If I could fly
Like the king of the sky…
Eustass Kidd
dà l’idea di essere uno brutto, sporco e cattivo.
Niente di più
sbagliato, a parte per l’ultima, forse. Può sembrare brutto alla prima
occhiata, ma già alla seconda la sua faccia diventa impossibile da dimenticare.
Non sono solo le sue mani ad essere magnetiche, questo è sicuro. È capace di
sorridere in modo totalmente sanguinario e orgasmico, arrivando ben più in alto
degli occhi, come una grossa lince.
Poi, non è
sporco, è solo molto, molto truccato. Non c’è niente da fare, senza rossetto
non mette il suo grazioso nasino fuori dalla cabina, come ogni buona signorina
rispettabile. Per quel che ne sa lui, il trucco da guerra è sempre stato in uso
durante tutta la storia dell’uomo, ma Eustass non ha un modo da truccarsi che
si possa definire “da guerra”. C’è qualcosa di profondamente estetico nel suo
uniformare con meticolosità l’incarnato del viso, nel suo stendere sulle labbra
un rossetto denso e scuro, nel marcare gli occhi con del nero. Anche questo lo
rende bello in modo grottesco ed irresistibile, il suo amore per una cosa così
femminile come il trucco che impatta con la sua faccia irrimediabilmente
spigolosa e sgraziata, e riesce in qualche modo a compiere il miracolo
alchemico. Ma forse l’effetto è dovuto a quella pelliccia putrida che si ostina
a portare. Ha le sue buone ragioni, e lui le conosce, e non perde occasione per
riderci un po’ su.
Per quanto
riguarda il cattivo, la questione potrebbe diventare lunga. Innanzitutto, è
necessario chiarire che cosa si intenda per “cattivo”. Se cattivo è un
personaggio che se ne va in giro a far saltare in aria case e scuole,
portandosi dietro uno che si è guadagnato il soprannome di “Massacratore”,
allora sì, effettivamente Kidd è un po’ cattivello. Per quanto lo riguarda,
cattivo è chi non ha uno scopo, chi non ha idee da difendere, chi non ha
passioni che gli animino gli occhi e guidino il suo braccio. A volte per i
sogni bisogna morire, ma altre volte bisogna uccidere, e chissà perché i primi
diventano martiri, i secondi assassini. In questo senso, lui riesce ad essere
l’eroe del suo tempo che aspira tanto ad incarnare. Più o meno.
Eustass è
suo.
Quel
santoroger di culo da infarto che si ritrova è suo. Gli occhiacci da arpia, i
suoi denti affilati, le unghie laccate, i suoi capelli incasinati e rossi come
una bella mela matura, tutto, tutto quanto di lui è suo. E più sgomita, più non
si rende conto che vorrebbe farlo prigioniero solo per il gusto di vederlo
dimenarsi e ruggire in una gabbia. Kidd gli mette in corpo una brama di
possesso che lo scuote fino a fargli quasi perdere la calma. Quasi. Di solito,
riesce a fare in modo che il primo a perderla sia lui. Perché Eustass è una
specie di miccia tesa in pieno deserto, che prende fuoco per un nonnulla, e poi
riuscire a spegnerla è un’impresa. Si incendia per le cose più disparate, di
solito con la complicità di un bicchiere di troppo, o di meno; si può arrivare
a litigare con lui anche su cose del tutto inutili, cose su cui magari si è
d’accordo, perché basta un nonnulla perché si senta provocato e cominci a
scoprire i denti e ad abbaiare. Ma il meglio di sé lo dà quando ci si butta
sulle ideologie, quando lo si stuzzica circa le questioni grosse, quelle che
vanno con la maiuscola, quando gli si chiede di giustificare le sue
efferatezze.
È che lui ci
crede così tanto, in quel che fa, che non si può proprio evitare di divertirsi
un po’ a saggiare i confini instabili e pericolosi del suo cinismo. Cercare di parlare
con lui di un qualche argomento impegnato è in assoluto il modo più divertente
di perdere una scommessa. Si può tentare quanto si vuole, ma non c’è modo di
entrare nella sua testa. Non la si apre, neanche cercando di fracassargliela su
una roccia come una noce di cocco, ma in compenso basta avvicinarsi un po’ a
lui per sentire i ronzii, i battiti, le melodie delle idee che la abitano, ed
essere un po’ partecipi della grandiosità di ciò che riesce a concepire.
Eustass, a
modo suo, è un filosofo.
Ha davvero un
suo qualche diavolo di codice etico. Secondo cui donne e bambini non meritano
di vivere tanto quanto gli uomini, gli innocenti quanto i colpevoli, i
derelitti quanto gli infami, i gatti quanto i topi. È un codice molto
democratico, il suo, ecco tutto.
Come ogni
filosofo, si prende un sacco sul serio, il buon Eustass. Si crede il cancro che
mangerà dall’interno il tessuto vecchio e soffocato di adipe putrefatto di
questa società. Ma non ce la farà, perché tutto imploderà prima che lui abbia
il tempo di fare alcunché di realmente memorabile, e chissà se saprà mai
farsene una ragione. Il mondo ti sciupa, ti scaraventa sulle prime pagine dei
giornali solo perché poi la tua fotografia possa essere ripiegata e usata per
tenere fermi i tavolini traballanti di qualche vecchio ufficio di falliti. Questo
vale per tutti, militari e pirati.
I militari e
i pirati sono così uguali. La legge e l’illegalità sono così uguali, perché
sono sempre uguali a sé stesse. I militari obbediscono agli ordini dall’alba
dei tempi, dall’alba dei tempi svolgono sempre le stesse azioni, hanno sempre
la stessa funzione, si comportano sempre nello stesso modo. E per i pirati vale
lo stesso, sottostanno ad una sorta di istinto primordiale che li spinge, quasi
li costringe ad essere agli antipodi della legge. Kidd va su tutte le furie
quando si sente paragonato agli altri, ma deve far pace con l’idea di non aver
inventato niente di nuovo, di essere ancora uno fra i tanti. Anche se
difficilmente ce la farà. Perché o ti chiami Gol. D. Roger o niente. E invece
lui si chiama Eustass Kidd, e aspira a nient’altro, in fin dei conti, che ad
entrare nelle favole per bambini, quelle che a suo tempo hanno spinto lui a
salpare.
Sicuramente,
si farà ammazzare prima di lui, perché non sa aspettare, e nemmeno pianificare
un’azione con la dose di razionalità che servirebbe. Oppure gli sopravvivrà,
perché il suo modo di fare da vichingo lo rende mille volte più versatile di
quanto non sia lui.
If I could fly
See the world through my eyes…
Il metallo.
Oh, tutto di
lui è metallo. Il fatto che il suo potere consista, tecnicamente, nel creare un
campo magnetico tale da attirarlo è solo un trascurabile dettaglio. Uno che ha
l’anima di metallo come lui resiste a tutto, affronta l’inferno pronto a
sciogliersi e poi ricomporsi, non ha paura di nulla, non ha paura soprattutto
quando dovrebbe averne. Ah sì, ha anche un maledetto orgoglio di ferro,
qualcuno ci ha fatto caso? La sua voce imponente, le sue erre grattate sul
palato, è tutto un coacervo di pezzi di metallo buttati alla rinfusa in una
discarica di rhum, sogni e parolacce. Ecco, sì, gli piace il rhum. Gli piace
che il suo alito sappia di rhum a tutte le ore, e siccome lo ama così tanto
riesce a fare in modo che non sia per niente sciatto, anzi. Il rhum nella sua
bocca ha l’effetto che avrebbe una goccia di assenzio sulla lingua di una
bellissima donna in abito rosso.
Ma, tornando
al metallo, si va inevitabilmente a finire sulla musica. Ve l’aspettavate, eh,
una parentesi sulla questione? Ebbene, ha i suoi gusti musicali, perché
dopotutto è un ragazzo estroso, e per mare a volte ci si annoia da impazzire;
ma ci dovrebbe essere un limite a tutto, che diavolo; e invece no, lui e i suoi
Kiss, se potesse se li farebbe tutti e quattro. E la cosa lo infastidisce un
pochino, a volte. Non è banale gelosia, essere geloso di quattro pagliacci
truccati da Drag Queen sarebbe offensivo della sua intelligenza: è invidia, la
sua, per una passione così viscerale ed intensa, nel suo essere insensata. È la
manifestazione più folkloristica della predisposizione naturale di Kidd
all’eccesso, che contagia inevitabilmente anche chi gli sta attorno,
riempiendoli di un’inspiegabile smania di fare, di dire, di urlare, di essere
liberi, che è propria della filosofia del criminale.
I suoi sono
un esempio eloquente. Lui e la sua ciurma sembrano un branco di debosciati
reduci da una vacanza troppo lunga in qualcuna di quelle isole un po’ ambigue,
brulicanti di ideali e di prostituzione, dove tutto si fa e poco si dice. Kidd,
nella fattispecie, fa la parte di quello che ha provato tutto ciò che di
illegale ha da offrirgli la vita. Però, funzionano bene, lo deve ammettere: i
suoi hanno cieca fiducia in lui, e si permettono persino di darsi pensiero per
lui, segno questo che sono consapevoli che il loro capitano ha bisogno di loro.
Piuttosto ovvio, basta guardarlo in faccia, Kidd, per capire che ha un bisogno
disperato di qualche essere umano che lo gestisca.
Killer è
deputato a questo ruolo. Anzi, ci si è votato. Osservandoli, Law si è fatto
l’idea che debbano essere amici d’infanzia. Oppure che Killer gli debba un
grosso, grosso favore. Tipo la vita, cose del genere. Sembra la sua balia, o
peggio ancora l’amichetta del cuore, o – no, ok, ok, è solo che è geloso marcio
di Killer perché forse, forse, conosce dei lati di Kidd che a lui sono
ancora oscuri, e questo lo manda in bestia.
Ha seguito le
sue avventure fin dalle prime volte in cui il suo nome aveva cominciato ad
apparire sui giornali. Con un certo orgoglio, può affermare di averlo visto
conquistarsi prima qualche sparuto trafiletto nella cronaca locale, poi degli
articoli un po’ più seri, diciamo in terza o quarta pagina, fino a scalare la
vetta dei titoli di testa, quelli sontuosi, a caratteri cubitali. Chissà come
deve aver gongolato a leggere gli editoriali che proclamavano, indignati, che
tutta questa violenza da parte sua non è umana.
Ah no?
No, non si
stancherà mai di Kidd. Di guardare Kidd, di regalarsi lunghi momenti di
assoluta contemplazione silenziosa mentre lui parla, proclama, fa, mette in
atto, invoca il mare perché gli sia testimone. Perché Kidd è metallo, ma è
anche mare, ed è fuoco, e un sacco di altre cose che lottano e si mangiano l’un
l’altra. Il risultato è qualcosa di totalmente irragionevole, ma coerente, reale,
quasi sentimentale. Per lui Law prova un rispetto riservato a pochi, quelli che
hanno l’aristocrazia dentro all’anima e che ti permettono di giocare con loro,
perché, fondamentalmente, conoscono i propri difetti meglio di qualsiasi altro
osservatore, e invece che viverli male, o invece che trasformarli in pregi, ne
hanno fatto dei vessilli da sventolare assieme al Jolly Roger in mare aperto, mentre
si spingono ancora un po’ più in là dei confini concessi. È così che si entra nella
leggenda, oppure si muore senza fama e senza gloria.
Eustass è fatto
così, e se si prova a fermarlo, beh…
I could ravage my jail
If I could fly
Eustass Kidd è,
in fin dei conti, il gemello appassionato che non si vergogna abbastanza dei
suoi sogni per nasconderseli sotto al cappello.
Perché non dovrebbe
piacergli?
ANGOLINO!
Ed ecco la
seconda parte di questo dolce, adorabile, tenero dittico. Awn, quanto si amano,
non trovate? Grondano puccioseria, davvero. Beh, se Kidd era sboccato e molto
estremo, nei suoi giudizi, Law ha un tono più pacato, ma non è che ci vada
tanto per il sottile. Ecco, il gioco di incastri a cui volevo arrivare era
questo, una doppia spirale, in cui loro due si descrivono a vicenda, ma poi è
la descrizione dell’altro, associata al tono della propria, a completare il
quadro.
Mi sono
spiegata?
No, vero?
çOç
*se ne
vah*
Stavolta
non mi dimentico i credits, oh! La canzone citata è “If I Could Fly” degli
Helloween.
Lillajada: mi fa piacere che tu
sia d’accordo. In effetti alcune riflessioni sono molto lanciate, ma del resto
è Kidd, la sua testa funziona un po’ come vuole. U_U
Red
Queen:
Gh, in effetti non l’avevo detto perché sarebbe stata una sorpresina di
compleanno. *con fare magheggione*. Ecco il seguito, con ulteriori citazioni
dotte – più o meno – spero che ti piaccia anche questo!
Kymyit: XD se usassi termini
educati credo che Kidd si offenderebbe molto. Sono contenta che ti piaccia!
*O*. guarda, sul cappello d Law io cerco di fare meno pensieri possibili, onde
evitare spaventosi viaggi mentali. Ma temo che non ci sia scampo!
Koorime: Ha. U_U Le citazioni
dotte sono sempre le benvenute. Le recensioni onomatopeiche anche. Un Gah è per
sempre, come i diamanti. Oh no, certo che li amiamo, e loro si amano, ed è
tutto un tripudio di amore, e… ok, no, non esattamente. Ma il pizzetto e le
basette non c’entrano niente, no no. Oh no, smettila di insinuare abilità
poetiche di Law, mi vuoi uccidere?