Abbazia di S.
Gallo, Svizzera, 31 Giugno 1895
«Per di qua,
presto».
L'uomo
incappucciato illuminò con la torcia un oscuro bugigattolo,
appena prima che ci scomparisse dentro. Era faticoso stargli dietro.
Ad ogni passo si rischiava di inciampare in qualcosa di disgustoso:
ratti, ossa, resti di corpi sepolti dai secoli.
Dannazione.
Quando gli era stato ordinato di recarsi in Svizzera, non avrebbe mai
immaginato che gli sarebbe toccato sprofondare nelle cripte
abbandonate da Dio di quel dannato monastero. E dire che ormai, in
tutti quegli anni, avrebbe dovuto imparare a non stupirsi più
di nulla.
Seguì il frate, che procedeva chino lungo lo stretto cunicolo
che ora si inoltrava sempre più in profondità. Erano
ormai dieci minuti che percorrevano quel dedalo infinito di gallerie.
Se qualcuno si fosse perso lì dentro, pensò lui con un
brivido, non avrebbe avuto alcuna speranza di uscirne.
«Qualcuno si è mai perso, qui?» chiese. Il frate
si volse per un istante, giusto il tempo necessario perché la
luce della torcia illuminasse debolmente il pavimento e uno scheletro
mezzo disteso che l'uomo fece appena in tempo ad evitare.
«Oh, sì. Tutte le volte che qualcuno non invitato si
introduce qui» fece il frate con un sorriso.
«Ed è capitato molte volte?»
C'era un tremendo odore di vecchio e di morto, lì dentro.
L'aria era pesante e l'uomo si sentì quasi soffocare.
«Queste sono le cripte del monastero» commentò il
frate. «Qui sono seppelliti i nostri confratelli. Ma alcuni dei
corpi che vede qui, hanno raggiunto questi luoghi diciamo...
prematuramente».
«Ladri?» domandò. Il frate rise.
«Più che altro frati curiosi. Ora riposano qui, insieme
agli altri. Ma non escluderei anche qualche intruso di diverso
genere. Da quando la cripta è stata costruita, c'è
sempre stato qualcuno desideroso di impossessarsi di quello che vi
era custodito».
Questo spiegava l'insolito affollamento di cadaveri sparsi lungo il
percorso. «E qualcuno è mai riuscito ad arrivare alla
cripta?»
«Nessuno che sia poi riuscito a tornare indietro per
raccontarlo».
Bene...
«Ma lei non ha nulla da temere, Mr. Churchill. Se è vero
che appartiene al Consiglio, e la sua chiave lo proverà,
uscirà di qui del tutto incolume».
Fantastico,
pensò lui. Chissà perché, ma la sua sicurezza si
era improvvisamente indebolita.
Proseguirono in silenzio lungo una serie di scale a chiocciola che
scendevano ripidissime, attorcigliandosi attorno a un pilastro di
pietra sudicia e ricoperta di muffa. Winston, che vi aveva appena
appoggiato la mano, la ritrasse, disgustato.
«Farebbe meglio a stare attento. Siamo sotto il livello del
lago e tutto qui è ricoperto di muffa. Di conseguenza, la
pietra tende a farsi alquanto scivolosa».
«Sembra che stiamo sprofondando negli inferi» commentò
Winston, che si pulì la mano sfregandola sul bavero della
giacca. «Manca ancora molto?»
Il frate tese il braccio sullo strapiombo che si apriva alla loro
destra. La luce si spingeva per diversi piani più in basso, ma
il suo riverbero si estingueva prima che chiunque potesse scorgere
qualcosa di simile a una superficie.
«È un pozzo senza fondo» mormorò sbigottito
Winston, sporgendosi leggermente. Una debole corrente d'aria salì
a solleticargli il viso, portando con sé un forte sentore di
umido. «Non arriveremo mai».
«Non sia tanto ansioso» fece il frate, che intanto aveva
ripreso a camminare. «Qui non corre alcun pericolo. Il vero
inferno è lassù. Un uomo come lei dovrebbe sapere
queste cose meglio di chiunque altro».
Continuarono a scendere per diversi minuti. Ormai Winston aveva perso
il conto del tempo che si trovavano là sotto. Cominciava a
credere che quel monaco si stesse prendendo gioco di lui e che lo
avrebbe portato in giro sotto terra per l'eternità. Magari,
quel luogo opprimente e crudo, dalle pareti nere di muffa e
sudiciume, sarebbe stato l'ultimo posto che avrebbe visto in vita
sua.
O forse no...
«Ecco» disse il frate. «Siamo arrivati».
Buon dio...
Il monaco passò la fiamma della torcia sopra un grande
braciere, che avvampò con un boato improvviso. Winston si
riparò gli occhi, feriti dall'intensità di quella luce
inaspettata; quindi li alzò al cielo, senza riuscire a credere
in ciò che stava vedendo.
«Benvenuto nella Cripta dei Profondi. Qui finisce la strada, ma
comincia un nuovo cammino. Prego, mi segua Mr. Churchill».
Winston si mosse in silenzio dietro al frate, che attraversava
spedito quell'atrio immenso. L'eco dei loro passi risuonava
tutt'intorno, per poi perdersi tra le alte colonne di marmo rosa, che
si levavano altissime e riccamente decorate a sorreggere un soffitto
le cui volte erano ricoperte da fini cesellature e da bassorilievi di
rara bellezza e maestria. Sebbene si trovassero ad una considerevole
distanza, Winston riuscì a scorgerli perfettamente, grazie
alla particolare illuminazione del luogo, studiata accuratamente per
mostrare ogni dettaglio e suscitare le ombre più evocative. La
luce principale proveniva dal braciere centrale e veniva captata da
una serie di pietre luminose, poste su piedistalli d'oro disposti in
file regolari lungo tutta la sala, come fossero tanti lampioni di un
immenso boulevard. Tutti insieme riflettevano la luce ad altre file
di pietre, che a loro volta le riflettevano ad altre ancora; e così
via per tutto lo spazio circostante. E quella luce veniva alla fine
catturata dalla pietra rosa delle colonne, che risplendevano così
come per incanto, diffondendo tutt'intorno un soffuso bagliore. Il
pavimento era di marmo finissimo, tutto lavorato; su ogni tessera
della enorme scacchiera che lo costituiva era stata scolpita una
scena che probabilmente apparteneva a una mitologia sconosciuta, o
ormai perduta nelle fila del tempo. Alcune tessere apparivano
completamente consumate, mentre altre erano ancora come nuove.
«Tutto ciò che vede, qui, è opera dei monaci
Colombani che costruirono l'abbazia oltre mille e trecento anni fa.
Ognuna di queste pietre è stata posata e lavorata per onorare
e proteggere i segreti che Colombano ha trasmesso ai suoi discepoli».
Winston guardava con curiosità crescente lo spettacolo che si
apriva ai suoi occhi. Sulle pareti, erano rappresentate, incise nella
pietra, enormi figure di divinità dall'aspetto misterioso.
Ovunque erano presenti simbologie pagane, come il tridente, simbolo
di Poseidone, e il candelabro a tre braccia e due piedi, che Winston
conosceva fin troppo bene, avendolo visto tante volte raffigurato
nelle sale della Reggenza. Ma molti di quelli che vedeva, erano
simboli dal significato per lui sconosciuto, come il gigantesco sole
racchiuso in un ovale, completamente d'oro, che torreggiava sulla
immensa cupola, da cui si diramavano una serie di volte che
costituivano le navate laterali, tutte raccolte intorno alla cripta
centrale come se seguissero una scansione precisa in base
all'ampiezza e alla profondità.
«Che significa quello?» chiese Winston indicando il sole
d'oro sulla volta della cupola. Il monaco alzò la testa e
quindi indicò distrattamente il simbolo che aveva ricamato
sulla tonaca. A prima vista sembrava una croce greca. Ma a ben
guardare, raggi più sottili e lunghi scaturivano dalle
intersezioni dei bracci, andando a disegnare nel complesso un sole
stilizzato, al cui centro si trovava inscritto un cerchio più
piccolo. Solo allora Winston riconobbe la somiglianza con il simbolo
sulla cupola.
«È lo stesso simbolo» disse. Il frate annuì.
«Questo è il simbolo di S. Colombano. Un sole racchiuso
nel guscio di una tartaruga. Per ovvi motivi, col tempo si è
dovuto trasformare in qualcosa che attirasse meno l'attenzione».
«Perché la tartaruga?»
Il frate alzò un braccio, ad indicare un bassorilievo che
raffigurava proprio una testuggine. «La tartaruga è il
simbolo dell'universo» disse. «La sezioni che compongono
la sua corazza sono divise secondo la serie dei numeri sacri, che
costituiscono anche la famosa sequenza di Fibonacci. Da sempre la
testuggine viene associata alla rinascita e rappresenta la vita
stessa nel suo eterno perpetuarsi. In essa e nella regolarità
della sua costruzione viene raffigurato il cosmo stesso, e le leggi
che lo reggono nello spazio e nel tempo. Il sole, invece, è il
simbolo gli dei e ci ricorda i loro segreti, che noi monaci abbiamo
il compito di proteggere e custodire».
«Io non sono credente, Nestorius» rispose acido Winston.
«Ma trovo che suoni quantomeno strano sentire un uomo di fede
parlare di dei».
«Lei ha detto bene, Mr Churchill» convenne il monaco. «Io
sono un uomo di fede. Ma la fede ha diverse accezioni. Non possiamo
limitare la nostra dietro un semplice corredo di simboli e nomi. Sono
troppo inadeguati e limitati. Ciò che si respira qui, però,
è la vera fede: la fede in qualcosa che travalica lo spazio e
il tempo. Qui siamo davvero in presenza di Dio».
Sì, come
no?
Per quanto Winston fosse affascinato da quello spettacolo magnifico,
odiava sempre l'eccessiva retorica. Forse era dovuto al fatto che
l'uomo per cui lavorava gli aveva sempre insegnato a non confondere
il fanatismo con la speranza. Era consapevole che per molti il nesso
tra i due termini poteva non essere del tutto evidente. Ma col tempo,
lui era riuscito a distinguere l'uno dall'altra in modo chiaro ed
inequivocabile, ed era ormai vaccinato ad ogni forma di idolatria.
«Ecco la cripta. Prepari la chiave».
Winston si sbottonò la camicia. Il frate lo fece fermare
davanti a un gigantesco edificio di pietra nera, immerso nel buio.
«È pronto?» gli chiese. Winston sospirò.
Quindi annuì, deciso. Il monaco estrasse una serie di chiavi
dalla forma simile a quella di un diapason, che inserì una
dopo l'altra nelle sette serrature che bloccavano un'enorme porta
rotonda, completamente liscia e dalla superficie riflettente. Winston
non si era accorto di quella particolarità, perché nel
buio quella che aveva di fronte sembrava una semplice porta di
metallo. Si avvicinò per guardare meglio e restò
letteralmente senza parole: la porta era sì lucida come uno
specchio, ma in realtà non rifletteva ciò che aveva
davanti, bensì una serie di sfumature di luce che sembravano
animarla dall'interno e che guizzavano fin sulla sua superficie per
poi combinarsi in giochi di colore assolutamente sorprendenti.
«Questo minerale è incredibile» disse,
avvicinandosi a sfiorarlo con la mano. Una specie di formicolio lo
percorse sotto la pelle. «Sembra vivo».
«Perché lo è» fece Nestorius, tranquillo.
Winston si voltò a guardarlo, ma lui era occupato a regolare
le chiavi nelle serrature.
«Ora mi dia la chiave» fece. Winston si sfilò dal
collo la catena che portava da quando aveva lasciato Londra.
Attaccata ad essa vi era una specie di chiave, simile in tutto a
quelle che Nestorius aveva infilato nelle serrature: solo che era
doppia e dalla forma più allungata.
«Ora stia indietro».
Nestorius si avvicinò alla porta, mentre Winston indietreggiò
di qualche passo. Con un movimento delicato ed impercettibile, il
frate percosse la chiave contro una delle sette serrature, tenendola
per il gambo centrale. Quindi la lasciò.
«Non è possibile...»
Con stupore crescente, Winston restò a guardare la chiave che
vibrava da sola a mezza altezza, senza che nulla o nessuno dovesse
reggerla. Un suono ovattato e continuo prese a diffondersi per tutta
la cripta, che cominciò pian piano ad amplificarlo. Era una
frequenza bassa e costante, che mandò in vibrazione ogni
pietra e ogni singolo componente della cripta, generando un suono
base, oscuro e profondo, simile a un mantra. Nestorius chiuse gli
occhi, e sorrise.
«Che suono meraviglioso» disse, quasi in un mormorio.
«Non avrei mai creduto di poterlo sentire ancora».
«Cos'è questo suono?» fece Winston, che era
piuttosto scosso da quanto stava accadendo. Man mano che quella
vibrazione si propagava, sentiva come se ogni singola cellula del suo
corpo stesse acquistando consapevolezza della propria esistenza.
Avvertì un'energia spropositata animare il suo corpo e pensò
che presto sarebbe esploso, per fondersi con lo spazio circostante.
Nestorius lo fissò, sorridendo.
«Questa è la vibrazione originaria, il suono perfetto. È
la vibrazione costante che percorre tutto l'universo e che
costituisce il suono del moto celeste. È il suono che mette in
vibrazione tutto il creato e su cui ogni essere è stato
generato».
«È... come dire... la voce di Dio?» mormorò
Winston.
«Più o meno».
Una dopo l'altra, le sette serrature scattarono, emettendo una serie
di suoni che andarono a combinarsi l'un l'altro. Non appena furono
completamente intonati, Nestorius prese a girare un grosso volano,
che cominciò a produrre una nuova gamma sonora. Man mano che
nuovi armonici venivano prodotti, una serie di meccanismi che prima
erano assolutamente nascosti alla vista prese a scattare, in serie,
apparendo per poi scomparire. Winston osservava tutto con estrema
attenzione.
«Bisogna trovare la serie armonica che sorregge la struttura»
fece Nestorius, notando lo stupore di Winston. «Cambia in
continuazione. Questa non è una porta come le altre. Una volta
chiusa, la materia che la compone si rifonde in un tutto,
sigillandola completamente. La materia allora si ricombina sulla base
di una precisa struttura molecolare, che può essere messa in
vibrazione attraverso una precisa risonanza armonica. È
l'unico modo per aprirla. E ogni volta che la porta viene aperta e
richiusa, la struttura cambia, e così il gradiente armonico in
grado di operare la scissione molecolare. Questa porta, è
tutto ciò che ci resta di quanto crearono le popolazioni
dell'Antica Civiltà. Furono i nostri predecessori che la
portarono qui, nel mille e trecento, per volere di Filippo IV di
Francia. Da allora ha sempre protetto la cripta e ciò che essa
contiene».
«Qualcuno ha mai aperto la porta per prendere il libro, prima
d'ora?» chiese Winston. Nestorius scosse la testa.
«A nessuno è concesso aprire il libro. La porta viene
aperta solo in momenti precisi, per officiare ai riti di
conservazione del volume. Ma anche in quel caso, solo gli Oculi
Capti possono accedere alla cripta, e maneggiare il libro».
«Gli Oculi Capti... cioè monaci ciechi?»
«Sono i custodi del libro. Essi sono i soli che hanno il potere
di toccare la reliquia, e possono farlo solo per apportare gli
interventi di restauro necessari. Vengono accecati alla luce del
braciere, durante la cerimonia di consacrazione».
«Ma perché ciechi?» fece Winston, che non capiva
tutta questa necessità di segretezza e trovava terrificante
che si potesse rendere cieco qualcuno solo per proteggere un libro.
«Nessuno può leggere il libro, a parte il Reggente»
rispose Nestorius. «È una sua prerogativa. È la
regola, da quando il libro venne nascosto nel novecentonovantanove,
dopo che erano state divulgate le prime pagine da parte di monaci
sconsiderati. Coloro che diventano Oculi Capti si offrono
spontaneamente al sacrificio. È un grande onore».
«Deve trattarsi di qualcosa di davvero importante...»
commentò Winston, piuttosto scettico.
«È così, infatti».
Winston non aveva capito un gran che. Ma trovava comunque
sorprendente tutta questa serie di procedure solo per accedere a un
libro.
«Ci siamo» fece improvvisamente Nestorius. «Si
apre».
Con un moto imprevisto, la materia che componeva la porta prese
letteralmente a liquefarsi, ritirandosi su se stessa e brillando come
mercurio fuso. Qualche filo di minerale continuava a restare teso da
una parte all'altra, come fili di una grossa ragnatela, mentre alcune
gocce splendenti cadevano da un lato su quello opposto, superando
ogni legge della fisica. Winston avvicinò una mano a quei fili
penzolanti, ritraendola stupito quando vide una di quelle gocce
scorrergli veloce lungo la mano.
«Tranquillo, non c'è alcun pericolo. La materia ha
raggiunto uno stato molecolare di bassissima densità. Scivola
via come l'acqua» osservò Nestorius. «È
pronto?»
Winston annuì, e varcò la soglia.
La stanza era decisamente piccola e Winston ne rimase piuttosto
deluso. Era completamente spoglia e al suo interno era presente solo
un piccolo braciere in cui ardeva una fiamma bianca, che splendeva
sopra un leggio in pietra scolpita. Su di esso vi era posato un
libro, dall'aspetto decisamente vecchio.
«Sarebbe... questo?»
Nestorius prese il volume e lo mostrò a Winston, che prese a
fissarlo con curiosità.
«Questo è ciò che stava cercando: Il Crizia. Il
libro perduto del filosofo Platone, che raccolse in esso tutta la
conoscenza che i Pitagorici avevano trasmesso all'antichità
sulla cultura perduta di Atlantide. Quando i monaci lo trovarono,
oltre mille e trecento anni fa, capirono che voleva protetto, e lo
consegnarono a Colombano in persona che, ormai anziano, lo presentò
a Pipino di Heristal, il futuro fondatore del Sacro Romano Impero. Fu
lui che ordinò a Colombano di custodirlo in un luogo apposito.
E Colombano, a sua volta, diede ordine al suo discepolo di custodirlo
in questa abbazia, che ne prese il nome. Fu in queste sale, e nelle
sale sopra di noi, che nacque il Consiglio e con esso la storia che
conosciamo. Nel momento in cui Pipino ottenne dal Papa e da tutti i
regnanti dell'epoca il titolo di difensore della vera fede, si
costituì la prima lega Consigliare, nel definitivo
riconoscimento del potere supremo di chi deteneva la verità
assoluta, la conoscenza originaria dell'umanità, della sua
storia e del suo destino. Fu per proteggere questo libro e l'umanità
stessa dai segreti che esso conteneva, che si decise che nessuno, a
parte i Reggenti, aveva il potere di leggerlo. Per decenni, vi è
stato chi ha tentato di trovare questo libro, alcuni per sfruttarne
il potere, altri per carpirne i segreti terribili. Altri per
distruggerlo e distruggere con esso il Consiglio, spaventati dalla
verità che custodisce da oltre duemila anni. Ma noi siamo
sempre riusciti a tenerlo nascosto, nonostante i traditori che nei
secoli sono riusciti a farne trapelare qualche pagina. Loro adesso
sono morti, murati vivi in queste segrete. Ma il libro esiste ancora,
e nessuno, a parte noi, lo sa».
Winston tese le mani, in cui il vecchio monaco pose il volume, senza
scomporsi. Sembrava non avere il minimo dubbio riguardo a quello che
stava facendo.
«Quando il vescovo Christophi mi ha mostrato la lettera del
Reggente, in cui ci comunicava il suo arrivo» riprese Nestorius
«ho capito che i tempi erano vicini. Ho passato la vita a
custodire il luogo in cui riposa questo libro, io come tutti i monaci
e gli abati e i vescovi che hanno preceduto me e i miei confratelli.
Non avrei mai pensato che sarei stato proprio io a consegnare il
libro. Eppure...»
«Questo libro è davvero tanto importante?» domandò
Winston, che lo fissava incredulo. Era poco più che un ammasso
sgualcito di pergamene, dall'aspetto consunto ed esageratamente
modesto. In tutto non gli avrebbe dato due soldi. Nestorius sorrise,
ponendo la sua unica mano nodosa sulla spalla di Winston.
«Ora lo vede come un semplice libro. Ma non passerà
molto tempo, che lo vedrà come l'unica cosa che ci permetterà
di sopravvivere alla catastrofe. E allora, non trascorrerà
giorno né momento in cui non sarà pronto a dare la vita
per esso. E questo, purtroppo, accadrà presto, molto presto,
mio caro Churchill».
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