraverso. Ma, allo stesso modo, non siamo così ingenui da
credere che sia un
semplice terremoto. Sarebbe tanto, troppo semplice. E comunque, se un
terremoto
così improvviso fosse stato in avvicinamento Arkan e la Temptel
ci avrebbero
avvisati, perlomeno per la sicurezza dei nostri terreni.
Un solo pensiero si affaccia alle
menti di tutti noi mentre
corriamo verso la porta, al piano inferiore.
Siamo
arrivati tardi.
FINE capitolo 12!
Scusate se in questo capitolo non
rispondo alle vostre
recensioni come faccio di solito, è che devo lasciare il pc
a mia sorella.
Ciao a tutti, alla prossima (spero) ^^
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